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Autore: i am a swaag    31/01/2013    2 recensioni
A volte sentiamo il bisogno di liberarci dal quel peso sullo stomaco, da quel pensiero che ti tormenta e ti distrugge l'anima lentamente.. Senza alcun preavviso arriva, per poi non andarsene più. Senti che ogni cosa è migliore quando, invece, il mondo ti sta crollano intorno, eppure rimane lì un pezzo di terra, quella zolla sotto di te, l'unica a non cedere.. Come se si fosse opposta al tuo volere, tu che aspettavi con ansia che cedesse e tutto finisse per sempre. Ci capita di credere che tutto sia perso, ed effettivamente è così, ed è da lì, da quel piccolo pensiero, che inizia il tormento ed il continuo soffrire ininterrotto, se non da singhiozzi che risuonano tra le pareti di un mondo vuoto. Un vuoto così pieno e silenzioso, che diventa assordante. Non siamo mai sicuri di ciò che facciamo, nemmeno quando crediamo di esserne convinti. Compiamo azioni senza renderci conto che dietro ad ognuna di esse si nasconde il più celato e profondo sentimento.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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She Scream In Silence

She Screams In Silence

A volte sentiamo il bisogno di liberarci dal quel peso sullo stomaco, da quel pensiero che ti tormenta e ti distrugge l'anima lentamente.. Senza alcun preavviso arriva, per poi non andarsene più. Senti che ogni cosa è migliore quando, invece, il mondo ti sta crollano intorno, eppure rimane lì un pezzo di terra, quella zolla sotto di te, l'unica a non cedere.. Come se si fosse opposta al tuo volere, tu che aspettavi con ansia che cedesse e tutto finisse per sempre. Ci capita di credere che tutto sia perso, ed effettivamente è così, ed è da lì, da quel piccolo pensiero, che inizia il tormento ed il continuo soffrire ininterrotto, se non da singhiozzi che risuonano tra le pareti di un mondo vuoto. Un vuoto così pieno e silenzioso, che diventa assordante. Non siamo mai sicuri di ciò che facciamo, nemmeno quando crediamo di esserne convinti. Compiamo azioni senza renderci conto che dietro ad ognuna di esse si nasconde il più celato e profondo sentimento.

Mi trovavo ancora immezzo ad una pozza di sangue mista alle lacrime. Non ci riuscivo, non riuscio a fermarmi. Mi tremavano le mani, non riuscivo più a controllare i miei muscoli. Tremavo tutta. Nel frattempo i miei polsi continuavano a sangiunare. La lametta mi cadde a terra. L'arma che io stessa usavo per dimenticare il dolore che provavo dentro. Lo sapevo, questo non mi avrebbe reso una persona migliore, nulla mi avrebbe reso ciò, ma mi aiutava. Ero consapevole che era l'ennesimo motivo per cui sarei stata giudicata da persone che non conoscevano la mia storia, ma era una mia scelta. Perchè lo facevo ? In tutta sincerità non conoscevo il preciso motivo per cui mi tagliavo, semplicemnte, per quel turbine di pensieri ed emozioni che mi distruggevano dentro da anni oramai . Solo una persona era a conoscenza di queta cosa, la mia migliore amica Jess. Lei era totalmente diversa da me. Era una ragazza bellissima e popolare.. e ancora mi chiedevo come facesse a stare con una come me. 

Da piccola mi chiamavano "grassa"... le prese in giro erano sempre più frequenti, sempre più pesanti... così a dieci cominciai imparai a conoscere quella che ora chiamano bulimia; e fu a quattordici anni che mi tagliai per la prima volta, e da allora non smisi più. Nell'arco di due anni diventai molto magra. Cominciai a rimettere anche le poche cose che ero costretta a mangiare, se le mangiavo. La gente smise di prendermi in giro, ma un vuoto dentro di me rimase comunque. Non so cosa in particolare, ma sto male quando penso che le persone mi accettino solo perchè sono magra e non quella che ero. Di certo non mi accettano per il mio carattere. Quando diventi un'autolesionista - è così che mi chiamavano - il tuo carattere muta del tutto. È qualcosa che ti erode, pian piano, dentro, eliminando ogni sorta di sentimento che ti riempiva e rimpiazzandolo con il vuoto. Non lo fai consciamente, ma cominci ad essere assente e a rispondere male. Non sei tu che parli alle persone, ma l'ossessione. Quella che tu possiedi da tempo, ma che prima o poi, sarà essa a possederti. 

