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Autore: Nashiko    22/08/2007    3 recensioni
Una vita distrutta. Aver bisogno di tempo, di qualcuno con cui condividere la propria esistenza. Qualcuno con cui condividere quella cosa chiamata 'Amore'. Stragi. Ricordi. Sabbia. Sangue. Quando nulla è importante. Quando lo straziante desiderio di morire affiora nella mente. Trovare la forza in per ricostruire quella vita che le era stata sottratta, insieme a colui che gliene darà un'altra.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sabaku no Gaara , Altri
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Broken Inside

Broken Inside

 

Capitolo I

Devastazione

 

 

[Mamma, moriremo tutti.

Oh, Mamma, andremo tutti all’inferno.]

 

Deserto. Avere per giorni solo quella immensa distesa di color beige nel proprio campo visivo era davvero insopportabile. Ovunque si posasse lo sguardo, solo sabbia. Così come il caldo, affievolito appena dal vento leggero. Sole che brucia sadico sulla pelle. Avrebbero dovuto viaggiare di notte, se solo avessero avuto tempo. Ormai erano tre giorni che viaggiavano a cavallo in quella landa rovente. E lui conduceva gli altri due, come era sempre stato. Come sarebbe sempre stato.  I suoi occhi di ghiaccio si posavano sulla linea dell’orizzonte, cercando qualcosa, qualsiasi cosa. I suoi due compagni stavano poco dietro di lui. Erano tutti stanchi e lui tremendamente sotto pressione.

“Qui c’è semplicemente il niente in mezzo al niente” sentenziò uno dei suoi compagni che ormai era giunto al limite della sopportazione. Nonostante fossero abituati tutti e tre a quel clima, quello era veramente troppo. Gli altri non risposero, lasciando che le parole si perdessero nel vento.  Si accinse a stropicciarsi gli occhi stanchi. Frustrazione. Aumentava d’attimo in attimo e lui sentì il suo destriero fremere sotto di lui, selvaggio. Il cavallo abbassò all’indietro le orecchie, impaurito, per poi fermarsi, impennarsi e sgroppare pieno di terrore.  Quando si fu calmato, gli accarezzò lentamente il collo sudato, per poi spronarlo bruscamente a continuare. Il magnifico animale si era lanciato in un galoppo velocissimo, mentre gli altri due cavalli lo seguivano altrettanto veloci. Sentiva i muscoli dell’animale in tensione, il suo respiro affannato.  Il vento gli sferzava la pelle candida, mentre lo privava del cappuccio del mantello, rivelando morbidi, ribelli, capelli rossi. Un cavallo riuscì ad affiancarlo seppur a stento: “Dannazione, quanto manca, Gaara?” era stato suo fratello Kankuro a parlare, seppur fosse una semplice domanda al ragazzo era sembrata una vera e propria presa in giro. Fastidioso. Si limitò ad indicare l’orizzonte, aumentando la velocità e distanziando i due. Mancava poco. Eccolo, proprio davanti a loro.

Raggiunsero il piccolo villaggio. Avevano ricevuto il comunicato, anonimo, di un potenziale saccheggio. Che fossero stati ingannati? Il tutto appariva così tranquillo. Tanto. Troppo. Legarono i tre purosangue ad uno steccato per addentrarsi nella piccola cittadina. Fu subito chiaro che il paese fosse disabitato. Le abitazioni erano distrutte. Tutto era stato dato divorato dalle fiamme.

Che scenario apocalittico” mormorò Temari, guardandosi intorno. Bastò avanzare ancora qualche metro per capire. Forse la ragazza avrebbe detto qualcos’altro, ma le parole le morirono in gola, strozzate da quella vista. Gli occhi sbarrati, le labbra tremanti, le mani sudate. Distolse lo sguardo da quello spettacolo disgustoso.

