Eh sì, la
scelta degli aggettivi del vino non è stata casuale… ^^ giusto,
non l’ho specificato: Riza è lì
per scortarlo, come sempre… persino ad un appuntamento! Me la sono
immaginata magari seduta qualche tavolo più in là, con gli
occhiali di Fuery, in borghese a fare il suo lavoro,
o meglio, le sue ore di straordinari (perchè con Roy
sono sempre straordinari…). Sì, quell’ “affettivamente”
era un errore, ma l’ho già corretto ( grazie Shatzy,
per avermelo fatto notare). ^^
Con i 15R ho
già iniziato (non ho saputo resistere): ho ricopiato oggi Real e Run… ma più
che altro perché erano versioni di theme di
questa raccolta che per una ragione o per l’altra non combaciavano bene
con i titoli originali e sembravano invece essere fatti apposta per questi
altri themes… ma penso che finita questa
raccolta me la prenderò un po’ più comoda: perdonatemi, ma
appena inizierà l’università e gli impegni vari, non credo
riuscirò a portare avanti il mio ritmo giornaliero
(anche se lo vorrei tanto, credetemi!).
Aiuto, mi sto dilungando
in chiacchiere! Ultima risposta per Shiatzy: HO
TROVATO IL CAPITOLO
Vallo a leggere
perché è STUPENDOOOOOOO!!!!!!!!! (E a
proposito del codice di “Journal”… ci avevo azzeccato!!!)
Vi avviso subito che
per questo capitolo ho scelto la dolcezza a discapito
dell’originalità. Non ho potuto farne a meno, mi dispiace. Non ho
avuto il cuore di fare una cosa tristissima: dopo l’amarezza dello scorso
theme (per non parlare del 63…) mi ci voleva
una dose di miele piuttosto consistente. Per cui… il pargoletto IS BACK! (O meglio, c’è ma non si vede…) ^^
066. The pounding of a heart (Il battito di un cuore)
“Hai paura?”
Cominciava a diventare alquanto fastidioso, con quelle domande.
Se era già così ansioso dopo appena quattro mesi, Riza preferiva non immaginare nemmeno che livelli avrebbe raggiunto, all’ultimo mese.
Per non parlare di quando il momento fatidico sarebbe arrivato…
Un brivido le attraversò la schiena, mentre rispondeva con l’ennesimo “No” palesemente bugiardo.
Se aveva paura lui del parto, che era un uomo, figurarsi la diretta interessata. Ma non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, e questo lui lo sapeva.
Ed era affascinato da come riuscisse a nascondere bene la verità, dietro la naturalezza dei suoi gesti quotidiani. Lui, al contrario, traspirava agitazione da tutti i pori.
“Sei davvero sicura di volere questo?”
Riza abbandonò la mela che stava sbucciando sul tavolino davanti al divano, sbuffando. Lui protese le mani in avanti, come per afferrarla nel caso avesse perso l’equilibrio. Era una reazione che cominciava a diventare automatica, dal tanto ripeterla. Come se non sapesse che il suo corpo, nonostante la trasformazione che stava subendo, non aveva perso nulla della sua naturale agilità.
Giusto un leggero incedere a papera, una scusa qualsiasi per prenderla in giro, di tanto in tanto.
“Roy, smettila! O i dubbi me li farai venire davvero!”
Le sorrise colpevole, mentre si sedeva vicino a lei, facendola sobbalzare tra i cuscini.
“Hai ragione. Ma non posso farci nulla. E’ una cosa troppo… strana, troppo nuova. Non sono sicuro di potercela fare…”
Riza rischiò di mandare di traverso il boccone di frutta che stava masticando. Il furer Roy Mustang, terrorizzato da un bambino non ancora nato? C’era che avrebbe pagato per vederlo in quel momento di debolezza… primo tra tutti, Ed.