Sapendo che le persone non mi avrebbero accettato per quello che ero stata, mi chiusi in me stessa : alzai un guscio contro chiunque, un guscio attraverso il quale solo Jess era riuscita a guardare oltre. E' vero, avevo perso peso, ma non volevo essere accettata per questo, non volevo. Probabilmente se mi rimettessi a mangiare come qualche anno prima la gente smetterebbe di parlarmi, come se adesso mi parlasse. Tutti pensavano che io fossi asociale, strana, senza amici e che nessuno mi voglia. Ma sono ero io stessa che ad aver allontanato le persone, ero io a non aver mai voluto essere quella che sarei stata realmente, in una vita diversa.

Notai che il sangue aveva smesso di scorrere e che le lacrime avevano cessato di scendere, così mi alzai per pulire il sangue per terra. Sentii bussare alla porta.

"Che c'è ?" chiesi nel modo più naturale possibile, ma il risultato che ottenni fu una voce leggermente rotta dal pianto.

"Sam, apri" urlò mia madre dall'altra parte della porta.

"Aspetta" dissi. Dovevo muovermi a pulire il sangue e a lavarmi,

"Samantha, muoviti" continuò mia madre irritata. Pulii tutto buttando il fazzoletto con cui avevo pulito nella tazza e asciugandomi dal sangue e dalle lacrime. Mi fermai un secondo a guardarmi allo specchio: mi sembrava di non averlo fatto da anni. Uscii dal bagno oltrepassando mia madre e mi diressi verso la stanza 

"Tutto tuo" sbottai superandola. Arrivai nella mia stanza e mi cambiai per poi mettere una maglia a maniche lunghe. Non volevo che i tagli ancora freschi si notasero o si rimarginassero. Non mi andava di uscire, nè di sopportare i miei, così mi buttai sul letto poco delicatamente, presi l'i-pod e misi le cuffiette. Chiusi gli occhi mentre mi facevo cullare dalle note di When You're Gone di Avril Lavigne. Amavo quella donna, e quel testo incatenava i miei pensieri al passato. Sebrava parlare di quella bambina, la bambina che ora se n'era andata, insieme alla pancia porgente e le cosce grosse. Stavo per addormentarmi beatamente, fino a quando non sentii il tonfo di una porta chiusa con la delicatezza di un bisonte. Balzai in piedi facendo cadere il mio amato i-pod per terra. Sarò sfigata ? Mi trovai davanti mia madre con le braccia conserte mentre mi guardava in cagnesco.

"Che c'è ?" chiesi con poco interesse verso la donna. Non rispose, ma in tutta risposta si diresse verso di me a passo spedito e mi prese violentemente per un braccio facendomi gemere per il dolore. Continuava a stringermi i polsi, mentre io, per il dolore, continuavo a mordermi il labbro inferiore a sangue. Ed il mio labbro non fu l'unica cosa a sanguinare, ma anche il polso destro, quello che mi madre teneva stretto, stava sanguinando. La pazza Allyson continuava a guardarmi male, mentre con la mano libera abbassò con la stessa delicatezza di poco prima la manica della maglia. Il suo sguardo continuava a saettare dal mio polso sanguinante al mio viso, come volesse incitarmi a spiegare cos'erano quei segni, ma non accennavo ad aprire bocca, cosa avrei potuto dirle ? Sai mamma, sta mattina un gatto mi è saltato addosso e mi ha graffiato proprio lì, ma sto bene, tranquilla. Non era male come idea.

"Cosa sono questi ?" chiese fredda alludendo ai tagli.

