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Autore: Cialy    21/08/2007    6 recensioni
Voldemort è di nuovo una minaccia concreta adesso, senza possibilità di fuga. Una minaccia che sta per abbattersi sulle loro vite di nuovo. E le sconvolgerà, di nuovo. E le distruggerà, di nuovo. E, soprattutto, rivedrà Sirius. Pochi momenti ancora e lo rivedrà. Un anno di quasi completo silenzio e, ora, solo pochi minuti a separarli.
[Seguito di "Sing For Absolution"]
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Molly Weasley, Severus Piton | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi della storia non mi appartengono. Sono di proprietà di J.K.Rowling, per tanto completamente frutto di fantasia, e vengono da me utilizzati non a scopo di lucro, ma semplicemente per divertimento.

 

 

Note: Seguito di Sing For Absolution. Non siete costretti a leggerla per capire Falling, ma premetto che ci saranno dei riferimenti che, in tal caso, non potrete cogliere correttamente.

Ho sofferto molto, scrivendola, ci ho messo un pezzo di cuore, proprio come per Sing, quindi mi farebbe davvero piacere se mi faceste sapere qualsiasi commento vi venga in mente leggendola.

Le ultime frasi sono versi, liberamente tradotti da me, della canzone – sì, sempre lei, ormai si è capito che sono fissata! – Sing For Absolution dei Muse (e, uhm, anche il titolo è un verso della suddetta canzone). Dovevo usarla di nuovo per chiudere il cerchio, per giungere ad una fine, ad una risposta. E la risposta, no, non è delle migliori.

Per chi ha letto Sing, non so se è all’altezza. È e basta. Inizialmente, lo stile e la struttura dovevano essere molto simili a Lei – sì, sto personificando una mia fanfic, avete capito bene -, ma poi è venuta fuori così (abbastanza diversa, a conti fatti) e non conosco bene il motivo. Prendete per buono il fatto che questo sia il punto di vista di Remus e non di Sirius, ecco.

Un altro piccolo appuntino sull’ambientazione, tanto per chiarire: comincia tra la fine del quarto libro e l’inizio del quinto a casa di Remus, e poi si procede per tutta la durata del quinto libro a Grimmauld Place.

 

La dedica.

C’è davvero bisogno che lo dica?

Per ZuccheroAmaro, che non ha ancora avuto il coraggio di leggerla e io, per questo, mi sento in colpa. Ma l’adoro, come ho adorato poche persone in tutta la mia vita. E so perfettamente cosa ha provato, lo so.

Per Changingroom, come al solito. Perché lei l’ha letta e ha pianto. Perché è il mio Sirius. Per un altro centinaio di motivi che non dirò qui.

 

E, infine, un ringraziamento a chi continua a seguirmi e a recensirmi. Grazie, grazie, grazie. Falling è anche per voi.

 

 

 

 

 

Falling From Your Grace

 

 

 

Remus fissa la pergamena che ha tra le mani, atterrito e incredulo. La preoccupazione dovrebbe montare nel suo stomaco e, invece, lui continua a guardare quelle poche parole impresse sulla carta, immobile. Non riesce a tenerle a mente, scivolano via appena lette ed è costretto a tornare indietro alla prima riga e a ricominciare, fino allo sfinimento.

Sfiancato, accartoccia la pergamena e la lancia sul pavimento; poi, con un rapido movimento della bacchetta, la incendia. Ne resta solo un mucchietto di cenere, ma, inaspettatamente, Remus ricorda ogni parola.

 

Voldemort è tornato. Bisogna radunare l’Ordine.

Sto venendo da te,

                                                              Sirius.

 

E si sente crollare. Voldemort è di nuovo una minaccia concreta adesso, senza possibilità di fuga. Una minaccia che sta per abbattersi sulle loro vite di nuovo. E le sconvolgerà, di nuovo. E le distruggerà, di nuovo.

E, soprattutto, rivedrà Sirius. Pochi momenti ancora e lo rivedrà.

Un anno di quasi completo silenzio e, ora, solo pochi minuti a separarli.

Remus si sente crollare.

 

~

 

“…e Emmeline Vance, Sturgis, anche loro…”

Sirius cammina su e giù per la cucina, contando sulle dita. Remus scrive una lista, fissa il foglio di carta per non guardare lui. Per non sentirsi morire.

“Ci sono tutti?” gli chiede, bloccandosi di colpo.

“Sì, direi di sì,” risponde Remus e si arrischia a sollevare lo sguardo.

