Nel pomeriggio Prim si
mise a lavorare sulle rovine del suo orticello mentre Katniss si preparò
velocemente per andare a caccia, ora ne avevano più bisogno che mai. Il cielo
carico di nebbie autunnali diventò ancora più cupo e Katniss uscendo rabbrividì
per il freddo. Quella sera contavano su qualche rimasuglio ricavato dalle
verdure dell’orto e sulla sua abilità e fortuna nel cacciare. Uscì in fretta
dalla recinzione ma appena recuperate le sue armi fu costretta ad una pausa
forzata dall’apparizione improvvisa di un Hovercraft dei Pacificatori. Questi
velivoli governativi , droni con o senza pilota erano usati per la sorveglianza
delle zone oltre i confini di distretto ove spesso si nascondevano frange di
rivoltosi contro il governo centrale. Erano macchine insidiose, facevano poco
rumore e apparivano all’improvviso. Sfortunatamente spaventavano la selvaggina,
dotata di sensi ben più fini di quelli umani. Katniss aveva notato negli ultimi
tempi un intensificarsi delle attività di sorveglianza dei droni sul loro
Distretto, probabilmente in seguito a segnalazioni di bande di rivoltosi
accampate nella zona. Katniss nei boschi non era solita incontrare nessuno
salvo Gale e i pochi altri cacciatori come loro che nel Distretto erano
costretti dalla necessità a procurarsi il cibo nei boschi. Katniss camminò a
lungo quel giorno, fortunatamente la sua caviglia era quasi completamente
guarita e nel suo vagare nei boschi piazzò numerose trappole. Prede di grandi
dimensioni però non ne vide. Verso sera cominciò a piovere nuovamente, in modo
insistente, tanto che il freddo e la fame la spinsero infine verso casa, con un
carniere molto magro. Portò a casa qualche mela che quella sera concluse il
loro povero pasto. I giorni successivi furono ancora più difficili. Non smise
mai di piovere e Katniss arrivava a casa così bagnata e tremante che si chiese
per quanto tempo sarebbe riuscita a cacciare. A dispetto di tanto impegno la
selvaggina, disturbata dalle incursioni frequenti dei droni Pacificatori e dal
letargo naturale ormai imminente sembrava essere scomparsa, tutto era fango ed
acqua, foglie marce ed ingiallite e freddo sempre più pungente. I suoi bottini
erano così miseri, bastavano appena per comprare qualcosa per Prim e per mamma,
per lei c’era solo il senso di vuoto che giorno dopo giorno cresceva e
offuscava i suoi sensi. A volte aveva tanta fame da avere la vista annebbiata e
tirare con l’arco ai piccoli volatili era difficile, con prede così veloci e
così ridotte in numero. La cosa peggiore era poi quando perdeva nel bosco la
freccia scagliata a vuoto, in quel momento non poteva permettersi di spendere
per comprarne altre. A casa nascose le sue preoccupazioni sempre anche quando
vedere Prim mangiare le provocava crampi allo stomaco. L’importante era che
alla piccola non mancasse almeno il minimo. E fuori la pioggia continuava a
cadere, incessante. Ormai arrivava così bagnata a casa che i vestiti messi ad
asciugare vicino alla stufa non erano pronti per il giorno dopo perciò lei
continuava ad indossare sempre abiti bagnati. A scuola faceva finta di non
sentire i commenti acidi e le risatine dei compagni di classe residenti in
città a proposito dei suoi vestiti sempre umidi che colavano acqua. Rispetto
alla sua le loro famiglie erano non certo benestanti…ma neppure sapevano ciò
che voleva dire mangiare solo un paio di mele in tutta la giornata. Scuola,
caccia, fame, freddo queste erano le cose con le quali Katniss aveva a che fare
tutti i giorni. L’assenza di prede importanti continuava, le trappole restavano
vuote e Katniss si malediceva per non essere abbastanza brava da essere in
grado di procurare il sostentamento alla sua famiglia. Nonostante i suoi sforzi
