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Autore: CowgirlSara    22/08/2007    12 recensioni
Forse non è la solita storia vacanziera, o forse sì. È una storia dove Bill trova la ragazza e Tom (forse) no. È una fanfic dove Tom si trucca e Bill… anche, sennò non sarebbe lui. È il racconto di una vacanza conquistata con l’inganno e che, per questo, non può finire bene. Forse è solo il gioco estivo di un’autrice annoiata, che si è divertita a scrivere più di quanto voglia ammettere…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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sammer game - 6 Ah, ultimo capitolo! Sigh! Ragazzi, ci siamo arrivati, anche le cose belle prima o poi finiscono e anche questa storia che mi ha dato tante soddisfazioni termina. Ho voluto pubblicare il finale, nonostante molti dei miei lettori se la stiano tutt’ora godendo in vacanza, poiché non avevo voglia di far maturare ulteriormente la storia, dato che l’avevo già finita la settimana scorsa.
Ma vi avverto, ritardatari vacanzieri che invidio con tutta me stessa, se non commenterete al vostro ritorno vi trasformerò in personaggi delle mie ff e vi tormenterò fino alla morte! >__<

Ultima cosa. Mentre scrivevo questo capitolo ho pensato che questa storia mi sarebbe mancata. Mi sarebbe mancato quel tenero bastardello di Tom, quei biscottini di Georg e Gustav e la praticità di Frenzy, la follia di Gitta e la superficialità di Babi, ma soprattutto Bill, La Regina col suo boa di piume! E allora…

Ma ve lo dico dopo! (eheheh, me sadica…)

Note, ringraziamenti e… sorpresa, alla fine!

6 – FINISCE COSI’

Il messaggio arrivò sul cellulare di Frenzy che erano quasi le due. La ragazza lesse e si alzò subito. Saltò il letto gonfiabile su cui riposava Babi e aprì la finestra.
“Che c’è?” Domandò la voce sonnolenta dell’amica.
“C’è Bill.” Rispose l’altra a bassa voce, affacciandosi.
“Eh? Cosa?!” Esclamò subito Babi, risvegliandosi completamente. “E che fa? Ti canta la serenata? Ti canta «Spring nicht», eh? Eh?” Continuò eccitata, affiancandola.
“Ma che sei scema?” Reagì allarmata Frenzy. “Mica mi voglio buttare di sotto!”
“Perché? Che vuol dire «Spring nicht»?” L’altra ragazza scosse il capo, quindi guardò in giardino.
Bill era sul prato. Aveva un’espressione mesta, la salutò con la mano e, poi, l’invitò a scendere giù.
“Arrivo.” Confermò la ragazza, quindi lasciò l’amica a sfogliare il vocabolario di tedesco e si diresse verso le scale.
Frenzy raggiunse il ragazzo. Si salutarono un po’ imbarazzati, dato quello che era capitato, poi si ritrovarono a fissarsi negl’occhi.
“Ero seduto sul pontile…” Esordì Bill, accomodandosi impacciato i capelli dietro un orecchio. “…e mi sono ricordato di essere andato via senza dirti nulla, mi dispiace.”
“Non ti preoccupare.” Rispose lei. “Con tutto quello che è successo, immagino che tu non ci abbia pensato.” Aggiunse comprensiva.
“È stata brutta come sembrava a me?” Le domandò preoccupato, aggrottando la fronte nel suo modo tipico.
“Beh…” Mormorò Frenzy incerta. “…abbastanza, ma le litigate in tedesco sembrano sempre più brutte di quello che sono…”
“Scusa.” Si rammaricò lui. “Ti saremo sembrati due Rottweiler…”
“Più due Yorkshire, diciamo…” Precisò la ragazza ironica, Bill sorrise arreso, levando gli occhi al cielo. “Ad ogni modo, non credo di essere la persona con cui dovresti scusarti…” Suggerì lei poi.
Bill sospirò rumorosamente, tormentandosi una ciocca di capelli. Guardava in alto, alla sinistra di Frenzy. Fare quella passeggiata sul pontile gli era servito a schiarirsi le idee, ma era troppo orgoglioso per rimangiarsi le accuse e chiedere perdono a Tom. Abbassò, infine, gli occhi sulla ragazza, con espressione abbattuta.
“Posso abbracciarti?” Le chiese mogio, con una faccina da cane bastonato.
“Come si fa a dirti di no?” Rispose lei, passandogli subito le braccia intorno al collo; il ragazzo la strinse a se, mentre Babi assisteva alla scena dalla finestra, sospirando felice.  
I due ragazzi, poi, si sedettero sul gradino del portico e parlarono per un po’, scambiandosi anche qualche bacio; circa un’ora dopo si salutarono.
“So che magari ancora è presto, che devi finire di sbollire…” Disse Frenzy a Bill, mentre erano sul cancello. “…ma credo che dovresti parlare con Tom, davvero.”
“Ci proverò…” Rispose lui tentennante.
“Bene.” Annuì la ragazza, quindi gli dette un ultimo bacio, sporgendosi al di sopra del basso cancello. Lui, infine, la salutò con la mano, allontanandosi verso casa.

