Il
primo di Aprile si era recata davanti ai tre manici di scopa come
diceva la lettera. Alle dieci in punto. Non aveva dormito tutta la
notte, ma non era una cosa nuova per lei.
Si era
data della stupida, aveva deciso mille volte di non andare, ma altre
mille aveva cambiato idea.
Sapendo
che sarebbe caduta ancora più giù nella
disperazione, si era
vestita con ansia e alle dieci meno un minuto si era smaterializzata.
Il
familiare profilo di Hogsmeade in primavera le riempì gli
occhi.
L'aria era più calda, le vetrine dei negozi rilucevano sotto
il
sole, gli studenti in libera uscita ridacchiavano contenti. George
era lì ad attenderla, davanti al familiare pub, senza notare
le
occhiatine ammirate delle studentesse. Seguite da ridolini.
Era
bello, più bello di come lo ricordasse. I capelli accesi dal
sole,
il bel profilo, la presenza statuaria.
-Maledizione!
Non devi essere così bello!-
La notò
a pochi passi da sé. La sua bocca si aprì
allarmata e
stupita. Katie
se l'era aspettato. Lei non diventava più bella giorno dopo
giorno
come lui.
George
osservò il suo volto scavato, le occhiaie profonde, il suo
fisico
che prima era femminile e ben tornito ridotto quasi pelle e ossa.
Incredulo
e spaventato le corse incontro per abbracciarla. Katie sentì
risatine qua e là mentre assaporava masochisticamente
quell'abbraccio. Sentì alcune chiedersi perché
abbracciasse una
racchia come lei.
“Perché
sei ridotta in questo stato?” domandò alterato,
senza tanti
preamboli.
-Per
colpa tua. No, per colpa mia che ti amo.-
“Son
stata poco bene ultimamente. Ho preso la Chiropterite Magnus due
settimane fa” mentì lei.
George
la osservò fisso negli occhi cercando la menzogna. Sembrava
non crederci, ma Katie non era stupida. Aveva scelto la malattia che
rendeva le persone nello stesso stato in cui era lei. Anche se queste
ultime non avevano anche il cuore spezzato, al contrario di Katie.
“E
perché io non ne ho saputo nulla?” chiese sempre
più sospettoso.
-Perché
non ti fai vivo da due mesi. Da quando abbiamo fatto l'amore!-
“Ho
preferito non dirlo a tua madre, tua sorella, Hermione e via dicendo
per non allarmarle senza motivo. Ora sto bene”
continuò a mentire.
George
non ribatté, ma mentre si avviavano fianco a fianco
continuò a
guardarla di tanto in tanto in tralice. Forse aveva paura che un
soffio di vento potesse spazzarla via.
Katie
non chiese nulla del perché si fosse fatto rivedere dopo due
mesi
come se nulla fosse; aveva deciso che, a seconda di come sarebbe
andato l'incontro e di cosa lui avesse detto, sarebbe scoppiata in
recriminazioni solo alla fine. Adesso che si erano rincontrati
avrebbe preteso risposte e le avrebbe avute.
George
la condusse verso Hogwarts. Il
castello, che non vedeva dalla battaglia, era ritornato all'antico
splendore. La McGranitt, che dopo la guerra era stata nominata
Preside temporanea, aveva ricostruito le parti cadute dalla violenza
degli scontri e, se possibile, il castello le sembrò
più bello che
mai.
Forse
perché era il contenitore di milioni di ricordi, dolci,
amari,
felici e tristi della sua adolescenza. Si perse dentro quei ricordi,
sognante.
“Ho
chiesto al Preside il permesso per oggi. Ha risposto con uno squittio
entusiasta” disse lui mentre oltrepassavano i prati e si
avvicinavano al portone.
-Squittio?-
George
osservò il suo viso confuso trattenendo un sorriso.
“Non
sai chi è adesso il Preside? Vitious!” rispose
facendola
sorridere.
Il
piccolo, saltellate, sempre allegro Vitious, Preside. Trovò
l'idea buffa, anche se pensò che fosse perfetto.
Una volta entrati dentro ritornarono silenziosi. Katie lo seguì su per le rampe di scale, sapendo già dove stessero andando. Arrivati al corridoio del settimo piano, George fece ancora qualche passo verso un angolo riparato, vicino alle finestre.
Rimase
a fissare un punto per terra, respirando pesantemente. Katie lo
raggiunse e gli prese la mano, tremante. Erano nel punto dove era
morto Fred, entrambi ricoperti di lacrime.
