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Autore: Deirbhile    29/01/2013    4 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Hey, Chiara, passami il menù delle pizze che ho fame

 

 

Prima di lasciarvi alla lettura del nuovo capitolo, volevo ringraziare pubblicamente tutti quelli che recensiscono e\o seguono la mia storia, o che addirittura l’hanno fra i preferiti. Un grazie di cuore davvero, sono le vostre recensioni che mi danno la spinta a scrivere sempre di più, quindi sarei davvero estasiata se ne ricevessi ancora :3

Detto questo, prevedo che il prossimo capitolo arriverà a breve, come al solito fra al massimo due settimane.

Buona lettura!

 

 

 

- Hey, Chiara, passami il menù delle pizze che ho fame!- brontolò rumorosamente Flavio dall’altro capo del tavolo, intimandole con un gesto sbrigativo di far presto a scegliere.

- Vorrà dire che me la prenderò con calma- rispose a tono Chiara, tirando fuori la lingua e sfidando l’amico ad alzarsi e strapparle il menù di mano. Quel sabato venti di maggio avevano deciso di uscire tutti insieme come ai vecchi tempi e mangiare al piccolo pub del Corso, il “Black Devil”, che frequentavano fin dal primo anno di liceo. Carmen e Sabrina se ne stavano sedute accanto a lei, parlottando di un ragazzo appena entrato nel locale- decisamente carino, ma guardalo!- e Ivan alla sua sinistra ticchettava allegramente sui tasti del suo cellulare vecchio modello.

- Con chi messaggi, eh?- gli chiese la rossa, con una risatina maliziosa. Si sentiva così allegra e piena di vita da fare persino insinuazioni sulla misteriosissima vita amorosa di Ivan, cosa che normalmente si teneva ben lungi dal fare. Sapeva quanto Ivan diventasse bisbetico e irritabile quando glielo domandava, chissà per quale ragione poi. Il ragazzo dai capelli ricci alzò le spalle, con in viso un’espressione neutra.

- Un mio amico- biascicò, atono.

- Si, certo, un amico… tanto lo sappiamo che hai tante spasimanti, Iv!- lo prese in giro Andrea, amico di Ivan dai tempi delle medie che frequentava un’altra sezione. Quello sbuffò dal naso, quasi soffiando come un gatto infastidito.

- Sei più acido di una zitella, mi chiedo se abbia il ciclo- sghignazzò Sabrina rivolgendosi a Chiara, lasciando per un attimo perdere l’adorabile visione del biondino del tavolo accanto. Michela, ragazza di Andrea, assisteva alla scena nascondendo la sua risata dietro al menù delle bibite.

- Siete proprio insopportabili-

  Ivan spense immediatamente il cellulare, abbandonandolo sulla tavola. –Contenti?- domandò fintamente offeso, gonfiando il petto, ma una risata contagiosa lo tradì e abbandonò l’idea di far il prezioso.

- Piuttosto, non vi sembra che stasera Miss Acida sia un po’ troppo felice?- insinuò Flavio, una volta che Chiara gli ebbe passato non troppo gentilmente il menù. Quella diventò paonazza e nascose il viso dietro al bicchierone di coca cola.

- No, non è vero- bofonchiò fra un sorso e l’altro, col rossore delle gote a tradirla. Carmen le gettò un’occhiata bieca. Da quella mattina in cui era andata al parco con Roberta, Carmen quasi non le aveva rivolto la parola e, se lo aveva fatto, era stata particolarmente distaccata e fredda. Chiara non ci fece molto caso, però, presa com’era dai messaggi di Roberta che le facevano vibrare il cellulare in tasca ogni dieci minuti. Si sentiva scoppiare come un fuoco d’artificio e non poté fare a meno di ridere ad una squallidissima battuta di Andrea sulle capacità di seduzione di Flavio che, adocchiata una bella ragazza al bancone, le lanciava sguardi che volevano sembrare infuocati, ma che accentuavano solo la pateticità della situazione.

- Flavio ha ragione, sei particolarmente felice stasera- le disse Carmen, guardandola ancora con quello sguardo strano, come se volesse trapassarle la mente e capire cosa mai stesse frullando nella sua testa.

- Ma no, è colpa della birra, l’ho detto a Ivan che non doveva farmene bere così tanta- alzò le spalle la rossa, con un sorriso spensierato. Carmen sembrò non gradirlo e voltò la testa per continuare a chiacchierare con Sabrina. C’era qualcosa che non andava, ma Chiara proprio non aveva voglia di rovinarsi la serata per una stupida presa di posizione di Carmen. Era la sua migliore amica, ma certe volte si comportava in modo davvero infantile. Quando c’era qualche problema preferiva tenerselo per sé, con la presunzione che gli altri capissero esattamente cosa stava andando storto e provvedessero.