Bill entrò in casa attraverso la porta finestra appena aperta; purtroppo inciampò nella guida dei vetri scorrevoli e svegliò Gitta, sbattendo contro il divano.
“Oddio, ma chi c’è?!” Esclamò la donna, svegliandosi di soprassalto.
“Scusa, Gitta, sono io…” Mormorò rammaricato il ragazzo.
“Mamma mia, Billy!” Riprese lei, passandosi una mano sulla fronte, mentre si ributtava giù. “Mi hai fatto prendere un colpo!”
“Scusa…” Ripeté lui, veramente dispiaciuto; poi, però, gli venne in mente una cosa e si raddrizzò, facendosi serio. “Gitta?”
“Eh?” Fece la donna, che cercava di riaddormentarsi.
“Posso dormire con te?” Le chiese supplicante.
“Ehm…” Commentò lei con una smorfia. “Penso che dovresti parlare con tuo fratello.”
“Sì, vabbene, lo so…” Sbottò Bill, con un tono infastidito da moccioso. “Ma ora non me la sento.”
“Ok, bene, fai come ti pare!” Ribatté Gitta, stringendosi nelle spalle, ma con tono di rimprovero, poi si girò su un fianco. “Puoi dormire qui, se vuoi.”
“Vado un attimo in bagno.” Affermò lui e la vide annuire.
Il cantante non sapeva che, un attimo prima, dal bagno era tornato Tom, che aveva sentito tutto. Il chitarrista, appoggiato alla porta di camera, fece una smorfia contrariata e poi si mise a letto.

Era prestissimo, quando Bill si sentì scuotere da una mano fredda sulla pelle nuda del fianco, rimasto scoperto dalla maglietta attorcigliata. Si stropicciò gli occhi, torcendosi per vedere chi lo chiamava. Era sua madre.
“Mamma…” Mormorò assonnato.
“Vieni con me.” Gli ordinò la donna, invitandolo a seguirla in cucina.
Anne lo precedette, rimettendosi a lavorare. Bill osservò l’attrezzatura e gli ingredienti sul tavolo, ma non riuscì a collegarli con una qualsiasi ricetta. Si grattò la testa perplesso. I suoi capelli sembravano aver dichiarato la rivolta ufficiale, tanto erano crespi e incollaticci.
“Cosa fai?” Chiese, ancora assonnato, alla madre.
“La torta al cioccolato.” Rispose la donna, con lo sguardo concentrato sulla bilancia per pesare la farina.
“Oh, che bello!” Esclamò il figlio più vispo. “Ne ho proprio voglia!”
“Ah, ma tu non la mangerai.” Replicò Anne, rompendo le uova nell’insalatiera.
“E perché?” Fece Bill deluso.
“Hai litigato con tuo fratello.” Dichiarò glaciale la donna, senza guardarlo.
Il figlio contrasse il viso in una smorfia contrariata. “Mamma, guarda che non abbiamo più nove anni, non puoi ricattarci in questo modo!” Sbottò poi.
Anne sopirò, posando il barattolo del cacao e pulendosi le mani con uno straccio; quindi incrociò le braccia e guardò il figlio negl’occhi. “Non voglio farlo, infatti.”
“E allora?” Domandò Bill.
“Il fatto è che non mi piace per niente vedervi adirati l’uno con l’altro.” Spiegò allora lei, sempre fissandolo; lui, però, abbassò gli occhi. “Lo so che non è facile, andare sempre d’accordo, quando si passa tanto tempo insieme… quando si lavora insieme, ma voi due vi volete bene e non sopporto l’idea che, per una cavolata, perché è di questo che si tratta, vi portiate rancore.” Continuò seria; il figlio teneva sempre il capo basso e stringeva la spalliera di una sedia. “Non voglio sapere chi ha ragione, anche perché sono convinta che non l’abbiate entrambi, avete fatto una gran cazzata e quello che mi da più fastidio è che avete mentito anche a me…” Bill si stava sentendo sempre più una merda, solo le paternali di sua madre riuscivano a farlo sentire così. “Quello che m’interessa, ora, è che facciate pace, quindi…” Il ragazzo alzò gli occhi in quelli della donna. “…adesso vai da tuo fratello e, dopo, quando vi sveglierete, potrete mangiare la torta.”
“Ma, mamma…” Tentò il ragazzo.
“No, basta!” Lo fermò lei, alzando imperiosa l’indice. “Le scuse stanno a zero, Wilhelm Kaulitz, vai da tuo fratello e zitto!” Aggiunse decisa, indicandogli la direzione della camera.
Bill abbassò il capo e, con espressione da cane bastonato, fece per uscire dalla cucina, ma la madre lo fermò.
“Vuoi un motivo definitivo?” Gli chiese con un sorriso leggero, lui annuì. “Devi farlo perché quando litighi con Tom, poi stai male.” Gli occhi di Bill si fecero all’improvviso lucidi. “Vi conosco…” Fece lei, dolcemente. “…anche lui ha male al cuore, ora, quindi vai e smettila di farti le pippe mentali!” Il ragazzo, finalmente, sorrise e, con nuova determinazione, uscì dalla stanza.

