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Autore: namary    31/01/2013    6 recensioni
Lysa è una strega, e come lei molte altre donne. Loro sono Sorelle, devote alla Luna. Tutto cambia il giorno in cui Sandra sogna un lupo con tre occhi: due occhi da belva, e un terzo tra le sopracciglia, rosso. Un antico nemico si è risvegliato, e ora vuole vendetta...
Da più di un’ora ormai Lysa continuava a rileggere sempre lo stesso paragrafo, torcendosi tra le mani una ciocca di capelli, ma non riusciva affatto a proseguire.
I suoi pensieri la portavano inevitabilmente a rivivere gli eventi degli ultimi giorni, che l’avevano scossa nel profondo. Per la prima volta da quando praticava la magia, Lysa aveva paura.
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Istinto di sangue



Lysa stava seduta davanti allo scrittoio, cercando di concentrarsi sul vecchio libro di magia. La luce fioca del grande lampadario rendeva l’atmosfera sonnolenta e il breve  rintocco dell’orologio a pendolo era l’unico suono che spezzava quel monotono silenzio. 
Da più di un’ora ormai Lysa continuava a rileggere sempre lo stesso paragrafo, torcendosi tra le mani una ciocca di capelli, ma non riusciva affatto a proseguire.
I suoi pensieri la portavano inevitabilmente a rivivere gli eventi degli ultimi giorni, che l’avevano scossa nel profondo. Per la prima volta da quando praticava la magia, Lysa aveva paura.
In due sole settimane, la sua vita era cambiata. 
Sembrava che tutto stesse precipitando in fretta, troppo in fretta, come una frana che acquista velocità in caduta.
Domenica sera Sandra l’aveva chiamata, poco prima delle undici. Al telefono la sua voce era tesa, agitata, come se avesse paura che qualcuno l’ascoltasse. 
“Ciao Lysa, scusami se ti chiamo a quest’ora, dovrei chiederti un grosso favore… ho urgente bisogno di parlare a tutte, a te e alle altre, non è che possiamo trovarci a casa tua per un po’? Ci ho riflettuto tutto il giorno, non te lo chiederei se non fosse importante”
All’inizio era rimasta un po’ perplessa. 
Era molto tardi, e il giorno dopo gran parte di loro avrebbe dovuto andare chi a scuola, chi a lavoro… che bisogno c’era di incontrarsi subito? Non si poteva aspettare qualche ora in più?
Poi alla fine aveva ceduto. Il vecchio Ernesto sicuramente dormiva già della grossa, per cui nessuno le avrebbe sentite arrivare e andarsene. E lei notoriamente stava alzata fino a tardi. Un’ora in più non le avrebbe fatto poi molta differenza. 
Così, nel giro di un quarto d’ora una quindicina di streghe si erano accomodate in salotto, compresa Rebecca, la loro Madre.
Dopo aver offerto un po’ di te, fu proprio Rebecca a parlare, chiaramente seccata:
“Sandra, spero tu abbia un valido motivo per averci chiamate a quest’ora. Sai che domattina devo andare in trasferta a Torino, e devo comunque accompagnare i miei bambini a scuola”
Ma le parole di Sandra erano gravi, e non impiegarono molto tempo per capirlo. Lei aveva il dono della Vista, e la Dea le aveva inviato un potente e oscuro messaggio.
Una sera prima, aveva visto nel cielo la luna bianca e luminosa diventare improvvisamente d’un rosso cupo e intenso. Poi, le nuvole si erano alzate e l’avevano coperta del tutto. Inoltre, quella notte stessa aveva sognato un lupo nero.
Non era un lupo qualunque: aveva tre occhi, di cui l'ultimo al centro della fronte, color rosso sangue.
Tutte erano impallidite, proprio perché il messaggio sembrava piuttosto chiaro.
Un’antica setta di potenti stregoni portava come simbolo il lupo dai tre occhi, ma erano scomparsi circa duecento anni fa, respinti da una strega di nome Ilda e dalle sue Sorelle. Di loro, si sapeva soltanto che erano abilissimi mutaforma, sanguinari e spietati. La Dea era loro nemica giurata fin dai tempi antichi.
Avevano discusso per un’ora abbondante: era ormai mezzanotte e mezza quando avevano decretato che non c’era nulla da fare se non aspettare e vedere cosa sarebbe successo. Inoltre, Rebecca aveva imposto di mettere uno o più sigilli di protezione sulle case, come unica precauzione.
Si erano lasciate con il cuore pesante, e quella sera Lysa aveva preso sonno a fatica, turbata da quel presagio. Sapeva che Sandra raramente sbagliava, ma pregò che per una volta non accadesse nulla di male a lei e alle sue Sorelle.
