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Autore: DarkshielD    31/01/2013    5 recensioni
Dopo la sconfitta da parte dei Guardiani, Pitch sembra essere destinato a scomparire, dimenticato da tutti, temuto da nessuno. In effetti, al risveglio da un brutto sogno, all’arrivo dell’alba, un incubo può scomparire.
Ma la paura rimane. E spesso, troppo spesso, va ben oltre il timore di trovare un mostro chiuso nell’armadio o sotto il letto, pronto a ghermirci se siamo così ficcanaso da dare un’occhiata.
La paura evolve. Diventa più potente.
Talmente potente da non poter essere più definita semplice paura.
E sarà allora che toccherà ai Guardiani tornare in azione.
Genere: Angst, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nuovo personaggio, Pitch
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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XI: Echi

 

 

Vi invito a ballare

Sulla mia tomba.

*

Nei quattro giorni seguenti la distruzione della dimora del Re degli Incubi, Crysis era riuscita a spezzare altri due sigilli.

Gli incantesimi che imprigionavano gli Incubi Grigi nelle loro antiche gabbie richiesero molta energia a Discordia, energia ampiamente ripagata dalle Creature che liberava.

Una volta svincolati dal loro giogo, quegli esseri diventavano un tutt’uno con Discordia, donandole la loro forza, i loro poteri, le loro conoscenze e i loro ricordi.

Ricordi di prigionia.

Una prigionia secolare, a volte millenaria.

E gridavano. La donna sentiva le loro voci lamentose sospirare, sussurrare, a volte urlare, incessanti come le onde del mare.

Gridavano di rabbia e di odio.

Volevano annientare tutto ciò che si sarebbe parato sul loro cammino.

Discordia sapeva che c’erano migliaia di quei sigilli, sparsi per tutto il territorio un tempo occupato dagli antichi regni dell’Età dell’Oro.

Le costellazioni e i pianeti che poteva osservare da quel minuscolo granello di sabbia che era la Terra erano solo una piccola parte di quegli immensi territori. Quante Creature senza Nome dormivano, intrappolate nei sigilli di Pitch? Quanti di quei prigionieri aspettavano il giorno in cui la loro gabbia sarebbe stata finalmente aperta, per poter divorare tutto ciò che si trovava al suo esterno?

Discordia non lo sapeva, ma non le importava. Prima o poi, li avrebbe liberati tutti. Li avrebbe lasciati fare, gli avrebbe permesso di trascinare il tutto nel niente.

Gli Incubi di Pitch le avevano definite Creature Senza Nome, ma Crysis si era presto resa conto che non poteva esserci definizione più sbagliata.

Quegli esseri un nome ce l’avevano. Anzi, ne avevano molti.

Il nome era l’ultima traccia della loro passata esistenza. Perché loro erano stati qualcosa prima di tramutarsi in ciò che erano attualmente. Avevano avuto una vita, un identità, avevano fatto delle scelte.

Avevano avuto un’anima. Anima che col tempo si era persa, lasciandosi dietro tutto il resto.

E, sopra a tutto ciò che era rimasto, avevano lasciato che le loro emozioni continuassero a vagare.

Ed erano emozioni estreme, più durature e più potenti di qualsiasi Incantesimo. Emozioni negative, rimaste a marcire sulla terra, a vagare senza meta, infettando con la loro energia tutto ciò che incontravano.

Ecco cos’erano quegli esseri.

Erano energia negativa.

Anche gli Incubi di Pitch erano fatti di emozioni. Emozioni anch’esse negative, originariamente nate per artigliare come un arpione chi le provava e trascinarlo verso la luce, rendendolo incapace di sopportare l’oscurità che lo minacciava. La Paura del Re degli Incubi era nata come un sentimento costruttivo.

Ma, per qualche ragione, quella paura positiva aveva cominciato lentamente a marcire, contaminata dall’odio.

E ciò che era nato per spingere verso la vita, si era trasformato in un artiglio the trascina verso la morte.

Un artiglio che bloccava sul posto, impedendo ogni fuga, occludendo ogni via d’uscita.

Non lasciando scampo.

Per questo gli Incubi avevano abbandonato il loro Re, ed erano venuti da lei. Il marcio dentro di loro aveva fiutato uno spirito più affine, qualcuno capace di renderli completi.

Capace di tingerli dell’Oscurità più totale, quando ancora oscillavano tra buio e luce.

