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Autore: buccia_cem    29/01/2013    0 recensioni
Il passato? Spesso lo rimuoviamo, ma nel passato ci sono anche momenti e cose che non dimentichiamo mai, che danno un senso a quello che abbiamo nel presente...si puo tornare in dietro? No. Ma si puo' sempre ricominciare, sopravvivendo agli scherzi della sorte e apprezzando la propria vita.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
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 THE BEGINNING
 
La prima volta che lo vidi avevo all'incirca dieci anni.
Ero fuori dalla chiese in cui ero cresciuta. Vivevo in un istituto.
Suor Lorenza in pratica accoglieva i bambini orfani, o dispersi, come me.
Non mi disse mai come feci ad arrivare in quel posto, e personalmente non me n'era mai importato molto.
Non che non volessi sapere chi fossero i miei genitori o com'erano fatti. A dirla tutta non li odiavo per avermi lasciata lì, sentimento che al contrario apparteneva ai miei compagni.
Il fatto era che Suor Lorenza ci aveva insegnato ad apprezzare ciò che avevamo senza pretendere di più.
Diceva che ad ogni avvenimento, ce ne sarebbe stato un' altro che avrebbe compensato i dolore causato dal primo.
E questo voleva dire che i nostri genitori ci avevano lasciato lì per prepararci ad una vita migliore.
Ogni tanto pensavo a loro, ma le giornate in chiesa erano così piacevoli da non soffermarmi molto in quei pensieri.
La mattina ci svegliavamo sempre presto, e dopo dovevamo rifare il nostro letto, farci la doccia, vestirci e fare colazione.
Poi i più piccoli venivano mandati in una sala dove c'erano letti e giochi. Quando ero più piccola io preferivo sempre dormire al posto di giocare.
I letti della sala erano più puzzolenti di quelli del dormitorio, ma erano molto più comodi.
Dal giorno in cui diventai grande però non ebbi più il permesso di poltrire.
Dopo la colazione, di solito a coppie, dovevamo lavare i piatti e sparecchiare.
E questo avveniva anche per il pranzo e la cena.
Solo la domenica Suor Lorenza ci lasciava tutta la giornata libera, a patto di andare a messa.
Durante la domenica ci era permesso girare per la città, naturalmente rientrando prima che si facesse buio.
Di solito quelli grandi accompagnavano i più piccoli, così questi imparavano la strada a loro volta.
Però a me piaceva uscire da sola. Andavo d'accordo con i miei compagni, ma quando uscivo mi piaceva farlo da sola, perché mi faceva sentire grande e indipendente, come un'adulta.
Quella mattina era domenica, e Anna si era impuntata di voler uscire per forza con me.
Passai un sacco di tempo a cercare di liberarmi di lei, ma poi intervenne Mattia.
Mattia per noi ragazze, era il ragazzo più bello di tutto l'istituto.
Era biondo, occhi azzurri e simpatico.
Aveva la mia stessa età, e mi superava in altezza di un paio di centimetri.
- Anna, ti va di uscire con me?- le chiese.
E mentre lei lo guardava imbambolata, Mattia mi strizzò l'occhio.
Si avvicinò a me e, in modo che Anna non potesse sentire, mormorò divertito:- Mi devi un favore Lia.-
Arretrai imbarazzata per quella scena.
Non mi piaceva come piaceva alle altre ragazze, ma era comunque un bel ragazzo e mi provocava delle strane reazioni. E poi, se le altre ci avrebbero visto così vicini, mi avrebbero fatto un sacco di domande e la situazione m'avrebbe infastidito.
Gli feci un cenno per ringraziarlo e mi apprestai a correre fuori prima di imbattermi in altri bambini dell'istituto.
Corsi per una cinquantina di metri e quando arrivai al parco potei finalmente rilassarmi.
Quello era il mio posto preferito di tutta la città.
L'avevo trovato un giorno seguendo un gatto che passava per dei vicoli.
I vicoli erano così stretti e angusti che quando mi trovai davanti il parco rimasi senza parole per quanto potesse essere grande e magnifico.
A poca distanza dall'uscita del vicolo iniziava una distesa d'erba verde e luminosa, delineata da due fontane decorate con statue d'angeli ai lati destro e sinistro. Al centro invece c'era un palazzo enorme, dietro un cancello tanto alto quanto spesso.
Quel prato faceva parte del giardino del palazzo, ma la mia ingenuità mi aveva spinto a credere che non fosse possibile avere un giardino così grande.
In chiesa c'erano gli alberi su cui ci divertivamo ad arrampicarci durante l'estate, e ai loro piedi c'erano si e no due metri quadrati d'erba.
Il prato davanti al castello invece era due volte la chiesa tutta intera.
Mi impossessai subito di quel luogo.
Di solito era vuoto, ma qualche volta passava un signore dall'aria gentile che mi invitava a fargli compagnia per una passeggiata.
Il suo nome era Luise, e mi piaceva raccontargli quello che facevo durante i giorni in cui non ci vedevamo.
In cambio lui mi raccontava storie di principi, di viaggi e di poeti.
All'istituto non avevo mai raccontato a nessuno di Luise; volevo che, come per il giardino, rimanesse un segreto.
Quella domenica dapprima credetti che Luise non ci fosse, perché non era vicino al cancello ad aspettarmi, ma poi lo vidi uscire da questo con un ragazzo che non avevo mai visto.
Sembrava più grande di me. Capelli scuri ben pettinati, occhi grandi verdi e dalla pelle abbronzata, il che mi fece subito pensare a Mattia: erano diversi fisicamente, ma avevano entrambi un'aria ammaliante.
Luise e il ragazzo s'incamminarono verso la mia direzione e, più il ragazzo si avvicinava, più mi rendevo conto di quanto fosse bello.
- Questa è Lia?- domandò lui puntando il dito nella mia direzione.
Sobbalzai stranita, come faceva a sapere il mio nome?
Luise annuì, e il ragazzo iniziò a fissarmi.
Guardai Luise e vidi che mi stava sorridendo.
Voleva che parlassimo? Cercai invano di capire il motivo di questa situazione, e così mi ritrovai ad assecondarlo.
- Chi sei?- chiesi.
- Sono il principe Cristian- rispose il ragazzo.
Principe? Come quello di Cenerentola?, pensai.
Allora iniziarono a venirmi in mente le storie che mi aveva raccontava Luise sui principi e le principesse, Cenerentola, Biancaneve, La Bella Addormentata nel bosco e altre.
Però mi resi conto che non sapevo niente di chi fosse realmente un principe, poiché mentre parlava mi capitava spesso di distrarmi e di ascoltare solo l'ultima parte che terminava sempre con "e vissero per sempre felici e contenti."
Sperai con tutta me stessa che non volesse farmi domande su questo argomento, e fortunatamente fui accontentata.
- Quanti anni hai?- mi chiese.
- Dieci.- risposi fiera. Tra i bambini dell'istituito quella era l'età che segnava il passaggio tra la categoria dei piccoli a quella dei grandi, e per tutti noi era motivo di gratificazione.
- Io pure.- affermò Cristian precedendo la mia domanda.
Guardammo entrambi Luise, che ci invitò ad andare a giocare nel prato.
Inizialmente rimanemmo in silenzio, ma appena iniziammo a porci le prime domande, incominciammo a raccontarci l'uno dell'altro, mostrando ciò che ci era mai accaduto di bello e facendo dei paragoni riguardo alle nostre giornate.
Gli raccontai soprattutto delle vicende buffe che accadevano in istituto, e lui mi disse che gli sarebbe piaciuto vivere lì.
Infatti a palazzo non succedeva mai niente perché tutti erano seri e volevano che lui li imitasse.
Allora Luise ci promise che un giorno lo avrebbe portato a trovarmi all'istituto.
 