"Sai mamma, sta mattina un gatto mi è saltato addosso e mi ha graffiata proprio lì. Ma sto bene, tranquilla" ironizzai. Sapevo che l'aveva capito, ma era talmente stupida da non capire che fosse inutile farmi quella domanda, stupida quanto lei.

"Non prendermi in giro, ti ricordo che sono tua madre" scoppiai in una risata sarcastica e forzata. E ora si definiva pure mia madre ?

"Ripeti, scusa ?" chiesi mentre concludevo la risata, che lasciò posto ad un sorriso furbo. Non era un sorriso vero, era un sorriso che nascondeva lacrime di dolore e sofferenza.

"Smettila, ho detto che sono tua madre. E ora mi spieghi cos'è quella roba" continuò con tono autoritario e severo.

"Quindi, in parole povere, tu ti definisci una madre ?" chiesi facendo finta di pensare, appoggiando un dito sul mento mentre il mio sguardo vagava per la stanza per poi tornare a lei. Non la odiavo, no. Non odio nessuno, ma la disprezzavo, questo sì.

"Samantha, smettila non mi costringere a..." la interruppi.

"Costringerti a far cosa ?" chiesi tornando seria "Dimmelo. Peggiorare la mia vita più di quanto lo è adesso ? Non credo che sia possibile, hai già fatto fin troppo per realizzare questo scopo, e ti dico che ci sei riuscita." feci un respiro profondo per evitare che le lacrime prendessero il sopravvento. Odiavo quando la mia rabbia si trasformava in lacrime. "Non sono tenuta a dirti cosa sono questi" continuai riferendomi ai tagli "Ma se proprio insisti. Sono le attenzioni che non mi sono mai state date, sono le parole acide che mi urlavi contro ogni giorno, sono i cattivi giudizi di persone che non mi conoscono, sono i commenti di disprezzo sussurrati, che la gente diceva alle mie spalle. E ora ti vuoi definire una madre ? Se fossi stata una madre vera avresti evitato questi stupidi tagli, mi avresti fatto capire che valgo qualcosa, mi avresti aiutata. Invece non hai fatto altro che spingermi a questa situazione, hai sempre solo criticato i miei sforzi evidenziando i miei difetti e ciò che non ero. Hai sempre preteso più di quanto ero da me, e quando raggiungevo un traguardo trovavo che per te era troppo tardi, che il livello da raggiungere era un altro. Le uniche volte in cui mi hai parlato era per criticarmi."

Era rimasta ferma tutto il tempo, non aveva aperto bocca, si era limitata ad ascoltare e fissarmi freddamente. Mi allontanai leggermente da lei e mi avvicinai al letto. Raccolsi l'i-pod da terra e rimisi le cuffiette nelle orecchie, mentre facevo ripartire la musica a massimo volume per non sentire lo starnazzare di mia madre, nel caso riprendesse vita, dato che non si era minimamente mossa dalla posizione che teneva già da un po'. Non mi importava tanto. Pian piano gli occhi mi si chiusero sotto la voce di Bruno Mars. Amavo anche lui. 

Mi svegliai la mattina dopo con le coperte per terra e il cuscino sul lato opposto del letto. Ma cosa facevo durante il sonno, la contorsionista ? Boh. Mi alzai di malavoglia, nonostante avessi dormito più ore del solito. Era sempre una lotta la mattina, tutti i giorni, e non solo per il risveglio, ma per il risveglio con la consapevolezza che dovevo vivere ancora un altro giorno, e che non era ancora finita. Mi vestii in fretta semplice, non avevo nè voglia nè tempo di restare lì ad ammirare l'armadio per scegliere cosa mettere. Mi truccai legermente ed uscii di casa senza salutare nessuno, come al solito. Arrivata a scuola mi diressi verso il muretto sul quale mi siedevo sempre insieme a Jess. Era sempre una persona solare, e l'unica cosa che riuscivo a vedere io quel giorno, era solo buio, buio totale. La vidi avvicinarsi verso di me sorridente. Ma come si faceva ad essere sempre così felici di mattina ? Mi salutò lasciandomi il solito bacio sulla guancia, mentre io ricambiai con un "ciao" annoiato. La bionda si sedette a fianco a me e si mise a fissarmi, emntre con una mano riportava una ciocca di capelli ditro l'orecchio.