Purtroppo, non era andata così. Solo due giorni più tardi, Flora era scomparsa appena uscita da scuola, e non era più tornata a casa. I genitori, disperati, si erano rivolti a tutti quelli che la conoscevano, mobilitando anche la stampa locale, nella speranza di ritrovarla. 
Lei era la più giovane del gruppo, appena 17 anni. Era entrata a far parte da poco della cerchia delle iniziate, e spesso si era rivolta a Lysa per qualche consiglio. Ultimamente avevano trascorso insieme diversi pomeriggi, e anche se non si conoscevano da molto, stavano stringendo un legame profondo.
Proprio per questo Lysa aveva sofferto più delle altre, sentendosi in colpa per non aver saputo proteggerla.
La polizia aveva ritrovato il suo corpo vicino a un fossato, tre giorni dopo la sua scomparsa, il venerdì successivo alla riunione. Il suo corpo era stato orribilmente sfigurato da quelli che sembravano artigli. Il braccio destro, così come gli intestini, erano stati maciullati da numerosi morsi, e quel che era peggio, l’autopsia aveva rilevato segni evidenti di violenza sessuale.
Tutte loro avevano partecipato con evidente commozione al funerale di Flora, anche se solo alcune, tra cui Lysa, si erano avvicinate ai genitori per porgere le condoglianze. Tutte loro infatti erano tenute al segreto, sia riguardo l’identità delle Sorelle, sia sulla natura dei loro incontri.
Ma Lysa non aveva saputo darsi pace. La rabbia stava lentamente crescendo dentro di lei, e il pensiero che una qualsiasi delle sue Sorelle avrebbe potuto essere uccisa in qualunque momento era un tarlo che non l’abbandonava.
Non c’erano più state riunioni dopo quella di domenica, nessuna di loro si azzardava più ad uscire di sera, e tutte stavano bene attente a nascondere le loro abilità magiche.
Lysa non aveva mai temuto né il buio né la solitudine, ma ora i saloni vuoti della sua casa le sembravano tristi e quanto mai sinistri. Solo la presenza di suo nonno Ernesto riusciva a lenire il vuoto che provava, anche se non era mai stato molto affettuoso con lei.
Poi, la domenica successiva, aveva trovato il coraggio dentro di sé ed era andata sul luogo del delitto. Voleva vedere, voleva capire. 
Una volta sul posto, aveva visto le tracce di sangue che ancora lordavano il terreno, circondate da fiori e messaggi di affetto, e si era sentita stringere lo stomaco. 
D’istinto, aveva deciso. Avrebbe usato la magia.
Concentrandosi, la familiare sensazione di calore mista a formicolio le aveva pervaso il corpo, aveva aperto gli occhi e aveva visto.
Tracce inconfondibili di magia erano sospese nell’aria come deboli filamenti di cotone, come una ragnatela leggera che l’avrebbe condotta dall’insetto che aveva osato violare Flora. Aveva seguito la pista con lo sguardo per diversi chilometri, utilizzando tutta l’energia necessaria, finché non l’aveva vista terminare nei pressi di una piccola abitazione abbandonata nella campagna.
Con la determinazione che le era sempre stata propria, Lysa aveva voluto proseguire nelle sue indagini. Il giorno dopo si era nuovamente armata di coraggio e trasformandosi in un falco si era librata al di sopra della città, ripercorrendo in breve tempo la pista che aveva seguito mentalmente.
Appollaiata sul tetto diroccato, aveva notato senza sforzo un paio di grossi cani che si stavano dividendo un cervo, uno color grigio scuro e l’altro marrone chiaro. Non erano soli però: lì vicino c’era anche un grosso ratto che se ne stava tranquillo, senza dar fastidio ai cani. Era strano… non sembrava fossero esseri umani, la magia che percepiva era debolissima.
Uno dei tre però evidentemente lo era, perché improvvisamente il cane grigio aveva alzato lo sguardo su di lei, allarmato. Lysa aveva capito all’istante di essere stata scoperta, ma non aveva neanche fatto in tempo ad allargare le ali per volare via che aveva sentito una forza sconosciuta trascinarla verso terra. 
Il cane grigio stava per piombare su di lei con le fauci aperte, pronto per ucciderla, ma lei non aveva ceduto: concentrandosi sulla sua volontà mentale, aveva ripreso il controllo del suo corpo, riuscendo a contrastare l’incantesimo. 
Lysa aveva lanciato uno stridio acuto di riscossa e seguendo l’impulso animale che la dominava, aveva piantato entrambi i suoi artigli negli occhi del cane.
Mentre quello ululava furiosamente, riprendendo le sembianze umane per il dolore, era volata a casa il più in fretta possibile, esausta nel corpo e nella mente. 