Tom, girato su un fianco, col viso rivolto al lato opposto alla porta, sentì bene qualcuno entrare (qualcuno che era inequivocabilmente Bill) e avvicinarsi al letto. Il materasso beccheggiò, quando il fratello salì, ma lui continuò a far finta di dormire, girato verso la finestra.
Quando la fronte del gemello si posò contro la sua schiena, un brivido inspiegabilmente freddo gli attraversò il corpo, facendolo trasalire in modo involontario e dimostrando che era sveglio.
“Non dormi?” Domandò Bill con voce flebile.
“Humpf…” Sbuffò piano Tom. “…tu e mamma fate un casino…”
“Tomi…”
“Eh?”
“Mi dispiace…” Mormorò Bill, con tono sinceramente pentito; a quelle parole, al gemello tremò il labbro inferiore e sospirò. “Ero arrabbiato.” Continuò l’altro. “Non con te, arrabbiato e basta, perché siamo stati scoperti, per aver mentito a mamma e David, per la vacanza finita… e pensavo che era finita anche con Frenzy, così…” Parlava piano, con voce sempre più incerta, tenendo la testa posata contro la schiena del fratello.
Tom non sapeva che dire. Gli veniva da piangere e si sentiva un imbecille. Cazzo, Bill gli chiedeva scusa ed era lui a sentirsi in colpa? Ma che caspita di meccanismo era? Sì, va bene, sapeva di non avere ragione, nello scontro avuto col gemello, ma certo l’altro aveva più torto! Orgoglio del cavolo… avevano torto entrambi, era questa la verità…
“Scusa, Tomi…” Sussurrò nel frattempo Bill, aggrappandosi alla sua maglietta.
“Smettila.” Sbottò brusco il gemello, lui lo lasciò. “Sono io che dovrei chiedere scusa…” Aggiunse però Tom, abbassando la voce.
“Che dici? Io ti ho accusato ingiustamente…” Replicò mesto Bill.
“Sì, ma io non volevo prendermi una colpa anche mia.” Ribatté il chitarrista con un sospiro.
“Mi perdoni?” Chiese supplichevole il cantante.
“Prima tu!”
“No, tu!”
“Ti perdono…” Mormorò Tom, arrendendosi. Bill, preso dalla felicità, si aggrappò alla schiena del fratello, abbarbicandosi attorno al suo corpo con le gambe. “Hey!”
“Sei ancora Tomi-mio?!” Gli domandò con una vocina infantile.
“Ma sì! Sì! Ora smettila di fare la scimmietta!” Rispose l’altro, cercando di scrollarselo di dosso.
“Ti voglio bene, fratellino!” Proclamava nel frattempo Bill, sbaciucchiandolo.
“Non mi dare i bacetti, cazzo!” Protestava Tom infastidito, combattendo con l’invadente affetto del fratello. Ma un sorrisetto felice, chissà perché, gli allungava le labbra…

L’uomo parcheggiò sbrigativamente lungo il marciapiede e scese dalla Mercedes grigia con i vetri scuri. Il suo abbigliamento casual contrastava con l’eleganza dell’automobile; indossava una t-shirt verde muschio abbastanza aderente, jeans slavati e occhiali da sole. Si diresse a lunghi passi verso il cancello.
La donna all’interno del giardino, intenta a sistemare un’aiuola, sollevò lo sguardo, quando sentì il cancelletto aprirsi.
“Salve.” Salutò l’uomo.
“Salve.” Rispose lei. Seguì qualche attimo di perplesso silenzio.
“Beh?” Fece infine lui, che sembrava aspettare un cenno da parte della donna.
“Lei è David?” Domandò allora la donna.
“Sì!” Esclamò lui, come se fosse ovvio.
“Io non sono Anne.” David spalancò gli occhi, poi aggrottò la fronte, smarrito.
“Oh, oddio…” Mormorò poi, imbarazzato. “…questa cosa dei gemelli a volte mi destabilizza…”
Sabine gli sorrise comprensiva. “Mi sorella è dentro.” Gli disse poi, indicando l’entrata della casa.
David entrò nel soggiorno, non vide nessuno in giro, c’era solo il divano letto aperto e sfatto; poi sentì un delizioso profumino provenire dalla cucina e decise di seguirlo. Trovò lì la signora Kaulitz, che spolverava di zucchero a velo un’invitante torta al cioccolato.
“Buongiorno…” Salutò incerto l’uomo. Anne alzò gli occhi e gli sorrise.
“Bene arrivato.” Rispose poi la donna.
“L’ho appena scambiata per sua sorella.” Confessò David, avvicinandosi.
“Tranquillo.” Replicò lei, finendo il suo lavoro. “Succede da una vita, ci siamo abituate.”
“Le altre due bizzarrie genetiche dove sono?” Domandò allora l’uomo.
Anne gli rivolse un’occhiata di divertito rimprovero. “Stanno dormendo.” Gli disse poi. “Quindi parli piano.” Gli consigliò.
“Siamo sicuri che dormono e non stanno organizzando un’altra fuga?” Ipotizzò sospettoso David.
Lei lo fissò alzando le sopracciglia, serafica, quindi gli passò a fianco, facendogli segno di seguirla. Lo condusse alla porta della camera dei gemelli e scostò appena la porta.
Bill e Tom dormivano profondamente, entrambi stesi sul fianco sinistro, in posizione fetale; il primo abbracciava per la vita il secondo e gli posava il mento su una spalla. Sembravano tranquilli e sereni. La madre sorrise con dolcezza, quasi commossa.
“Ohhh, guardi come sono teneri!” Esclamò piano, giungendo le mani. “Sono bellissimi, i miei tesori!” Aggiunse estasiata.
“Seh, quando stanno zitti…” Commentò scettico David. Lei lo guardò di sbieco.
“Andiamo, le offro un caffè, mentre aspettiamo che si sveglino.” Affermò la donna, spingendolo di nuovo in cucina, dopo aver socchiuso la porta della camera.