“Cos’è questo?” Balbettò Kankuro. Dinanzi ai loro occhi, una bimba con la gola dilaniata e le interiora ormai riverse a terra. Poco distante un uomo sospeso a mezz’aria, sostenuto da un enorme palo conficcato nel petto, il volto sfigurato dagli sfregi e dal terrore. E ancora oltre c’erano gli abitanti della piccola cittadina, morti. Li avevano ammazzati tutti, non avevano risparmiato nessuno. Cosa aveva portato a tanto? Gaara si guardava intorno, gli occhi ridotti a due fessure, mentre la sorella dava di stomaco, reggendosi al braccio di un Kankuro che ancora non voleva credere a ciò che vedevano i suoi occhi pitturati “Non sono stati uccisi quando è arrivato il comunicato”, fece lui esaminando il corpo dell’uomo, mentre Gaara quasi sembrava non dargli retta.

“Sono già in decomposizione. Dallo stato in cui si trovano… tenendo in considerazione il sole di questi giorni…”

“Quanto?!” Gaara si era voltato verso il fratello, non aveva voglia di ascoltare le sue ciance.

“Più di una settimana.”

Gaara avanzò ancora, arrivando a quello che avrebbe dovuto essere un piccolo mercato. Ovunque posasse lo sguardo vedeva solo colpi dilaniati e mutilati orribilmente. Una punta d’incertezza lo fece indugiare su una scalinata: ai lati, ancora cadaveri. Che macabro ornamento.

“Ehi, ragazza…” Aveva sentito la voce stranamente incerta del fratello. Che qualcuno si fosse salvato? Non appena gli fu vicino gli posò una mano sul braccio, facendolo spostare. Temari era accucciata di fianco ad una figura sottile che gli dava le spalle, in ginocchio. I vestiti ridotti a brandelli lasciavano scoperte, sul corpo esile, ferite d’ogni genere, incrostate di sangue ormai secco e raggrumato. La sorella la guardava compassionevole. Quando Gaara le fu di fronte, comprese lo sguardo di Temari, o almeno così gli parve. Era solo una ragazza, più morta che viva, in realtà. Il viso coperto di sangue, terra, e quanto ancora. Gli occhi aperti, vuoti. Guardava nel vuoto, probabilmente non aveva realizzato che era al sicuro.

“Non vuole farsi toccare da nessuno, Gaara, ho provato a sentirle il polso… e per poco non mi mordeva”. Kankuro era stato il primo a riaversi da quella visione e, immediatamente, si era sfilato il mantello per posarglielo sulle spalle ustionate dal sole. Non fece altro, non si chinò su di lei sussurrandole che era al sicuro. Contrariamente all’aspettative fu Gaara a prenderla tra le braccia, coprendola al meglio col mantello dell’altro.

“Andiamo. Qui non c’è più nessuno”, disse il Kazekage avanzando tra i corpi con quel fagotto in braccio. Nessun altro l’aveva toccata. Forse troppo sconvolti e schifati dal villaggio… e da lei.

Montarono a cavallo, diretti ad un gruppo di rocce dove sarebbero stati al riparo, protetti dal freddo della notte, un posto dove riposare.

Gaara si sistemò la ragazza seduta di lato tra le sue gambe, la testa abbandonata contro la propria spalla. La cinse con la mancina, mentre con la destra guidava il cavallo tra le opache dune di quel deserto che ormai sapeva di casa.

Durante il tragitto, la ragazza trovò la forza di sollevare piano una mano. Voleva la prova che quello fosse reale? Quel viso di porcellana e quelle iridi di ghiaccio… erano davvero reali? Con un dito andò a carezzare una guancia. I suoi occhi si mossero lenti su di lei, per poi risollevarsi.

A Gaara parve di sentire un flebile sospiro, ma non ne fu mai sicuro. E quegli occhi d’ametista si chiusero tranquilli, permettendogli di portare chissà dove il suo corpo ferito… permettendogli forse di toccare con un dito la sua anima, rinchiusa nei meandri di quel cuore così puro, ormai nulla più di una pietra arsa dal sole.

Un sogno d’ametista in un mare di sabbia.               