"Cos'è successo ?" chiese come se nulla fosse dopo due secondi, una cosa che odiavo era che gli altri capissero cosa provavo, e Jess ci riusciva sempre.

"Niente, perchè ?" chiesi con tono ovvio, mentre non accennavo ad alzare lo sguardo da terra.

"Che simpatica che sei. E io ho scritto in fronte a caratteri cubitali fessa. Non è così ?" chiese sarcastica, alzando lo sguardo al cielo.

"Aspetta" dissi alzando lo sguardo scostandole una ciocca di capelli che copriva la fronte "No, non hai scritto niente" continuai prendendomi il gioco della bionda. Mi divertivo tanto, anche se quel giorno non ero proprio in vena. Jess continuava a guardarmi, tanto se lo sarebbe fatta dire da me lo stesso, in un modo o nell'altro. "Mia madre lo sa" dissi semplicemente, mentre calciavo un sasso che accidentalmente finì sulla gamba di un ragazzo, che ora si guardava intorno alla ricerca del colpevole. Bastavano quelle parole per farle capire. La mia migliore amica scattò in piedi piazzandosi di fronte a me. "Dimmi che non sa quella cosa" disse speranzosa, incrociando le mani a mo' di preghiera.

"Lo sa" ripetei semplicemente incrociando le gambe sul muretto e appoggiando la testa sulle mani, mentre i gomiti erano sulle cosce. Alzai leggermente la testa per guardare in faccia la ragazza. Aveva uno sguardo perso, fissava un punto indefinito alle mie spalle. Stava pensando ? 

"Cosa guardi ?" chiesi curiosa.

"Quel figo che c'è laggiù in fondo" sentenziò la bionda, indicando qualcosa ditro di me.

"Dove ?" mi girai allo scatto, in cerca del misterioso figo.

"Stupida, stavo pensando." mi rimproverò. Sinceramente era più preoccupata lei che io.

"Sinceramene non mi importa tanto." dissi dopo un po' di tempo di riflessione.

"Come non t'importa ? Cosa ha detto tua madre ?" continuò preoccupata ed esausta.

"Le ho detto che non poteva considerarsi mia madre, dato che tutto questo tempo, non lo è mai stata, e di certo non sarebbe potuta arrivare e spuntare dal nulla per rimproverarmi degli stupidi tagli." dissi senza interesse, gesticolando distrattamente con le mani.

"Sam, stai andando troppo oltre" disse abbassando il tono di voce.

"Che cosa dici ?" scoppiai all'improvviso "Ora sono io quella che sbaglia ?" chiesi alzando il tono di voce, tale che mezza scuola si voltò verso di me. La bionda aprì bocca per rispondere, ma la campanella la interruppe e non le diedi il tempo di continuare, dato che la superai lasciandola impalata lì, ferma. Era l'unica persona che avevo fino ad ora e mi rinfacciava pure lei i miei errori. Figo, no ? 

Mi diressi a passo spedito verso la mia aula, anche se sapevo già che seguire la lezione sarebbe stata l'ultima cosa nella mia lista di cose da fare, la quale era inesistente. Le ore passarono veloci, e la ricreazione la passai in cortile sulla nostra panchina. Dalla discussione che era nata quella mattina, non ci eravamo più rivolte la parola; vedevo che alcune volte il suo sguardo si posava su di me, per poi su qualcos'altro quando la notavo. Stavo sbagliando, e lo sapevo. Nella mia vita non avevo fatto altro che deludere e fare stare male le persone, ed ora lo stavo facendo anche con colei che non mi ha mai abbandonato, l'unica.

