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Autore: The Mad Tinhatter    22/08/2007    3 recensioni
Lui, l'unico che è riuscito a capirla.
Lei, l'unica che è riuscita a volergli bene per ciò che è veramente.
Per capire che, alla fine, anche loro sono parte del mondo....
La storia è ambientata durante il sesto anno... anche se, come noterete, ci saranno alcune sostanziali modifiche rispetto alla storia originale... leggete e commentate!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Cap. 2: A Wish to Change... and play!

Quattro di pomeriggio. Le lezioni erano finite per tutti. Neville camminava per il parco della scuola. Era vicino al lago. Luna era seduta su una roccia, un po’ più in là. Leggeva qualcosa, ma non sembrava una copia del Cavillo. Piuttosto, pareva un libro di scuola. Era l’immagine della tranquillità. Sorrideva beata, come se stesse leggendo un bellissimo libro. Era totalmente immersa nel suo mondo, come sempre.

Poi, le si avvicinarono due ragazzi, probabilmente due Serpeverde. Neville, da quella distanza, non riuscì a sentire cosa le stessero dicendo. Ma poteva immaginarselo.

Luna reagì dicendo loro qualcosa, poi li guardò torva, e tornò al suo libro.

I due ragazzi se ne andarono ridendo. Lei li seguì con lo sguardo. L’espressione del suo viso era cambiata. Poi, a un tratto, sotterrò il suo volto tra le sue mani. Neville le si avvicinò, molto lentamente, e capì cosa stesse facendo.

Stava piangendo.

Neville continuò ad avvicinarsi. Non sapeva cosa fare. Gli sembrava strano sedersi accanto a lei e consolarla. Era una situazione così strana… lei, solitamente così incurante dei commenti altrui, stava piangendo. Ma, allo stesso tempo, non poteva lasciarla così.

Il ragazzo si sedette sulla roccia, accanto a lei. Un po’ tremante, un po’ insicuro, le cinse le spalle con un braccio.

Luna alzò il viso, e tirò su col naso.

- Luna… tutto bene? – domandò il ragazzo.

- Scusa… non è niente….

- Non è vero.

- è che… speravo che cambiasse qualcosa….

- Come?

- Tutto quello che è successo al Ministero… tutto quello che abbiamo passato… speravo che cambiasse qualcosa….

- Non preoccuparti, Luna….

- No, non posso… non vedi cosa sta succedendo?

Luna, quella con la testa sempre tra le nuvole, che invitava lui a capire cosa stesse succedendo? E forse aveva anche ragione, visto che lui si ritrovò a rispondere: - Cosa?

- Noi abbiamo combattuto come gli altri. Come Ron, come Hermione, come Harry. Ma allora, perché sono sempre loro a beccarsi il merito di tutto? Perché loro vengono trattati da star, e noi restiamo sempre gli stessi, agli occhi della gente?

- Ascolta, se sono quei due Serpeverde….

- No. Non sono solo loro. È tutta la scuola. Pensaci bene… non ho ragione?

Neville ci pensò. E giunse alla risposta. Lottava per non pronunciare la parola, ma tutto fu vano.

- Si, hai ragione.

- Visto?

- Ma tu… non puoi… insomma… fare qualcosa?

Non sapeva come dirglielo. C’erano tante di quelle cose in lei che gli altri non accettavano, che avrebbe potuto farle un elenco lunghissimo. Ma, fortunatamente, aveva capito cosa voleva dire.

- No, Neville… non posso. Vedi, ognuno di noi ha due facce da mostrare al mondo. Una rappresenta chi sei, l’altra ciò che il mondo vuole che tu sia. Ogni tanto qualcuno mostra al mondo chi è, ma la maggior parte delle volte la gente mostra delle semplici maschere. Forse perché il mondo potrebbe avere paura, chissà… comunque, io penso che costruirsi una maschera sia difficile, non saprei nemmeno da dove cominciare… quindi preferisco mostrare chi sono… è più semplice!