 

La sua coscienza riemerse lenta dall’oblio in cui era sprofondata tra le braccia di quel ragazzo. Provò a muovere appena una mano, sentendo sotto le sue membra qualcosa di soffice e caldo. Un letto? Schiuse leggermente gli occhi impastati dal sonno. Dove si trovava? Non riconosceva quella stanza. No, decisamente. Con quel briciolo di forze che le rimanevano, si mise a sedere. La stanza parve girare, no, improbabile che una stanza girasse, probabilmente era la sua testa.

Cominciò a massaggiarsi le tempie in senso antiorario, chiudendo gli occhi. Dopo qualche secondo, che in realtà le sembrò un’eternità, i mobili smisero di danzare, tornando al loro posto.

Cercò anche di stiracchiarsi un braccio, prima di avvertire una fitta atroce alla spalla, notando che il proprio corpo era quasi completamente ricoperto di fasciature, a coprire gli squarci nella carne. Altra cosa che la sorprese nel suo corpo era la straordinaria pulizia: “Ma come…” esitò lei toccandosi i capelli liscissimi, che avevano sostituito quell’orrendo groviglio di nodi che lei si divertiva a strappare “…Allora all’inferno non ti fanno entrare se sei sporca e con i capelli tutti annodati?” rise di sé. Quell’umorismo nervoso che la rendeva tanto insopportabile ai suoi stessi occhi.

‘Nosi disse mentalmente “Come puoi anche solo sorridere? Eh, bestia schifosa?”

S’impose di esplorare il luogo in cui si trovava, qualunque esso fosse. Così, anche se con immane fatica, riuscì ad alzarsi e a compiere i primi passi verso una delle piccole finestrelle che davano luce all’ambiente. Si appoggiò al vetro, voltandosi verso quella camera. Semplice, arredata con cura. Niente di particolare, tutto sommato. Ma un’altra cosa attirò maggiormente la sua attenzione, non appena se ne rese conto. Il paesaggio mozzafiato che si stagliava sotto i suoi occhi. A quanto poteva capire era veramente in alto, tanto da riuscire a scorgere un’immensa città sotto di sé, o almeno ne vedeva la maggior parte da lì. Che si trovasse in una specie di palazzo?

“Sei fottuta. Adesso dove cazzo speri di scappare?”

La testa stava rischiando di esploderle, non stava più capendo niente, cosa doveva fare? Forse aspettare che qualcuno entrasse da quella porta? E poi? Cosa ne sapeva lei di che ruolo avesse in quel funebre giochino?

“Aspetta un momento” rifletté “Quella porta. Beh, tanto vale fare un tentativo. Arrivò alla porta non senza fatica. Si asciugò una gocciolina di sudore che le scendeva su una guancia con la manica del vestito corto che aveva addosso. Era di un bel lilla con dei deliziosi ricami viola. Ottima fattura. Ma quello non era esattamente il momento per rimirare quello che aveva addosso. PeròC’era sempre quel dannato ‘però’ a rimbombarle in testa.

“Chi diamine può aver provveduto così a me? Che sia stato lui? No… in ogni caso se qualcuno non si fosse occupato di me a quest’ora non sarei qui a parlare da sola e a fare congetture assurde!”