- Io continuo a dire che c’è qualcuno- le sussurrò Ivan all’orecchio, ora quasi serio. Chiara guardò l’amico trattenendo un sorrisetto, sentendo il cellulare in tasca vibrarle ancora, come a confermargli che, si, c’era qualcuno. Ivan le fece un occhiolino, ammiccando al suo cellulare, ma non commentò né chiese ulteriori spiegazioni e Chiara gliene fu grata. Per qualche strana ragione, sapeva che di Ivan poteva fidarsi. Non che non riponesse la stessa fiducia in Carmen o in Sabrina, erano pur sempre le sue migliori amiche, ma sapeva cosa ne pensavano di Roberta o in generale di quel tipo di relazioni. Ivan invece le sembrava quello dei tre con meno pregiudizi, ma forse era una sua impressione.

- Scusate, ho una chiamata- si alzò dal tavolo, chiedendo a Flavio di ordinare per lei un hamburger con bacon nel caso non fosse tornata a capo di cinque minuti. Mentre spingeva la pesante porta del Black notò con la coda dell’occhio che Carmen la stava osservando con sospetto. La ignorò, rimbeccandola con uno sguardo interrogativo, per poi chiudersi dietro la porta del locale e uscire in strada. La serata era fresca e ancora giovane, col sole che da poco era tramontato dietro le montagne e il cielo quasi di quel blu estivo che tanto amava Chiara. Si appoggiò al lato dell’ingresso, accettando la chiamata di Roberta.

- Hey- mormorò quella dall’altra parte del telefono, con un tono così morbido che nemmeno la linea disturbata poté rovinarne la dolcezza.

-Ciao a te- rispose , giocherellando coi suoi stessi capelli.

- Come procede la serata?- le domandò. Dalla strada non provenivano altri rumori se non i chiacchiericci allegri di chi prendeva un aperitivo al bar di fronte e la musica soffusa. Da quel vicolo del Corso, Chiara poteva scorgere una piccola folla di ragazzi che attraversavano la strada principale, ridendo e spintonandosi a vicenda. Tutto quella sera sembrava suggerirle serenità, buonumore e spensieratezza.

- Bene, far innervosire Ivan è più divertente del solito- ridacchiò.

-Si, ho presente, diventa proprio una checca isterica-  rise con lei Roberta, poi smisero entrambe di colpo, tirando un sospiro.

- Avrei tanto voluto che tu venissi- ammise Chiara, scalciando un sassolino dal marciapiede.

- E anche io sarei voluta venire, ma… lo sai, è complicato-

- Lo so, è complicato anche per me. I tuoi messaggi non mi bastano-

- Pensavo… domani, ti va di uscire con me? Cioè, lo so che è stupido, ma ci ho pensato e, tecnicamente, non ti ho mai invitata ad uscire- ora Roberta si era fatta seria e il suo tono era molto più basso, roco. Chiara pensò che era dannatamente intrigante e si maledì, perché ogni cosa che riguardava Roberta la coinvolgeva così tanto da ridurle al minimo i freni inibitori. Non ci pensò due volte e, con una risatina che lei stessa giudicò eccessivamente giuliva, acconsentì.

- Dove mi porti?- le domandò, con lo stomaco che le si contorceva ad ogni parola.

- Mmh… è una sorpresa-

- Oddio, da quando abbiamo cominciato con  i clichè?- domandò scherzosamente Chiara. Roberta rispose con un grugnito contrariato, affermando che non sapeva come comportarsi e i telefilm americani erano il solo parametro di riferimento che avesse.

- Sei dolcissima- si lasciò scappare la rossa. Con Roberta era diventato tutto più familiare da quando avevano chiacchierato quella volta al parco, ma era la prima volta che alludeva a quanta tenerezza le facesse. Quello che aveva intravisto della vera Roberta la portava a pensare che si sarebbe chiusa a riccio, da quant’era riservata e timorosa di apparire vulnerabile. Sotto quell’aspetto erano parecchio simili.

- Nah, che dici- sminuì quella e, Chiara ne era sicura, se fosse stata lì avrebbe alzato le spalle e arricciato il naso, come faceva sempre quando era presa in contropiede. Sentì qualcuno aprire la porta del pub e, in un moto di panico, salutò velocemente Roberta, intravedendo la sagoma di Ivan che usciva in strada.