È così diverso da quel giorno di tredici anni fa, quell’ultimo incontro che ha segnato la fine. I capelli lunghi e sporchi, lo sguardo allucinato, folle, che scatta da un particolare all’altro della stanza come se si ferisse a fermarsi troppo su qualcosa.

“Grimmauld Place…” riprende, appoggiando i palmi sul tavolo e sporgendosi verso Remus, guardandolo. “Pensavo di proporla a Silente come sede dell’Ordine. Che ne pensi?”

Baciami, Sirius, è quello che vorrebbe dire. Dimenticare, per un solo attimo, per il tempo di un unico bacio, tutto il casino che sta per abbattersi sul mondo.

Ma non lo fa. Ancora una volta, Voldemort è tra loro.

Annuisce, “Se va bene a te, Sirius.”

 

~

 

“Nessuna missione?! Mi stai dicendo che devo restare chiuso in casa – in questa casa – mentre tutti gli altri saranno fuori a rendersi utili?”

“Mi aspetto che tu comprenda, Sirius, che sarebbe troppo pericoloso mandarti fuori da Grimmauld Place, vista la situazione. E, comunque, sarai utile anche da qui, ne sono certo.”

“Ma… io voglio fare qualcosa di concreto, non puoi…”

“Posso,” è la secca risposta di Silente. “E ti chiederei di continuare questo nostro scambio di vedute in privato, visto che il tempo stringe,” conclude con un sospiro.

“E poi, Sirius,” interviene Molly – e Remus vorrebbe avere il potere di farla tacere, prima che avvenga l’irreparabile. “Sarebbe un bene che tu mi aiutassi a mettere a posto la casa, viste tutte le trappole che ci sono, prima che arrivino i ragazzi…”

Sirius scatta in piedi, la sedia cade sul pavimento con un tonfo.

“Perfetto,” ringhia. “Perfetto. Sarò un’ottima massaia, allora!” e, a passo sostenuto, esce dalla stanza sbattendo la porta.

Le urla di Walburga Black – “Feccia! Sudici Mezzosangue! Traditori!” – si accavallano alla melliflua voce di Piton, “Quel Black, sempre con la mania di essere al centro dell’attenzione.”

Remus vorrebbe urlare, ma non ne ha la forza. Si passa una mano sugli occhi ed espira aria, tentando di ritrovarla.

 

~

 

“Siete riusciti a far tacere la vecchia megera?” è la prima cosa che Sirius chiede, appena Remus entra nella sua stanza.

“Diciamo che, per ora, la situazione è sotto controllo.”

“Bene.”

Remus si avvicina al letto dove l’altro è seduto e, dopo un attimo di indecisione, gli posa una mano sulla spalla. Lo sente irrigidirsi, ma non la sposta. Sostituisce le parole, quella mano, le parole – “Io sono qui.” – che non ha il coraggio di pronunciare. Attende.

Passano interminabili attimi di silenzio e poi, finalmente, Sirius parla.

“Credevo di poter reggere, Remus. Di poter sopportare questa casa e ciò che contiene. E invece no, non posso. Ogni angolo, ogni fottuto angolo, mi ricorda l’uomo che volevo essere, che ho cercato di raggiungere scappando da qui. E che non sono mai diventato. Ogni fottuto angolo di questa casa urla fallimento.”

“Sirius,” è tutto quello che riesce a dire prima che l’altro sollevi la testa e fissi i propri occhi nei suoi, inchiodandolo.

“Fa’ qualcosa, Remus, ti prego. Fa’ qualcosa.”

E Remus obbedisce, si siede accanto a lui e lo bacia, disperatamente. Lo bacia per offrirgli una salvezza, per offrirla a se stesso. Lo bacia per dimenticare e per ricordare. Lo bacia.

 

~

 

“Sembra proprio che tu le piaccia, Remus.”

Remus incrocia lo sguardo di Molly aggrottando le sopracciglia. “No, io,” ride nervosamente, “non credo, no.”

“Ti sbagli, la cara Tonks ha proprio una bella cotta per te! Dovresti invitarla a cena, non pensi?”

“No, non penso,” si affretta a rispondere, la sua voce che, inevitabilmente, assume una tonalità più alta per l’imbarazzo.

Molly sbuffa. “Remus. Sei ancora giovane e dovresti pensare un po’ più a te stesso, smettere di preoccuparti per…”

E, mentre Molly gesticola indicando qualcosa di indefinito, Remus sa perfettamente qual è l’obiettivo dell’intera chiacchierata.

“Sirius?” la incalza e lei sobbalza come colta in fallo.

