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Autore: ravenmax    28/01/2013    1 recensioni
La storia si svolge nell’autunno tra i 73° e i 74° Hunger Games ai quali Katniss prenderà parte. E’ uno spaccato sulla vita quotidiana di Katniss e della sua lotta per la sopravvivenza nel Distretto 12. Ne emerge una ragazza profondamente umana con le paure e i sogni di una adolescente portata all’estremo dalla durezza della sua vita.
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Primrose Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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AutunnoCap3

Nel pomeriggio Prim si mise a lavorare sulle rovine del suo orticello mentre Katniss si preparò velocemente per andare a caccia, ora ne avevano più bisogno che mai. Il cielo carico di nebbie autunnali diventò ancora più cupo e Katniss uscendo rabbrividì per il freddo. Quella sera contavano su qualche rimasuglio ricavato dalle verdure dell’orto e sulla sua abilità e fortuna nel cacciare. Uscì in fretta dalla recinzione ma appena recuperate le sue armi fu costretta ad una pausa forzata dall’apparizione improvvisa di un Hovercraft dei Pacificatori. Questi velivoli governativi , droni con o senza pilota erano usati per la sorveglianza delle zone oltre i confini di distretto ove spesso si nascondevano frange di rivoltosi contro il governo centrale. Erano macchine insidiose, facevano poco rumore e apparivano all’improvviso. Sfortunatamente spaventavano la selvaggina, dotata di sensi ben più fini di quelli umani. Katniss aveva notato negli ultimi tempi un intensificarsi delle attività di sorveglianza dei droni sul loro Distretto, probabilmente in seguito a segnalazioni di bande di rivoltosi accampate nella zona. Katniss nei boschi non era solita incontrare nessuno salvo Gale e i pochi altri cacciatori come loro che nel Distretto erano costretti dalla necessità a procurarsi il cibo nei boschi. Katniss camminò a lungo quel giorno, fortunatamente la sua caviglia era quasi completamente guarita e nel suo vagare nei boschi piazzò numerose trappole. Prede di grandi dimensioni però non ne vide. Verso sera cominciò a piovere nuovamente, in modo insistente, tanto che il freddo e la fame la spinsero infine verso casa, con un carniere molto magro. Portò a casa qualche mela che quella sera concluse il loro povero pasto. I giorni successivi furono ancora più difficili. Non smise mai di piovere e Katniss arrivava a casa così bagnata e tremante che si chiese per quanto tempo sarebbe riuscita a cacciare. A dispetto di tanto impegno la selvaggina, disturbata dalle incursioni frequenti dei droni Pacificatori e dal letargo naturale ormai imminente sembrava essere scomparsa, tutto era fango ed acqua, foglie marce ed ingiallite e freddo sempre più pungente. I suoi bottini erano così miseri, bastavano appena per comprare qualcosa per Prim e per mamma, per lei c’era solo il senso di vuoto che giorno dopo giorno cresceva e offuscava i suoi sensi. A volte aveva tanta fame da avere la vista annebbiata e tirare con l’arco ai piccoli volatili era difficile, con prede così veloci e così ridotte in numero. La cosa peggiore era poi quando perdeva nel bosco la freccia scagliata a vuoto, in quel momento non poteva permettersi di spendere per comprarne altre. A casa nascose le sue preoccupazioni sempre anche quando vedere Prim mangiare le provocava crampi allo stomaco. L’importante era che alla piccola non mancasse almeno il minimo. E fuori la pioggia