anche a Prim stava cominciando a mancare il cibo ma la piccola capiva ciò che
sua sorella stava facendo per lei e non osava chiedere nulla in più per se. Per
Katniss vederla tirata in volto era una pena che si aggiungeva alle sue
sofferenze fisiche e poco a poco stava togliendo luce ai suoi occhi grigio
azzurri. Katniss era ormai pelle e ossa e si chiese fino a quando il suo corpo
avrebbe resistito a quella tortura prima di arrendersi. Stava diventando di
giorno in giorno più debole per cacciare e sempre più stanca, se non fosse
stato per Prim forse si sarebbe già arresa. Una sera, sotto una pioggia gelida e intensa
non poté più sopportare il senso di sconfitta che le dava il tornare a casa a
mani vuote e il pensiero degli occhi muti e imploranti della sorellina la
spinse contro la sua volontà verso la città. Lei stessa non sapeva bene in
cerca di cosa…il furto era un reato punito con la morte ma lei a questo non
sarebbe ricorsa mai., anche nella sua povertà era una ragazza onesta. Era tardo
pomeriggio e lei approfittò del calare delle tenebre in quella piovosa serata
per cercare qualcosa di commestibile nei cestini dei rifiuti. Se ne vergognava
ma la vita di Prim valeva per lei più della sua stessa vita. Le parve di
rivivere quella sera di molti anni prima in cui lei e la sua famiglia stavano
come ora per morire di fame. Allora era stata salvata dal figlio del fornaio,
oggi non pensava certo che avrebbe avuto altrettanta fortuna. Il giro dei
cestini fu senza successo, riuscì solo a farsi assestare un calcio dal
fruttivendolo giunto improvvisamente dietro di lei mentre cercava qualche resto
di ortaggio nel cassonetto. Quel colpo fece più male alla sua anima che al suo
corpo. Nella pioggia e al buio non la riconobbe di certo e il droghiere le
gridò contro qualcosa minacciando di chiamare i Pacificatori. Katniss pensò per
un istante di attenderli proprio i Pacificatori e lasciare che portassero a
termine il loro lavoro con la tipica efficienza e brutalità…ma sarebbe stata
una morte infamante e dolorosa, allora si allontanò per non dare a Prim anche
questo dolore. A sera ormai inoltrata Katniss era così stremata da essere
obbligata a fermarsi qualche minuto prima di tornare verso il Giacimento. Si
fermò sotto il portico del negozietto di sementi per ripararsi qualche istante
dalla pioggia. Il negozio era già chiuso ma dentro dove qualcuno stava ancora
lavorando, c’era ancora luce nel retrobottega. Si sedette sugli scalini del
portico quando sentì dietro di lei aprirsi la porta. Ebbe l’impulso di fuggire
ma era troppo stanca per farlo. Era in trappola, troppo debole per correre via.
Katniss si voltò
lentamente, con il viso grondante acqua, per conoscere quale sarebbe stato il
suo destino e vide stupita che si trattava di una vecchia signora che lei
conosceva bene. Vendeva i suoi prodotti anche al mercato nero e Katniss in
tempi migliori aveva acquistato da lei le sementi per l’orticello di Prim. Prima
che lei potesse mettersi sulla difensiva l’anziana signora le rivolse un
sorriso e le disse:
“Guarda chi si vede…la
nostra giovane cacciatrice…” Non c’era ira o allarme nella sua voce e questo
tranquillizzò un pochino Katniss che si era preparata un’altra volta a combattere.
Katniss la guardò a sua volta e il suo tono sereno le fecero abbozzare un
sorriso triste che si spense quasi subito nel freddo della sera.
“Me ne vado subito,
solo un minuto di riposo e me ne vado, per favore non mi faccia del male…”
disse Katniss in fretta, temendo che anche l’anziana l’avrebbe cacciata come
tutti gli altri negozianti.
“Fino a che non mi
consumi i gradini puoi anche restare…che fai in giro con questo tempaccio?” chiese
la signora.