Gli Incubi di Pitch le avevano riferito la posizione del quarto sigillo. Si trovava lontano da lì, nel nord dell’Inghilterra.

Discordia si era affrettata a raggiungere il luogo esatto, ansiosa di liberare un'altra Creatura.

Gli Incubi l’avevano guidata fin nei pressi di una foresta. Era una zona selvaggia, senza la più vaga traccia di civiltà, eccezion fatta per un antico castello in rovina, il cui profilo diroccato si stagliava su una collina, in lontananza, simile ad un dente spezzato.

Crysis inspirò l’aria gelida e pungente e osservò attentamente i grandi alberi che si stagliavano di fronte a lei.

Erano altissimi, perlopiù conifere, e i loro rami, vestiti del candore della neve, erano talmente fitti da impedire il passaggio dei raggi solari.

Quel giorno, tuttavia, non c’era nessuna luce da oscurare. Il cielo era grigio, percorso com’era da grandi, scure nubi temporalesche che minacciavano tempesta imminente. Il vento era gelido, e  soffiava forte.

Oltre i primi alberi della foresta, imbiancati di neve e brina, c’era solo il buio.

Un buio strano, serpeggiante.

Crysis sorrise nel sentire gli Incubi dietro di lei innervosirsi, fiutando l’aria e scoprendo le lunghe zanne affilate, pronti ad attaccare. Anche lei lo sentiva.

C’era qualcosa, oltre quegli alberi. Qualcosa che sembrava sfidare la Regina a compiere un altro passo, a violare il territorio delle ombre. Una sfida che Discordia non temeva di accettare.

Avanzò a passo rapido, guidata dagli Incubi. Il terreno sotto i suoi piedi era nero e un po’ molle, formato da ramoscelli secchi e foglie marce. La neve non arrivava fin laggiù: rimaneva sugli alberi, bloccata dai fitti rami.

Il silenzio era pressoché totale, appena rotto dal suono dei suoi passi e dai deboli, rochi sospiri emessi dagli Incubi Grigi. La luce che arrivava fin lì, sfidando metri e metri di fitti rami spinosi era talmente scarsa da dare a quel luogo un’aria onirica, surreale, accentuata dalla presenza di un vago pulviscolo formato da qualcosa che sembrava polline, che danzava lenta a pochi centimetri da terra.

Tutto aveva un’aria familiare.

Crysis continuò a scrutare quei tronchi, quel terreno marcio, quell’oscurità, impensierita. Non era mai stata lì, lo sapeva. Non amava molto le foreste. Aveva sempre preferito vivere in mezzo agli umani, per nutrirsi del loro odio, per vederli agitarsi disperatamente come formichine, lasciando scorrere via le loro brevi vite.

In mezzo agli alberi, circondata da quelle forme di vita così antiche e così inerti, si sentiva… sola.

Come se qualcuno, tanto tempo fa, l’avesse abbandonata lì, lasciandola al suo destino.

Distolse lo sguardo, scacciando via quei pensieri, e lo volse davanti a sé.

Gli Incubi non la guidarono molto lontano.

Discordia sentì che erano arrivati alla loro meta quando notò che la luce proveniente dall’esterno era scomparsa pressoché del tutto, lasciando solo qualche vaga colonna qui e là, prossima ad essere inghiottita dalle tenebre. A illuminare il luogo erano rimasti gli occhi degli Incubi, il cui fioco chiarore rossastro aveva distorto l'aria del luogo, donandole le soffocanti tonalità dell’incubo.

Con quale coraggio violi il mio regno, creatura immortale…?

Crysis voltò lentamente la testa, seguendo con gli occhi un punto preciso nell’oscurità, sentendo i suoi Incubi innervosirsi e sibilare, pronti ad attaccare al primo ordine.

Discordia non vedeva al buio. Poteva soltanto percepire. Il suo sguardo seguiva ciò che sentiva nascondersi nell’ombra, e il suo udito si concentrò su quella voce, che sembrava provenire da più parti, come sciolta nell’oscurità.

All’improvviso, qualcosa si mosse dietro di lei. Crysis si voltò.

Un enorme serpente piumato, alto quasi come gli alberi circostanti e nero come la notte si srotolò, ergendosi di fronte a lei e, dondolando appena la bella testa, fissò la donna con tre paia di lucenti occhi color oro, percorsi da sbiadite pupille verticali.