Non aveva più senso andar avanti. Finite le lezioni raggiunsi casa mia in compagnia della mia ombra, e sembrava che anch'essa volesse scappare da me. In casa c'era un silenzio tombale, si sentiva solo il rumore dei miei passi riecheggiare tra le grandi pareti della spaziosa casa. Girai per tutte le stanze assicurandomi che nessuno ci fosse. Una volta fatto mi precipitai in bagno. Aprii i cassetti per cercare la lametta, ma non ce n'era traccia, era sparita. E guarda caso sapevo anche chi era stato. Allyson la pazza. Corsi in camera, dovevo ancora avere una lametta nella tasca della giacca. Visto com'ero attrezzata ? Frugai nella tasca della giacca, e la trovai. Mi chiusi in bagno e cominciai a tracciare segni profondi che si macchiarono di sangue. Partii alla base del polso e arrivai presto all'avambraccio. Non mi ero mai spinta fino a questo punto, ma volevo farla finita, una volta per tutte. Avevo deluso anche l'unica persona che teneva a me, ero riuscita a rovinare anche quel legame. Aprii i cassetti uno dopo l'altro, ingerendo ogni tipo di farmaco che trovavo. Mandavo giù una pillola dopo l'altra fino a quando non iniziò a girarmi la testa. Nel frattempo il sangue scorreva prepotente sul mio braccio per poi arrivare al gomito e cadere a terra. Il contenitore in vetro di un farmaco dal nome impronunciabile mi cadde dalla mano e si ruppe, facendo schizzare le schegge sulle mie gambe scoperte da degli shorts corti. Sentivo di muovermi, ma ero ferma, tentavo di fare passi verso la porta, ma essa sembrava così lontana ed irraggiungibile.

La vista diventò a poco a poco sfocata e i colori cominciarono a mischiarsi contro ogni legge. Sentivo le palpebre pesanti e i muscoli fragili; le gambe facevano fatica a reggermi ed ogni cosa sembrava muoversi e volermi colpire. Sentivo le labbra gelide e la pelle pulsare. Ce l'avevo fatta, stavo morendo ?


Pov. Jess

Non sapevo cos'era preso a Sam quel giorno. Era stranza, non si era mai comportata così con me. Nonostante tutti i problemi era sempre stata aperta e disposta a parlare di ciò che la turbava. C'era qualcosa che non andava. Presi velocemente la borsa per poi uscire di casa, sarei andata da Sam. Volevo chiarire con lei : ero consapevole del fatto di essere l'unica sua amica, e non volevo che si tagliasse ancora, non per colpa mia. Presi la moto e partii spedita verso casa sua; per fortuna non abitava lontano. In qualche minuto arrivai e, superato il cancello, trovai la porta aperta. Una volta entrata non sentii nessun rumore, la casa era più silenziosa del solito, conoscendo Sam. Perlustrai tutto il piano terra per poi salire su. Le stanze erano vuote. Oh no. La porta del bagno era chiusa, le mie speranze andarono perse, a meno che non stesse cagando, ma era improbabile. Bussai alla porta chiamando più volte il nome della mia amica, ma non rispondeva. Non sentivo alun rumore. "S-sam, ti prego aprimi. Scusa, non volevo" dissi con voce rotta dai singhiozzi. Continuai a sbattere violentemente contro al porta, ma non accennava ad aprire, mi stavo preoccupando. Riuscii a sfondare la porta e la scena che mi si presentò davanti mi fece perdere un battito. Mi trovai davanti Sam con le braccia sangiunanti e scarti di farmaci per terra. La testa sanguinava, segno che aveva sbattuto contro la vasca. Urlai alla vista di quella scena. Con le mani tremanti cercai di prendere il cellulare dalla borsa, il quale mi cadde più volte per il tremolio che mi percorreva. Chiamai un'ambulanza il più presto possibile. Nel frattempo medicai alcune ferite sul braccio di Sam cercando di svegliarla. Aveva le labbra bianche e il viso scuro, ma il suo cuore batteva ancora, credevo. Sentii la sirena dell'ambulanza avvicinarsi, così mi precipitai al piano inferiore per farli entrare.