Katniss non rispose ma
la guardò con occhi tristi, gli occhi di una ragazza da troppo tempo affamata. La
vecchia intuì le parole che Katniss non ebbe il coraggio di pronunciare. Non
voleva umiliarla e farle della carità che lei non avrebbe voluto accettare.
“Katniss, aspettami un attimo qui cara… ” le disse
la negoziante.
Katniss non sapeva che
fare, solo non ce la faceva più a scappare ancora… poi decise che in fondo non
aveva nulla da perdere, se la negoziante avesse voluto farle del male avrebbe
già chiamato i Pacificatori e lei sarebbe già stata portata al Palazzo di
Giustizia…o uccisa per strada se le cose prendevano la piega sbagliata.
La vecchia tornò con un
sacchetto di patate che Katniss guardò come la cosa più preziosa al mondo.
“Non è molto cara…ma
prendile, io sono sola mentre tu hai una famiglia da mantenere… conoscevo bene
tuo padre…” le disse la vecchia porgendole il sacchetto.
“Signora…lo sa che non
me le posso permettere…” tentò di schermirsi Katniss.
Le fece quel dono con
un sorriso sdentato e buono e Katniss percepì in qualche modo come quella
vecchia signora avesse stimato e voluto bene a suo padre, se ne era andato
troppo presto e a Katniss mancava molto.
Dopo aver ringraziato
la vecchia per quel dono di vita Katniss tornò a casa con il suo piccolo tesoro
sotto il diluvio, non era meno stanca o infreddolita di prima ma almeno aveva ricevuto
qualcosa per il bene dei suoi cari.
Nonostante la fame Katniss cercò di mangiare solo lo stretto indispensabile
perché Prim e mamma potessero sfamarsi almeno per quella sera.
Il giorno seguente, come in ogni week end, la
scuola era chiusa e in mattinata uscì a caccia con Gale, anche lui in quel
momento se la passava male, i sempre frequenti passaggi dei droni sui boschi
oltre la recinzione li costringevano a nascondersi per non essere fotografati
dall’alto. Una ripresa fotografica avrebbe significato la condanna a morte per ribellione armata.
Dopo quella domenica
piovosa e povera di prede iniziò un’altra settimana dal carattere sempre più
invernale. L’intero Distretto era ormai ridotto ad un pantano, i fiumi erano
ingrossati e tumultuosi, anche nelle case l’umidità era sempre presente. Con
quel clima malsano , la malnutrizione e la quasi totale inesistenza di cure
mediche e farmaci, a disposizione solo di chi poteva pagarli a caro prezzo, una
semplice influenza trascurata poteva essere fatale, specie per i più piccoli.
Fortunatamente Prim aveva solo di recente iniziato a patire per i morsi della
fame ed era in buona salute. I problemi di Katniss non erano ancora finiti.
Intorno a metà settimana, durante la lezione di lettere, Katniss si lasciò
vincere dal suono ipnotico delle spiegazioni della docente Mrs. Perino e seduta
nel suo banco, non lontano dalla stufa a legna che riscaldava la classe,
cullata dal tepore scivolò in un sonno prima combattuto e poi accettato come
inevitabile dal suo corpo troppo provato. Dopo un tempo che lei stessa non
seppe subito definire il risveglio fu molto più brusco. Il suo nome gridato
vicino a lei e la bacchetta di legno che colpì il suo banco la fecero sobbalzare
con il cuore in gola. Non sapeva da quanto l’insegnante la stesse osservando
addormentata, l’intera classe rideva di lei, ad eccezione della sua unica amica
Madge che sapeva cosa Katniss stesse passando in quel periodo. E di Peeta
Mellark che, avendola già vista prima in condizioni simili, ebbe l’intuizione
di ciò che forse le stava capitando di nuovo.
“Signorina Everdeen penso
che non abbia idea di cosa stavamo parlando o sbaglio..” disse ironicamente la
docente.
