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Autore: BogartBacall    01/02/2013    4 recensioni
Faceva freddo, ad Azkaban, e non per gli spifferi che penetravano da ogni pertugio. Quel senso di gelo, sulla pelle e nell’anima, accomunava tutti i prigionieri: dagli ospiti di vecchia data ai nuovi arrivati, nessuno era immune a quella sensazione.
Tutti, ad Azkaban, erano uomini morti che camminavano.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lucius Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Non si vede bene che col cuore'
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Dead man walking

Faceva freddo, ad Azkaban, e non per gli spifferi che penetravano da ogni pertugio. Quel senso di gelo, sulla pelle e nell’anima, accomunava tutti i prigionieri: dagli ospiti di vecchia data ai nuovi arrivati, nessuno era immune a quella sensazione.
Tutti, ad Azkaban, erano uomini morti che camminavano.

Lucius Malfoy guardava fisso attraverso il pertugio posto nel punto più alto della cella, dando le spalle alla porta. Da lì riusciva a vedere il cielo, unica manifestazione del tempo che scorreva, del susseguirsi delle stagioni, sempre mutevole, ma rassicurante. Pioggia, sole, notte e giorno: nonostante i continui cambiamenti, niente riusciva a dare sollievo al suo animo tormentato come quel frammento di blu, così simile al colore degli occhi della donna che amava.
Fissò il quarto di luna crescente, immaginando che sua moglie e suo figlio stessero facendo lo stesso. Gli piaceva pensare che si trovassero magneticamente attratti dalla luna, come se li stesse richiamando, come se sentissero che lui voleva che lo facessero, soprattutto Draco. Negli anni il suo atteggiamento nei confronti del ragazzo era stato autoritario e dispotico e quella era forse la cosa di cui più si pentiva: amava Draco, era la gioia più grande che la vita gli avesse donato, ma non era mai riuscito a dimostrargli quanto tenesse a lui, frenato dall’orgoglio, dal timore che volesse diventare come lui, un inutile vigliacco opportunista. Gli aveva insegnato ad essere altezzoso e strafottente, non perché realmente convinto della loro superiorità sugli altri, ma perché era la maschera che aveva dovuto indossare per sopravvivere dopo essersi tolto quella da Mangiamorte. Tutti, nel mondo magico, avevano dubitato di lui, della sua presunta innocenza e avrebbe giurato che non avrebbero risparmiato nemmeno Draco. Draco Malfoy, il figlio del Mangiamorte. Draco Malfoy, il buono a nulla, come suo padre. Draco Malfoy, il codardo. Era per lui che aveva deciso di diventare un cinico egoista, almeno pubblicamente. Solo così sarebbe riuscito a riconquistare un minimo di rispetto, solo grazie alle minacce e al brivido di terrore che riusciva a far scorrere lungo la spina dorsale del suo interlocutore con un unico, semplice sguardo glaciale. Del resto, se non fosse stato per suo figlio, non gli sarebbe minimamente importato di quello che la gente poteva pensare di lui, perché sapeva che la persona più importante per lui era a conoscenza di che uomo fosse in realtà. Narcissa era sempre riuscita vedere oltre, al di là della sua immagine pubblica, al di là dei preconcetti. Era come se possedesse, lei sola, la chiave per leggere nella sua mente e nel suo cuore. Aveva capito fin dal primo istante, quando si era seduta al tavolo di Serpeverde per la prima volta, che non si trattava di una ragazza qualunque, almeno non per lui. Negli anni aveva mantenuto un atteggiamento distaccato e formale, salvo poi decidersi, durante il suo ultimo anno di scuola, a formularle quella richiesta, inaspettata e pura: voleva conoscerla, capire chi fosse in realtà quella ragazza misteriosa e riservata con cui aveva condiviso sei anni di studi, ben sapendo che questo avrebbe significato innamorarsene.

La sensazione di freddo aumentò, annebbiandogli la mente. Come ogni volta che la sua mente correva a Narcissa e al loro amore, i Dissennatori erano entrati nella cella, pronti a derubarlo del suo pensiero più felice. Avrebbe dovuto essere preparato a quell’evenienza, dal momento che accadeva in continuazione, visto che il suo spirito rincorreva perennemente il ricordo di sua moglie e del loro amore, ma era impossibile abituarsi a quello strazio, a quella sensazione di svuotamento, di angoscia che ogni volta lo attanagliava, sempre più intensamente, sempre più nel profondo.
Sentì le lunghe dita affusolate e luride di una delle creature afferrargli la spalla, costringendolo a voltarsi. Alzò lo sguardo, in segno di sfida, perché non voleva dargli l’impressione di arrendersi, di essere rassegnato a quel destino, ma il lampo di terrore nei suoi occhi lo tradì, come ogni volta. Vide la creatura avvicinarsi e sentì il suo io come risucchiato in un vortice di disperazione e tenebra. Poi, furono solo ricordi.

Sua madre morta, distesa sul letto, vista attraverso una porta socchiusa, attraverso i suoi occhi di bambino di appena quattro anni; suo padre che esala il suo ultimo respiro, fra atroci sofferenze e la sensazione di essere rimasto solo al mondo; quattro uomini che lo afferrano, mentre un quinto, il più temibile, gli appoggia una bacchetta sull’avambraccio sinistro, sibilando un incantesimo, facendo comparire il Marchio della sua condanna; Narcissa che gli strappa la camicia e guarda inorridita il simbolo dei Mangiamorte, lasciandolo; una bambina, fra le sue braccia, bellissima, ma priva di vita; il crollo di sua moglie, le lacrime, un altro addio; il Marchio che riprendeva a pulsare, a prendere colore, la consapevolezza del Suo ritorno; il fallimento all’Ufficio Misteri; le espressioni spaventate di Narcissa e Draco alla lettura della sentenza che lo condannava alla reclusione ad Azkaban.

Qualcosa si smosse in lui, consapevole che quello era il fondo, che da lì si poteva solo risalire. Infatti, lentamente, iniziarono ad affiorare in lui le immagini dell’altra sua vita, quella felice.

Narcissa che si presenta al loro primo appuntamento; il loro primo bacio; il loro primo Natale insieme; la loro prima volta, dopo essersi sposati; la nascita di Draco…

Sentì il respiro del suo carceriere stridere e la morsa allentarsi. Il sangue riprese a scorrere nelle sue vene, un senso di calore irradiarsi sotto la pelle, nelle sue vene. Il sorriso luminoso di Narcissa fu l’ultima cosa che vide, prima di riaprire gli occhi e scorgere il quarto di luna crescente che lo osservava dall’alto.
Ancora una volta lo aveva salvato. Ancora una volta era stata lei.


N.B. La storia è ispirata ai fatti come li ho descritti in "Come al sole, all'improvviso".
Da questa one-shot mi è nata l'ispirazione per la drabble "Azzurro come il cielo", che ha partecipato al contest IN SINTESI-Tutto in una frase, indetto da GinevraCorvino sul forum di EFP.

   
 
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