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Autore: nefert70    30/01/2013    2 recensioni
Manna de Castanea, una delle prime e sconosciute amanti di Federico II di Svevia
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
- Questa storia fa parte della serie 'Le donne di Federico II'
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Gennaio 1251, Palermo

Il Vescovo Berardo da Casacca discese dal cavallo e bussò alla porta del piccolo convento e attese.
La suora che aprì la piccola finestrella rimase sconcertata. Conosceva molto bene il visitatore ma cosa ci faceva lì?
Aprì velocemente la porta e inchinandosi baciò l’anello vescovile  “Eminenza cosa vi porta al nostro piccolo convento? Chiamo immediatamente la madre superiora” disse spostandosi per far entrare l’anziano prelato.
“No, ho urgenza di parlare con mia nipote”chiamatevi invece Suor Maria Anna “
“Vostra nipote? Non capisco”
“Siete troppo giovane… Chiamate Suor Maria Anna della croce”
“Suor Maria Anna è vostra nipote? Perdonatemi non lo sapevo” e immediatamente eseguì la richiesta del vescovo.
Dopo pochi minuti la suora tornò accompagnata da una consorella di circa cinquant’anni la cui bellezza ancora traspariva attraverso il semplice abito nero.
Suor Maria  Anna si inchinò a baciare l’anello “Eminenza” .
Il vescovo l’abbraccio “Passeggiamo nel chiostro. Ho da parlarvi”
“Cos’è accaduto ancora?”
“Devo annunciarti la morte dell’imperatore”
“Federico… Che Dio lo abbia in gloria” e poi si fece il segno della croce.
“Perdonatemi, zio. Neppure un anno fa’ per annunciarmi la morte di mio figlio mi avete mandato una missiva. Perché oggi siete qui?”
“Perché l’imperatore mi ha chiesto di consegnarti questo” e consegnò nelle mani della nipote un sottile filo di cuoio a cui era appesa una punta di freccia.
Suor Anna Maria guardò il ciondolo e chiudendo gli occhi sospirò.
“Me l’ha consegnato poco prima di morire. L’ha portato al collo per tutti questi anni. Ora devo andare. Riguardati figlia mia” Berardo baciò la fronte della nipote e senza dire altro si diresse verso l’uscita.
 
