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Autore: Darik    28/01/2013    4 recensioni
Il destino lotta per far accadere ciò che deve accadere, ma i piani millennari sono ormai compromessi, e mentre nuove figure emergono, i vecchi attori cercano di vincere, sopravvivere o almeno vivere.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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2° CAPITOLO
“Ripresa test tra dieci secondi”.
All’annuncio dato dalla voce di Maya Ibuki, Shinji rispose con un sospiro rassegnato.
Erano già al quindicesimo tentativo.
“Va bene, riattivare i contatti!”, ordinò la dottoressa Ritsuko Akagi.
Non successe niente, l’interno dell’Entry Plug dello 01 restò tremendamente buio e silenzioso, e nella sala di controllo della gabbia, la scienziata non nascose una certa irritazione.
“E’ inutile, inutile! Il tasso di sincronia di Shinji è zero, anzi, zero spaccato. Come se non fosse mai esistito. Non avrei mai pensato che potesse succedere proprio a lui!”
“Eppure fisicamente sta bene”, osservò Maya.
“Certo che sta bene, è sano come un pesce. Il problema è di natura psicologica e non riesco a decifrarlo”.
Erano al quarto giorno da quando Shinji aveva deciso di tornare alla Nerv, la dottoressa aveva pensato che con quella decisione il ragazzo avesse risolto i suoi problemi interiori quanto bastava per riacquistare la sua sincronia.
Invece niente, e contando i giorni precedenti, avevano già fatto ottanta tentativi.
Ritsuko aveva controllato ogni dettaglio della connessione, sottoposto il ragazzo a numerosi test mentali e visite di ogni tipo, e non riusciva a venirne a capo.
“Quanto è frustrante, e questo è solo uno dei tanti problemi che abbiamo. Le riparazioni del Geo-Front e di Neo-Tokyo 3 richiederanno almeno tre settimane, lo 01 è inutilizzabile, perché sia il dummy che Rei non vengono più accettati. Se un angelo ci attaccasse adesso, rischieremmo davvero grosso”.
“Forse potrebbe risolvere il problema del Third Children chiedendo aiuto al maggiore Katsuragi”, propose allora la giovane operatrice. “Certamente lei è molto in confidenza con Shinji, potrebbe risolvere questo misterioso problema psicologico”.
“Misato ha deciso di concedersi adesso quella vacanza che non si era mai presa prima”.
Quella notizia per Maya fu una vera sorpresa.

Nella stanza si era diffuso un forte odore di chiuso, le finestre erano sbarrate, il pavimento ingombro di lattine di birra.
Misato sedeva a gambe incrociate sul suo futon.
Sapeva che non poteva continuare per sempre in quel modo, che doveva reagire, per non sprecare l’eredità che le era stata consegnata, per non abbandonare Shinji, Asuka e Rei. Come pure Mari e Mana.
Insomma, troppe persone potevano aver bisogno di lei, lo sapeva benissimo.
Eppure non riusciva a smettere di bere, perché ogni volta che sembrava passata, poi sentiva gli occhi riempirsi ancora di lacrime.
“Stupido! Sei solo un dannato stupido!”
Finì un’altra lattina buttandola via, quindi ne prese un’altra.
Non le importava che quelle birre fossero calde.