“Harry
mi ha raccontato tutto. Che è morto ridendo, che Percy ha
cercato di proteggerlo.
Mentirei se dicessi che non l'ho odiato per non essere morto al posto
suo, quando odiavo me stesso più di chiunque altro per
essergli
sopravvissuto” raccontò tranquillo nonostante le
lacrime.
“Non
ero mai venuto qui. Io non c'ero. Ho sempre creduto che se fossi
stato con lui quel giorno non sarebbe accaduto nulla. Io e lui ci
portavamo fortuna a vicenda. Non so nemmeno quando e perché
ci siamo
separati, non l'avremmo mai fatto coscientemente.”
Katie
non riusciva a trattenere i singhiozzi. Sapeva che George non aveva
mai detto quelle cose a nessuno. Perché voleva dirle a Fred.
Era
come se si stesse scusando con lui.
“Fred!”
esclamò a voce alta. La sua voce echeggiò nel
corridoio deserto.
“Tanti
auguri! E' il nostro ventiduesimo compleanno. Ti voglio bene
Fred...ma io andrò oltre. Tu ti sei portato via una parte di
me, io
ne tengo qui una di te. Quando ci incontreremo avrò talmente
tante
cose da raccontarti che riderai per anni. Ho intenzione di far ridere
il mondo fino a scuoterlo. Aspettami Fred, ma non troppo presto.
L'attesa renderà più epico il momento!”
Katie
sapeva di essere sciocca, ma le sembrò che un soffio di aria
calda
le avesse attraversato il cuore. La stessa sensazione che provava
anni prima al sentire la risata di Fred.
Si
diressero con calma verso il portone, asciugando piano le lacrime.
Quello
era il vero dolore, si disse Katie. Lei si stava solo
auto-commiserando e distruggendo per capriccio. Il dolore che provava
non era nemmeno un decimo di ciò che George aveva provato a
perdere
Fred, pensò dandosi della stupida.
-Andrò
avanti anche io. L'ho amato per sei anni. E' ora di dimenticarlo.-
Pix il
poltergeist volò pigro sopra di loro, in sala d'Ingresso.
Alla vista
di Katie sembrò volerle tirare uno scherzo mancino, con un
ghigno
perfido. Poi notò George al suo fianco e, inaspettatamente,
rimase
rigido in segno di saluto finché non sparirono oltre il
portone.
Katie
iniziò a dirigersi verso i cancelli, ma George la trattenne,
tirandola invece verso la foresta.
“C'è
ancora un posto che voglio vedere con te, dato che siamo
qui>>
mormorò con la voce ancora roca dal pianto.
Katie
sapeva dove volesse andare e sapeva che rivedere quel posto le
avrebbe fatto male.
-Ma
forse, sarà il gradino che mi permetterà di
dimenticarlo.-
La
capanna di Hagrid era silenziosa, ma uno sbuffo di fumo usciva dal
comignolo.
Il familiare profilo del pozzo sembrò correre loro incontro felice. Katie non lo vedeva da anni, ma ricordava ogni pietra, ogni ciuffo d'erba. Sembrava che non fosse stato minimamente scalfito dalla battaglia di Hogwarts, come se si fosse auto difeso, nascondendosi agli occhi di tutti.
Alla
luce del sole che filtrava tra gli alberi era diverso. La luce
blu era tenue e delicata e riusciva a illuminare solo l'arco sopra di
esso. Katie notò un particolare nuovo: una pianta di rose
era
cresciuta abbarbicata all'arco, avvolgendolo con le sue foglie verde
scuro e i primi timidi boccioli bianchi.
Chiudendo
il cancello alle sue spalle George lasciò andare la sua mano.
Katie
si sedette sul basso sedile in pietra. Lo
ricordava più grande, quanto era alta a quindici anni?
George
si sedette sul suo, dall'altra parte del pozzo. Katie lo vedeva
perfetto e nitido.
“Si è
rotto?” mormorò allarmata.
George
rise.
“Il
pozzo funziona solo di notte. Di giorno è un pozzo normale.
Credevo
lo sapessi!”
“No.
Io non ero nemmeno certa che esistesse. Credevo fosse una
leggenda”
confessò Katie.
“E
hai comunque cercato di trovarlo? Di notte, da sola?”
Lei
tirò su le spalle. Ripensandoci
in quel momento si diede della stupida, ma a quindici anni era
sembrata l'idea migliore di tutte.
