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Autore: Ryta Holmes    28/01/2013    7 recensioni
“Se è tardi a trovarmi, insisti, se non ci sono in un posto, cerca in un altro, perché io son fermo da qualche parte ad aspettare te.„ [Walt Whitman]
Spoiler 5 stagione
Fu a quel punto che si inginocchiò per guardare meglio quel vecchio e… non vide nient’altro che un vecchio. Sporco e impaurito. Ed esausto. Con gli occhi di un azzurro vivido che adesso ricambiavano lo sguardo.
“Non dovrebbe stare qui. Quest’uomo va portato in ospedale o in un osp-“ non concluse la frase. La voce gli morì in gola, quando la mano raggrinzita ma forte del vecchio lo arpionò sull’avambraccio. Vide quegli occhi azzurri sgranarsi di sorpresa e poi quella bocca nascosta dalla folta barba bianca spalancarsi come per dire qualcosa.
Ma non ne uscì nulla alla fine. Il vecchio lo guardò iniziando inspiegabilmente a piangere. E lui si sentì a disagio.
“Mi… occuperò io di lui.”
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Desclaimer: Merlin e tutti i suoi personaggi non mi appartengono, se lo fossero, sarei ricca, la serie non sarebbe finita e Ginevra avrebbe sposato Lancillotto.
 

MENTRE TI ASPETTO

 
 
Capitolo 5

 
L’immagine del suo viso gli tornava riflessa dal vetro del treno su cui viaggiava. Lucius guardò pigramente se stesso e poi le luci che fuori dal mezzo illuminarono a un tratto un poco del tragitto.

Ancora una mezzora e sarebbe rientrato a Glastonbury. Aveva preso il treno per tornare da Londra, che distava da casa appena tre ore. Nella capitale aveva tenuto il suo primo comizio importante, nonostante fossero giorni ormai che il suo nome rimbalzava su tv e giornali.

Jennifer aveva fatto un buon lavoro in fondo, e mentre lui era impegnato a concordare il suo programma di intervento come possibile futuro leader del partito laburista, lei lo aveva reso famoso. E nel vero senso della parola.

Prima di allora non aveva mai capito cosa volesse dire, essere davvero una celebrità. Si considerava una persona importante e di prestigio, un uomo che la gente a Glastonbury conosceva bene e che veniva rispettato da tutti. Ma vedersi ovunque, con il suo bel viso su manifesti, giornali e tv, era una cosa a cui non era abituato. Non che gli dispiacesse, anzi! La fama gli piaceva, essere da tutti ammirato e benvoluto era qualcosa che riempiva il suo ego e gli procurava una bella sensazione di appagamento, soprattutto poi se si aggiungeva che i motivi per cui stava facendo tutto quello erano per lui i più giusti e i più alti.

Persino a Londra, mentre si era diretto verso il luogo del comizio, la gente lo aveva guardato come una celebrità e non passava giorno che non sbucasse sul Times una sua foto.
Tutta questa fama era stata sublimata quel giorno dall’assemblea che aveva tenuto a Londra e che aveva raccolto una platea di consensi. L’incontro aveva visto un confronto di tutti i candidati alle primarie del partito e lui ne era uscito con una buona reazione da parte di un pubblico che non aveva avuto nessun problema a fischiare altri suoi concorrenti.

Per lui c’erano stati applausi e qualche “Continua così!” che secondo Jennifer, che lo aveva accompagnato, “Potrebbero far ben sperare… ma non montarti ancora la testa, che è presto!”

Lui non si montava la testa. Lui era solo convinto. A differenza di molti suoi avversari era giovane e voleva portare una ventata di freschezza nel partito con proposte che avrebbero giovato a tutta la nazione. Puntava alla modernità eppure al tempo stesso non spaventava con le sue idee, aveva in programma di fare le cose con calma, per abituare la cittadinanza. E poi aveva ottime proposte per uscire dal periodo di crisi economica che i suoi tempi vivevano; idee che lui aveva proposto e che avevano raccolto numerosi consensi e nel contempo fatto storcere il naso ai suoi avversari.

Quel particolare non lo aveva preoccupato più di tanto. Lui era un uomo tutto d’un pezzo, che mai in vita sua aveva fatto qualcosa di sbagliato. La sua carriera in Polizia legittimava una fedina penale pulitissima e un elenco di ottime qualità e di buone azioni che in quei giorni – grazie a quella donna scaltra che era Jennifer – erano uscite allo scoperto con una noncuranza da maestro.

La sua campagna politica andava a gonfie vele, insomma. E lui era esausto.