Tom si diresse in cucina sbadigliando in modo sgangherato e stiracchiandosi; il ragazzo si asciugò le lacrime ai lati degli occhi, nate a causa dello sbadiglio ed entrò con passo strascicato nella stanza.
“Giorno, Mutti…” Salutò a stento, prima di voltarsi per prendere posto su una sedia.
Come girò gli occhi, incrociò quelli di David, che lo fissava con un sorrisetto poco raccomandabile; era seduto con le gambe accavallate e la sigaretta tra le dita.
“Argh!” Gridò Tom, con un tono che somigliava in modo preoccupante a quelli di Bill, quindi piombò annichilito sulla sedia.
Bill, appena uscito dal bagno, si diresse anche lui in cucina. Sbadigliò, si stiracchiò e salutò la madre, proprio come aveva fatto poco prima il gemello. E come Tom si girò. E allo stesso modo vide David e la sua espressione.
“Argh!” Gridò anche Bill, ma con una nota decisamente più stridula di quella del fratello, poi fece un balzo indietro e finì seduto sulle ginocchia di Tom, abbracciandogli il collo.
Entrambi i ragazzi fissavano allarmati il loro manager, il quale prese un’ultima boccata di fumo, spense lentamente la sigaretta nel posacenere e si aggiustò la maglia.
“Eccoli qua, i nostri due geni del male…” Esordì l’uomo, squadrandoli dall’alto in basso con aria inquisitoria. “Guardateli… uno con l’abbronzatura caraibica…” E indicò Tom. “…e l’altro… Cazzo, guardati Bill! Hai una faccia che sembri un procione, con tutta quella roba colata e poi… ti sei dato lo smalto anche alle unghie dei piedi?!”
Bill abbassò lo sguardo sui propri piedi, osservando le unghie laccate di nero; lo stesso fece Tom, che dopo un attimo, alzò gli occhi spalancati e fissò il fratello.
“Cazzo, Bill…” Mormorò incredulo.
“Beh, che c’è?” Replicò l’altro. “Mi piaceva l’idea…”
“Adesso basta stronzate!” Intervenne però David, alzando la voce e battendo una mano sul tavolo; i ragazzi sobbalzarono e Bill si strinse di più a Tom. “Si può sapere che cosa avevate in mente? Eh? Cosa frulla nelle vostre testoline sommerse dai capelli? I pappagalli urlatori del Guatemala? Che cosa?!” Continuò con rabbia. “Le scimmiette isteriche del Bengala?! Eh? Si può sapere?!”
“Ma, David…” Tentò Bill, alzando un dito tremolante.
“Niente ma!” Sbottò il manager, con un altro colpo alla tavola. Il cantante nascose il viso contro il collo del fratello. “Mentre voi eravate qui a spassarvela, io ero nell’afosa Milano – avete idea di quanti gradi fanno a Milano? – a dare via il culo, per voi quattro mocciosi irresponsabili!”
“Visto quante volte lo hai detto, David, comincio a pensare che ti piaccia…” Commentò sarcastico Tom, mentre il gemello non accennava a scollarsi.
“Tom!” Lo rimproverarono in coro madre e fratello, che per l’occasione alzò il capo dalla sua rassicurante spalla. Il manager lo guardò con espressione da omicida psicopatico.
David poi sbuffò e roteò gli occhi, quindi si sistemò meglio sulla sedia. “Gli altri due idioti dove sono?” Domandò ai gemelli.
“Credo siano tornati a Rimini, no Tom?” Rispose Bill, rivolgendosi poi al fratello, che annuì.
“Ahhh…” Fece divertito David, poggiandosi contro la spalliera della sedia. “Sono più furbi di quello che credevo… vi hanno mollati qui a prendere l’onda, mentre loro si rifugiavano… sulle colline!” Aggiunse ironico. “Ma del resto siete voi i leader del gruppo, no?” Continuò, sporgendosi minacciosamente verso di loro. Bill quasi si arrampicò sulle spalle di Tom che, nel frattempo, faceva smorfie preoccupatissime. “No?!”
“S… sì!” Risposero in coro i gemelli, annuendo vigorosamente.
“E allora dovete essere pronti a prendervi le responsabilità del caso!” Affermò secco l’uomo. “Le domande imbarazzanti che vi faranno, le foto imbarazzanti che spunteranno fuori, i commenti imbarazzanti che si sentiranno in giro…” Enumerò sulla punta delle dita. Bill e Tom cercarono appoggio nella madre, rivolgendole uno sguardo supplicante.
“Non ci provate.” Soggiunse lei, che aveva assistito a tutta la scena appoggiata contro il lavello. “Approvo ogni cosa che vi ha detto, comprese le scimmie e i pappagalli.” Aggiunse serafica; loro scrollarono il capo delusi.
“Come viene fuori una parola che sia una, dovremo convocare subito una conferenza, quindi devo allertare l’ufficio stampa…” David parlava senza guardarli, seguendo un suo ragionamento.
“Ma la vuoi smettere di tormentarli, David?” Intervenne una voce. Lui si girò e vide Gitta sulla porta della cucina.
“Gitta!” Esclamò l’uomo, spalancando gli occhi. “Ah, sapevo che doveva esserci qualcun altro implicato in quest’affare!” Aggiunse puntandole contro l’indice.
“Ma per favore!” Sbottò la donna, accendendosi una sigaretta. “Datti una calmata, darling, butta per un giorno nel cesso la tua cartucciera di telefonini, vivi e lascia vivere!”
“No, no, no!” Protestò David, alzandosi. “Non funziona così, ci sono cose da tenere sotto controllo…”
“Sì, la tua pressione…” Commentò lei, strappando una risatina ai gemelli, ancora uno in braccio all’altro.  
“Senti, loro hanno delle responsabilità, verso di me, verso la casa discografica, verso… non possono fare tutto quello che cazzo gli pare, punto! Non è questo il modo! Tu e Saki la dovete smettere di dargliele tutte vinte!”
“Loro sono buoni…” Intervenne timidamente la vocetta di Bill.
“No! Loro sono dei leccaculo!” Gli disse David, voltandosi verso di lui. “Sarebbero capaci di tagliarvi anche le unghie dei piedi, se glielo chiedeste!”
“Beh? Sono diplomata estetista, quindi.” Commentò tranquilla Gitta, muovendo elegantemente la sigaretta nell’aria.
David roteò esasperato gli occhi. “È battaglia persa, quando vi alleate, eh?”