“Sono
sempre più convinto che fosse destino. E' stato quello a
guidare i
nostri passi” sussurrò piano lui.
-Sì,
destino! Destinata ad amarti senza speranza.-
Lui la
guardava negli occhi.
“Mi
dispiace, Katie” esclamò dopo, serio.
“Per
cosa?”
“Per
averti ridotto in questo stato. Non sono stupido!” aggiunse,
interrompendola dato che lei aveva aperto bocca per controbattere.
“Mi
vergogno di quello che ho fatto, ma ho dovuto”
continuò
imperterrito.
Katie
si alzò in piedi.
Non
voleva ascoltare, non voleva stare lì, al pozzo dove si era
innamorata di George ad ascoltarlo mentre gli diceva che amarlo era
stato uno sbaglio. Mentre etichettava la notte più bella
della sua
vita come un errore.
George
si alzò di riflesso. Circumnavigando il pozzo le
andò accanto e la
spinse di nuovo sul sedile in pietra. Con la mano sulla spalla la
teneva seduta.
"Sono
sparito dopo quella notte per un milione di motivi. E anche se ti sei
ridotta in questo stato a causa della mia sparizione, non me ne
pento. Anche se non avresti dovuto!” sbottò
fulminandola con lo
sguardo.
Katie
si chiese dove volesse andare a parare.
-Sii
chiaro una buona volta!-
Continuava
ad ascoltarlo senza interrompere, voleva proprio sentire il suo
milione di buoni motivi.
-Uno è
che non ti ama! AH!-
Si
sedette nel sedile al suo fianco.
“Quella
notte, mentre tu dormivi tra le mie braccia, io son rimasto tutta la
notte sveglio, a pensare. Pensai che anche se era stato bello, anche
se l'avevo desiderato, era sbagliato” confessò
tutto d'un fiato.
Katie
trattenne le lacrime. L'aveva pensato, l'aveva immaginato, ma
sentirlo dalla voce di George faceva male.
“Tu
eri la donna che mi aveva aiutato a ritrovare me stesso. Eri l'amica
che ogni volta c'era per consolarmi, aiutarmi o spronarmi. Tu eri il
mio punto fermo, ogni cosa iniziava e finiva con te. E io ti sono
saltando addosso inquinando ciò che c'era.”
Voleva
gridare, diventare sorda o svenire, ma non voleva continuare ad
ascoltare. Era persino peggio della sparizione di lui. Faceva
così
male che il respiro le si bloccò in gola con dolore mentre
cercava
di trattenere le lacrime.
“Quella
notte decisi che sarei sparito, che avrei vissuto senza vederti,
senza sentirti, per dimostrarmi e dimostrarti una cosa: che sono
capace di vivere senza te. Che non avevo bisogno di te per continuare
a vivere.”
Katie
non restò seduta un minuto di più.
Saltò su, picchiettando la mano
che la tratteneva sulla spalla, con la bacchetta, che si ritrasse per
il calore. Piangendo
silenziosamente corse verso il cancello e fece per aprirlo, ma non si
mosse. Gli puntò contro la bacchetta pensando una sfilza di
incantesimi, ma rimase chiuso. Lo scosse con forza nella
disperazione, ma quello cigolò senza aprirsi.
“E'
chiuso per magia” mormorò George alle sue spalle,
“resterai qui
a sentire tutto quello che ho da dire.”
Si
abbandonò distrutta sul cancello, continuando a non
guardarlo.
Quello non era George, quell'uomo crudele non era affatto il suo
George.
“Ho
continuato a vivere tranquillamente, come una persona normale. Ormai
grazie a te avevo recuperato tutto di me. Ma qualcosa non andava. Tu
e quella notte.” aggiunse, ignorando il fatto che lei
non lo
guardasse in faccia.
Le mani
di Katie tremarono, strette all'inferriata del cancello. Divennero
bianche, poi livide.
Che
cosa pretendeva? Che sparisse dalla faccia della terra? Che chiedesse
scusa? Che si obliviasse eternamente per dimenticare quella notte?
“Giorno
dopo giorno la mia teoria, che aveva preso corpo in me in quelle ore,
trovò conferma: scoprii che potevo vivere senza di te, ma
che non
volevo. Perché da quel giorno al pozzo di quasi sei anni fa,
ti ho
amato con ogni centimetro di me” sussurrò dolce.
Katie
si girò incredula ad osservarlo. George era pochi passi
dietro di
lei sorridente. Rimase
rigida e immobile a fissarlo, il labbro tremolante trattenuto tra i
denti.