continuava a cadere, incessante. Ormai arrivava così bagnata a casa che i vestiti messi ad asciugare vicino alla stufa non erano pronti per il giorno dopo perciò lei continuava ad indossare sempre abiti bagnati. A scuola faceva finta di non sentire i commenti acidi e le risatine dei compagni di classe residenti in città a proposito dei suoi vestiti sempre umidi che colavano acqua. Rispetto alla sua le loro famiglie erano non certo benestanti…ma neppure sapevano ciò che voleva dire mangiare solo un paio di mele in tutta la giornata. Scuola, caccia, fame, freddo queste erano le cose con le quali Katniss aveva a che fare tutti i giorni. L’assenza di prede importanti continuava, le trappole restavano vuote e Katniss si malediceva per non essere abbastanza brava da essere in grado di procurare il sostentamento alla sua famiglia. Nonostante i suoi sforzi anche a Prim stava cominciando a mancare il cibo ma la piccola capiva ciò che sua sorella stava facendo per lei e non osava chiedere nulla in più per se. Per Katniss vederla tirata in volto era una pena che si aggiungeva alle sue sofferenze fisiche e poco a poco stava togliendo luce ai suoi occhi grigio azzurri. Katniss era ormai pelle e ossa e si chiese fino a quando il suo corpo avrebbe resistito a quella tortura prima di arrendersi. Stava diventando di giorno in giorno più debole per cacciare e sempre più stanca, se non fosse stato per Prim forse si sarebbe già arresa.  Una sera, sotto una pioggia gelida e intensa non poté più sopportare il senso di sconfitta che le dava il tornare a casa a mani vuote e il pensiero degli occhi muti e imploranti della sorellina la spinse contro la sua volontà verso la città. Lei stessa non sapeva bene in cerca di cosa…il furto era un reato punito con la morte ma lei a questo non sarebbe ricorsa mai., anche nella sua povertà era una ragazza onesta. Era tardo pomeriggio e lei approfittò del calare delle tenebre in quella piovosa serata per cercare qualcosa di commestibile nei cestini dei rifiuti. Se ne vergognava ma la vita di Prim valeva per lei più della sua stessa vita. Le parve di rivivere quella sera di molti anni prima in cui lei e la sua famiglia stavano come ora per morire di fame. Allora era stata salvata dal figlio del fornaio, oggi non pensava certo che avrebbe avuto altrettanta fortuna. Il giro dei cestini fu senza successo, riuscì solo a farsi assestare un calcio dal fruttivendolo giunto improvvisamente dietro di lei mentre cercava qualche resto di ortaggio nel cassonetto. Quel colpo fece più male alla sua anima che al suo corpo. Nella pioggia e al buio non la riconobbe di certo e il droghiere le gridò contro qualcosa minacciando di chiamare i Pacificatori. Katniss pensò per un istante di attenderli proprio i Pacificatori e lasciare che portassero a termine il loro lavoro con la tipica efficienza e brutalità…ma sarebbe stata una morte infamante e dolorosa, allora si allontanò per non dare a Prim anche questo dolore. A sera ormai inoltrata Katniss era così stremata da essere obbligata a fermarsi qualche minuto prima di tornare verso il Giacimento. Si fermò sotto il portico del negozietto di sementi per ripararsi qualche istante dalla pioggia. Il negozio era già chiuso ma dentro dove qualcuno stava ancora lavorando, c’era ancora luce nel retrobottega. Si sedette sugli scalini del portico quando sentì dietro di lei aprirsi la porta. Ebbe l’impulso di fuggire ma era troppo stanca per farlo. Era in trappola, troppo debole per correre via.