Mosse la mano sulla maniglia dorata, appoggiandosi con una spalla al telaio di legno della porta, sembrava tutto così antico e prezioso! La porta si aprì lenta e silenziosa, mentre la ragazza si affacciava sul lunghissimo corridoio, notando che, effettivamente, non c’era nessuno. Lo percorse rasente il muro, percependo un vago senso di protezione, che svanì quando capì di essere allo scoperto su un’immensa rampa di scale di pietra ormai lise dal tempo. Si aggrappò con forza alla balaustra per non cadere giù. Si bloccò di scatto sentendo delle voci, voltandosi poi nella loro direzione, capendo che alla base delle scale stava una scrivania, appena svoltato l’angolo a sinistra. La vide perché leggermente sporgente sulle scale e illuminata dalla luce del tardo pomeriggio. Altro dettaglio fondamentale, il pacchetto di sigarette poggiato su di essa, proprio nell’angolo. Irresistibile per lei. Così decise di rischiare il tutto per tutto, scendendo fino all’ultimo scalino. Si era accucciata alla meglio dietro la pesante scrivania, cercando di capire in quanti fossero. Tre probabilmente, ognuno intento nelle proprie mansioni, che quella fosse una postazione di controllo per appurarsi di chi entrava o usciva? Tuttavia non erano alla base del palazzo, dato che poco prima, sporgendosi appena dalla balaustra a cui s’era accollata, aveva scorto altri piani, pur non avendoli contati. La sua mente a circuito chiuso giunse alla conclusione che in ogni piano ci fossero delle guardie. Aspettò nascosta lì dietro qualche istante, per poi afferrare di scatto il pacchetto di sigarette: fortunatamente insieme a quello c’era anche una scatolina di fiammiferi. Sì, ma ora? Non poteva di certo scendere, sarebbe dovuta tornare di soppiatto da dove era venuta. Già considerava un miracolo il non essere stata scoperta e si diede dell’idiota per aver rischiato tanto per un pacchetto di stupide sigarette, le aveva dato di volta il cervello. Lo sapeva. In una situazione del genere, poi? Invece di procurarsi un’arma? 

E adesso cosa fai se ti scopre una guardia, gli offri una sigaretta?” No, assolutamente. A risalire le scale aggrappata all’inferriata le dolevano le braccia, ma quello era il male minore. Una volta arrivata in cima alla rampa volse lo sguardo all’insù, osservando che vi era un’unica, ultima scalinata da salire e poi…

E poi? Figuriamoci se non trovi un’altra guardia! Stupida, dai, suicidati almeno avrai una morte con un briciolo d’onore!” Ma quale onore! Aveva sbagliato tutto, non aveva più niente, che scopo aveva morire con onore, poi? Quel sentimento avrebbe dovuto portarlo a testa alta molto, ma molto tempo prima. Decise che tanto valeva tentare, viva o morta non faceva differenza, lei non aveva più nessuno che avrebbe sofferto per la sua morte. Salì gli ultimi gradini, aveva il fiato corto. Un’altra maniglia. Aprì con decisione la porta, serrando gli occhi, ritraendosi per una forte folata di vento. Un terrazzo, un immenso terrazzo… vuoto. Spalle al muro scivolò a terra, esausta. Sorrise pensando a quanto quella fosse stata una mossa stupida. L’unica via d’uscita era gettarsi dal palazzo. Non ci stette troppo a pensare, al fatto che era in trappola, mentre estraeva con i denti una sigaretta e l’accendeva con un fiammifero. Poche boccate di fumo, il vento la faceva consumare così velocemente… Proprio come alcune persone. C’è chi decide di fumarti velocemente, d’altro canto c’è chi decide di lasciarti consumare lentamente, macerando in un incandescente dolore senza fine.

Perché sei qui?” le aveva chiesto un’atona seppur sensuale voce di velluto. Lei in tutta risposta aveva sollevato di scatto la testa, mentre gli occhi si sbarravano e la sigaretta le scivolava dalle labbra ferite, toccando terra di punta in mille scintille. Rotolando sul terrazzo. Sospinta da vento e sabbia color beige.

Ma a volte la sabbia si macchia di sangue, no, più precisamente l’assorbe, facendolo raggrumare.

Gli occhi sgranati a guardare la figura che si stagliava potente tra lei e il sole. L’essere che aveva di fronte si mosse nella sua direzione. Puro terrore che s’insinua nelle vene. L’aveva trovata.

 

Continua…

 

 

Nashiko: Allora, che ve ne pare? Vorrei davvero sapere cosa va ne pare… E’ la prima che pubblico e vorrei sapere la vostra opinione! Spero di non ricevere troppi insulti… XD In ogni caso aggiornerò molto, ma molto spesso!

Colgo l’occasione per ringraziare di cuore Vitani, per il suo immenso supporto morale! ^_^ Poi, ovviamente, tutti coloro che si sono dati la pena di leggere questo primo capitolo.

Che altro dire…? A prestissimo!

 

  
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