Il suo pianto si era ormai calmato, anche se il braccio di Neville le cingeva ancora le spalle.

Intanto, il ragazzo la guardava, stupito.

- Puoi provarci anche tu, a togliere la maschera – disse Luna.

- Ma io… io non ho una maschera!

- Lo dicono tutti. Ma non preoccuparti. Non sarai solo in quest’impresa. Ti aiuterò io.

- Ma io… non….

- Oh, non ti preoccupare… tu sei una di quelle persone quasi vere. Sai, mi piaci già così. Devi solo liberarti, divertirti. Penso che in questo periodo ne abbiamo bisogno un po’ tutti.

Neville sorrise. Quello che diceva Luna era vero. Anche se non sapeva nemmeno da dove cominciare.

Intanto, la ragazza stava continuando a parlare.

- Sai, dobbiamo tutti riuscire a ridere. Ridere tanto da avere il mal di pancia e non riuscire a respirare. E per questo, so cosa ci vuole.

Luna si alzò. Senza che nemmeno lui potesse dire una parola, gli prese la mano, e cominciò a correre. Andava così veloce che Neville faticò a tenere il passo.

Stavano correndo lontano, lontani da tutto. Quando Luna si fermò, erano vicini alla montagna su cui si ergeva la scuola, ma non si poteva vedere un solo studente in giro.

Neville si guardò intorno. Davanti a loro stava una distesa di strane piante. Avevano un lungo stelo sottile, su cui stavano dei piccoli bozzoli verdi. Era molto simile ad una spiga di grano.

- Beh… cosa ci dovremmo fare, con queste? – domandò Neville.

- Si vede che non ci hai mai giocato – disse Luna, poi prese tra pollice e indice uno degli steli, proprio alla base, e tirò su la mano. Ora lo spazio tra pollice e indice era pieno dei bozzoli, che avevano un’estremità a punta.

- E ora… - disse Luna – uno… due… tre!

Scagliò i bozzoli in avanti, verso Neville. I bozzoli si attaccarono alla tunica del ragazzo. Luna rise.

- Ehi… ma che fai? – disse Neville, cercando di scrollarsi via i bozzoli.

- è questo il gioco… dobbiamo lanciarci addosso queste cose, e cercare di evitarle. Non preoccuparti, ricrescono dopo poco tempo.

Allora anche Neville prese un mazzetto di bozzoli, e li lanciò contro la ragazza. E cominciarono a correre. E a lanciarsi i bozzoli. E a ridere, ridere come non mai. Ridere da far male la pancia, da lacrimare, da restare piegati in due. Erano pieni di bozzoli dappertutto: tunica, maglietta, pantaloni, gonna, capelli… eppure non se ne curarono.

Smisero di giocare solo quando si accorsero che stava cominciando a piovere. La leggera pioggerellina si trasformò dopo qualche minuto in un acquazzone, così ritornarono al castello ridendo come matti, pieni di bozzoli e bagnati come pulcini.

Non appena entrarono nell’ingresso, Luna scrollò la testa come un cagnolino per scrollare via l’acqua. Come rialzò la testa, era incredibilmente spettinata.

- Vabbè – disse, tirando fuori dalla borsa la bacchetta e fermandosi i capelli in una crocchia – almeno così staranno fermi!

- Ma… la bacchetta?

- Non preoccuparti, non mi è mai successo niente….

- Meno male. Comunque, grazie ancora!

- Di cosa, Neville? Semmai dovrei essere io a ringraziare te….

- Perché?

- Perché non potevo andare avanti a lanciarmi bozzoli da sola… stava cominciando a diventare noioso.

- Oh – fece il ragazzo, incapace di rispondere in altra maniera.

- Mi sa che si è fatto tardi… torno in dormitorio – fece Luna.

- Vuoi che ti accompagni? – rispose Neville, tanto prontamente da stupire sé stesso.