Katniss si voltò lentamente, con il viso grondante acqua, per conoscere quale sarebbe stato il suo destino e vide stupita che si trattava di una vecchia signora che lei conosceva bene. Vendeva i suoi prodotti anche al mercato nero e Katniss in tempi migliori aveva acquistato da lei le sementi per l’orticello di Prim. Prima che lei potesse mettersi sulla difensiva l’anziana signora le rivolse un sorriso e le disse:

“Guarda chi si vede…la nostra giovane cacciatrice…” Non c’era ira o allarme nella sua voce e questo tranquillizzò un pochino Katniss che si era preparata un’altra volta a combattere. Katniss la guardò a sua volta e il suo tono sereno le fecero abbozzare un sorriso triste che si spense quasi subito nel freddo della sera.

“Me ne vado subito, solo un minuto di riposo e me ne vado, per favore non mi faccia del male…” disse Katniss in fretta, temendo che anche l’anziana l’avrebbe cacciata come tutti gli altri negozianti.

“Fino a che non mi consumi i gradini puoi anche restare…che fai in giro con questo tempaccio?” chiese la signora.

Katniss non rispose ma la guardò con occhi tristi, gli occhi di una ragazza da troppo tempo affamata. La vecchia intuì le parole che Katniss non ebbe il coraggio di pronunciare. Non voleva umiliarla e farle della carità che lei non avrebbe voluto accettare.

 “Katniss, aspettami un attimo qui cara… ” le disse la negoziante.

Katniss non sapeva che fare, solo non ce la faceva più a scappare ancora… poi decise che in fondo non aveva nulla da perdere, se la negoziante avesse voluto farle del male avrebbe già chiamato i Pacificatori e lei sarebbe già stata portata al Palazzo di Giustizia…o uccisa per strada se le cose prendevano la piega sbagliata.

La vecchia tornò con un sacchetto di patate che Katniss guardò come la cosa più preziosa al mondo.

“Non è molto cara…ma prendile, io sono sola mentre tu hai una famiglia da mantenere… conoscevo bene tuo padre…” le disse la vecchia porgendole il sacchetto.

“Signora…lo sa che non me le posso permettere…” tentò di schermirsi Katniss.

Le fece quel dono con un sorriso sdentato e buono e Katniss percepì in qualche modo come quella vecchia signora avesse stimato e voluto bene a suo padre, se ne era andato troppo presto e a Katniss mancava molto.

Dopo aver ringraziato la vecchia per quel dono di vita Katniss tornò a casa con il suo piccolo tesoro sotto il diluvio, non era meno stanca o infreddolita di prima ma almeno aveva ricevuto  qualcosa per il bene dei suoi cari. Nonostante la fame Katniss cercò di mangiare solo lo stretto indispensabile perché Prim e mamma potessero sfamarsi almeno per quella sera.

 Il giorno seguente, come in ogni week end, la scuola era chiusa e in mattinata uscì a caccia con Gale, anche lui in quel momento se la passava male, i sempre frequenti passaggi dei droni sui boschi oltre la recinzione li costringevano a nascondersi per non essere fotografati dall’alto. Una ripresa fotografica avrebbe significato la condanna a morte per  ribellione armata.

Dopo quella domenica piovosa e povera di prede iniziò un’altra settimana dal carattere sempre più invernale. L’intero Distretto era ormai ridotto ad un pantano, i fiumi erano ingrossati e tumultuosi, anche nelle case l’umidità era sempre presente. Con quel clima malsano , la malnutrizione e la quasi totale inesistenza di cure mediche e farmaci, a disposizione solo di chi poteva pagarli a caro prezzo, una semplice influenza trascurata poteva essere fatale, specie per i più piccoli. Fortunatamente Prim aveva solo di recente iniziato a patire per i morsi della fame ed era in buona salute.  I  problemi di Katniss non erano ancora finiti. Intorno a metà settimana, durante la lezione di lettere, Katniss si lasciò vincere dal suono ipnotico delle spiegazioni della docente Mrs. Perino e seduta nel suo banco, non lontano dalla stufa a legna che riscaldava la classe, cullata dal tepore scivolò in un sonno prima combattuto e poi accettato come inevitabile dal suo corpo troppo provato. Dopo un tempo che lei stessa non seppe subito definire il risveglio fu molto più brusco. Il suo nome gridato vicino a lei e la bacchetta di legno che colpì il suo banco la fecero sobbalzare con il cuore in gola. Non sapeva da quanto l’insegnante la stesse osservando addormentata, l’intera classe rideva di lei, ad eccezione della sua unica amica Madge che sapeva cosa Katniss stesse passando in quel periodo. E di Peeta Mellark che, avendola già vista prima in condizioni simili, ebbe l’intuizione di ciò che forse le stava capitando di nuovo.