Era cieco.

Sei venuta perché desideri scomparire del tutto, immortale? Anche la voce del mostro aveva preso consistenza, trasformandosi in un basso sibilo minaccioso.

Discordia sorrise appena alla minaccia, lo sguardo fisso su quello vacuo della creatura. Quel serpente era il guardiano del sigillo che stava cercando. E non era un Incubo comune.

 Crysis l’aveva scoperto quando aveva spezzato il secondo sigillo: ne aveva approfittato per corrompere l’essere che lo custodiva, per trasformarlo in uno dei suoi seguaci. 

Non ci era riuscita.

Quell’Incubo si era limitato a contorcersi avvelenato dal suo potere, agonizzante, e scomparire trasformato in fumo che si era disperso nella notte. L’evento aveva lasciato Crysis confusa, ma i suoi dubbi vennero presto dissipati.

Quello era un frammento dell’antico potere di Pitch, della sua essenza.

Un potere che, come lui, non poteva essere corrotto, né domato.

Poteva solo essere ucciso.

Per Crysis era davvero un peccato non poter avere creature simili sotto il suo comando, ma non le importava.

Quei frammenti erano consumati da secoli di guardia, sgretolati pezzo per pezzo dal potere dei sigilli che custodivano. Non avevano più forza per combattere.

- Qual è il nome del tuo prigioniero, guardiano? – chiese Discordia, rivolta al serpente. La creatura ondeggiò ancora, poi si piegò a sinistra, e scivolò più vicino alla donna.

Essa non ha più nome disse, con la sua bassa voce sibilante, ha corrotto molte anime nel corso della sua esistenza, e continua a farlo…  il suo nome e quello delle sue vittime.

Il serpente si raccolse, continuando a fiutare l’aria con la lunga lingua biforcuta, gli occhi ciechi fissi su Discordia.

Dimmi immortale… tu ce l’hai un nome?... sibilò piano. Crysis sorrise.

Gli Incubi dietro di lei scalpitavano.

Con un guizzo appena visibile il serpente scattò, spalancando le grandi fauci pronte ad ingoiare la donna, ma l’unica cosa che riuscirono ad azzannare fu un leggero fumo color cenere.

Il serpente piumato non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi. L’unica cosa che sentì fu un leggero peso posarsi sulla sua spina dorsale, seguito da un dolore acuto, atroce, che gli attraversò la nuca fino a perforargli la gola, simile alla punta di una lancia.

La creatura emise un sibilo acuto e spalancò le fauci, agonizzante. Crysis fece in tempo ad estrarre la lunga spada di cristallo nero dal suo cranio e saltare giù che il serpente prese ad agitarsi, dissolvendosi, trascinato via da un leggero, gelido vento che aveva preso a spirare fra gli alberi.

Discordia non sentiva nessun’altra presenza.

Gli Incubi, rimasti immobili dopo il suo silenzioso ordine di non intervenire, si stavano calmando. Non c’era nient’altro lì.

Peccato.

Uno di essi si mosse e si avvicinò a Crysis, annusandole con fare affettuoso la mano, e la guidò verso il sigillo. Era un albero, a pochi passi da lì.

Era una quercia vecchissima, e sembrava che il gelo, il buio e il tempo l’avessero pietrificata. Sul largo, rugoso tronco era incisa una lunga serie di luminosi glifi rossastri, che si muovevano lentamente. L’intorno, immerso in un buio pressoché totale, non era altro che terra spoglia ed indurita dal gelo, morta.

Discordia si avvicinò, e tese una mano, aspettandosi di sentire le grida di pietà della creatura rimbombare nella sua testa, e la sua fame risucchiare le sue energie.

Si sentiva tremare.

All’improvviso qualcosa, simile a una moltitudine di lunghi, invisibili nastri di seta strisciò sui suoi polsi e sulle sue caviglie, stringendoli in una morsa stritolatrice, bloccandola sul posto. Discordia sentì qualcosa di morbido e gelido come il ghiaccio percorrerle la schiena, causandole un brivido.

Infine, altri nastri le accarezzarono il collo, per poi avvinghiarvisi con forza, soffocandola.

Poi, una voce parlò. Una voce profonda, maschile.

Non è una maledizione…

Arrivava da ovunque. Echeggiava fra gli alberi, ripetuta dall’eco, suonava lontanissima e contemporaneamente gridava nella sua testa.