Katniss, ancora
stordita non tentò neppure di difendersi, sarebbe stato decisamente inutile e
sarebbe stata umiliata ancora di più..
“No, Mrs. Perino… mi
sono assopita…”
“Signorina Everdeen,
come le avevo promesso questo suo comportamento ripetuto in classe non sarà più
tollerato. Desidero che lei si fermi in classe al termine della lezione dove
discuteremo della punizione che merita.”
Katniss faticò a
rispondere uno sforzato “Si, Mrs. Perino…”
Dentro di se stava
maledicendosi per la sua stupidità, quel pomeriggio avrebbe dovuto uscire a
caccia, andare al mercato nero per procurarsi qualche punta di freccia …ora
d’improvviso la sua prospettiva era quella di ricevere bastonate per il suo
scarso impegno scolastico. Da parte sua la docente, nonostante il tono severo
tenuto di fronte alla classe, non poté fare a meno di chiedersi in se come mai
una ragazza come Katniss, intelligente e che prima di allora non aveva mai dato
problemi a scuola, fosse cambiata così rapidamente nel nuovo anno scolastico. E
quei vestiti sempre bagnati che aveva indosso…
La lezione proseguì ed
al termine tutti gli studenti uscirono per far ritorno verso le loro
abitazioni. Katniss prese un attimo da parte Madge e le disse in fretta:
“Madge, sono nei guai
stavolta… per favore, passa nella classe di Prim e accompagnala a casa…dille
che…tornerò molto tardi oggi e non potremo fare ciò che le avevo promesso…”
“Non ti preoccupare
Katniss, a Prim ci penso io…tu tieni duro…” cercò di rincuorarla Madge. Katniss
la guardò con gli occhi tristi. A
Katniss sembrava di aver tradito la fiducia della sorellina ma ormai non
dipendeva più da lei.
La docente le disse:
“Signorina Everdeen l’attendo qui in classe tra mezz’ora…sono costretta a
infliggerle la punizione che ha meritato.” In quella mezz’ora la docente restò
in classe e ma non consumò il suo pranzo portato da casa come tutti i giorni,
quello che avrebbe dovuto fare la metteva a disagio. Incontrò poi una sua
collega per prendersi un attimo di pausa. Katniss aspettò
sotto il portico dell’ingresso. Aveva il cuore angosciato e grigio, dello
stesso colore del cielo che continuava a lasciar cadere quella pioggia fredda e
pesante come piombo. In quel clima ogni traccia di gioia sembrava scomparsa dal
Distretto 12. Una folla di pensieri turbinò nella sua mente…un’altra sera senza
cena, la loro casa fredda e umida, i suoi abiti bagnati, la punizione che
l’attendeva…se non ci fosse stata Prim…
All’ora stabilita
Katniss entrò nella classe deserta e sedette al suo banco, in attesa di Mrs.
Perino. L’attesa non durò a lungo e Katniss si alzò in piedi all’arrivo dell’insegnante.
Restò in piedi di fronte al suo banco mentre la docente seduta alla cattedra
osservava il registro di classe. Posò poi gli occhiali sulla cattedra e
alzandosi si rivolse finalmente a lei.
“Vorrei non doverlo
fare, signorina Everdeen…” disse con tono grave la docente. Si alzò e si
diresse verso l’armadio di fianco alla cattedra. Katniss sapeva bene cosa
cercava. Era lì che era custodito il bastone usato per infliggere le punizioni
corporali. Katniss cercò di deglutire, il groppo alla gola si stava facendo
opprimente. Sempre in piedi, sollevò le maniche umide del suo maglioncino in modo da presentare le
sue mani e le braccia alla punizione che l’attendeva. Non temeva tanto il
dolore fisico, era abituata a soffrire, ma quella punizione era il sigillo e la
conferma del fallimento della sua vita, a scuola e come capo famiglia. Mrs.