“Signorina Everdeen penso che non abbia idea di cosa stavamo parlando o sbaglio..” disse ironicamente la docente.

Katniss, ancora stordita non tentò neppure di difendersi, sarebbe stato decisamente inutile e sarebbe stata umiliata ancora di più..

“No, Mrs. Perino… mi sono assopita…”

“Signorina Everdeen, come le avevo promesso questo suo comportamento ripetuto in classe non sarà più tollerato. Desidero che lei si fermi in classe al termine della lezione dove discuteremo della punizione che merita.”

Katniss faticò a rispondere uno sforzato “Si, Mrs. Perino…”

Dentro di se stava maledicendosi per la sua stupidità, quel pomeriggio avrebbe dovuto uscire a caccia, andare al mercato nero per procurarsi qualche punta di freccia …ora d’improvviso la sua prospettiva era quella di ricevere bastonate per il suo scarso impegno scolastico. Da parte sua la docente, nonostante il tono severo tenuto di fronte alla classe, non poté fare a meno di chiedersi in se come mai una ragazza come Katniss, intelligente e che prima di allora non aveva mai dato problemi a scuola, fosse cambiata così rapidamente nel nuovo anno scolastico. E quei vestiti sempre bagnati che aveva indosso…

La lezione proseguì ed al termine tutti gli studenti uscirono per far ritorno verso le loro abitazioni. Katniss prese un attimo da parte Madge e le disse in fretta:

“Madge, sono nei guai stavolta… per favore, passa nella classe di Prim e accompagnala a casa…dille che…tornerò molto tardi oggi e non potremo fare ciò che le avevo promesso…”

“Non ti preoccupare Katniss, a Prim ci penso io…tu tieni duro…” cercò di rincuorarla Madge. Katniss la guardò con gli occhi tristi. A  Katniss sembrava di aver tradito la fiducia della sorellina ma ormai non dipendeva più da lei.

La docente le disse: “Signorina Everdeen l’attendo qui in classe tra mezz’ora…sono costretta a infliggerle la punizione che ha meritato.” In quella mezz’ora la docente restò in classe e ma non consumò il suo pranzo portato da casa come tutti i giorni, quello che avrebbe dovuto fare la metteva a disagio. Incontrò poi una sua collega per   prendersi un attimo di pausa. Katniss aspettò sotto il portico dell’ingresso. Aveva il cuore angosciato e grigio, dello stesso colore del cielo che continuava a lasciar cadere quella pioggia fredda e pesante come piombo. In quel clima ogni traccia di gioia sembrava scomparsa dal Distretto 12. Una folla di pensieri turbinò nella sua mente…un’altra sera senza cena, la loro casa fredda e umida, i suoi abiti bagnati, la punizione che l’attendeva…se non ci fosse stata Prim…

All’ora stabilita Katniss entrò nella classe deserta e sedette al suo banco, in attesa di Mrs. Perino. L’attesa non durò a lungo e Katniss si alzò in piedi all’arrivo dell’insegnante. Restò in piedi di fronte al suo banco mentre la docente seduta alla cattedra osservava il registro di classe. Posò poi gli occhiali sulla cattedra e alzandosi si rivolse finalmente a lei.