“Anche,” ricomincia subito dopo. “Quello che voglio dire è che tu… che lui… Io capisco la forte amicizia che vi lega, ma…”

“No,” la interrompe. Non vuole essere scortese, non con Molly, dopotutto, ma ha bisogno di mettere delle cose in chiaro. Con estrema fermezza.

“Non mi aspetto che tu capisca.”
”Remus…”

“No. Tu non sai com’era.”

“So com’è.”

“No, non sai nemmeno questo, Molly, mi dispiace.”

Ma, avviandosi fuori dalla cucina dopo aver balbettato una scusa qualsiasi, non può fare a meno di chiedersi se lui, invece, sa davvero com’è.

 

~

 

“Harry è un bravo ragazzo.”

“Sì, lo è,” Remus annuisce sorridendo. “Esattamente come qualcuno di nostra conoscenza.”

Sirius soffoca una risata premendo il viso contro il suo stomaco. “Direi, però, che quando urla sia tutto sua madre!”

Ridono entrambi, la testa di Sirius che rimbalza per il movimento della pancia di Remus. Sembra che l’atmosfera si sia fatta leggera, ma è solo un attimo. La risata si affievolisce subito dopo e lo sguardo di Sirius torna serio, mentre evita accuratamente quello di Remus.

Quando parla, “È stata colpa mia,” è come se una lama fosse calata sulle loro teste, raggelando l’aria, dondolando e cigolando.

“Non è vero, Sirius, sai benissimo che…”

“È così. È colpa mia se sono morti,” si solleva, puntellando i palmi delle mani sul materasso e fissa Remus negli occhi. “Se ti avessi creduto, se avessi prestato attenzione a quello che ci accadeva intorno, piuttosto che solo a me stesso, Lily e James sarebbero… sarebbero…”

Remus si mette rapido a sedere e gli posa una mano sulla bocca, impedendogli di continuare. Continua a fissarlo e, di nuovo, si ritrova di fronte ad uno sguardo ferito, illuminato solo dal senso di colpa, dalla frustrazione.

“Basta. Non voglio sentirti dire mai più niente del genere,” scandisce attentamente. “Lo sai, tu lo sai, che tutti noi abbiamo delle colpe. E abbiamo avuto tredici anni per pensarci, Sirius, ci abbiamo pensato ogni maledetto giorno di questi tredici anni. Adesso basta, però. Adesso dobbiamo pensare al presente, a non commettere gli stessi errori.”

Lentamente, toglie la mano dalla sua bocca e la sposta sulla guancia, lasciandola scivolare fino ai suoi capelli. Poi, Sirius si avventa su di lui facendolo ricadere all’indietro sul materasso e lo bacia. Con foga, che diventa ben presto desiderio, stendendosi sul suo corpo e dimenticando per un attimo le colpe e il mondo circostante.

E poi, qualcuno bussa alla porta della camera, “Remus, dobbiamo andare,” ed è come se la terra stesse franando e la lama, che credevano ormai lontana, cadesse a poca distanza dai loro corpi.

Dopo un ultimo veloce bacio, Remus riesce ad alzarsi e a raggiungere la porta. Mette una mano sulla maniglia, si volta e, “Tornerai?” gli chiede Sirius.

Sorride, rassicurante e dolce, e annuisce. “Come tutte le volte,” e va via.

 

 ~

 

A volte, semplicemente, gli occhi di Sirius si colorano di un’altra luce – quella dell’amore che prova per Remus. Li invade e, inaspettatamente, si rivela in grado di scacciare la frustrazione e il dolore, che, per il resto del tempo, la nascondono.

Quando succede è un po’ come tornare indietro nel tempo, a prima che le loro vite fossero distrutte, quando l’urgenza con cui finivano a letto insieme era il risultato della sola voglia dell’altro e non della paura di non avere più tempo.

Eppure, anche il maledetto tempo sembra fermarsi quando fanno l’amore.

Non è mai propriamente dolce o particolarmente delicato. C’è foga nelle spinte di Sirius e c’è bisogno negli scatti del bacino di Remus. Ci sono morsi e graffi, sul collo, sulla schiena, su ogni centimetro di pelle che mani e denti possano raggiungere. E, quando Remus scende a succhiare l’uccello di Sirius, ogni volta, ogni singola volta, Sirius sa di appartenergli. Di essere suo, a dispetto del passato impietoso e del futuro incerto. Suo.

 

~

 

Le dita di Remus scivolano sulla schiena nuda di Sirius in lente carezze. Quando sono vicini è praticamente costretto a mantenere il contatto fisico costantemente, come se avesse paura di vederlo scomparire sotto i propri occhi. A volte sembra possibile dimenticare, la possibilità di una nuova vita con le persone che ama appare quasi tangibile.