- Grazie, anche se la strada per il dormitorio la conosco e non penso che ci siano Grugnocorti in agguato dietro le statue!

- Allora, andiamo?

- Va bene. Seguimi.

Neville la seguì fino al suo dormitorio. Giunti davanti al ritratto di Corvonero, Luna disse: - Beh, allora, ci vediamo a cena….

- Quindi, tra circa un’ora.

- Ecco. Dai, a dopo… - disse lei, scomparendo dietro il ritratto.

Neville salì verso il dormitorio di Grifondoro. Come entrò, vide Hermione seduta al tavolo, che stava studiando. Non appena lo vide, disse: - Neville… che hai fatto?

- Perché?

- Sei tutto bagnato. E hai delle strane cose verdi attaccate ai vestiti. Dov’eri?

- Oh… io… niente – rispose lui, correndo di sopra.

La stanza da letto era, fortunatamente, vuota. Si cambiò, e mise i suoi abiti ad asciugare. Poi cercò di togliersi i bozzoli dai capelli con un pettine. Dopo dieci minuti di lavoro, riuscì a toglierli tutti.

Poi scese giù nella Sala Comune, dove si trovavano Harry, Ron e Hermione. Si sedette accanto a loro, e chiacchierarono assieme. A quanto pareva, Hermione non aveva detto loro nulla di come si era presentato entrando poco prima. Per fortuna, altrimenti avrebbero insistito per sapere dove fosse andato. Cosa che non avrebbe potuto comunicare. Insomma, era così… strano… strano e divertente. L’avrebbe rifatto, se gliel’avessero chiesto.

Alle otto scesero per cena. Gli studenti avevano quasi tutti preso posto, e il cicaleccio era incredibile. Ma, ad un tratto, una voce inconfondibile si erse su tutte le altre.

- Ciao Neville! – gridò Luna dal tavolo di Corvonero, agitando vistosamente la mano sinistra in segno di saluto.

Neville diventò rosso come un peperone, e rispose agitando la mano in direzione di Luna.

Harry, Ron e Hermione si voltarono verso di lui, poi verso Luna e poi ancora verso di lui, lanciando sguardi interrogativi.

Neville si voltò verso di loro.

- Ehm… che c’è? – disse.

Hermione lo scrutò, quasi come se volesse guardargli attraverso. Forse voleva capire se ci fosse una connessione tra quel saluto e la sua tenuta di quel pomeriggio. Fece un sorrisetto, ma non disse nulla al riguardo.

Finirono di mangiare, poi salirono in dormitorio. Non appena entrarono in camera, Harry e Ron domandarono a Neville: - Come mai stasera a cena Luna ti ha salutato?

Neville si bloccò improvvisamente, facendo cadere il pigiama che aveva appena tirato fuori dal baule.

- Non… non può salutarmi? – rispose loro Neville.

- Certo, ma sembrava così entusiasta… di solito non fa così… - disse Ron – con me è un po’ fredda, non mi saluterebbe mai così!

- Forse perché tu con lei non ti comporti tanto bene… - rispose Neville.

- Ma certe cose mi vengono! Insomma… è così… strana… è impossibile non commentare! – esclamò Ron.

- Se cercaste di capirla… - disse Neville.

- Capire cosa? È… è… è pazza!

- No, io non la penso così… - gli rispose Neville, poi si cacciò sotto le coperte e si rifiutò di rispondere a tutte le altre domande.

La stava difendendo. Una cosa che, forse, il giorno prima non avrebbe fatto. Ma ora aveva capito. Aveva capito chi era. Non la svampita che aveva conosciuto all’inizio dell’anno prima. Era solo una ragazza che aveva commesso l’errore di voler essere sé stessa. Ma in fondo, era come le altre, aveva le stesse debolezze, anche se tendeva quasi sempre a nasconderle. E le voleva davvero bene, lo sentiva.

   
 
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