Il cellulare di David squillò di nuovo appena lui ebbe chiuso l’ultima chiamata. Gitta allungò una mano e glielo sfilò, chiudendolo e poggiandolo sul tavolino. I due stavano prendendo un aperitivo al bar dello stabilimento balneare.
“Poteva essere una telefonata importante.” Affermò l’uomo, guardandola di sbieco.
“Datti un paio d’ore.” Ribatté lei, trattenendo l’apparecchio sotto la mano.
David sbuffò, quindi osservò le unghie della donna. Erano una diversa dall’altra, lunghissime e tutte dipinte in stili differenti. Quella del medio era arancione con righe verdi e gialle, completata da un impertinente mini cerchietto dorato che perforava la punta. Il suo preferito, però era il mignolo sinistro: dipinto di nero e con un teschietto rosso sopra. Tutte le volte che la vedeva, si domandava come si potessero avere delle unghie del genere. E sempre perfette.
“Ascolta, Gitta…” Si decise a dire, infine. “Io capisco che vuoi bene a Bill e Tom, ma stavolta hanno fatto davvero una grande cazzata, non puoi difenderli…”
“David, devi stare tranquillo.” Replicò lei. “Sono stati attenti, non si sono fatti notare e nessuno li ha riconosciuti.”
“Sì, ma se qualcuno lo ha fatto e non è andato a dirlo in giro? Se ha semplicemente scattato delle foto ed ora è pronto a venderle al miglior offerente?” Ipotizzò lui serio.
“Non essere paranoico!” Sbottò Gitta, dopo aver sorseggiato la sua sangria. “Sono stata quasi sempre con loro e non ho mai notato nessuno che scattasse foto, a parte alla festa, ma…”
“Quale festa?!” Chiese allarmato lui, raddrizzandosi sulla sedia.
“Era una festa in maschera, è impossibile che qualcuno possa averli riconosciuti, visto come li ho conciati.” Rispose la donna, senza nascondere una sorrisino vagamente perverso.  
“Perché? Ho paura a chiederti come li hai truccati…” Fece lui scuotendo il capo.
“Eheheh!” Ridacchiò Gitta. “Tom da Boy Georg e Bill… da Madonna nel video di «Like a Virgin»!”
David spalancò gli occhi incredulo. “Hai vestito Bill da sposa?!”
“Ma no! Scemo!” Esclamò lei ridendo, dopo avergli dato una spinta. “Era vestito come nella scena della gondola, hai presente?”
“Tu non stai bene…” Commentò sconsolato l’uomo. “Ma ci pensi se qualcuno lo riconosceva? Già circolano le storie più assurde su Bill…”
“Ti posso garantire che è assolutamente impossibile che qualcuno lo potesse riconoscere come Bill Kaulitz dei Tokio Hotel.” Gli assicurò la donna decisa.
“Sarà…” Fece lui scettico, spostando lo sguardo sul mare.
“Sai…” Riprese lei poco dopo, sporgendosi verso la sua sedia. “…ho fatto un nuovo tatuaggio…” Gli confessò all’orecchio.
“Ah, sì?” Rispose l’uomo, ancora indeciso se essere interessato o meno. Gitta annuì.
“Vuoi vederlo?” Gli propose quindi; chissà perché, David in quell’idea ci vide dei sottintesi abbastanza maliziosi.
“Sta cercando di distrarmi, signorina Mueller?” Domandò David, scoprendosi decisamente incuriosito. Lei avvicinò la sedia alla sua.
“C’è qualcosa di male?” Fece poi, cominciando a sfiorare la mano dell’uomo con piccole carezze.
“Devo badare a quei due…” Replicò lui, cercando di darsi un contegno.
“Se la sanno cavare da soli…” Soggiunse Gitta, sussurrando al suo orecchio. “…e poi hanno qualcosa da fare, gente da salutare… Dai, spengi per un po’ il telefono…”
“Gitta…” La rimproverò lui, poco persuaso a dire il vero.
“Tanto ti convinco, lo sai…” Proclamò lei, afferrando il cellulare dell’uomo e spegnendolo.
“Dove lo hai fatto, quel tatuaggio?” S’informò allora David.
“Quindi t’interessa…”