“Vorrei non doverlo fare, signorina Everdeen…” disse con tono grave la docente. Si alzò e si diresse verso l’armadio di fianco alla cattedra. Katniss sapeva bene cosa cercava. Era lì che era custodito il bastone usato per infliggere le punizioni corporali. Katniss cercò di deglutire, il groppo alla gola si stava facendo opprimente. Sempre in piedi, sollevò le maniche umide  del suo maglioncino in modo da presentare le sue mani e le braccia alla punizione che l’attendeva. Non temeva tanto il dolore fisico, era abituata a soffrire, ma quella punizione era il sigillo e la conferma del fallimento della sua vita, a scuola e come capo famiglia. Mrs. Perino si voltò e venne verso di lei con il bastone tra le mani. Katniss la guardò arrivare, sentendosi sempre peggio dentro, non riusciva quasi più a respirare, i suoi occhi vagarono disperati in alto verso il soffitto dell’aula come in cerca di un aiuto insperato che non sarebbe arrivato mai. L’insegnante era di fronte a Katniss e alle sue braccia nude e non poté non notare come era fragile la ragazza che stava per punire, scheletrita da troppi digiuni. Katniss chiuse gli occhi mentre la docente alzava il bastone e attese il dolore lancinante del primo dei molti colpi sulle sue povere mani infreddolite. Già ora a caccia non combinava nulla, chissà nei prossimi giorni come avrebbe potuto tendere l’arco con le sue mani gonfie e doloranti per le bastonate ricevute,  come avrebbe tentato di, di mirare a una preda cercando di tenere la freccia con le mani ferite, come avrebbe sistemato i lacci delle trappole con le dita rovinate…

Questo turbine di angoscia improvvisa si riversò su di lei in quella frazione di secondo in cui Mrs. Perino stava per lasciar cadere il bastone, la vista di Katniss si annebbiò e con un misto di stupore e orrore si accorse che dai suoi occhi scendevano copiose le lacrime. Katniss cercò di cacciarle indietro e di resistere, cercò anche di asciugarle in fretta con il dorso delle mani passato sugli occhi lacrimanti ma non riuscì più a trattenerle.

Restò invece immobile e con il bastone ancora alzato Mrs. Perino che ebbe in quell’istante una chiara percezione, come una premonizione. Se avesse colpito quella creaturina ne avrebbe colpito non le mani ma l’anima e avrebbe reciso il filo sottile che ancora la teneva legata alla sua durissima vita e l’indomani ci sarebbe stato solo un cadaverino appeso come una bambola di pezza ad una trave del fienile. Le lacrime incontrollabili di Katniss furono solo l’inizio, la sua lotta per respirare produceva espirando solo un grido, un gemito di sofferenza profondo che arrivava dal cuore stesso della ragazza. Mrs. Perino un tempo, quando era più giovane, aveva creduto che quello dell’insegnante non fosse un semplice lavoro ma una missione. I lunghi anni al Distretto 12 avevano fatto perdere smalto alle sue convinzioni ma sapeva ancora riconoscere una giovane in vera difficoltà. Quanto era  diverso il pianto di Katniss da quello frivolo, simulato  e senza lacrime delle ragazzette viziate sue studentesse ai tempi di Capitol City quando cercavano di evitare una giusta punizione…

Il pianto di Katniss era profondo, lacerante, veniva da un cuore troppo stanco e ferito per appartenere ad una ragazza poco più che quindicenne. Quanto era simile il pianto di questa piccola a quello di una agnellina ferita, colse in quell’istante tutta la profondità delle parole del sermone domenicale del Reverendo Jones sul dolore innocente. Ora Katniss piangeva senza più alcun ritegno, era un fiume in piena che aveva rotto gli argini e singhiozzava così penosamente che non riuscì a restare ancora in piedi di fronte alla docente. Ad ogni grido ed ogni singhiozzo disperato era come se un peso si abbattesse su di lei che si chinò sul suo banco e infine sedette con il viso tra le mani. Con la voce rotta nel pianto e tra i singhiozzi le diceva:

“Avanti… mi punisca…mi faccia ciò che mi merito…”

Ma Mrs. Perino aveva ormai abbassato il bastone e non aveva alcuna intenzione di usarlo su quella ragazza ormai annientata. Posato il bastone su una sedia vicina si avvicinò al banco di Katniss singhiozzante e piano le accarezzò i lunghi capelli neri intrecciati. Katniss sobbalzò e la docente ebbe la stessa sensazione che si ha quando si tocca un cerbiatto selvatico. La piccola era ormai troppo debole per difendersi e la lasciò fare. Mrs. Perino sedette nel posto accanto a lei. La abbracciò con dolcezza, prima lentamente per non spaventarla e poi la attirò a se. Sentì i suoi vestiti umidi, il suo corpicino smagrito del quale poteva ormai contare le ossa, il suo cuore che batteva forte e le sue guance rigate di lacrime ed anche lei lottò per non piangere. Le parlò dolcemente, mentre ancora Katniss non riusciva a smettere di piangere.