“Se
mi ami...perché hai detto che quella notte è
stata uno sbaglio?”
Lui la
trasse a sé vicino al pozzo. Lei continuò ad
evitare che
l'abbracciasse.
-E'
tutta una scusa per buttarmi giù!-
“E'
stata uno sbaglio. Perché non ti ho detto che ti amavo,
perché
sembrava che ci fossimo buttati uno nelle braccia dell'altro per
disperazione, per bisogno di affetto morboso. Se quella sera ti
avessi detto che ti amavo, che ti avevo sempre amato, sarebbe stato
diverso. Ma avevo paura di ammetterlo. Amare ancora vuol dire pensare
un giorno di perdere ancora e io avevo già perso tutto una
volta.”
Katie
piangeva incredula. Voleva crederci, ma sembrava troppo bello. Troppo
bello per essere reale.
“Ma
questi due mesi senza di te son stati un tormento. Non c'è
stato un
minuto in cui non ti abbia pensata. In cui tu non mi sia
mancata.”
“Quindi
quella notte...tu mi amavi?” chiese incapace di trattenersi
ancora. Voleva
sentire ripeterglielo altre mille volte, anche se non fosse stato
vero. Aveva un suono così dolce che non le importava fosse
una
bugia.
George
la prese tra le braccia e la trattenne mentre lei si divincolava,
piccola, fragile e impaurita. Era stato un idiota a lasciare che si
riducesse così.
La
strinse forte al petto.
“Quella notte. E tutte le notti prima di quella. Da quando hai varcato questo cancello, io non ho fatto altro che amarti. Ma tu volevi mio fratello e io soffrivo in silenzio. Il giorno del ballo eri tutta per me, ed ero felice! E volevo quel bacio! Ti ho visto crescere e maturare, prendere i tuoi G.U.F.O.! Sei tornata dall'estate più bella che mai e io non potevo averti. Pensavo che amassi ancora Fred. Chiesi ad Angelina dei consigli, ma non potevo seguirli, non riuscivo a dichiararmi. Quando mi dicesti che Fred non ti interessava più, toccai il cielo con un dito. Quella notte non chiusi nemmeno occhio. Mi dissi che avrei aspettato un po', che tu fossi certa di non trasferire i tuoi sentimenti su di me e poi mi sarei fatto avanti” iniziò a raccontare sincero.
Il
rimbombo della sua voce nel petto non le suscitava risa, la teneva
ipnoticamente incollata a lui.
“Ma
la mattina dopo vidi te e Fred in biblioteca, da soli, sospetti. Tu
eri triste e lui ti consolava. Ero così arrabbiato. Che mi
avessi
mentito. Che l'amassi ancora. Decisi di non volerti più
vedere.”
Katie
si ricordò della prima riunione dell'ES, in cui lui aveva
girato la
faccia offeso.
“No!
Fred mi stava consolando perché aveva saputo da Angelina che
tu eri
innamorato di una sua amica. E io ero a pezzi!”
sbottò al sicuro
nelle sue braccia.
Quella
stretta dolorosa al petto si stava sciogliendo, ma il suo naturale
cinismo le diceva di non gioire ancora.
“Eri tu quell'amica, ma a lei non avevo detto il nome. Non avevo confidenza con Leanne, non potevo chiederlo a lei. Anche se col senno di poi mi accorgo che forse sarebbe stato meglio. Abbiamo sprecato anni a causa di malintesi. E tutto ha molto senso ora. I tuoi incontri con Fred, il nervosismo quando ci incontravamo, il fatto che mi fissassi. Credevo mi scambiassi con Fred e mi faceva ancora più infuriare.”
“Allora
è per quello che ti sei arrabbiato dopo il bacio. Io non vi
ho mai
confusi!” si difese Katie, pensando che la cosa fosse ovvia.
“Mentre
ci baciavamo ero felicissimo, ma d'improvviso mi sentii morire,
credendo che tu ti stessi accontentando, dato che non potevi avere
Fred.”
“Ti
ho già dato dello stupido per quello, vero?”
chiese Katie
facendolo ridere, mentre si gustava la sua confessione, incredula.
“Oh,
sì. Il marchio della tua mano è rimasto impresso
per una
settimana
sulla mia guancia” continuò George, mezzo
arrabbiato mezzo
divertito mentre lei rideva.