Affonda il viso nell’incavo del collo e ne bacia la pelle, dolcemente.

“Moony,” giunge all’improvviso.

Si allontana dalla sua pelle in attesa, una leggera morsa allo stomaco lo attanaglia.

“Saremo assolti, vero? Un giorno tutto questo finirà e noi avremo la nostra vita, saremo assolti, è così?”

Remus vorrebbe rispondere un ‘sì’ secco, affermare qualcosa di cui sia pienamente sicuro. Ma mentire non gli piace, non gli è mai piaciuto, così tace.

Preme le labbra sul collo di Sirius, lo stringe più forte tra le braccia e tace.

 

~

 

La porta d’ingresso di Grimmauld Place numero dodici che sbatte fa sobbalzare Remus, impegnato a vestirsi nella propria stanza. Ancora una volta, la voce di Severus Piton si mescola a quella di Walburga Black.

“Ibridi, sudici ibridi e traditori! In casa mia!” – “Si tratta di Potter. È un’emergenza!”

Remus si fionda fuori dalla stanza e, sulle scale, incontra Sirius. Si scambiano un solo sguardo – ansia e terrore miscelati insieme – e corrono al piano di sotto.

 

~

 

Accanto a lui ci sono Tonks, Moody e Kingsley, ma Remus non presta attenzione a nessuno. Ha percezione solo di poche parole pronunciate da Severus – “…una trappola… Potter… attirato al Ministero… con alcuni suoi compagni…” – e del corpo di Sirius che si irrigidisce sempre più.

“Che aspettiamo allora?! Dobbiamo muoverci!” salta su Moody, riportandolo alla realtà.

Tonks annuisce e tutti gli altri tirano fuori le proprie bacchette pronti a Smaterializzarsi. Anche Remus. E anche Sirius.

“Black, cosa credi di fare? Faresti bene a restare qui per raccontare tutto a Silente, quando arriverà,” lo ammonisce Piton.

Sirius ricambia il suo sguardo con astio. “Non darmi ordini,” scandisce. “Verrò con voi.”

Il cuore di Remus salta un battito, il lupo nel suo petto si mette sull’attenti. Di nuovo, l’istinto gli svuota lo stomaco, proprio come quella volta.

“Sirius, ti prego,” è l’ultimo appiglio a cui si aggrappa, guardandolo negli occhi.

Ma la determinazione che vi scorge mentre dice, “No, Remus. Harry ha bisogno di me,” distrugge ogni speranza e alimenta la paura.

Nemmeno quando, poco prima di entrare nel Ministero, Sirius gli si affianca e sussurra: “Andrà tutto bene, Moony,” riesce a trovare un minimo di conforto.

 

~

 

Si aggrappa a Harry con tutta la forza che possiede. Si aggrappa a Harry per trattenerlo e, soprattutto, per trattenersi. Per ricordare a se stesso di non poter seguire Sirius dietro quel velo, anche se ogni cellula del suo corpo implora perché accada. Implora la morte.

“Sirius! Sirius!” urla il ragazzo.

E Remus, aggrappato a lui, vomita parole che fanno male – “Non puoi fare più niente, Harry… niente… se n’è andato.” – ma che deve dire. A se stesso. Deve dirle.

Se n’è andato.

 

~

 

Improvvisamente, mentre sta raccogliendo le proprie poche cose dalla stanza di Sirius a Grimmauld Place, Remus ricorda una domanda fatta qualche mese prima, nel letto lì accanto.

Il dolore è ancora così acuto da essere a tratti insostenibile e quello che gli torna in mente non fa altro che amplificarlo.

“Saremo assolti, vero?” aveva chiesto Sirius, quando era ancora tra le sue braccia. E Remus non aveva risposto, perché non possedeva risposte.

Adesso, invece, si ritrova improvvisamente con la certezza – vera e inconfutabile quanto amara e tagliente – sulla punta della lingua.

“No, Sirius. Non c’è assoluzione per noi, non c’è perdono,” sussurra alla stanza vuota, con i suoi pochi averi tra le braccia.

“Nessun perdono.”

E, con il cuore ridotto definitivamente a brandelli per quell’ultima ammissione, esce dalla stanza.

 

*

 

Le labbra stanno diventando blu,

non c’è bacio che le faccia rinascere.

Non ci sarà rimedio per i nostri errori

e le nostre anime non saranno sottratte all’oblio.

 

 

 

  
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