L’aria già calda della tarda mattinata era tenuta fuori della stanza dalla persiana accostata. I due ragazzi erano stesi sul letto: lei con le spalle appoggiate al cuscino, lui, invece, era su di lei, con il mento sulle mani incrociate sopra il torace della ragazza. Si guardavano negl’occhi.
“E così partite…” Disse Frenzy.
“Già…” Rispose Bill, slacciando le mani e posando dolcemente il capo sul suo seno. “Mi dispiace tanto, ma domattina dobbiamo essere a Bologna per prendere l’aereo.”
“Non ti preoccupare.” Lo rassicurò lei, carezzandogli i capelli. “Sono stati i quasi tre giorni più belli della mia adolescenza…” Aggiunse ironica. Lui sollevò gli occhi e sorrise.
“Veramente sarebbero quasi cinque.” Rettificò, con la sua solita puntigliosità e alzando l’indice.
“Io conto dal primo bacio.” Rispose la ragazza.
“Ahhh, allora se è così!” Esclamò un divertito Bill, sporgendosi per baciarla ancora.
“Sai…” Affermò Frenzy, quando si furono scostati e lui ebbe ripreso la posizione sul suo seno. “…il tuo viso, quando è serio, ha un’aria veramente drammatica, ma quando sorridi… non lo so, è come se t’illuminassi, come una stella…”
“Oh, grazie…” Fece lui, alzando le sopracciglia. “Ad ogni modo, lo so, sono bellissimo…”
“E moooolto modesto…” Commentò lei ridendo.
“Me lo posso permettere.” Dichiarò il cantante, aggiustandosi i capelli con un gesto elegante.
“La Regina si può permettere qualsiasi cosa.” Proclamò con dolcezza la ragazza.
“Ma solo quando ha il suo boa di piume!” Precisò divertito lui. Scoppiarono entrambi a ridere.
“Dammi un bacio.” Ordinò Bill, quando le risate cessarono e rimasero solo occhi lucidi in occhi lucidi. Il ragazzo, strusciando su di lei, si allungò verso la sua bocca.
Fu un bacio lungo e profondo, fin troppo sensuale per due adolescenti con poca roba addosso, uno sull’altro, nel caldo dell’estate. Ma non andarono oltre, anche se, per un breve istante, entrambi lo avevano desiderato. Si lasciarono, rimanendo però abbracciati. Bill posò il viso nell’incavo del collo di Frenzy.
“Non vorrei andare già via, davvero.” Mormorò triste il ragazzo.
“Ciò non toglie che devi farlo.” Replicò saggiamente lei. Lui sospirò contro la sua pelle, spedendole un milione di brividi lungo la schiena.
“Voglio prometterti che non ti dimenticherò…” Affermò Bill, senza sollevare il viso.
“No, non farlo.” Lo bloccò Frenzy. “Non potresti mantenere la promessa e poi… è una roba da canzoni strappalacrime, io le odio.” Lui sorrise. “Beh, tranne «Paradise» di Springsteen…”
“Eheheh, aspettavo che lo dicessi!” Commentò il cantante; la sua voce era ovattava, vicino al suo orecchio.
“Mettiamola così…” Fece la ragazza, spostandosi un po’, lui si sollevò sui gomiti per guardarla negl’occhi. “…se un giorno scriverai una bellissima canzone d’amore strappalacrime, io saprò che non mi hai dimenticata.” Propose poi.
“Ci sto!” Acconsentì Bill. “Sarà la più bella che tu abbia mai sentito!”
“Grazie…” Gli disse lei, accarezzandogli la tempia; poi scese lungo la guancia liscia, verso la linea decisa delle labbra, soffermandosi sul neo che aveva sul mento. Quindi passò la mano sulla sua nuca e lo tirò a se, baciandolo di nuovo.

Bill stava monopolizzando lo specchio, come sempre. Tom osservò il suo profilo, mentre il gemello si truccava abilmente gli occhi. Era bello suo fratello, gli piaceva pensarlo, perché voleva dire che anche lui lo era! Sorrise di sbieco.
“Che cosa c’è?” Gli domandò Bill, scrutandolo attraverso lo specchio, mentre sfumava col dito l’ombretto sulla sua palpebra destra.
“Niente.” Rispose Tom, scuotendo il capo ma continuando a sorridere.
“Non me la racconti giusta…” Fece il gemello, girandosi verso di lui, mentre si appoggiava col fianco al lavandino.
Tom fece uno dei suoi sorrisetti storti e dolci. “È solo che…” Ammise infine. “…rivederti con la tua faccia completa mi fa sentire, in qualche modo, rassicurato.”
“E perché?” Replicò Bill, sorpreso e divertito.
“Perché vuol dire che tutto è a posto, regolare.” Spiegò il fratello.
“Tu sei scemo…” Commentò il cantante, girandosi di nuovo verso lo specchio, mentre scuoteva la testa. Tom continuava a sorridere.
“Beh?” Fece quindi il chitarrista, sistemando la tesa del suo cappellino. “Adesso che riprende la solita routine, tu rimetti su il trucco completo, niente più bandane mutandose, occhialoni telescopici… torni te stesso e, in un certo senso, questo significa che tutto torna a posto.”
Bill si rimise col fianco contro il mobile e guardò di nuovo il fratello. “Questo discorso mi fa pensare che io, per te, sono una specie di… punto di riferimento?”  
Tom fece una smorfia. “Che c’entra! Mica ho detto questo!”
“Ohhhh, sono il punto di riferimento di mio fratello!” Proclamava nel frattempo un saltellante Bill, con un paio di sbrilluccicosi occhioni molto kawai. “Sono il suo esempio di vita, mi adora come un dio!” Continuò, ormai partito per la tangente.
“Smettila!” Sbottò però Tom, lanciandogli addosso un asciugamano umido.
“Toooomiii!” Strillò l’altro, liberandosi. “Mi rovini il trucco, cazzo! E mi si schiacciano i capelli, ci ho messo mezz’ora!” Aggiunse, mettendosi subito ad aggiustare tutto.
Il chitarrista rise apertamente. “Sei sempre il solito narciso!”
“Uffa!” Imprecò l’altro, tamponando una sbavatura della matita. “Tom.” Chiamò poi, quando vide il gemello che stava per uscire dal bagno.
“Eh?” Rispose lui, fermandosi sulla porta.
“Anche tu.” Disse il cantante.
“Cosa?” L’interrogò il fratello.
“Sei un punto di riferimento per me.” Gli spiegò quindi Bill. “Volevo che lo sapessi.”
“Se ti aspetti che mi metta a saltare come un Pokemon, scordatelo!” Proclamò netto Tom, con uno sguardo più che eloquente.
“Non me lo aspetto, tranquillo.” Lo rassicurò il gemello, laccandosi un ciuffo particolarmente ribelle. “Anche se il Pokemon ti viene davvero bene…”
“Dai, muoviti, Reginetta di bellezza!” L’incitò divertito l’altro, uscendo dalla stanza. “Se non partiamo entro dieci minuti a David gli prende un attacco isterico!”
“Devo fare la pipììììììì!” Esclamò il cantante, mentre il gemello ridacchiava fuori dalla porta.