Richiuso l’armadietto, Shinji si sforzò di non pensare nuovamente a quella frase, e per l’ennesima volta non ci riuscì.
“Che ci faccio ancora qui?”
Dopo aver dato ascolto al signor Kaji, ora stranamente sparito, aveva pensato che forse poteva ancora avere qualcosa da fare alla Nerv.
Ma il suo tasso di sincronia era completamente sparito, nonostante lui si concentrasse fino a farsi venire le rughe sulla fronte.
E a dispetto di quello che aveva visto la sera del suo ritorno, non c’erano stati cambiamenti di sorta nell’atteggiamento di Asuka, che lo trattava in maniera fredda e scostante, come al solito.
Anzi, da quando aveva saputo che non riusciva più a pilotare l’Eva, era diventata ancora più aggressiva.
“Sei qui, idiota!”
Shinji non trasalì neppure.
“Ho appena finito di cambiarmi, Asuka”.
La ragazza a grandi passi gli andò incontro, fermandosi proprio davanti a lui con le gambe aperte e le mani sui fianchi. “Me ne sono accorta, stupi-Shinji. Credi che sia cieca?!”
“Certo che no”.
“Non si può mai sapere con uno stupido come te! D’altronde il fatto che tu non riesca più a pilotare l’Eva, non è forse sinonimo della tua idiozia? Neppure l’Evangelion ti vuole più”.
Asuka allontanò bruscamente Shinji mettendogli una mano sul petto e si avviò verso l’uscita.
“Tsk, scommetto che da domani rinuncerai pure a provare ancora con i test, vero? Un rammollito come te non sa cos’è la perseveranza”, continuò lei dandogli le spalle.
“Hai ragione. Penso che mollerò”.
La ragazza si fermò: “In che senso dici che mollerai?”
“Me ne vado. Ormai non ci sono più motivi per cui io resti qui”.
Asuka si girò osservandolo con occhi furiosi, si avvicinò nuovamente a Shinji e gli diede un pugno in faccia talmente forte da farlo cadere a terra.
“Ahia!”, esclamò lui.
Senza dire niente, Asuka uscì a grandi passi dallo spogliatoio.
“Accidenti, ma cosa le è preso?”, si domandò Shinji rialzandosi e massaggiandosi la guancia colpita.
Qualcuno gli mise un fazzoletto bagnato proprio lì.
“Chi?... Ayanami!”
Il pilota dello 00 lo fissava con il suo sguardo impenetrabile e freddo, così distante da quel gesto di gentilezza.
Restando in silenzio, Rei guidò delicatamente la mano di Shinji fino al fazzoletto in modo che lo reggesse da solo.
Poi andò anche lei verso l’uscita e alla soglia della porta si fermò.
“Ikari, ti va di venire a bere qualcosa con me?”, propose senza girarsi.
“Eh? Uh… sì, va bene”, rispose l’altro, stupito più che dalle parole, dalla loro provenienza.
Tanto più che Ayanami nell’ultimo periodo sembrava spesso assente, come se stesse in un altro mondo.

Lo spaccio in quel momento era deserto, Shinji e Rei stavano seduti uno affianco all’altro a un tavolo.
Lui aveva preso un’aranciata, lei un the freddo, entrambi in lattina.
Rei non sembrava avere qualcosa da dire, Shinji invece era troppo confuso, e bevve più volte la sua bibita per riempire quel silenzio.
La domanda arrivò improvvisa e impassibile: “Ikari, perché non riesci più ad attivare la sincronia?”
“Non… non lo so”.
“Lo sai benissimo, invece”.
“No che non lo so”, ribatté lui accigliandosi. “Io voglio pilotare, mi concentro, eppure non succede nulla”.
“E’ per via di quello che è successo con lo 04”.
Shinji s’irrigidì. “Non… credo. Cioè, sono qui”.
“Non è questo. Tu hai paura di salire ancora sull’Eva”.
“Intendi dire che ho paura di fare del male a qualcun altro com’è successo allora? In effetti è possibile”.
“Non si tratta solo di quello”.
Shinji la guardò sorpreso e perplesso. “E cos’altro potrebbe esserci?”
Ayanami, che fino ad allora aveva parlato guardando sempre davanti a sé, si girò per fissarlo attentamente negli occhi. “Causa ed effetto, Ikari. La tua paura attuale, che ti fa soffrire così tanto, è l’effetto. Devi cercare di capire qual è la vera causa”.
“E… e come posso fare?”
“Questo può dipendere solo da te”.
A quel punto accadde una cosa strana: Rei mise una mano su quella di Shinji, facendolo arrossire.
“Ti prego… capisci”, gli disse con un lontano fondo di speranza nella voce.
“Ayanami… io…”
“Ehi tu!”
Una borsa finì in faccia a Shinji.
“Asuka?!”, esclamò lui con la faccia adesso rossa per un altro motivo.
La Second Children lo fissava con occhi di fuoco: “Sei davvero un tipo incorreggibile! Anziché cercare di recuperare la sincronia, fai il farfallone con la First!”
“No, non è vero”, si difese lui, che fu afferrato per un orecchio e trascinato via, sotto lo sguardo impassibile di Ayanami.