- Buonasera- lo sentì sussurrare a bassa voce, ma Chiara si accorse che non era a lei che si stava rivolgendo, bensì alla voce metallica che proveniva dall’altro capo del suo cellulare. Gli sorrise beffarda, infilandosi il suo di cellulare in tasca e, notò, quando Ivan si accorse di non essere solo impallidì come un fantasma. No, decisamente non era l’unica ad avere un segreto da nascondere. Decise di non infierire ulteriormente, se Ivan voleva parlare in privacy con qualcuno di certo non gli avrebbe dato fastidio, così torno dentro più euforica di come era uscita.

- Ecco il suo hamburger al bacon, milady- la apostrofò Flavio, alzandosi per farla passare dall’altra parte del tavolo e indicandole la sedia con un gesto fintamente galante.

- Grazie mille, milord- lo prese in girò, lasciandosi cadere sulla sedia con poca grazia.

- Dov’è il Terribile?- domandò Sabrina, mentre tutti già stavano addentando avidamente i loro hamburger e pizze e poco si curavano se Ivan ci fosse o meno. Chiara tossicchiò.

- Dev’essere al telefono con sua madre, l’ho sentito fuori che parlava- inventò, per coprire le spalle all’amico.

-Con chi eri al cellulare?- buttò poi lì Carmen, afferrando la bottiglietta del ketchup. Chiara ebbe l’impressione che quella non fosse una domanda come un’altra, il tono di voce dell’amica era eccessivamente calcolato e teso. Alzò le spalle, ingollando un sorso di birra dal bicchiere di Ivan. Aveva bisogno di distrarsi e di apparire sciolta. La tensione fra lei e Carmen era così palpabile che per un attimo Sabrina e Michela smisero di parlare e le fissarono, in attesa di una risposta da Chiara.

-Mia sorella- biascicò la rossa, cominciando a trafficare nervosamente con le posate nel piatto. Carmen la fissò attonita per un minuto buono, indecisa se crederle o meno, poi abbassò la testa e giunse Ivan, tutto su di giri, a rompere l’atmosfera di agitazione che si era venuta a creare.

- E tu con chi eri al telefono?- domandò scherzosamente Sabrina  rivolgendosi al ragazzo dai capelli ricci e scimmiottando la voce di Carmen, in modo da farla apparire sospettosa e diffidente almeno quanto lo era stata lei. Ivan alzò le spalle e biascicò che si trattava solo di sua madre, in una perfetta copia dell’atteggiamento fintamente tranquillo di Chiara.

-Voi due siete proprio strani in questo periodo- fece notare Flavio dall’altro capo del tavolo, tornando subito dopo a ingurgitare patatine fritte condite con una quantità industriale di ketchup. Poi si tornò alle solite chiacchiere di routine, su come la Manzi sembrava essersi notevolmente ammorbidita nelle valutazioni e quest’anno Sabrina non rischiasse il debito in greco, su come l’anno scolastico era passato velocemente e su ciò che avrebbero fatto quell’estate. Rimasero a bighellonare in strada fino a mezzanotte, poi Sabrina dichiarò che si sarebbe fatta venire a prendere dai genitori in auto, perché anche se abitava poco distante dal centro era davvero sfinita e, quando offrì anche a Chiara un passaggio, Ivan intervenne dicendo che non ce n’era bisogno, perché sul suo scooter c’era spazio per due.

- Pensavo dessi a me il passaggio stasera, che stronzetto- esclamò indignato Flavio, che ancora si trascinava dietro l’ultimo bicchiere di birra e che, evidentemente un po’ brillo, non era assolutamente in grado di tornare a casa a piedi, soprattutto visto che a quell’ora di sabato le macchine sfrecciavano impazzite.

-Su, vieni, te lo diamo noi un passaggio, idiota-

Sabrina lo agguantò e, quando i suoi genitori li raggiunsero nella traversa del Black Davil, salì in macchina con lui, salutando Chiara debolmente per poi sparire in fondo ai sedili posteriori dell’enorme auto sportiva.

- Ti chiamo domani- le disse Carmen in un orecchio, per poi salire anche lei.

Quando anche Andrea e Michela si furono incamminati verso casa di lei, che distava solo pochi minuti a piedi,  Ivan e Chiara si diressero in silenzio verso il parcheggio antistante, fissandosi le scarpe e con le stelle nel cielo a fare da cornice perfetta alla strada deserta.

- Su, monta- Ivan le allungò il casco, borbottando mestamente. Fra lui e Chiara c’era sempre stata un’amicizia molto particolare, quasi simbiotica. Accadeva spesso che quando Chiara era triste lo fosse anche Ivan e viceversa, così avevano sviluppato una sorta di sesto senso che permetteva ad entrambi di sondare lo stato d’animo dell’altro e comportarsi di conseguenza. La rossa si appoggiò con un sospiro alla moto che Ivan aveva comprato non appena aveva compiuto diciotto anni, qualche mese prima, e alzò la testa per osservare meglio le stelle che quella notte sembravano più luminose del solito.