Tuttavia, poteva arrivare a comprendere la sua paura. Perché era la stessa che la prendeva, di tanto in tanto. Ma dalla sua, aveva l’innato istinto materno, ad addolcire qualsiasi incertezza.
Si girò leggermente sul divano, volgendo al marito la schiena e le spalle affaticate, in attesa del massaggio che lui non le negava mai. Stava diventando particolarmente bravo, nell’operazione, tanto che Riza cominciava a meditare di sfruttare questa sua nuova capacità, anche dopo il parto.
Il contatto delle sue mani calde e del suo respiro tranquillo contro la nuca, fecero fuggire un sospiro dalle sue labbra.
“Perché non dovresti farcela?”
“Non lo so. Mi sembra solo di non meritare un simile… dono.”
Le sue mani persero momentaneamente il ritmo che avevano trovato.
“E’… un bambino, Riza. Io… che diritto ho, proprio io, di creare una vita così, dal nulla? Io, che nella vita non ho fatto altro che distruggere… e uccidere… e…”
Non era la prima volta che si apriva con lei. Forse sua moglie era davvero l’unica persona, oltre a Huges, ad aver mai avuto la possibilità di intravedere i suoi veri pensieri, i suoi veri sentimenti, dietro la maschera distaccata e cinica che si era costruito.
Il secondo essere umano in grado di farlo, sarebbe venuto alla luce entro cinque mesi, giorno più giorno meno…
“Roy…”
Si scostò dalla sua presa, per guardarlo negli occhi. Gli prese la mano, appoggiandosela sulla pancia appena prominente.
“Cosa senti?”
Lui sorrise maliziosamente, spostando le dita un po’ più in alto del necessario.
“Sento un paio di cose che mi piacciono molto…”
Era senza speranze. Forse aveva davvero ragione a preoccuparsi, dopotutto…
Lei gli prese il viso tra le mani, portandolo verso il suo ventre, fino a far toccare il suo orecchio con la superficie liscia e tesa della sua pelle scoperta.
“Cosa senti?”
L’uomo si concentrò un attimo, cercando di respirare il minimo indispensabile, per non turbare con rumori indiscreti qualsiasi cosa lei stesse tentando di fargli sentire.
Il nulla, per ora. Solo il calore della sua pelle, il profumo del suo sapone, l’odore dell’ammorbidente alla vaniglia dei suoi vestiti, il lento sollevarsi e abbassarsi della sua pancia e del suo viso con essa...
Poi, ad un tratto…
Sapeva che non poteva essere il battito di quel cuore, ancora in formazione. Forse era solo un’eco di quello di lei, che rimbombava, si trasmetteva e dava vita a quel germoglio nuovo, placido ma deciso nel suo intento. Ma nella sua dubbia origine, era un segno di presenza inequivocabile.
“Lui c’è già…” la sentì mormorare, a pochi centimetri dal suo viso.
“E’ qui, non lo vedi… ma c’è, lo posso sentire…”
Guidò la sua mano sulla rotondità della sua pancia, in una carezza che non era per sé, e che sperava potesse raggiungere quella piccola vita che stava crescendo al suo interno.
“Roy, vorrei che anche tu potessi sentirlo come lo sento io. C’è, è un essere umano, perché lo è già. E il solo fatto che lui esiste è la prova che tu puoi farcela. Perché lo hai già creato, lo hai già fatto. Lo abbiamo già fatto, insieme. Non ci resta che andare avanti, aspettarlo e accoglierlo, quando sarà il momento.”
Roy sorrise, e depositò un bacio delicato sul suo ombelico.
In un singolo misero attimo, si chiese cosa mai lo avesse spinto a studiare l’alchimia e i suoi segreti, quando la trasformazione più vera e più inspiegabilmente miracolosa, stava avendo luogo proprio sotto i suoi occhi.
Ed era fiero, per una volta nella sua vita, di aver contribuito almeno in parte alla creazione più dolce, che nessuna alchimia avrebbe saputo mai eguagliare.