Quella giornata lo aveva provato, pur avendolo soddisfatto oltre ogni dire. Adesso però, aveva solo voglia di tornare a casa e rilassarsi. Si ritrovò a sorridere quando pensò che a casa c’era qualcuno che lo aspettava, che gli aveva sicuramente preparato una bella cena e a cui avrebbe raccontato com’era andata quella lunga giornata.
Che si stesse affezionando a quel vecchio strambo?

Era insolito per lui. Da che ricordava aveva sempre fatto affidamento solo su se stesso e mai aveva sperimentato cosa volesse dire affezionarsi davvero a qualcuno ma soprattutto condividere qualcosa. Ora invece, si ritrovava ad abituarsi a qualcosa che gli faceva piacere e tuttavia un poco lo spaventava.

Perché con quel vecchio era così facile? E stava facendo la cosa giusta? Se un giorno se ne fosse andato… o peggio ancora, se la vecchiaia avesse fatto il suo corso… lui, cosa avrebbe fatto?

Non riuscendo a trovare risposta, scosse il capo sospirando. Era inutile farsi certe domande, in fondo adesso contava soltanto il presente. E in quel presente qualcuno lo aspettava a casa per una tranquilla serata dopo una giornata intensa. Tutto il resto non aveva importanza. Aveva persino spento il cellulare per non avere rogne e mentre il treno si fermava lentamente in stazione, tornò a sorridere e affrettò il passo per fare più presto.

***


Il selciato nel vialetto sfrigolò contro le ruote dell’auto, mentre Lucius la posteggiava vicino all’ingresso. Avrebbe dovuto riporla in garage ma era troppo stanco e poi in fondo, poteva fare quello che voleva dato che si trovava nella sua proprietà privata. Scese quindi dall’auto che piazzò in mezzo quasi a farlo apposta e si avvicinò alla porta, chiedendosi nel frattempo cosa mai il vecchio gli avesse cucinato quella sera.

Così tra i suoi pensieri non si era accorto che tutte le luci di casa erano spente e che non proveniva nessun buon profumo, quando girò la chiave nella toppa e aprì la porta.  Ciò che invece lo colse di sorpresa fu l’improvvisa presenza agitata che si palesò di fronte a lui, non appena mise piede dentro l’ingresso.

“Siete voi?!” la domanda si perse tra l’incomprensione generale che lo assalì, assieme alle mani del vecchio che si artigliarono sulle sue braccia.

Lucius sgranò gli occhi, riconoscendo il suo ospite nella penombra e preoccupandosi immediatamente che fosse successo qualcosa. “Vecchio ma che…”

“Chi siete? Dovete dirmelo!” continuò l’altro agitato. Prima che lui potesse rispondere, si sentì lasciare da quella presa così salda e il rumore di un grosso respiro fu ciò che seguì. Forse cercava di calmarsi? E per cosa poi? Perché lo aveva accolto in quel modo? Senza indugiare oltre, premette l’interruttore della luce, infastidito oltre che dalla situazione, anche da quel buio.

“Che cosa è successo?” provò. Il vecchio lo guardò, gli occhi azzurri che saettavano su di lui e lo guardavano come se non lo avessero mai visto.

“Da dove venite?” quella domanda lo turbò all’istante e serrò la mascella, improvvisamente sulla difensiva.

“Perché vuoi saperlo?” rispose con un’altra domanda, conscio di non voler dare nessuna risposta. Eppure un presentimento lo attraversò, in quei pochi attimi. Un brutto presentimento che percepì con un brivido dietro la schiena.

Il vecchio lo guardò ancora con quella stessa intensità che adesso quasi gli bruciava addosso e parlò con aria grave. “Perché in tv dicono che venite dal lago… e io devo sapere… devo chiedervelo… se è vero… dovete dirmi la verità!”

La sensazione del piombo sullo stomaco gli mozzò il respiro, mentre recepiva quelle parole e tutto il loro significato. La tv. Il lago. Allora… avevano scoperto tutto.

Il silenzio di Lucius non parve convincere l’altro, che – inspiegabilmente agitato – si fece di nuovo avanti e gli toccò le braccia. “Ascoltatemi, è tutto vero quello che-“

Ma il contatto fu troppo per Lucius. Quelle parole ancora vorticavano nella sua testa, mentre un insieme indistinto di ricordi gli confuse ogni cosa. Ricordi che aveva chiuso in un cassetto in tutti quegli anni. Ricordi a cui era sfuggito tutta una vita e che adesso tornavano a galla… in balia del mondo intero.