- Belle, vero?- chiese l’amico, appoggiandosi vicino a lei e alzando il volto al cielo.

- Molto- sospirò Chiara. Ivan sembrò trattenere il fiato di fianco a lei, come se si stesse apprestando a confessare un grande segreto.

- Le stelle sono belle, l’anno scolastico è finito, Sabrina non prende il debito in greco per il primo anno dal quarto ginnasio… e io sono gay. Direi che la vita è bella- rise nervosamente, allargando le braccia e rivolgendo il corpo al cielo stellato. Chiara rimase interdetta e per i minuti seguenti non seppe cosa dire. Ivan probabilmente interpretò quel suo silenzio come un segno di dissenso e lasciò cadere le sue braccia lungo i fianchi, come se fosse appena stato colpito in petto da una pallottola.

- Sei… cosa?-

- Gay, hai capito bene-

La voce del ragazzo tremolò leggermente.

- Sei forse ubriaco?-

- Io? No, direi di no, la mia birra l’hai bevuta praticamente tutta tu- grugnì, tornando al fianco di Chiara. Si guardarono per un momento, poi la rossa prese parola.

- Okay, allora visto che la mettiamo in questo modo… io tipo sto con una ragazza, siamo pari- mormorò, sentendo una voragine aprirsi nel suo stomaco al realizzare che quella era la prima volta che lo ammetteva ad alta voce e davanti a qualcuno che non fosse Roberta.

-Lo so, cioè… lo immaginavo- ammise Ivan, cacciandosi le mani in tasta visto che una lieve brezza si era alzata e lambiva il parcheggio deserto facendo ondeggiare le fronde degli alberi vicini.

- Insomma, quindi sei… gay-

Chiara parlò lentamente, non riuscendo ancora ad assimilare la notizia. Ivan, suo compagno e amico dai tempi del primo anno di liceo era omosessuale e… lei non se ne era mai accorta? Non riusciva a capacitarsi di essere stata così poco perspicace, lei che di solito aveva bisogno di una sola occhiata per capire anche i sentimenti più nascosti delle persone! Era più interdetta per il fatto di non essersene accorta da sola che per la confessione in sé.

- Direi di si-

- Insomma, quando… quando è successo esattamente? Stai con qualcuno? Su, su, andiamo, dimmelo, ora sono curiosa!- saltò su la rossa, riacquistando per un attimo tutto lo spirito allegro ed effervescente.

Ivan rimase un po’ intimorito da quel cambiamento d’umore, probabilmente perché all’inizio si aspettava una sfilza di ragioni per cui poteva, per cui doveva, sbagliarsi.

- Io… diciamo che mi sto sentendo con qualcuno, ma non è nulla di serio… lui però è molto carino- arrossì sulle gote ricoperte da una lieve peluria scura come un bambino troppo cresciuto e a Chiara fece una tenerezza immensa. Gli si aggrappò al braccio e poi gli circondò le spalle larghe con le sue braccia sottili, in una muta richiesta di affetto. Quando si staccarono, Chiara vide che dietro gli occhiali dell’amico luccicava il residuo di una lacrima.

- Che fai, piangi? E non ti ho ancora nemmeno detto chi è la mia ragazza, figuriamoci- ridacchiò, sorridendo quando citò Roberta come la sua ragazza. Le faceva ancora uno strano effetto.

- Ma che dici, idiota, era un polline- Ivan la spintonò via, fingendosi stizzito, ma le rivolse subito dopo un sorrisino riconoscente.

- Allora, lo vuoi sapere o no chi è?-

- Descrivimela, vai-

- Prima però dimmi una cosa… come facevi a saperlo?- domandò sinceramente curiosa, appoggiando il capo sulla spalla del ragazzo.

- Mmh, non so come facevo a saperlo esattamente, ma vedi… sei una ragazza così carina e sei single da troppo tempo- ridacchiò Ivan, rifilandole una giustificazione tipica del suo carattere ficcanaso.

-  Non ti smentisci mai… gay o no, sei sempre il solito- lo riprese bonariamente Chiara, punzecchiandogli un fianco.

- E’ per questa ragazza che hai lasciato perdere Ricky? No, perché anche lui era proprio carino…- rise sotto i baffi. Continuarono a provocarsi a vicenda come sempre, finché Chiara con un sospiro decise di raccontargli di Roberta. Ora che sapeva come stavano le cose, svelargli la sua identità non sarebbe stato un problema, soprattutto perché sapeva che Ivan era una tomba quando si parlava di segreti pesanti.

