ATTENZIONE:
L’autrice, come Peeta –protagonista della One Shot-
è stata sottoposta al
veleno degli Aghi Inseguitori da Capitol City e quindi, per qualsiasi
recriminazione, si ritiene incapace di intendere e volere.
Lasciando
perdere le cavolate, Peeta ama Katniss (e sempre sia lodata la
Collins), ma vi
ricordate quelle paroline che Peeta pronuncia a Finnick in
“Il canto della
rivolta”? –Sii carino con
lei Finnick. O
sarò tentato di portartela via.- ?
A
me questo piccolo dettaglio ha scatenato un grande uragano in testa.
Peeta
è sconvolto e i suoi ricordi non sono più gli
stessi? Bene! Vediamo cosa esce
fuori da un piccolo Missing Moment sulla sua prigionia a Capitol!
AVREI VOLUTO CONOSCERTI
IN UN GIORNO D'ESTATE.
Avrei
voluto conoscerti in un giorno d’estate per vederti
sorridere, perché in questa
prigione di te ho assaporato solo le lacrime, i sospiri e i sogni
turbati.
Avrei
voluto vedere i raggi del sole giocare con i nodi dei tuoi capelli
scuri,
cercare di districarli con le dita all’ombra di un albero e
vedere il tramonto,
l’unica macchia di sangue in una vita immacolata come noi.
Avrei
voluto incorniciare il tuo viso con mille parole, mille poesie, mille
colori e baciarti,
tanto fino a stancarmi.
Avrei
voluto vedere il mare, non la pallida imitazione dell’Arena,
e sentire di poter
essere finalmente libero, socchiudere le palpebre, risvegliarmi accanto
a te e
ridere.
Anche
tu con gli occhi cerchi il mare, lo vedo, lo sento, ti hanno strappato
a forza
dalle tue onde, ti hanno portata via per i capelli dal tuo Distretto e
adesso
siamo qui, uno di fronte all’altra, a guardarci tra le sbarre
di queste piccole
celle e mi distruggo perché ho paura che tu sia solo
un’allucinazione causata
dal veleno che mi hanno iniettato, ma so che tu sei vera, lo devi
essere per
forza.
Sento
Johanna che continua a dirti di non piangere e non chiamare Finnick
perché
tanto non verrà, ed ha ragione Annie, non verrà
nessuno, Katniss ucciderà tutti
senza che io abbia potuto fare qualcosa per salvarli.
Lei
è il male, e se vederti soffrire qua è un prezzo
per la tua vita, sono contento
di pagarlo.
La
sogno, sai? Di notte, ogni dannata notte, sento le sue labbra sulle
mie, così
fredde, così finte, e poi il coltello che preme sulla pelle
del mio collo e mi
coglie di sorpresa, i suoi occhi, prima grigi, diventano neri e poi
rossi, come
tizzoni di carbone che prendono fuoco sotto un odio inumano.
Lei
è una macchina da guerra Annie, non è la
scintilla della rivoluzione, ma la
fiamma distruttrice del rancore, della separazione e tutti, vittime
inconsapevoli, ci siamo fatti abbindolare dalla speranza che cercavamo
in lei.
La
disperazione può tante cose, ci fa credere che un grande
incendio distruttore
sia solo un fuocherello intorno al quale ritrovarsi per partire,
peccato che
lei non sia il punto di partenza, ma quello di fine, è le
tenebre di un abisso
nel quale sono caduto e dal quale non riesco ad uscire.
Sai
quando ho capito che non ero del tutto morto dentro?
Quando,
per la prima volta, ho visto i tuoi occhi, e non importa se le luci
intermittenti dei neon e le botte che mi avevano appena dato possono
aver
alterato le mie sensazioni, ma, appena ho incrociato i miei con i tuoi,
ho
capito che quello era l’unico abisso in cui dovevo perdermi,
uno in cui annegare
non vuole dire perdersi, ma trovarsi.
Non
mi ricordo neppure cosa avevo fatto quella volta, probabilmente nulla,
però non
me avevano mai date così tante; continuavano a dire che
finché non avessi
reagito le avrei prese e che, pugno dopo pugno, mi avrebbero reso
più
aggressivo, io non reagivo, non sarei diventato un mostro per loro, non
lo
avrei fatto.
Mi
riportarono in cella senza cena quella sera, e fu lì che ti
vidi, davanti a me
per la prima volta.
Stavi
sempre in un angolo raggomitolata e poi ho scoperto ciò che
sei veramente: hai
aspettato che non ci fosse nessuno e mi hai lanciato il pezzo di pane
in cui
consisteva la tua cena, mi hai guardato e sorriso.
Non
pensavo che così poco potesse farmi così bene.
Non
pensavo che tu potessi farmi così bene.
Non
pensavo che tutto potesse ribaltarsi così rapidamente.
Forse
nella mia vita ho davvero inseguito solo qualcosa di imprendibile, e
alla fine
avevo solo bisogno di tutt’altro, della purezza del tuo
sguardo, della
limpidezza del tuo sorriso e delle tue labbra rosse e screpolate.
Ho
bisogno della quiete dell’acqua e dello sciabordio lento
delle onde, dei tuoi
occhi blu come il mare più profondo e delle tue mani che non
posso toccare.
Mi
sono bruciato Annie, e fa male, tanto, e solo tu puoi sanare le mie
ferite, ma
di te devo accettare anche il sale e quello non aiuta a placare il
dolore, lo
rende solo più vivido.
Non
posso più sentirti chiamare il suo nome, non ce la faccio,
fa troppo male.
“Finnick”,
“Finnick”,
rimbomba nella testa e anche io vorrei portare le mani alle
orecchie, come fai tu, per non sentirti.
Capirai
anche tu che lui non è la persona giusta per te.
Lo
capirai.
Avrei
voluto conoscerti in un giorno d’estate, tra i fiori rossi di
un campo bianco,
piccoli graffi su una pelle immacolata come la nostra.
Avrei
voluto graffiare anche io la tua, per sentirti mia una volta e mille.
Avrei
voluto stringere la tua mano nella mia per non farti mai sentire sola,
ma la
distanza ce lo impedisce, come ce lo impediscono le sbarre e
l’amore che ha avvelenato
entrambi.
Avrei voluto conoscerti e basta, conoscerti e bastarci.
NdA:
è un
delirio, lo so, ma mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate.
A
presto!
cranium
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