Erano passati tre giorni da quell’accaduto, e Lysa sapeva che sarebbero venuti a prenderla. 
Con un sospiro chiuse delicatamente il libro, andando ad osservare il tetro paesaggio alla finestra. La nebbia si era addensata, rendendo i profili degli alberi spogli simili a scheletri. Non ne aveva ancora parlato con nessuno, e non sapeva spiegarsi il perché della sua ritrosia. Forse le sue Sorelle avrebbero potuto essere risparmiate, o forse per tutte loro era già troppo tardi, e non lo sapevano. 
Aveva passato la giornata a studiare incantesimi, chiedendosi se ne sarebbe davvero valsa la pena. Era stato suo padre a trasmetterle il Dono, quello stesso padre che sei anni prima aveva lasciato la sua vita e quella del nonno, lasciandoli definitivamente soli. Le era rimasta la casa e la grande biblioteca, dove aveva trovato conferma alle sue domande su sé stessa e il suo potere, ancora in gran parte sconosciuto.
Si era approcciata a quel mondo con timore e meraviglia, scoprendo in sé stessa una forza che non pensava di possedere. Aveva appreso che una strega prima di tutto deve imparare a proteggere chi ama e il mondo che la circonda. Aveva imparato che l’universo non era altro che una fitta trama di energie invisibili, che come un tessuto avvolgevano e penetravano la materia, sostenendo l’equilibrio.
A strapparla da quei pensieri pensò il campanello.
Ernesto, che era seduto su una poltrona vicina al camino, fece per alzarsi.
“No nonno, vado io non ti preoccupare” 
Lysa raggiunse l’ingresso a grandi passi. 
Il cuore aveva iniziato a martellarle furiosamente nel petto. Guardò nella videata del citofono per vedere chi era, ma sembrava non ci fosse nessuno. 
Capì immediatamente, e si concentrò per evocare uno scudo di energia.
Poi, timidamente aprì la porta.
Un lupo dal folto pelo invernale e gli occhi scuri era seduto davanti all’ingresso. La guardava con espressione cupa, quasi famelica, ma se ne stava perfettamente immobile.
Si concentrò ancora un po’ e provò a inviargli un messaggio telepatico.
“Vattene, mostro”
Le rispose una voce maschile, profonda.
“Perché dovrei? Hai ferito un nostro compagno. Non hai fatto altro che peggiorare la situazione tua e delle tue… Sorelle, ma sono contento di sapere che c’è ancora una strega che ha il coraggio di affrontarci a viso aperto”
Digrignò un po’ i denti, in quello che pareva un macabro sorriso.
“Lysa, ma chi è? Non tenere la porta aperta…” disse Ernesto, sbuffando. 
“Solo una persona che ha sbagliato indirizzo, nonno”
Fece per chiudere la porta, ma il lupo fu più veloce ed entrò in casa.
Lei lo guardò, allarmata. Come aveva fatto a superare la protezione?
“Pensavi che questi trucchetti da principiante ti tenessero al sicuro?” disse lui, telepaticamente. “Adesso seguimi, senza fare domande. Non vorrai che anche tuo nonno paghi per causa tua, vero?”
Lysa sapeva di non avere scelta. Si morse il labbro, frustrata, indossò il giubbotto e senza dire nulla ad Ernesto uscì, il lupo che le faceva strada davanti. 
“Che cosa volete da me?”
“Non ti avevo detto di non fare domande?”
“Almeno a questa potresti rispondere… se sei ancora un uomo”
“Io non ne so niente… non chiederlo a me. Il mio capo mi ha chiesto di farti una visita e io ho obbedito, tutto qua”
Uscirono dal cancello e lei lo seguì attraverso la nebbia, superando il fossato e inoltrandosi in un boschetto. Il buio li circondava, e a mano a mano che avanzavano, a Lysa sembrava che il freddo e l’oscurità gli si stringessero addosso sempre di più.
“Quanto tempo ci vorrà ancora?”
Per tutta risposta il lupo ululò in direzione degli alberi, e dal sottobosco emersero una ventina di suoi compagni, tutti in forma di lupo, tranne uno. 
Con terrore, Lysa si accorse di essere circondata.
Quello che aveva conservato la sua forma umana si fece avanti, finché poté scorgerne le sembianze.
Era un uomo sulla cinquantina, vestito con abiti rozzi e una pelliccia di lupo piuttosto pacchiana gettata sulle spalle. Aveva capelli corti e una barba curata, brizzolato. Era in tutto e per tutto un uomo come gli altri, ma nei suoi occhi Lysa scorse un bagliore sinistro che la fece rabbrividire. Si chiese se sarebbe stata capace di reagire, quando sarebbe venuto il momento.
“Benvenuta, Lysa” 
Lei non rispose, studiandolo. Non voleva sprecare nessun istante.