- Su, racconta, dimmi chi è questa fantomatica fanciulla che ti ha fatto andare in pappa il cervello-

- Da dove comincio? Beh, ha un sorriso che mi fa sciogliere- sospirò persa. Ivan fece una faccia schifata, fingendosi inorridito per tanta dolcezza, ma la esortò a proseguire.

- E poi è bella, insomma… non è solo bella, lei è soprattutto intelligente, creativa, dolce, sensibile e disegna benissimo. E bacia benissimo. Okay, forse quest’ultima cosa è imbarazzante da dire, scusa- ridacchiò Chiara, nascondendosi il viso arrossato dietro le mani.

- E poi? Insomma, come vi siete conosciute, da quanto tempo vi sentite… come si chiama-

- La conosci anche tu- ammise, dopo qualche minuto di silenzio.

- O mio dio- boccheggiò Ivan, sgranando gli occhi.

- Sicuro di voler sapere chi è? E’ abbastanza scioccante-  lo mise in guardia Chiara, non volevo tornare a casa su una moto guidata da Ivan in stato di shock.

-Davvero? Okay, aspetta, forse ho capito. E’ …Roberta Della Corte- mormorò quasi fra sé il ragazzo, con il viso contratto per lo sforzo di non urlare di sorpresa.

- Come diavolo hai fatto a capirlo?- ora fu il turno di Chiara di urlare, allargando gli occhi e portandosi le mani al viso in un’espressione di puro stupore.

- Ora che ci penso mi torna tutto… vi guardavate in modo troppo strano! Più che ucciderti, sembrava volesse mangiarti con gli occhi ogni volta ti lanciava quelle occhiatacce a scuola- ricordò Ivan, facendo arrossire ancora di più l’amica. Le cicale frinivano sulle fronte vicine e i due stettero in silenzio per qualche minuto, cercando di digerire le novità.

- Allora? Non dici nulla…? Che ne pensi?- chiese nervosa Chiara, guardando il volto serio dell’amico.

- Non lo so… lei indubbiamente ti idolatra, lo si capisce dagli sguardi adoranti, ma sappiamo entrambi la cerchia che le gira attorno. Vanessa non deve saperlo o potrebbe andare a finire male. E io non voglio che tornino a farti del male, Chiara-

Il viso di Ivan aveva ripreso tutta la serietà e la luce del lampione vicino si rifletteva sulle sue lenti, dando ai suoi riccioli e al suo naso aquilino un’aria saggia e severa.

- Non succederà. So che non significa nulla, ma io mi fido di lei…- affermò sicura, alzando il volto al cielo.

- Lo spero- sospirò Ivan. Poi le passò il casco, salirono in sella e, zigzagando pigramente per le strade deserte fischiettando un motivetto, l’accompagnò a casa, entrambi con gli animi più leggeri per essersi liberati di un peso così grosso.

 

                                                                                                             ***

Il mattino seguente, carica di aspettative per quella giornata che già si preannunciava ricca di eventi, Chiara si alzò e scese a far colazione, dispensando ai suoi genitori sorrisi luminosi e cortesie inaspettate, tanto era di buon umore.

- La consegna delle pagelle?- chiese suo padre, addentando una fetta di pane e marmellata.

- Dieci giugno, prevedo una media del nove punto tre- cinguettò la rossa, afferrando la sua tazza di caffé bollente e sedendosi di fronte a lui.

Margaret le passò vicino e le scompigliò i capelli.

- Sempre brava la nostra Abigail- le disse allegra, dandole un buffetto sul mento.

- Mamma ti prego! Lo sai che odio quando mi chiami così!-

- Ma è il tuo secondo nome, per quanto tu possa odiarlo all’anagrafe sei Chiara virgola Abigail Torri… non si scelgono le origini- la ribeccò suo padre, che si divertiva particolarmente a stuzzicarla in quel modo per vederla innervosita.

- Si, ma voi non ditelo a nessuno, vi prego- borbottò funerea la rossa, finendo di ingollare il caffé e dirigendosi al piano superiore per darsi una sistemata.

- A proposito, stasera esco con Ivan e Sabrina!- gridò dalle scale, sorridendo al pensiero che invece sarebbe uscita con Roberta. Dio, quanto la mandava in tilt quella ragazza! Con quelle labbra così rosa e sempre lucide, le guance morbide e gli occhi che sembravano due cristalli appena lucidati. E i suoi capelli! Quanto amava attorcigliarsi attorno alla dita i suoi boccoli neri! Pensò che fosse diventata davvero demente con tutta quella faccenda dell’amore, ma si disse che andava bene così e, ancora tutta sorridente, prese a spazzolarsi i capelli.