Suor Maria Anna era inginocchiata sulla fredda pietra della piccola chiesetta del convento, tra le mani ancora stringeva il ciondolo dell’imperatore.
“Perdonami, Padre celeste, se tra le mani non ho il rosario ma la collana di Federico.
Erano anni che non la vedevo, da quel giorno d’estate del 1209.
Federico… il re, lo conoscevo fin da bambina.
I miei genitori sono morti quando era molto piccola e così fui affidata alle cure di mio zio, il vescovo di Palermo,  nella sua dimora conobbi un ragazzino maleducato, ignorante e il più delle volte sporco come una ragazzaccio di strada, era il re Federico di Sicilia figlio dell’amatissima e molto rimpianta regina Costanza d’Altavilla.
Fra di noi non ci fu mai il rispetto che forse avrei dovuto avere nei confronti del re.
Federico per me fu sempre e solo un compagno di giochi, anche se io ero una fanciulla e lui aveva cinque anni più di me mi portava spesso nelle vie di Palermo a rubare la frutta dai banchi del mercato o a farci impiastricciare la faccia dal meraviglioso miele di cui erano riempite le slebbie.
Dove andava Federico c’ero anche io Maria Anna  o Manna come mi aveva soprannominato Federico, la sua Anna…
L’estate del 1209 fu l’ultima estate che trascorremmo insieme, io molto presto sarei partita per il convento della visitazione di Catania dove sarei stata educata e Federico attendeva la sua sposa.
Quel giorno Federico arrivò al palazzo di mio zio a cavallo, vestito elegantemente, come mai l’avevo visto e porgendomi la mano disse ”Manna, venite a fare a fare una cavalcata con me”.
Non me lo feci ripetere due volte, sapevo che molto presto non avrei più goduto di tutta questa libertà e poggiando la mia mano su quella di Federico con un balzo saltai in groppa al cavallo e affondai il viso sulla sua spalla.
Quando giungemmo su un’altura poco fuori Palermo, smontammo da cavallo e ci sedemmo su una grosso masso.
“Cos’hai Federico?” domandai
“Tuo zio mi ha annunciato il prossimo arrivo della mia sposa. Molto probabilmente sarò sposato prima che tu parta”
“Già lo sapevi perché la cosa ti sconvolge tanto?”
“Perché ora tu parti”
“Cosa intendi?”
“Vorrei non dovermi sposare per dovere ma poter scegliere la mia sposa con il cuore… ed ho scoperto che il mio cuore mi conduce a te”  mi disse prendendomi la mano.
“Federico, lo sai che anche il mio cuore ti appartiene. La mia balia dice che sono troppo piccola per amare. Ma io so che amerò solo te. Ma tu sei il re e come fece tua madre devi pensare solo al bene del regno. Hai bisogno di Costanza e dei suoi armigeri.”
“Cos’hai tra le mani?”
“Una punta di freccia. Quando sei giunto stavo rassettando il cortile e mi è rimasta tra le mani. Aspetta … Guarda Federico, la sua forma non ti ricorda un cuore?”
Mi era venuta un’idea, immediatamente tolsi il legaccio che chiudeva il grembiule e comincia ad arrotolarlo attorno alla punta poi lo fermai con un nodo e lo consegnai a Federico.
“Ora hai il mio cuore”
Federico lo guardò un po’ sconcertato ma poi si legò i due estremi attorno al collo “Ti giuro che lo porterò fino alla mia morte. Qui sul mio cuore” e poi mi diede un casto bacio sulle labbra.
Federico si sposò il 15 agosto 1209, io partii ai primi di settembre.
Trascorsero sei anni prima che si rivedessimo, quando io tornai a casa pronta a sposarmi con l’uomo scelto da mio zio, Roberto da Chieti.
Non sapevo nulla di questo giovane, quando lo incontrai potei solo dire che era bello e gentile, forse il matrimonio non sarebbe stato così orribile.
Federico ed io ci rivedemmo e a nostra vecchia amicizia risbocciò ma da entrambe le parti non ci fu nulla di sconveniente.
Roberto era uno dei suoi più fidati  cavalieri e frequentavamo molto la corte.
Nel giro di pochi anni misi al mondo due bambine che purtroppo non sopravvissero.
Nel 1223 rimasi vedova, Roberto fu ucciso nell’assedio di Roccamandolfi. Federico aveva perso la sua regina solo l’anno prima.
Trascorso il periodo di lutto rientrai a corte e nel letto del re.
Si… sono stata la sua amante e non me ne vergogno per i successivi due anni gli fui accanto in ogni momento, consolai i suoi momenti di dolore, gioii delle sue vittorie e gli diedi piacere tutte le notte.
Poi scoprii di essere incinta… fummo felici ma sapevamo che non avrei più potuto rimanere a corte.
Federico aveva avuto altri figli fuori del matrimonio ed erano tuti a corte accuditi ed onorati ma le loro madri erano dovute scomparire. Avrei dovuto fare altrettanto.
Il primo di gennaio del 1225 nacque mio figlio, chiesi a Federico il permesso di chiamarlo come mio padre Riccardo e lui me lo accordò.
Essendo io la vedova di Roberto da Chieti, mio figlio sarebbe stato conosciuto come Riccardo da Chieti.
Lo tenni con me quasi un anno, suo padre veniva costantemente a trovarci nell’ultimo incontro, poco prima del suo matrimonio con Jolanda di Brienne gli è lo consegnai.
“Che ne sarà di te?” mi domandò Federico prendendo in braccio suo figlio
“Domani stesso entrerò nel convento della Martorana e trascorrerò il resto della mia vita a pregare per te e per nostro figlio.”
Baciai la fronte del piccolo Riccardo e le labbra di Federico  “Ora andate.”
Da quel giorno sono trascorsi venticinque anni. Non pensavo che Federico avesse mantenuto la promessa fatta a una bimba di dieci anni.
Anche se vivo in questo convento ho ancora contatti con il mondo esterno e so cosa dice il mondo di Federico e del suo amore per la bella Bianca. Forse sarà anche vero che l’unica donna che abbia amato sia stata Bianca ma ora so che nel suo cuore c’è sempre stato un posto speciale per me.
 
  
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