E quel tocco improvviso del vecchio bruciò ancora di più degli sguardi e dei ricordi e lui raggiunse il culmine.

“Non toccarmi!” ringhiò, scostandosi con un passo indietro. L’altro sollevò le braccia, come spaventato e aprì la bocca per parlare, ma Lucius non gliene diede il tempo.

“Non impicciarti di faccende che non ti riguardano, Vecchio.” Un sibilo. Pieno di rabbia, che gelò sul posto il suo interlocutore.

Lucius girò sui tacchi e uscì di casa senza curarsi della sua reazione. I propositi di una serata tranquilla, ormai dimenticati.

***


La linea dell’acqua rifletteva la luce della luna ormai alta nel cielo. Uno specchio immobile che non si lasciava disturbare nella sua perfezione dalla leggera brezza notturna. D’un tratto qualcosa rovinò quella perfezione. Un peso solido planò sulla superficie e poi infranse il piano provocando schizzi e increspature. Infine calò sul fondo, spostando ancora acqua e creando una serie di onde circolari che lentamente si allargavano fino a disperdersi. Lo specchio d’acqua tornò liscio e immacolato.

Poi una voce. “Sei! Questo è un mio record!”

Lucius osservò compiaciuto il risultato del suo ultimo lancio. Il sasso era rimbalzato sulla superficie del lago, confermando il suo primato, prima di inabissarsi sul fondo. Sorrise e poi guardò per terra in cerca di un altro sassolino piatto che facesse al caso suo. Camminò un poco lungo la riva, finché non trovò quello che cercava e poi tornò a guardare il lago.

“Uno a zero per me. Vediamo adesso.”

Lanciò il sasso ma questa volta non con la stessa precisione della prima: ci furono soltanto due rimbalzi, che Lucius constatò con un sospiro.

“Uno a uno… riesci sempre a fregarmi.” Chinò il capo, affranto, senza più voglia di lottare contro quel lago a cui tanto era legato e che odiava nella stessa maniera. Calciò la brecciolina con rabbia, infilandosi le mani nelle tasche e sbuffando ancora.

Che altro poteva fare? Il suo passato era legato a quel posto… prima o poi sarebbe venuto allo scoperto. E poi…

“…meglio adesso che dopo.” Pensò ad alta voce. Un altro sospiro e un altro sguardo alla superficie dell’acqua.

Alle sue spalle, un rumore lo distolse da quei pensieri tetri e lo costrinse a voltarsi. Quando riconobbe chi arrivava, grazie alla luce della luna e ai lampioni sulla strada poco lontano che gettavano una tenue luce lì intorno, si sentì improvvisamente peggio. Alla malinconia e all’impotenza si aggiunse anche il senso di colpa.

“Mi dispiace… non volevo farvi arrabbiare.”

Lucius chiuse gli occhi in un gesto stanco e cacciò una mano fuori dalla tasca per posarsela sugli occhi. “Non devi scusarti, Vecchio. Sono io lo stupido che ti ha trattato male.”

L’anziano si fece più vicino e gli sorrise. Nel frattempo un pensiero gli attraversò il cervello: Come diamine aveva fatto a trovarlo?

“Su questo non ci sono dubbi.” Gli replicò, sorprendendolo a tal punto da scordarsi ogni domanda. “Quando vi ci mettete, avete la delicatezza degli asini.”

E quelle parole lo colpirono a tal punto che… scoppiò a ridere. Lucius rise di gusto, improvvisamente conscio di quanto ridicola fosse quella situazione e di quanta verità – ma senza esagerare – ci fosse nelle parole irriverenti di quel vecchio.

“Ma da dove vieni tu?” gli sfuggì, divertito, mentre lo osservava avvicinarsi fino a che non fu accanto a lui.

Il vecchio non lo guardò. Prese a fissare quella grande distesa d’acqua con lo sguardo perso in chissà quali ricordi.

“Ve l’ho detto, vengo da qui. Da Avalon.” Poi lo guardò. E Lucius scosse il capo, un po’ esasperato.

“Per favore, non chiamarlo così. Questa storia mi ha ossessionato fin da bambino!”

“Dunque… è vero? Quello che dicono…” c’era incertezza nella voce del vecchio, che vibrò di un’ansia che Lucius non riusciva a comprendere. Ad ogni modo ormai, il fattaccio era uscito allo scoperto, quindi perché continuare a negarlo?