 

                                                                                                               ***

 

- Chiara, amore, sono le otto, non sei in ritardo?- la chiamò Margaret dal piano inferiore, mentre la figlia si rimirava per la quinta volta di fronte allo specchio, in dubbio se cambiarsi di nuovo o scendere e farla finita con quel patetico teatrino. Aveva passato metà pomeriggio a pensare a cosa mettere, dandosi della stupida per perdersi in cose così superficiali, tirando fuori dall’armadio vecchi jeans di Benedetta e golfini primaverili multicolori. Alla fine, stremata da tutta quella pressione psicologica, aveva optato per un semplice jeans scuro e una camicetta verde militare con bottoncini dorati che le ricadeva sui fianchi con morbidi sbuffi di tessuto. Afferrò il suo paio di ballerine dello stesso colore e, dando un’ultima occhiata al suo viso truccato con un velo leggero di matita e fard, corse a rotta di collo giù per le scale, scarmigliandosi involontariamente i capelli.

- Sei proprio carina, non è che devi vederti con qualcuno?- grugnì sul padre dal divano, dietro le pagine di un quotidiano.

- Ma che dici, sono solo Sabrina e Iv- scattò Chiara, ringhiando quasi come un mastino, nel timore che suo padre potesse leggerle negli occhi quel po’ di esitazione che le sarebbe stata fatale.

- Su, calmati, sembra che tu stia andando al patibolo tanto sei pallida- la tranquillizzò sua madre, accarezzandole le spalle con un sorriso rassicurante.

- Chi passa a prenderti?-

- Ivan, sai… con la sua moto- mentì Chiara. Si era messa d’accordo con l’amico, lui sarebbe passato a prenderla e l’avrebbe lasciata proprio alla traversa successiva, dove l’aspettava Roberta con la sua macchina. Il pensiero di passare la serata interamente con lei le faceva sudare le mani dall’eccitazione.

- Da quando ti passa anche a prendere?- domandò burbero Matteo, forse sospettando che fra sua figlia e l’amico strano ci fosse qualcosa.

- Sabrina ci aspetta al parco, come al solito, lui mi ha solo chiesto se volevo un passaggio… smettila di fare quella faccia, lo sai benissimo che non c’è… nulla. Non è come pensi- arrossì sulle orecchie e, all’ennesima occhiata scettica del padre, decise di andare in cucina a prendere un bicchier d’acqua. L’atmosfera in quel salotto era soffocante e aveva bisogno di smaltire la tensione. Si versò un po’ d’acqua fresca e, specchiandosi nella superficie lucida del frigorifero, si aggiustò nervosamente i capelli che ancora erano impigliati nel bordo della camicetta.

- Andrà tutto bene- disse fra sé, poi, sentendo il rumore della moto di Ivan fuori alla stradina, si diresse in salotto e salutò frettolosamente i suoi genitori.

- Pronta, principessa?- domandò fintamente cortese l’amico, tutto felice nella sua polo verde mela e immancabile sciarpa hippie. Chiara replicò con un borbottio inacidito.

- Sei nervosa?- tentò di nuovo, mentre l’aiutava ad agganciare il casco, visto che le sue mani tremavano così tanto da renderle impossibile l’operazione più semplice. Chiara grugnì di si.

- Sta calma, la principessa Della Corte saprà come tenere a bada la tua furia assassina, io ho solo il compito di scortarti al castello- scherzò il ragazzo, mettendo in moto e rombando baldanzoso alla vista del viso cereo di Matteo, che li osservava dalla finestra del salotto.

- Smettila, così lo farai spaventare e al ritorno ti staccherà la testa, non importa che tu abbia altri gusti- lo rimbrottò Chiara, aggrappandosi alla sua schiena e voltandosi per vedere la sua villetta sparire dietro l’angolo.

- Mi stai arpionando i fianchi, dio, smettila tu o mi farai distrarre- si lamentò con una risata sguaiata Ivan, urlando contro il vento e serpeggiando per la strada adiacente.

- Sono nervosissima, mi si sta contorcendo tutto, hai presente?- mormorò irrequieta, seriamente preoccupata che quel giretto in moto potesse peggiorare le sue condizioni e farle vomitare tutto il pranzo domenicale lì in strada.

- Certo che per essere una che studia, va in palestra, suona, legge e trova anche il tempo di dare ripetizione a quelli di prima hai proprio i nervi fiacchi!- la schernì lui, girando finalmente nella strada dove Roberta la stava già aspettando. Sgommò, con un sorrisetto sfrontato tipico di un bad boy anni ottanta, per poi saltar giù e porgere galantemente la mano a Chiara. Roberta li stava già aspettando poco più in là e, non appena li vide, scese dalla macchina, calma e rilassata nella sua mise primaverile.