“Poi
sono scappato via da Hogwarts e credevo che sarei riuscito a
dimenticarti, in qualche modo. Con la lontananza, col tempo.”
La
strinse più forte nel suo abbraccio, per comprovare che
fosse
davvero lì, tra le sue braccia.
“E ci
siamo rivisti dopo più di un anno dopo quel momento, alla
Tana”
ricordò Katie, ricambiando l'abbraccio.
Lui si
irrigidì un poco.
“No,
in effetti. Io ti ho rivista prima” raccontò
George, lasciando lei
basita. “Sono
venuto a trovarti in ospedale, quando sei stata maledetta dalla
collana.”
Katie
si staccò da lui, gli occhi ormai asciutti aperti per la
sorpresa.
“Tu...sei
venuto da me? Quando?” domandò agitata.
“A
marzo. Ti dissi che ti amavo mentre eri ancora incosciente e poi dopo
nemmeno una settimana ti eri risvegliata, e io credevo che forse mi
avessi sentito, che ti fossi svegliata per me. Invece ti trovai a
baciare Daniel. Una gran bella sorpresa.”
Il suo
tono di voce era alterato, iroso.
Lei
capì in quel momento perché lui era andato via,
quel giorno.
“Io
non ho nessun ricordo di quando ero in coma. Niente, sono sei mesi di
vuoto per me. E in mia difesa ti posso dire che ho accettato la corte
di Daniel perché, appunto, io non ti vedevo da
più di un anno, e
non ci eravamo lasciati in buoni rapporti. Io volevo
dimenticarti”
esclamò Katie tremando appena. Voleva
che George capisse, che non la giudicasse male, non quando erano ad
un passo dal costruire qualcosa.
Lui la
osservò con sguardo cinico, pensieroso. Poi aprendosi in un
sorriso
tornò ad abbracciarla.
“Come
sei impegnativa. Guarda come mi hai fatto dannare in questi
anni!”
“Come
abbiamo fatto a cadere in questa trappola di equivoci? E'
così
assurdo!” sospirò Katie stupefatta.
“L'insicurezza.
Eravamo entrambi molto insicuri, molto spaventati. E' facile che le
cose non siano chiare se l'insicurezza ti blocca. Se io non fossi
stato insicuro a causa di mio fratello ti avrei detto subito che ti
amavo. Se tu non fossi stata insicura delle tue qualità
saresti
venuta a dirmi che mi amavi, e non avremmo perso nemmeno un
minuto.”
Rimasero
abbracciati a pensare a tutte le volte che avevano sofferto per un
sorriso fugace dell'altro, pensando che non fosse rivolto a loro. Ai
sospiri che non credevano fossero suscitati dai reciproci pensieri.
Alle volte che erano stati soli, sul punto di dichiararsi e nessuno
dei due l'aveva fatto.
“Me
lo dici ancora una volta?” sussurrò lei
imbarazzata.
“Ti
amo, Katie. E sono convinto che non dovremmo sprecare più
nemmeno un
minuto.”
“Vuoi
dire che staremo insieme, da adesso in poi?” chiese temendo
e
bramando una risposta con la stessa dolorosa intensità.
“Tu
non mi hai detto che mi ami!” protestò lui offeso.
Katie
rise tirando su piano col naso.
“Ti
amo, George. Da quella notte qui al pozzo.”
Lui la
lasciò quel tanto che le permettesse di guardarlo. Si
baciarono
intensamente. Nel loro luogo preferito, nel posto dove si era
innamorati e tutto era incominciato. Quando
le loro labbra si staccarono lui la strinse ancora forte, incapace di
lasciarla andare.
“Donna
di ghiaccio?”
“Dimmi
uomo del mistero.” Le
avrebbe chiesto ancora di ballare?
“Vuoi
sposarmi?”
Katie
spalancò gli occhi e alzò la testa incredula
slogandosi nel
procedimento tre o quattro nervi. Lo stomaco contratto
dall'agitazione. Gli occhi azzurri di George la fissavano dolci, in
attesa. Un mezzo sorriso speranzoso sulla bocca.
“Ma
un paio di mesi fa eri terrorizzato all'idea che Alicia si sposasse,
dato che ha la tua età! E adesso ti vuoi sposare?”
controbatté
incredula e spaventata.
“Perché
sposa Baston. Qualsiasi età è sbagliata per
sposare quell'idiota
maniaco di Quidditch! E per farci dei figli maniaci di
Quidditch!”
strillò George mezzo serio, prima di scoppiare a ridere
insieme a
lei.