Nel frattempo le lacrime non cessavano di scorrere sul mio viso : ero io la causa di ciò, io, che ho sempre cercato di evitarlo ero la causa della sua situazione. Non ci poteva essere alcuna giustificazione. Salii con gli uomini e Sam sull'ambulanza, per poi dirigerci all'ospedale; mi imposi di smettere d piangere, non sarebbe servito. Mi inginocchiai di fianco alla mia amica. Le lasciai un bacio candido sulla guancia gelida. "Ehi, Sam. Io sono qui. Sai, mi dispiace" sussurrai "Non volevo, non avevo capito in che situazione eri ed ho fatto lo stesso errore che hanno fatto gli altri per anni, ho giudicato senza sapere bene come stavi in quel momento. Ti voglio un bene dell'anima, non importa come sei, ma sei importante. Hai cambiato me e la mia vita, hai sempre valorizzato i pregi degli altri per fare capire che tutti sono migliori se lo si vuole, ma hai sempre escluso te stessa da questa teoria. Non ti sei mai considerata abbastanza, e sbagliavi. Sei una persona fantastica. Una cosa che ammiro in te, anche se è un po' sbagliata, è il fatto che nonostante tu sia cambiata estesticamente per gli altri, non ti sei fatta abbindolare dal fatto che gli altri ti accettassero. Non sei mai cambiata per loro, sei cambiata per te stessa, e questa ne è la prova. Io non ci sarei riuscita, tu sì. Sei una persona forte, e ti ammiro per questo. Non ti sei mai tirata indietro quando c'era un nuovo livello da superare in questo gioco del quale nessuno conosce il fine. Resisti." Mentre pronunciavo questo parole stringevo la sua mano, come se ciò potesse aiutare. 

Presto arrivammo in ospedale, la portarono in una sala dove dovette stare per quattro ore, e io non ho potuta vederla, nella paura che non ce la facesse. Dopo un tempo indeterminato uscì un dottore, dalla sua espressione non capivo niente, quei dottori avevano sempre la stessa faccia. Si avvicinò lentamente, mentre l'ansia mi uccideva dentro. Il dottore mi raggiunse e le sue parole furono semplicemente "Non ha retto lo sforzo, ci dispiace signorina". Otto parole che mi distrussero in un solo istante. Caddi a terra sulle ginocchia mentre lacrime amare scendevano sulle mie guance, erano accompagnate da urla.





Tadaaan! Le mie one shots sono sempre deprimenti ç__ç

Cioè, non è tanto allegra una storia che finisce con il suicidio.

Ho trattato questo argomento perchè tocca molti adolescenti, quindi avevo deciso di farlo. E' un tema molto delicato che comincia a difondersi sempre di più durante l'adolescenza. Boh, io mi sono commossa. Credo che molti, anche se nonsono bulimici o autolesionisti, abbiano pensato qualche volta di ricorrere a questa soluzione. Odio usare il termin "autolesionista", perchè è un termine che indica qualcosa di dispregiativo. Non dico che sia qualcosa di bello tagliarsi, ma, mettendomi nei panni di una persona vittima di ciò, mi sentirei male nel sentirmi chiamata così ... ècome disciminare tutti coloro che ti tagliano, cosa che fanno tutti quelli che non conoscono realmente le cause che spingono molte persone a farsi del male. Sono consapevole che tra i lettori ci sia qualcuno che è nell stessa situazione, oppure simile, e mi dispiace aver trattato in questo modo e con parole crude un argomento simile, e soprattutto per averla fatta finire in questo modo. Ho già scritto un mini-capitolo sulla storia di una testimonianza di bulimia e anoressia che posterò presto. Un bacio a tutte.

Eniuei, per le lettrici che seguono le mie storie ho visto che l'ultimo capitolo e one shot che ho postato non l'ha calcolato nessuno D: Ci sono rimasta male.

Per chi volesse leggere le mie storie sono

Same Mistakes E' una one shot

When You Don't Smile, Stars Stop To Shine Anche questa è una one shot

I'll Never Fall In Love Again Questa è la mia long su Zayn

Ecco Samantha :) Vi piace ?

  
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