“Sono un orfano.” Decise di spiegare partendo dal principio. Da quel principio che aveva origine proprio lì, su quella spiaggia. “Non so da dove vengo, non so chi sono. Quando avevo cinque anni mi trovarono qui, solo e spaventato e senza sapere niente di me. Mi portarono in un orfanotrofio, dove ho vissuto fino all’età di sedici anni. Dopodiché ho deciso di entrare in Polizia, lasciandomi indietro tutto il mio passato.”

Il Vecchio rimase in silenzio. Aveva lo sguardo chino, come se soppesasse le parole che ascoltava ma quegli occhi erano illuminati da una strana luce, un brillio che affascinava Lucius e lo spaventava nello stesso tempo.

“Mi chiamo Lucius Artorius Chaste, perché la direttrice dell’orfanotrofio volle un nome speciale per me. Disse che mi avevano trovato vicino al lago dove riposa Re Arthur, quello della tavola rotonda… e quindi utilizzò uno dei nomi con cui è conosciuto nelle leggende. In fondo, devo ringraziarla per avermi dato Lucius come primo nome… almeno alla gente non devo presentarmi come il protagonista di quella storiella.”

A quelle parole, vide il vecchio irrigidirsi e lanciargli uno sguardo in tralice. “Re Arthur non è una storiella.” Quanta convinzione c’era in quelle parole? Lucius non sapeva dirlo eppure per un attimo fu sorpreso dalla veemenza con cui replicò.

Nonostante tutto ridacchiò e agitò una mano come a dare poca importanza alla cosa. “Oh, andiamo! Non mi dire che ci credi! Per favore! Se mai è esistito un Arthur o un Lucio Artorio Casto o come diavolo si chiamava lui, di sicuro è morto e sepolto e non fa sonnellini tra le acque di un lago pieno di umidità e di trote!”

Ne aveva abbastanza di quella storia. E di Avalon e di tutta quell’acqua malsana. E di re e tavole rotonde. E poi aveva una campagna politica in rovina e chissà Jennifer cosa avrebbe combinato, una volta scoperto tutto. Anzi, forse lo aveva già saputo e chissà quante volte aveva provato a chiamarlo sul cellulare che aveva spento da ore.

“Andiamo via di qui, Vecchio! Andiamo… a casa.”

***


E’ Lui. Oppure no?

Viene dal lago. Non ha ricordi del suo passato, non sa da dove viene. Eppure…

Cosa c’è che non va? Il fatto che non creda alla leggenda? No, no… c’è dell’altro. E’ come se fosse lui… ma al tempo stesso non lo fosse. Credo sia per questo che la mia magia non reagisce.

Eppure i dettagli sono troppi, perché possano essere solo coincidenze. E il Destino, per quanto sia maledetto, non si sbaglia. Me lo ha messo davanti… o meglio, gli sono capitato davanti. Eppure…

Eppure. Eppure. Sciocco vecchio che non riesce più a ragionare con lucidità! Odio questo corpo, odio queste membra stanche, questa barba bianca. Credevo sarei tornato quello che ero un tempo, quando Lui fosse rinato e invece sono ancora qui, intrappolato nel corpo di un vecchio.

Forse… forse è vero. Non è Lui. O forse sì… e io ho perso la mia magia.

 
Continua…
 

\\\\\\

 
Ehilàààà!! Buon lunedì e buon inizio di settimana! Io ho deciso  di iniziarla così e visto che ho la giornata pienissima, spero di godermi questa sera i vostri bei commenti per sorridere dopo le tante fatiche che mi aspettano!

Tornando alla storia… beh, un mistero è stato svelato. Uno…. Uhauhauhauha vabbè non pensate che sia tutto qui. Sarebbe troppo facile u_u spero questa storia continui a piacervi! Una parte di me è contenta perché le letture sono tantissime e continuate ad inserirla tra le preferite e le seguite, quindi grazie. Davvero. Spero di essere all’altezza fino alla fine! Perché ora viene il bello! XD

Spero come sempre anche in qualche vostro commento, visto siete così tanti! Forza forza! Anche per dirvi che fa schifo, non mi offendo, anzi u_u apprezzo la sincerità! :D

Ad ogni modo ringrazio Parre, None to Blame, AsfodeloSpirito, Jaya e Gosa per i loro commenti e a loro dedico questo capitolo <3

Prima di salutarvi, ecco il momento dell’anticipazione!

 
“Io non mi illudo. Credo in voi, tutto qui.”

“Ma insomma!” sbottò alla fine Lucius. Lo afferrò per un braccio, costringendolo a guardarlo. “Si può sapere, perché? Perché credi in me? Perché ti comporti come un servo?
E non inventarti storie per non…”



Piccola ma significativa u_u
A prestoooo
Ryta
 
   
 
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