“Ehm… ma che ci facciamo nelle piscine?”
Le piscine, tre vasche rettangolari una affiancata all’altra, erano state montate dentro il Geo-Front per svolgere test, allenamento, terapie o anche semplici svaghi.
Shinji era stato costretto ad indossare un costume modello pantaloncino mentre la sua coinquilina era ancora negli spogliatoi a cambiarsi.
“Uffa, cosa avrà escogitato adesso?”
“Shinji!”, lo chiamò Asuka.
Lui si girò e rimase senza fiato: Asuka indossava un costume rosso a due pezzi che metteva estremamente in risalto il suo corpo splendido, che appariva molto più formoso di quello delle sue coetanee.
La ragazza aveva con sé anche un sacchetto di carta.
“Maniaco! Non guardarmi in quel modo!”, esclamò coprendosi il petto con le braccia.
“Se si mette in imbarazzo allora perché indossa costumi di quel tipo?”, pensò il ragazzo.
Asuka indispettita andò alla piscina più lontana, sembrò tirare fuori qualcosa dal sacchetto e iniziò a mangiare, forse panini preconfezionati.
“Asuka, è pericoloso mangiare panini e poi fare il bagno”.
“Sta zitto! Tu sei qui solo per farmi da pubblico!”
“Pubblico?”
“Sì, la bellezza del mio stile risalta ancora di più se c’è qualcuno che mi guarda”.
Quando ebbe finito di mangiare, buttò il sacchetto in un cestino lì vicino e si tuffò, cominciando a nuotare sotto lo sguardo di Shinji.
Da un lato il giovane Ikari si vergognava a fissare quella splendida ragazza, e per questo si era avvicinato senza superare la piscina di mezzo.
Dall’altro lato però i suoi occhi erano come calamitati da quel corpo che fendeva sinuoso l’acqua e non poteva quindi non lanciargli diversi sguardi interessati, quasi che una misteriosa forza lo costringesse a guardare.
“Accidenti”, pensò, “che razza di tipo che sono. Me ne sto qui ad osservare Asuka e non sono andato a trovare Mana nemmeno una volta nell’ultima settimana. E’ vero che per questioni di sicurezza deve restare isolata, neppure la signorina Misato è riuscita a vederla. Ma trattandosi di una persona che ho…”. Shinji rabbrividì. “Dovrei pensare a lei costantemente, e invece no. E penso anche di sapere il perché: non l’ho ancora perdonata. Ce l’ho ancora con lei. Dopo tutto quello che le ho fatto. E’ mostruoso! Asuka fa bene a maltrattarmi, anzi, è il minimo”.
“Shinji, aiuto!”, gridò a un tratto Asuka.
Il giovane si ridestò dai suoi pensieri.
Vide la sua compagna annaspare e agitare le braccia.
“Mi fa male lo stomaco! Aiutami!”, gridò ancora quasi disperata.
“Oh no!”, esclamò Shinji.
D’istinto provò a tuffarsi, per poi bloccarsi quasi ad un pelo dall’acqua: lui non sapeva nuotare!
Se si fosse tuffato, qualcuno avrebbe dovuto salvare anche lui.
Allora andò al bordo della piscina e tentò di afferrare la ragazza, che purtroppo era al centro della vasca e non riusciva ad avvicinarsi.
“Asuka, cerca di resistere, chiamo qualcuno!”
Col cuore in gola corse dagli inservienti che si trovavano all’ingresso delle piscine, ed essendo lì proprio per emergenze del genere, accorsero subito insieme a Shinji.
Trovarono la piscina vuota, e i tre inservienti guardarono il ragazzo.
“Vi giuro che era in acqua! Diceva che stava male e poco prima aveva mangiato!”, spiegò confuso e agitato.
Gli uomini della Nerv allora osservarono le piscine, poi uscirono per perlustrare i locali circostanti.
Shinji invece rimase lì, pieno d’interrogativi.
”Ehi, imbecille!”, lo chiamò una voce femminile veramente irritata.
La voce proveniva da dietro di lui e non appena si girò, un cestino dei rifiuti piombò sulla testa.
“Idiota! Mille volte idiota!!”, gridò furente Asuka andandosene.
Shinji si tolse il cestino dalla testa, guardandosi intorno smarrito.
Poi vide le carte per terra e riconobbe il sacchetto di Asuka, però vedendo le altre carte si accorse che non si trattava di confezioni per panini: era semplice cartaccia.
Dunque aveva solo finto di mangiare, e allora aveva anche fatto finta di stare male.
“Accidenti, che scherzo. Si vede che mi odia. Ma una nullità come me se lo merita”.