Non è una maledizione, è qualcosa che hai richiamato tu.

Suonava distorta, familiare, come l’ombra di un ricordo rimosso.

Eppure Crysis non la riconosceva.

- Cosa…? – non respirava. Tentò di sottrarsi alla stretta, ma non ci riuscì. La sua forza aumentava lentamente, strangolando la giovane.

Poi, all’improvviso, sentì freddo.

Ci hai creduto con l’anima… l’hai inseguito con tutte le tue forze. L’hai desiderato.

Le si gelò il sangue. Era un gelo fisico, palpabile.

Era ghiaccio liquido che si propagava nelle vene, partendo dalle funi invisibili che la immobilizzavano, e si diffondeva sottraendo vita e calore, sostituendoli con il freddo marcio della cancrena. Poi, all’improvviso, un sentimento la invase.

Paura.

Terrore. Così intenso, così assoluto da non essere il suo.

Spalancò gli occhi appannati, fissi sul sigillo. Nonostante la vista offuscata dalla mancanza di ossigeno, vide qualcosa.

Una grande mano spettrale, dalle lunghe dita magre, appena visibile, emerse dal tronco, tesa verso Discordia.

Come se volesse trascinarla con lei, nella sua prigione.

La donna tentò di usare il suo potere, ma non servì a nulla. La creatura imprigionata nel sigillo non allentò la sua stretta mortale, anzi. Come un guinzaglio, la forza che strangolava Crysis la tirò in basso, a terra, costringendola in ginocchio.  Sentì gli incubi sibilare dietro di lei, azzardare qualche passo, nervosi. Fiutavano la sua paura.

- No… - Discordia, alla vista della mano che si avvicinava si tirò indietro. Cercò nuovamente di liberarsi con il suo potere.

Non cercare i colpevoli…

Nessuno dei suoi tentativi sortì alcun effetto.

- …Basta… -

Non cercare i mostri…

Sentì quel ghiaccio liquido percorrerle i polmoni, ghiacciandole il respiro. Le toccò il cuore, pungendolo come la lama di una spada. Pronta a porre fine a quel battito frenetico.

…Urleresti di orrore nel guardarti allo specchio!

- FA’ SILENZIO! – Crysis urlò quelle due parole con quanto fiato aveva in gola, sentendo il panico raggiungere l’apice.

Esattamente com’era iniziato, tutto finì.

I nastri si sciolsero di colpo, contemporaneamente, come se qualcuno li avesse tagliati. Anche la mano spettrale svanì, come un’allucinazione.

Il sigillo prese a brillare.

Crysis rimase a terra, in ginocchio, la testa ed i gomiti a contatto col terreno duro, gli occhi chiusi, nel disperato tentativo di riprendere fiato, e soprattutto di calmarsi. Di scacciare quella paura che non le apparteneva.

Sentiva la presenza degli Incubi attorno a lei. L’avevano circondata, frementi, fiutando quella paura che si stava lentamente dissolvendo, scalpitando nell’attesa di assalirla al primo segno di debolezza.

Crysis sapeva di non poter scoprire il fianco. In fondo, erano Incubi. Era nella loro natura nutrirsi di paura, dilaniare l’animo di chi la provava, fino a non lasciarne che tracce. Ed era una caratteristica che non poteva né voleva cambiare.

Inspirò piano, ancora tremante, sentendo finalmente il cuore rallentare i battiti. Alzò lo sguardo verso il sigillo.

Il bagliore rossastro emesso dai glifi magici incisi sul tronco era aumentato, illuminando una zona più ampia della radura, scacciando un po’ dell’oscurità quasi assoluta che regnava in quel luogo.

Crysis si alzò, senza staccare lo sguardo da quello spettacolo inatteso.

Alla luce si era aggiunto una strano sibilo, che era aumentato di intensità, trasformandosi, fino a diventare un urlo inumano.

Crysis indietreggiò, senza riuscire a staccare lo sguardo da quella luce, che si era fatta accecante. Quella voce, quel grido le suonavano familiari.

…Perché?

All’improvviso, il sigillo parve esplodere.

- AH! - Discordia, accecata, si coprì gli occhi col braccio ed indietreggiò di qualche passo. Cosa stava succedendo? Si chiese. La creatura che aveva appena tentato di liberare non solo le aveva opposto resistenza, ma aveva addirittura tentato di ucciderla.