“Dai piccola, coraggio, e piangi tesoro, non c’è nulla di male in questo, non puoi sempre tenerti tutto dentro. Le tue lacrime non sono un segno di debolezza è solo il tuo cuore troppo ferito che ha bisogno di guarire…lascia che le lacrime lavino via il dolore dalla tua anima…”

Katniss tra le lacrime abbassò ogni barriera e le raccontò degli incidenti di caccia, del terrore di finire sbranata, del freddo, della fame, della pioggia incessante e dei suoi vestiti sempre bagnati, del furto al mercato, dei cinghiali che avevano devastato il campo, dell’umiliazione nel cercare il cibo tra i rifiuti, dei calci ricevuti facendolo…delle sue enormi responsabilità verso Prim e la madre depressa…”

Mrs. Perino ascoltò la piccola accarezzandola con dolcezza finché non ebbe più lacrime da piangere e si calmò un pochino. Restò però abbracciata a lei, in quel momento era tornata una quindicenne bisognosa di un po’ di affetto.

“Katniss, sai, ti sembrerà impossibile ma un tempo sono stata giovane anche io… e so bene quali sono le difficoltà di questo mondo. Anche oggi sapessi che pena è sempre stata per me l’accompagnare ogni anno due di voi al cimitero per quei maledetti Hunger Games… Sei una bella ragazza e di te mi hanno sempre colpito i tuoi occhi, sempre pieni di vita e di luce…solo ultimamente li ho visti spegnersi poco a poco… ma adesso ti rivoglio come sei sempre stata, vedi, questo posto grigio è un pochino più bello per ogni fiore come te che lo abita. Non dimenticartelo mai, tu sei preziosa, unica ed irripetibile e ogni volta che avrai bisogno di piangere un po’ sarò qui per te…Katniss, non può piovere per sempre….” e la guardò con un sorriso sincero. Katniss rispose con un sorriso leggero e…un po’ di speranza negli occhi, resi più dolci dalle lacrime simili a piccoli diamanti che ancora li ornavano.

Mrs. Perino poi prese il pranzo che quel giorno non aveva mangiato e lo divise con la piccola Katniss. Dopo tante privazioni Katniss si concesse qualcosa per se non senza mettere qualcosa da parte anche per Prim.

Mrs. Perino era contenta perché vedendola ora mangiare qualcosa più serena sapeva che quel giorno aveva davvero compiuto un miracolo nascosto, quello che normalmente è riservato agli eroi, quello di salvare una delle giovani vite che le erano state affidate.

“Naturalmente la tua punizione è solo rimandata…si intende…” scherzò Mrs. Perino uscendo con Katniss da scuola.

“Certo  Mrs. Perino, è chiaro…” rispose Katniss sorridendo.

Era tardo pomeriggio quando insieme tornarono a casa, Mrs. Perino si diresse verso la Città e Katniss proseguì per il Giacimento. Aveva finalmente smesso di piovere e il sole tramontava infuocando il cielo in maniera spettacolare.  Nei giorni seguenti Katniss credette di potercela fare e la pioggia gelida fu lavata via, prima di tutto dal suo cuore. Il grosso cervo che prese con Gale li fece arrivare a Natale in buone condizioni e permise loro di affrontare la stagione invernale. Anche Mrs. Perino ebbe quell’anno  uno speciale pranzo di Natale, il migliore da lei gustato da molti anni: stufato di cervo, procurato da quella micidiale arciere, la piccola quindicenne che lei stessa aveva salvato.

 

  
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