“Ho saputo che hai ferito uno dei nostri compagni… complimenti. Riccardo è uno dei migliori di noi. Mi spiace informarti però il danno non sarà permanente”
In quel momento non riuscì più a tacere.
“Perché avete fatto questo a Flora? Lei non c’entrava nulla con voi… avreste potuto prendere qualsiasi altra ragazza, perché lei?” chiese, ricordandola con amarezza.
“Ecco una delle solite, stupide domande. Dovrei anche risponderti? E va bene… non c’è un motivo. Quello era soltanto un avvertimento”
Lysa ripensò a Flora, al suo sorriso, alla sua espressione buffa e concentrata quando imparava un nuovo incantesimo. E tutto quello per un avvertimento…
“Allora cosa volete da me?”
“Questa, mia cara, è una domanda più intelligente. Abbiamo saputo che in casa tua si nasconde un oggetto per noi molto prezioso… ne sai niente?”
Il suo cuore mancò un battito per la sorpresa.
“Cosa dovrei sapere? Non so nulla” rispose, sincera.
“Igor, Azor” disse soltanto, e due lupi ringhiando le furono addosso, stendendola a terra. Serrò gli occhi dal dolore: era atterrata malamente con la testa e il ginocchio destro pulsava, perché il polpaccio le si era piegato sotto la gamba.
Poi sentì un messaggio telepatico, la stessa voce del lupo che l’aveva accompagnata prima, solo più calma, gentile.
“Apri gli occhi”
Lei li aprì e si ritrovò a fissare i suoi, mentre sentiva una strana sensazione, quasi elettrica, provenire da lui.
“Ah, e così mi hai anche detto la verità” disse l’uomo, avvicinandosi lentamente. “Non sai proprio nulla… beh, Lysa, allora a che ci servi?”
Quello era il momento. 
Lysa se l’aspettava, perciò si era preparata. Se tanto valeva morire, allora se ne sarebbe andata soltanto dopo aver usato tutta la magia che aveva in corpo.
Aumentò la concentrazione, finché le sembrò che tutto il bosco attorno a lei trattenesse il respiro.
Poi si trasformò in una tigre.
Forte dei suoi nuovi muscoli, lanciò un ringhio terribile e si avventò contro l’uomo, azzannandogli un braccio.
Era proprio quello l’istinto del cacciatore, unito all’istinto della preda… uccidere per non essere uccisi. Lysa non avrebbe mai creduto di riuscire ad arrivare a tanto, ma in quel momento solo una cosa contava. 
Quelli erano dei pazzi, pazzi che sarebbero stati disposti a tutto pur di uccidere le sue Sorelle, pazzi che avevano stuprato e violato Flora ripetutamente, e non ci sarebbe stata più pace per lei e per le altre finché non avesse trovato il modo di far finire quelle assurde atrocità. 
Per raggiungere il suo obiettivo, anche lei avrebbe dovuto trasformarsi in un belva.
L’uomo urlò di dolore, ma lei non lasciò la presa. Anzi continuò a stringere più forte, finché non sentì in bocca il sapore proibito e invitante del sangue.
La attaccarono alle spalle, mordendola e ferendola più volte, ma lei con alcune zampate riuscì a difendersi, spedendo almeno due di loro a schiantarsi a terra.
Pensò a suo padre, a suo nonno, a Sandra e Rebecca. A sua madre, che non aveva mai conosciuto, e pensò a tutte le cose che avrebbe voluto fare nella sua vita. Era come infuriata, preda di un’estasi che non sapeva spiegarsi, e continuava a difendersi e offendere, mordendo selvaggiamente chiunque le capitasse a tiro.
Poi, inaspettatamente, qualcosa di simile a un ago la colpì al fianco.
Il dolore lancinante si diffuse a macchia d’olio nel suo corpo, insieme a un’improvvisa stanchezza. Cercò di lottare, di reagire, ma i lupi ormai erano sopra di lei e la vista le si stava offuscando.
C’era nebbia, troppa nebbia… 
Il dolore e la confusione si mescolavano nella sua mente, nei suoi polmoni, fino a sopraffarla.
Lysa si accasciò a terra, esanime. Non provava più nulla.
 
 
 
 
 
 
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Note dell'autrice: Se questa storia vi sembra vagamente priva di senso, è perché lo è. Ho sognato questa scena un paio di notti fa, e ho provato a scriverla, non sapendo cosa sarebbe venuto fuori. Probabilmente sarebbe più adatta una storia a capitoli che non una one shot, ma adesso non saprei come continuarla, per cui per il momento mi fermo qui. Se dovesse venirmi l'idea giusta per continuare, la aggiornerò! Spero vi sia piaciuta, un saluto :)
   
 
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