Perino si voltò e venne verso di lei con il bastone tra le mani. Katniss la
guardò arrivare, sentendosi sempre peggio dentro, non riusciva quasi più a
respirare, i suoi occhi vagarono disperati in alto verso il soffitto dell’aula
come in cerca di un aiuto insperato che non sarebbe arrivato mai. L’insegnante
era di fronte a Katniss e alle sue braccia nude e non poté non notare come era
fragile la ragazza che stava per punire, scheletrita da troppi digiuni. Katniss
chiuse gli occhi mentre la docente alzava il bastone e attese il dolore
lancinante del primo dei molti colpi sulle sue povere mani infreddolite. Già
ora a caccia non combinava nulla, chissà nei prossimi giorni come avrebbe
potuto tendere l’arco con le sue mani gonfie e doloranti per le bastonate
ricevute, come avrebbe tentato di, di
mirare a una preda cercando di tenere la freccia con le mani ferite, come
avrebbe sistemato i lacci delle trappole con le dita rovinate…
Questo turbine di
angoscia improvvisa si riversò su di lei in quella frazione di secondo in cui
Mrs. Perino stava per lasciar cadere il bastone, la vista di Katniss si annebbiò
e con un misto di stupore e orrore si accorse che dai suoi occhi scendevano
copiose le lacrime. Katniss cercò di cacciarle indietro e di resistere, cercò anche
di asciugarle in fretta con il dorso delle mani passato sugli occhi lacrimanti
ma non riuscì più a trattenerle.
Restò invece immobile e
con il bastone ancora alzato Mrs. Perino che ebbe in quell’istante una chiara
percezione, come una premonizione. Se avesse colpito quella creaturina ne
avrebbe colpito non le mani ma l’anima e avrebbe reciso il filo sottile che
ancora la teneva legata alla sua durissima vita e l’indomani ci sarebbe stato
solo un cadaverino appeso come una bambola di pezza ad una trave del fienile.
Le lacrime incontrollabili di Katniss furono solo l’inizio, la sua lotta per respirare
produceva espirando solo un grido, un gemito di sofferenza profondo che
arrivava dal cuore stesso della ragazza. Mrs. Perino un tempo, quando era più
giovane, aveva creduto che quello dell’insegnante non fosse un semplice lavoro
ma una missione. I lunghi anni al Distretto 12 avevano fatto perdere smalto
alle sue convinzioni ma sapeva ancora riconoscere una giovane in vera
difficoltà. Quanto era diverso il pianto
di Katniss da quello frivolo, simulato e
senza lacrime delle ragazzette viziate sue studentesse ai tempi di Capitol City
quando cercavano di evitare una giusta punizione…
Il pianto di Katniss
era profondo, lacerante, veniva da un cuore troppo stanco e ferito per
appartenere ad una ragazza poco più che quindicenne. Quanto era simile il
pianto di questa piccola a quello di una agnellina ferita, colse in
quell’istante tutta la profondità delle parole del sermone domenicale del
Reverendo Jones sul dolore innocente. Ora Katniss piangeva senza più alcun
ritegno, era un fiume in piena che aveva rotto gli argini e singhiozzava così
penosamente che non riuscì a restare ancora in piedi di fronte alla docente. Ad
ogni grido ed ogni singhiozzo disperato era come se un peso si abbattesse su di
lei che si chinò sul suo banco e infine sedette con il viso tra le mani. Con la
voce rotta nel pianto e tra i singhiozzi le diceva:
“Avanti… mi punisca…mi faccia
ciò che mi merito…”
Ma Mrs. Perino aveva
ormai abbassato il bastone e non aveva alcuna intenzione di usarlo su quella ragazza
ormai annientata. Posato il bastone su una sedia vicina si avvicinò al banco di
Katniss singhiozzante e piano le accarezzò i lunghi capelli neri intrecciati.