- ‘Sera- gli disse, avvicinandosi, sorridendo a Chiara con in volto l’espressione più sicura di sé del mondo. I suoi occhi azzurri risplendevano agli ultimi raggi del sole che moriva ad ovest e la sua pelle, così bianca e uniforme, al tramonto assumeva una sfumatura lievemente dorata.

- Hey- esalò la rossa, completamente presa dal luccichio del suo ombretto che donava riflessi iridescenti ai suoi occhi limpidi. Ivan le diede una gomitata, come ad intimarle di darsi un contegno.

- Grazie per averla accompagnata- disse Roberta, rivolgendosi direttamente al ragazzo in tono riconoscente.

- Vedi solo di farla tornare a casa in tempo, suo padre c’ammazza entrambi anche solo per un minuto di ritardo… e fammela rilassare, sembra un pezzo di legno stasera- la punzecchiò Ivan e, dopo aver salutato Chiara con un abbraccio forse troppo caloroso,tanto che si beccò un’occhiataccia dalla riccia, rimontò in sella e sparì oltre gli alberi del vialetto successivo.

- Pronta? Lo so che odi i clichè, quindi in effetti anche quest’appuntamento ti sarà sembrato banale visto che le cose tra noi sembrano già belle che fatte, o almeno spero sia così, ma… rimandiamo i giudizi a fine serata- le mormorò seducente Roberta ad un orecchio, per poi precederla e scortarla in macchina. Le aspettative di Chiara crebbero ancora di più a quelle parole e si lasciò aprire la portiera, non senza rivolgerle una smorfia fintamente disgustata.

- Ora però dimmi dove mi porti- la pregò, dopo qualche minuto di macchina. Roberta alzò le spalle fasciate da un’adorabile camicetta bianca e sbuffò, facendosi sobbalzare sul petto la collana di perle rosse coordinate col suo rossetto.

- Ti piacerà, posso assicurartelo- si limitò a rispondere, prendendo poi con la mano libera quella di Chiara e stringendola.

Pochi isolati dopo, arrivate nel vicolo che Chiara riconobbe come lo stesso della tea room dove erano state l’ultima volta, lanciò un gridolino eccitato.

- Prendiamo il tè?- domandò, quasi saltando sul sedile. Sapeva che Roberta avrebbe pensato a qualcosa di originale, ma non credeva si avvicinasse così tanto al suo ideale di serata perfetta.

- In realtà, stasera c’è il club letterario che si riunisce… recitano delle poesie, sai, roba così. Pensavo che ti sarebbe piaciuto- replicò imbarazzata quella, arrossendo sulle guance ma mantenendo lo sguardo fisso su di lei. – Recitano Keats, Byron e… com’è che si chiamava l’altro? Ah, si Shelley… scusa, lo dimentico sempre-

Chiara la fissò con gli occhi quasi luccicanti dalla gioia. Come faceva a capirla così bene? Proprio non riusciva a capacitarsene. Nella sua vita molti avevano additato la sua passione per la letteratura e i libri come strana ed eccessivamente anacronistica, quasi tutti i ragazzi a cui si era anche minimamente interessata la pensavano così. Eppure Roberta era riuscita a sorprenderla.

- Hai avuto un’idea fantastica, tu sei fantastica- esclamò, gettandosi addosso a lei e schioccandole un bacio sulla guancia.

- Ma smettila, quasi ti preferisco quando fai l’acida- ridacchiò Roberta. Poi spense il motore e scesero dall’auto, dirigendosi all’entrata del locale, con le vetrine vecchio stile illuminate dalla calda luce gialla degli interni e le poltroncine di velluto verde che facevano bella mostra di sé, stagliandosi contro la carta da parati a strisce.

- Su, entriamo- la chiamò Roberta, vedendola imbambolata a fissare la solita vetrina con i dolci, prendendole la mano e trascinandola dolcemente dentro.

 

                                                                                                                  ***

 

- Che stanno recitando?- domandò Roberta a Chiara che, assorta com’era a sentire una poesia di Keats di cui però le era sfuggito il titolo, si voltò verso di lei solo dopo che quella l’ebbe toccato un braccio.