Quel giorno arrivò a breve.
Di Suor Lorenza se ne occupò Luise e così potei passare un altro pomeriggio assieme a Cris.
Suor Lorenza appena li vide arrivare iniziò ad agitarsi, fare inchini e scusarsi per la confusione che creavano i piccoli.
Non ne capivo bene il motivo, ma una cosa era certa: non l'avevo mai vista così indaffarata a sistemarsi i vestiti o i capelli mentre Luise e Cris le davano le spalle.
Solo dopo appresi che Cris, il principe, era una figura molto importante nella città e che l'istituto, in particolare, era stato fondato dalla sua famiglia.
Con i miei compagni invece mi trovai più a disagio.
Ed ecco che partirono le solite domande insopportabili che alla fine non lasciavano nemmeno il tempo di una risposta:- Lia, perché il principe è tuo amico? Perché non c'è l'hai detto prima? Perché è qui?-
Cristian intanto stava nascosto alle mie spalle, e non smetteva di lasciare la mia maglia.
- Lia, perché fanno così?- mi chiese con voce nervosa.
Mi voltai e vidi che era diventato rosso in faccia.
Stavo per ridere, ma mi trattenni solo perché mi venne in mente un'idea.
- Mattia!- chiamai. In un secondo tutti tacquero e fissarono Mattia che appena aveva sentito pronunciare il suo nome aveva drizzato le orecchie e ora si apprestava a raggiungermi.
Con un cenno della testa gli indicai Federico e, lasciandosi sfuggire un sorriso, gli parlò.
- Ciao, io sono Mattia, un amico di Lia. Ti va di giocare con me e i miei amici?-
Cristian scrollò velocemente la testa, assumendo un espressione normale.
- Solo se viene anche Lia- rispose.
- Questo è il secondo favore che ti faccio!- mi rinfacciò Mattia tirandomi cauto una gomitata.
Cris mi prese la mano e sorridente seguì Mattia, allontanandosi dalla cerchia di persone che fino ad un momento prima ci stava soffocando.
Quando il sole stava quasi per sparire Cris e Luise se ne andarono.
Il re sarebbe partito per un viaggio per dei trattamenti di pace con i regni vicini, e visto che questo non voleva lasciare il figlio da solo si portava dietro anche Cris e Luise.
- Ci vediamo quando ritorno. Ti prometto che verrò subito a trovarti, qua.- mi promise Cris.
Dentro di me il cuore sussultava al pensiero che sarebbe passato tanto tempo prima di rivederlo.
Ero così triste che stavo per mettermi a piangere.
Cris, vedendo i miei occhi lucidi, mi abbracciò ed io non riuscii più a trattenermi.
Dopo un po' mi accorsi che anche Cris stava piangendo, perché il suo corpo era scosso da singhiozzi.
- Saranno solo tre settimane, ragazzi- disse Luise cercando di farci tranquillizzare, -Poi potrete stare di nuovo insieme.-
Li vidi allontanarsi piena di tristezza e speranza. Gli volevo bene come se fossero i miei fratelli maggiori.
Quel giorno era stato uno dei più belli della mia vita. Cris e Mattia erano riusciti a legare, e ciò mi fece riflettere...forse avrei potuto portarlo con me al giardino.
Ma quel giorno fu anche l'ultimo in cui li vidi insieme, che vidi la felicità dipingersi nei loro occhi e le loro risate risuonare nelle mie orecchie.
Quella volta fu l'ultima, prima della catastrofe.
  
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