Dopo aver salutato madre, zia e cugini, i gemelli salirono sul furgoncino dai vetri scuri, insieme a Gitta e David, pronti a riprendere la vita di tutti i giorni. Erano anche tornati al loro solito look: Tom aveva un paio di jeans enormi col cavallo basso e una maglietta spropositata bianca e rossa, cappellino e fascia in tinta; Bill jeans firmati e stivali, maglietta nera con teschi dorati, catena tipo bicicletta, d’argento, al collo, anelli, trucco impeccabile, ciuffi aggiustati a dovere.
La macchina stava ormai lasciando la località vacanziera, nella sera ombrosa e tiepida, tipica della riviera romagnola. Il sole, già sparito, stava probabilmente regalando uno splendido tramonto dall’altra parte dell’Italia.
Stavano per lasciare il centro abitato, quando Bill si alzò di scatto dal sedile, lanciandosi tra Gitta e David, seduti di fronte e sporgendosi verso l’autista.
“Ferma un attimo, per favore!” Implorò il cantante e l’uomo accostò.
“Ma che succede?” Domandò la donna.
“Siamo già in ritardo!” Sbottò il manager, battendo un dito sull’orologio.
“Solo un momento!” Replicò Bill, aprendo lo sportello e fiondandosi fuori.
“Ma che cazzo…” Fece David con espressione interrogativa. “Bill!” Chiamò poi, sporgendosi fuori dallo sportello.
Tom, che aveva riconosciuto il posto in cui si erano fermati, sorrise, guardando il fratello correre verso un cancello, quindi fermò David che stava per scendere.
“Dagli due minuti.” Lo pregò, afferrandolo per un braccio; l’altro lo guardò aggrottando la fronte.
“Se tra cinque non è qui, vado a prenderlo di peso.” Affermò poi, risoluto. Gitta scosse il capo.
Bill bussò impaziente alla porta; qualche secondo dopo gli aprirono. Era Babi che, quando lo vide, in tutto il suo splendore, rimase un attimo imbambolata.
“Frenzy?” Domandò però lui. La ragazza, che non sapeva come spiegarglielo a parole, gl’indicò la cucina.
Frenzy e la madre erano a preparare per la cena. Quando la donna vide piombare nella stanza il ragazzo, pensò, per l’ennesima volta, che era un tipo decisamente troppo stravagante per essere un comune adolescente. Cavolo, sembrava una rock star!
“Bill!” Esclamò sorpresa Frenzy.
“Ciao…” Fece timidamente lui, dopo un cenno di saluto alla donna.
“Ma non dovevi partire?” Gli chiese la ragazza. Il cantante annuì.
“Mi aspettano in macchina, ma ti dovevo salutare.” Spiegò quindi.
“Ci siamo già salutati prima, no?” Replicò dolcemente lei.
“Già, ma volevo vederti per un altro momento…” Rispose il ragazzo, prendendola con delicatezza per le spalle. La madre sospirò, quando era giovane sarebbe piaciuto anche lei un ragazzo così romantico.
“Ma che cos’altro abbiamo da dirci?” L’interrogò Frenzy, fissando i suoi occhi stupendi.
“Io…” Esordì Bill, incerto. “Frenzy, io ti prometto che mi farò sentire, giuro che ti chiamerò…”
“Non promettere, te l’ho già detto!” L’interruppe lei, posando le dita sulle sue labbra.
Il cantante scostò la sua mano. “Ma io voglio farlo!” Protestò deciso.
Lei negò col capo. “Te ne dimenticherai, è inevitabile, soffriremo meno entrambi, se non prometti.”
“Sei testarda!” Sbottò il ragazzo.
“Tengo solo i piedi per terra.” Replicò tranquilla la ragazza. “E poi, ricordi, una promessa me l’hai fatta…” Aggiunse, riferendosi alla canzone.
“E la manterrò, stanne certa, donna crudele.” Affermò Bill con una smorfia.
“È tutto ciò che voglio da te.” Gli confermò Frenzy sorridendo.
“Sei certa che non vuoi proprio nient’altro?” Le chiese allora lui, con uno dei suoi sorrisi invitanti.
“Beh, se insisti… magari un ultimo bacio…” L’espressione di Bill s’illuminò come se gli fosse sorto il sole in faccia.
“Lo sapevo…” Mormorò quindi, avvicinandosi ancora a lei; prima di abbassarsi e baciarla, però, chiese con gli occhi l’autorizzazione alla madre, che glielo concesse con un gesto.
Si baciarono dolcemente, con il suono del clacson che richiamava Bill in sottofondo, mentre Babi sospirava felice, appoggiata alla porta.
“Devo andare…” Sussurrò il ragazzo, sui capelli di Frenzy, quando si furono lasciati. Lei non rispose, sorrise e basta, spingendolo verso la porta.
La ragazza lo seguì con lo sguardo, attraverso la finestra, mentre usciva di casa, percorreva il vialetto all’indietro, salutandola con la mano e, infine, risaliva in macchina. L’elegante mezzo si staccò dal marciapiede e si diresse verso l’autostrada. Frenzy sorrise, ma qualcosa di umido le faceva pizzicare gli occhi. Non era proprio il caso di piangere… o forse sì?