Katniss sobbalzò e la docente ebbe la stessa sensazione che si ha quando si
tocca un cerbiatto selvatico. La piccola era ormai troppo debole per difendersi
e la lasciò fare. Mrs. Perino sedette nel posto accanto a lei. La abbracciò con
dolcezza, prima lentamente per non spaventarla e poi la attirò a se. Sentì i
suoi vestiti umidi, il suo corpicino smagrito del quale poteva ormai contare le
ossa, il suo cuore che batteva forte e le sue guance rigate di lacrime ed anche
lei lottò per non piangere. Le parlò dolcemente, mentre ancora Katniss non
riusciva a smettere di piangere.
“Dai piccola, coraggio,
e piangi tesoro, non c’è nulla di male in questo, non puoi sempre tenerti tutto
dentro. Le tue lacrime non sono un segno di debolezza è solo il tuo cuore
troppo ferito che ha bisogno di guarire…lascia che le lacrime lavino via il
dolore dalla tua anima…”
Katniss tra le lacrime
abbassò ogni barriera e le raccontò degli incidenti di caccia, del terrore di
finire sbranata, del freddo, della fame, della pioggia incessante e dei suoi
vestiti sempre bagnati, del furto al mercato, dei cinghiali che avevano
devastato il campo, dell’umiliazione nel cercare il cibo tra i rifiuti, dei
calci ricevuti facendolo…delle sue enormi responsabilità verso Prim e la madre
depressa…”
Mrs. Perino ascoltò la
piccola accarezzandola con dolcezza finché non ebbe più lacrime da piangere e
si calmò un pochino. Restò però abbracciata a lei, in quel momento era tornata
una quindicenne bisognosa di un po’ di affetto.
“Katniss, sai, ti sembrerà
impossibile ma un tempo sono stata giovane anche io… e so bene quali sono le
difficoltà di questo mondo. Anche oggi sapessi che pena è sempre stata per me l’accompagnare
ogni anno due di voi al cimitero per quei maledetti Hunger Games… Sei una bella
ragazza e di te mi hanno sempre colpito i tuoi occhi, sempre pieni di vita e di
luce…solo ultimamente li ho visti spegnersi poco a poco… ma adesso ti rivoglio
come sei sempre stata, vedi, questo posto grigio è un pochino più bello per
ogni fiore come te che lo abita. Non dimenticartelo mai, tu sei preziosa, unica
ed irripetibile e ogni volta che avrai bisogno di piangere un po’ sarò qui per
te…Katniss, non può piovere per sempre….” e la guardò con un sorriso sincero. Katniss
rispose con un sorriso leggero e…un po’ di speranza negli occhi, resi più dolci
dalle lacrime simili a piccoli diamanti che ancora li ornavano.
Mrs. Perino poi prese
il pranzo che quel giorno non aveva mangiato e lo divise con la piccola
Katniss. Dopo tante privazioni Katniss si concesse qualcosa per se non senza
mettere qualcosa da parte anche per Prim.
Mrs. Perino era
contenta perché vedendola ora mangiare qualcosa più serena sapeva che quel
giorno aveva davvero compiuto un miracolo nascosto, quello che normalmente è
riservato agli eroi, quello di salvare una delle giovani vite che le erano state
affidate.
“Naturalmente la tua
punizione è solo rimandata…si intende…” scherzò Mrs. Perino uscendo con Katniss
da scuola.
“Certo Mrs. Perino, è chiaro…” rispose Katniss
sorridendo.
Era tardo pomeriggio
quando insieme tornarono a casa, Mrs. Perino si diresse verso la Città e
Katniss proseguì per il Giacimento. Aveva finalmente smesso di piovere e il
sole tramontava infuocando il cielo in maniera spettacolare. Nei giorni seguenti Katniss credette di
potercela fare e la pioggia gelida fu lavata via, prima di tutto dal suo cuore.
Il grosso cervo che prese con Gale li fece arrivare a Natale in buone
condizioni e permise loro di affrontare la stagione invernale. Anche Mrs.
Perino ebbe quell’anno uno speciale
pranzo di Natale, il migliore da lei gustato da molti anni: stufato di cervo,
procurato da quella micidiale arciere, la piccola quindicenne che lei stessa
aveva salvato.