- Non lo so, ma… ascolta- mormorò, accoccolandosi di più a lei e poggiando la testa sulla sua spalla. Si erano sedute nell’angolo più lontano della sala, dietro una pianta finta che faceva da separè, con loro tazze fumanti di tè alla vaniglia e un piatto di pasticcini guarniti di crema. Chiara aveva riso quando si era ritrovata ad ordinare un tè alla vecchia signora che le serviva, ma Roberta aveva detto che se le andava non aveva importanza il fatto che fosse ora di cena e praticamente nessuno lì lo stesse facendo. Così, dopo aver finito la loro teiera, Chiara era passata a sedersi sul piccolo divanetto dove stava l’altra, chiedendole di farle spazio e cingendole la vita. La voce del narratore, che leggeva su un piccolo volume dall’alto di uno sgabello, su un modesto palchetto posto dall’altra parte del bar, arrivò languida e ovattata alle loro orecchie.

Mi hai assorbito. In questo momento ho la sensazione come di dissolvermi: sarei estremamente triste senza la speranza di rivederti presto. Avrei paura a staccarmi da te.Mi hai rapito via l’anima con un potere cui non posso resistere; eppure potei resistere finché non ti vidi; e anche dopo averti veduta mi sforzai spesso di ragionare contro le ragioni del mio amore. Ora non ne sono più capace. Sarebbe una pena troppo grande. Il mio amore è egoista” recitava la poesia e i successivi applausi degli ascoltatori più appassionati coprirono gli schiocchi causati dai loro baci, caldi e delicati, dall’aroma di vaniglia e zucchero a velo. Si staccarono frettolosamente, per paura che qualcuno potesse vederle, poi Chiara represse un sorriso rifugiandosi nel collo di Roberta. Quella cominciò ad accarezzarle i capelli, rilassandola e godendo dei suoi mormorii soddisfatti.

- Hai smesso di fumare o sbaglio?- mugolò Chiara, giocherellando con le sue dita e poggiando le gambe sulle sue. Roberta alzò le spalle, disegnando cerchi astratti fra i suoi capelli vermigli.

-Diciamo che ho ridotto il numero di sigarette, va’… ultimamente sono molto meno nervosa del solito-

- Peccato, quell’aroma di tabacco mi piaceva, ti rendeva… sexy- ridacchiò morbidamente. Si scambiarono un’occhiata divertita e scoppiarono in una risatina bassa, per non farsi notare dalla coppia seduta al tavolo più vicino al loro.

- Te l’ho mai detto che sei bellissima?-

Gli occhi di Roberta sembravano vacui e persi nei suoi, totalmente isolati dal resto del mondo. Un brivido attraversò la schiena della rossa, che si sforzò di ricambiare con tutta l’intensità che sentiva dentro di sé.

- Direi di no, stasera no…- sorrise melliflua Chiara.

- Allora lasciati dire che sei bellissima-

- E tu lo sei ancora di più quando arrossisci così… sembri una bambina- la prese in giro, passando una mano sulle sue lentiggini chiare che le davano un’aria ancora vagamente infantile. Come se l’ingenuità dell’infanzia ancora albergasse in quegli occhi e ancora illuminasse quel sorriso, ora così sereno e appagato.

- Pff, smettila, sei incredibile… riesci a farmi dimenticare persino quello che mi passa per la testa- sbottò stizzita, ma si sciolse quando Chiara le schioccò un bacetto sul mento.

- A che pensavi,su… rendimi partecipe-

- Pensavo che voglio ritrarti meglio, qualche volta-

- Quindi avevo ragione… quel disegno in camera tuo rappresenta… me?-

Gli occhi di Chiara quasi sfavillarono per l’emozione. Roberta fece un gesto con la mano, come a sminuirsi.

- Si, eri tu. Sei così curiosa che non posso tenerti nascosto nulla, diamine! Voglio ritrarti meglio però-

- Vorrei tanto che non fossimo in un posto così affollato… - sussurrò malinconica la rossa, notando come tutte le altre coppie si scambiassero effusioni in bella vista e loro dovessero accontentarsi di nascondersi dietro una pianta, come se quello che facevano fosse sbagliato.

- Forse è meglio se…-

- Si, lo so. Potrebbero vederci- mormorò, per poi alzarsi e sedersi dall’altra parte del tavolino. Roberta le prese la mano, rivolgendole un sorriso d’intesa e a Chiara andò bene così.

Uscirono che erano le unici in punto, il club letterario si era disperso già da qualche ora e avevano dovuto ordinare altri pasticcini fino a scoppiare per restare lì a chiacchierare in santa pace.

- Piaciuta la serata?- le domandò Roberta una volta in macchina. Chiara si allungò per darle un bacio, sta volta piuttosto lungo e più bisognoso, poi tornò al suo posto e sussurrò che, si, ora la serata le era decisamente piaciuta.

 

  
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