Qualche settimana dopo.
Frenzy era seduta sul davanzale della finestra di camera sua. In lontananza si vedeva il mare calmo. Quella mattina, l’ultima delle sue vacanze al mare, aveva incontrato Katy. La ragazza le aveva portato le foto della festa in maschera e ce n’era una che lei aveva voluto tenere per se.
Una pausa nelle danze. I visi arrossati dal caldo e divertiti. La sua parrucca bionda, il braccio intorno alle spalle sottili di lui. Il viso del ragazzo, decisamente femminile, con quel trucco e quei capelli. Due sorrisi irripetibili. Lo sguardo in camera. Certo che Bill aveva proprio un istinto per l’obiettivo… Ma quello che le piaceva di più, di quella unica foto insieme, era la sensazione di gioia, di spensieratezza, d’estate. L’avrebbe conservata per molto, molto tempo.
Alzò gli occhi sull’orizzonte. I ragazzi erano andati via solo da una quindicina di giorni, ma sembrava già passato un secolo. Li aveva visti in tv. Erano stati bravissimi dal vivo, non credeva che Bill fosse così intonato. Le sarebbe piaciuto, un giorno o l’altro, vedere un loro concerto.
Sorrise. Era stata fortunata. Quante ragazze avevano avuto ciò che aveva avuto lei? E anche se ora le erano rimaste solo una fotografia e una dolce nostalgia, non poteva fare a meno di esserne felice.
Afferrò il telecomando e accese lo stereo. Cercò la canzone che voleva sentire. La canzone che la faceva pensare a Bill. Chissà se lo avrebbe rivisto mai più… Forse, un giorno. Sì, più avanti, lungo la strada della vita, come diceva il Boss. Si accomodò meglio contro il davanzale, godendosi il profumo del mare. Domani si tornava in città. Oggi, era un altro giorno da mettere nei ricordi.

Got on my dead man's suit and my smilin' skull ring
My lucky graveyard boots and song to sing
I got a song to sing, keep me out of the cold
And I'll meet you further on up the road.

FINE


NOTE:
-    Non penso proprio che la madre di Bill e Tom abbia una gemella, anche perché ho sentito dire che spesso i gemelli saltano una generazione, ma è del resto appurato che quando ci sono gemelli in famiglia, ce ne sono stati o ce ne saranno altri. Quindi ho dato una gemella alla signora, così, tanto per divertirmi!
-    Spero non vi siate sconvolti troppo per la soluzione Gitta/David. Eheheh, non ho resistito! Anche perché lui, onestamente, non è che sia da buttare…
-    Babi. Beh, con lei intendevo dare volto alle tipiche fan scatenate. Sì, lei è di quelle che si strappano i capelli, buttano le mutande sul palco e urlano, tanto. All’inizio mi stava un po’ sulle balle, però, sapete, in seguito ad altri eventi l’ho un po’ rivalutata… sarà capace di grandi cose (almeno secondo la sua opinione).

RINGRAZIAMENTI:
Elychan – i sogni strani ci accompagnano, per me sono quasi una certezza, quasi non mi sconvolgono più. Anche tu sei partita, quindi che ti posso dire… in ogni caso aspetto il commento dell’ultimo capitolo, perché non ti vorrai perdere la riappacificazione, vero?!
RubyChubb – sono davvero felice che la storia ti sia piaciuta, perché a me non piaciute tantissimo le tue! Per me puoi usare tranquillamente la mia biscia, basta che da qualche parte dici che la frase l’ho partorita io, così siamo a posto con le regole del sito! ^__^
tEiNa – grazie per i complimenti! Spero che anche l’ultimo capitolo non ti deluda!  
Nana Punk – beh, per me è ovvio che litighino. Io fratelli non ne ho, ma tutti quelli che conosco litigano, quindi ho fatto litigare anche i mi’ bambini! I dialoghi tra loro, poi, anche se sono discussioni, adoro scriverli! Grazie ancora per i complimenti!

Un grosso grazie anche a chi legge soltanto ed ai soliti ritardatari vacanzieri! (mi raccomando, vi aspetto!)

E, infine… LA SORPRESA!!
Sì, gente, non poteva finire così. Questo è l’annuncio ufficiale, sto scrivendo il SEGUITO! Quindi, a presto su queste pagine!


   
 
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