Shigeru Aoba e Makoto Hyuga stavano raccogliendo i dati sulle riparazioni della base della Nerv e della soprastante città.
Non essendoci angeli, e vista la condizione d’emergenza, per compiere i lavori erano stati utilizzati anche quegli operatori che altrimenti avrebbero dovuto svolgere altri mansioni.
“Riceviamo conferma che le lastre blindate sono state ripristinate dalla prima all’undicesima”, comunicò Shigeru.
“Linee d’artiglieria E-22 e F-50 riattivate al 65%”, riferì Makoto, che si sfogò: “Cavolo, speriamo che nessun angelo ci attacchi adesso. Sarebbero guai grossi”.
“Andiamo, un po’ d’ottimismo. Cioè, combattiamo per la salvezza dell’umanità. Ci meritiamo un po’ di fortuna, no?”, lo consolò l’altro.
“Secondo il servizio meteo, sta arrivando un temporale. Forse un cattivo segno”.
“Non diventarmi superstizioso”.
“Non lo sono. Però noi combattiamo degli esseri chiamati angeli”.
“Touchè”.

Rivestitosi, Shinji tornava a casa da solo, mentre le nuvole, in lontananza, minacciavano pioggia.
Neo-Tokyo 3 era tutta un cantiere a cielo aperto.
Anche di gente se ne vedeva poca in giro.
A causa dei danni, molte persone avevano dovuto trasferirsi, troppi i palazzi civili danneggiati o distrutti.
Shinji si sentiva pieno di conflitti: cosa doveva fare con Asuka?
Qualche giorno fa sembrava che si fosse preoccupata per lui e ora invece lo trattava come una pezza da piedi.
Cosa avrebbe potuto fare per Mana?
Pur sapendo cosa l’era successo, non riusciva a perdonarle di aver infranto il loro patto.
Perché Ayanami se ne era uscita con quello strano discorso?
Che cosa lui non riusciva a capire?
“Dai, tienila ferma”.
“No, ho paura che mi morda. Tienila ferma tu”.
“Fate silenzio e tenetela ferma tutti e due. Io devo fare il cappio”.
Tre bambini, vicini a un muretto poco più avanti, erano uno di fronte all’altro e sembravano armeggiare con qualcosa che tenevano in mano.
Buttando distrattamente un’occhiata, Shinji vide cosa stavano facendo.
Con un cordino, forse un filo da bucato, stavano creando un cappio, che poi infilarono intorno al collo di una lucertola che si dimenava disperatamente.
“Ok, ora stringi!”, ordinò uno dei tre.
“Vediamo quanto ci mette a morire”, disse eccitato un altro.
“Ehi, fermi!”, esclamò Shinji.
I tre lo guardarono sorpresi e seccati.
“E perché?”, domandarono insieme.
“Non si seviziano gli animali!”
“Ma questa è solo una lucertola”, replicò uno dei tre cominciando a tirare il cappio.
“Ho detto di fermarvi!”, gridò Shinji avvicinandosi con ampi passi e dando uno schiaffo sulla mano di quello che reggeva la lucertola.
La quale cadde a terra e si defilò guizzando come una saetta.
“Uffa, ma perché? Non stavamo facendo nulla di male!”, protestò il ragazzino colpito.
“Ma non capite?”, continuò Shinji. “E’ sbagliato perché…”
Shinji si fermò: aveva cominciato a capire, e un fulmine sembrò squarciare il velo che fino ad allora aveva avuto davanti agli occhi.
Tuttavia non era solo una sua impressione, perché un vero fulmine attraversò il cielo.
Subito dopo cominciò a piovere e i bambini scapparono via.
Il quasi ex-pilota invece rimase fermo, iniziando ad inzupparsi.
Aveva capito!
Aveva capito perché Mana aveva rotto il patto.
“Dio mio, cosa le ho fatto? E come ho fatto a non capirlo prima? Altro che arrabbiato con lei! Ha fatto benissimo! Sono solo un’idiota, anzi, un bastardo!”
Improvvisamente risuonarono gli allarmi nella città, un suono abbastanza forte da destarlo dai suoi pensieri.
“Un altro angelo!”

  
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