Anzi… aveva tentato di trascinarla con sé. Di intrappolarla.

Perché?...

Un forte vento prese a spirare nella foresta, e avvolse la grande quercia pietrificata in un turbinio di neve e foglie secche, come a voler proteggere il sigillo e la creatura ivi intrappolata, tenerli lontani da Discordia.

Crysis si allontanò di qualche altro passo, il braccio ancora alzato, troppo sconcertata dallo spettacolo che le si era formato davanti.

All’improvviso, la luce dei glifi magici venne risucchiata dalle venature del tronco, e corse verso i rami, concentrandosi lì, dando forma a qualcosa che sembrava una figura umana fatta di luce rossastra.

Con un altro grido, l’essere prese il volo, verso il cielo, rapido come la freccia di una balestra, e sparì lasciandosi dietro soltanto l’eco della sua voce e il suono del vento.

Poi, più nulla.

Il vento tacque e rallentò, lasciando cadere la neve e le foglie che si era trascinato dietro nella sua corsa, e riportando così la calma e il silenzio fra gli alberi.

Crysis, ancora semiaccecata dall’intensa luce, abbassò lo sguardo verso l’albero su cui era stato impresso il sigillo.

Sul tronco pietrificato non era rimasto nulla, a parte una lunga serie di segni carbonizzati, illeggibili.

Era scomparso.

Il sigillo, la creatura… perfino la magia che permeava quel luogo e lo rendeva così inquietante.

Era scomparso tutto, portato via da quella strana luce.

Che significa…?

Discordia si avvicinò piano alla grande quercia, fino a sfiorarne il tronco con una mano.

Era freddo, vuoto, morto. Come se quell’antico albero non avesse mai custodito niente dentro di sé.

Discordia si chiese se quello non fosse stato per caso uno degli scherzi di Pitch, o forse un inganno degli Incubi. La prima ipotesi era probabile. La seconda molto meno: gli Incubi erano creature troppo primitive per poter manipolare la magia di loro volontà. Potevano farlo soltanto per ordine di un padrone.

E la padrona degli Incubi era Crysis.

Con la mano ancora poggiata sul tronco, Discordia si concentrò su quel che era successo pochi istanti prima che il sigillo scomparisse.

Quelle strane funi, su cui il potere dell’Odio non aveva avuto effetto.

Quella spettrale mano tesa, bramosa di trascinarla con sé.

Quella voce.

La paura provata. Quella paura, che non sentiva come sua.

E, ancor prima, quella sensazione tanto aliena. Discordia alzò lo sguardo verso gli altri alberi, osservandoli con attenzione, desiderosa di ricevere risposta ad una domanda che non sapeva formulare.

È come se fossi già stata qui.

Era fastidioso.

La sensazione di aver dimenticato qualcosa, e di non poter dire cosa.

Crysis abbassò lo sguardo a terra, pensierosa. Non le piaceva.

Ma, in fondo, non importava.

Se l’aveva dimenticato, significava che non era fondamentale come sembrava. Ciò che realmente importava in quel momento era ciò che era appena avvenuto.

Il sigillo era letteralmente sparito, senza lasciare traccia. Qualunque creatura vi fosse intrappolata, non ha gradito l’idea di poter riassaporare la libertà.

Perché?

Non riusciva a spiegarselo, ma avrebbe ottenuto delle risposte soddisfacenti molto presto, di questo ne era certa.

Non poteva certo distrarsi.

Aveva già tre Creature Senza Nome sotto il suo comando, e aveva piani per loro.

Piani che sarebbero andati in porto molto presto.

 

 

 

-+-

*Si ri-butta sotto la scrivania* orrificoquestocapitoloéorrifico.

Geh, mi dispiace per questo cap. Non è bello come volevo che fosse, e poi c’è solo Crysis. Tra parentesi, sembra che Discordia si sia dimenticata di qualcosa. O è solo una sua impressione? Chissà. Forse lo scopriremo. E dico forse perché mi conosco, e so che niente di quel che progetto di fare va come voglio. XD

Comunque, rallegratevi: nel prossimo capitolo rivedrete i nostri cari Guardiani. E Pitch (non ho finito di torturarlo, no no). E ci sarà anche June <3

Ok, ho finito. VI AMO, MA SUL SERIOOOOOO <3<3<3 *scappa*

  
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