“Mi
vuoi sposare?” chiese ancora, fissandola intensamente,
iniziando a
sentirsi a disagio. Forse
temeva che lei gli avrebbe risposto di no.
Katie
trasse un profondo, grande respiro. Il primo vero ossigeno che avesse
mai attraversato il suo corpo o il suo cuore. Sorrise estatica.
“Sì
che lo voglio, Uomo del mistero! Certo che lo voglio!”
Quella
sera, dopo che ebbero passato il tempo insieme recuperando un po' di
quello perso, che si furono confidati i mille e più tormenti
che li
avevano attanagliati, che ebbero riso, pianto, che si furono amati
con tutto il cuore, George la portò alla Tana, alla cena per
il suo
compleanno.
La
signora Weasley l'aveva sgridata per la sua magrezza riempiendole il
piatto cento volte almeno. Ginny e Hermione l'avevano abbracciata,
scioccandola un po'. Tutti
l'avevano accolta come un familiare perso, che ritrovavano con gioia.
Si sentì così amata che scoppiò a
piangere, nella confusione
generale.
Nel bel
mezzo della cena George annunciò il loro matrimonio, il mese
dopo.
Un'esplosione di voci si levò dal tavolo gremito, incredule,
felici,
emozionate, miste a risate, pianti, fischi.
George
e Katie si trovarono stretti in un abbraccio così grande che
non
erano certi di quali mani fossero di chi. La
signora Weasley commossa iniziò già a fare
progetti, sotto gli
sguardi allarmati di tutti.
Katie
rideva, tra le lacrime, la mano nella mano di George, anche lui
emozionato.
“Perché
così presto? C'è un bimbo in arrivo?”
chiese Ron secco, con pura
innocenza.
Hermione
lo colpì col dorso del coltello sulla mano. La
signora Weasley arrossendo sputò il tè che stava
bevendo con gli
occhi tondi come galeoni.
La
domanda seguì il silenzio più eclatante che Katie
ebbe mai modo di
sentire.
Gli
sguardi di tutti erano su loro due. George
sorrise beffardo. A Katie ricordò vagamente Fred.
“Chissà.
Vi diciamo solo che non possiamo più aspettare!”
dichiarò alla
famiglia incredula.
Scoppiò
il putiferio.
Molly
ormai dello stesso colore dei suoi capelli saltò su a fare
la
ramanzina a George, che scappò ridendo dalla cucina. Ron
applaudiva
il fratello, un piede sul tavolo. Hermione troppo felice si
dimenticò
persino di sgridare Ron. Fleur e Ginny assediarono Katie con mille
domande e complimenti. Il signor Weasley in preda ad un quasi malore
beveva un goccio di Whisky per festeggiare. Percy si aprì in
un
sorriso guardando la scena. Bill esultava per il cuginetto per suo
figlio e per il fatto di diventare zio. Charlie cercava di tenersi
alla larga da sua madre che lo prendeva come esempio di
virtù e
rettitudine. Harry, incredulo, cercava di sopravvivere alla serata.
Ore e
ore dopo, quando gli animi si furono placati, dopo che Katie ebbe
sgridato George, che ebbero assicurato in ogni lingua conosciuta,
perfino in troll, che lei non fosse incinta, che la signora Weasley
si fu ripresa dallo svenimento, finalmente si prepararono ad andare.
George era felice.
-Di
aver portato scompiglio sicuramente.-
La
signora Weasley li salutò ancora emozionata e arrabbiata,
sulla
porta della Tana, sotto una notte stellata. Dopo
averla abbracciata con affetto le squadrò la pancia
sospettosa.
“Per
la centesima volta. Non sono incinta, signora Weasley”
sussurrò
stanca.
“Ma
rimedieremo stasera, nonna!” urlò George un attimo
prima della
smaterializzazione.
Evitò
uno stivale di gomma per un soffio.
Katie
dormì tra le braccia di George quella notte, felice,
tranquilla,
amata.
Sicura
per la prima volta in vita sua.
Note:
Eccoci
qui, da quando aspettavamo questo momento? Finalmente stanno assieme,
ho richiesto cori di voci angeliche e di alleluja!
Alla
fine sappiamo anche cosa George ha pensato nel corso degli anni e il
motivo di molti comportamenti assurdi. Che dite, lo perdoniamo?
Domani
c'è l'ultimo capitolo, vado a prepararmi psicologicamente!
Vi
mando un abbraccio
Mimì