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Autore: _DNA    01/02/2013    2 recensioni
{fic momentaneamente sospesa}
Crossover tra Inazuma Eleven Go e Project Zero: primo tentativo di crossover in assoluto!
Ebbene, questa volta mi sono cimentata nel genere thriller e sovrannaturale.
“Project Zero” non è un anime, bensì un videogioco: più precisamente una serie di videogiochi del tipo “horror psicologico” (con fantasmi che ti compaiono davanti senza avvisarti e ti fanno prendere un infarto!XD). Comunque a me sono piaciuti tantissimo, anche perchè la storia è molto intrigante! E l'idea mi è venuta proprio mentre stavo giocando...
"Shindou Takuto ed Ema Hasegawa(la OC che ho creato per l’occasione), sono i protagonisti principali.
I due amici entrano a loro insaputa in un villaggio abbandonato, infestato da anime malvagie, ambiente nel quale si svolgerà l’intera vicenda.
Capiranno che si tratta dello stesso villaggio di cui parlano numerose leggende: esso cela un orribile segreto, che i due ragazzi non tarderanno a scoprire. Durante la ricerca della strada per il ritorno, si ritroveranno a rivivere il momento della distruzione del villaggio e, con l’aiuto di uno strumento tanto stravagante quanto potente, dovranno reprimere le anime che li ostacoleranno."
Embè, spero tanto di avervi incuriosito e che entrerete a leggere!!^^ Grazie tante!
†Elly-chan†
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shindou Takuto
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Non è possibile svegliarsi alle sei di mattina pieni di allegria e con il sorriso stampato in faccia.

Ema però rappresentava l’eccezione alla regola. Appena la sveglia iniziò a suonare, lei saltò giù dal letto e andò di corsa ad aprire la finestra con un rapido gesto, sporgendosi all’infuori di essa. Il paesaggio che si osservava era semplicemente mozzafiato. Il sole estivo faceva timidamente capolino dalle cime alte degli edifici e –sebbene fosse molto presto- con il suo tepore scaldava la città ancora in dormiveglia.


< Oggi è il grande giorno. > sussurrò Ema sorridendo raggiante, mentre la lieve brezza che si era alzata da poco le accarezzava il viso e le faceva ondeggiare dolcemente i capelli.Il giorno seguente sarebbero iniziate le vacanze estive che tutti attendevano tanto impazientemente.
La ragazza sarebbe rimasta ore intere a contemplare quella vista magnifica, ma doveva prepararsi per la scuola. Chiuse controvoglia la finestra e indossò in fretta la divisa della Raimon, poi corse al piano di sotto per fare colazione.


< Buongiorno mamma! > esclamò distrattamente mentre si sedeva a tavola.


< Buongiorno, come mai sei così di fretta? Mancano quasi tre quarti d’ora all’inizio delle lezioni! > commentò sua madre mentre le appoggiava davanti un piatto colmo di pancakes fumanti. La donna sapeva che erano i preferiti di Ema.


< Sono squisiti! > esclamò infatti la ragazzina dopo aver assaggiato una di quelle delizie: sua madre si mise a ridere. In poco tempo Ema ripulì il piatto e si alzò di scatto in piedi.


< Io vado! Ci vediamo stasera! > gridò mentre si dirigeva alla porta d’ingresso.


< Ciao! Non tardare. > le raccomandò la signora Hasegawa.


< Sì, tranquilla! > rispose la ragazza precipitandosi fuori di casa.
Il ritmo tipico della città di Inazuma-Cho aveva ripreso lentamente a scorrere, dopo la notte, ed il sole era già alto nel cielo, azzurro come l’acqua marina. Ema camminava sul marciapiede e durante il tragitto per arrivare a scuola, il sorriso che era nato alla mattina presto sulle sue labbra non accennava a scomparire. Dopo un po’ di tempo, riuscì a scorgere l’imponente struttura della Raimon fra i rami degli alberi e iniziò a correre verso il cancello principale. Proprio davanti a quest’ultimo, un ragazzo stava in piedi e si guardava attorno impaziente.


< Ecco dov’eri finita! > protestò non appena incrociò gli occhi della ragazza, e le andò incontro.


< Mi dispiace, Shindou, non volevo farti aspettare! > si scusò lei rivolgendogli uno dei suoi soliti sorrisi.


< Fa lo stesso…Ora però andiamo che le lezioni stanno per iniziare. >

Takuto ed Ema erano amici sin dal primo giorno delle scuole medie, e col passare del tempo erano diventati quasi inseparabili. La Hasegawa andava sempre a vedere gli allenamenti di Shindou e assisteva a tutte le partite della sua squadra: ormai aveva fatto amicizia anche con gli altri membri.
Takuto, invece, nei confronti dell’amica era molto premuroso, a volte anche ossessivo, ma si comportava così solo perché le voleva molto bene. A dire il vero era da un po’ di tempo che il ragazzo pensava alla compagna come a “qualcosa in più” di una semplice amica: il suo sorriso e la sua stessa vicinanza gli facevano uno strano effetto. Lei però non lo ricambiava affatto e il castano se ne era fatto una ragione.


< Ehi, Takuto… > mormorò Ema mentre lei e Shindou si recavano alla loro classe.


< Sì? >


< Non sei emozionato anche tu? Insomma, domani inizieranno le vacanze estive! > la ragazza spiccò un salto di gioia quando pronunciò quelle parole. L’altro sorrise.


< Sei una causa persa… >


< Che intendi dire? > la Hasegawa inarcò un sopracciglio.


< Sei sempre la solita, Ema. Niente potrebbe portarti via l’esuberanza che ti rende unica.> spiegò Takuto con un finto tono esasperato.


< Che mi rende unica? > fece eco lei, ancora più confusa. Il ragazzo sussultò ed arrossì vistosamente.


< Volevo dire…oh, lascia perdere… > si arrese lui premendosi pollice e indice sulle palpebre.
Ema non fece a meno di ridacchiare, facendo sbuffare l’amico.
Entrati in classe, cominciarono le lezioni e otto ore dopo, l’ultima campanella della giornata suonò. Tutti i ragazzi della scuola si catapultarono fuori, lasciando l’edificio spaventosamente silenzioso. Ema e Shindou si prepararono con calma ed uscirono. Appena furono all’aria aperta, Tenma li raggiunse come un fulmine.


< Ciao Shindou, ciao Ema! > era allegro come sempre.


< Ciao anche a te, Tenma! > la ragazza ricambiò sorridente il saluto. Poco più lontano, erano riuniti gli altri giocatori della Raimon, che li stavano aspettando per recarsi insieme al club di calcio.


< Su, andiamo ad allenarci! > esultò Tenma trotterellando verso lo spogliatoio. Tutti iniziarono a ridere, quel ragazzo non sarebbe mai cambiato!
Il gruppo lo seguì chiaccherando animatamente, quando Ema si fermò all’improvviso.


< Ho dimenticato il quaderno degli appunti sul mio banco! > esclamò battendosi la mano sulla fronte.


< Vallo a prendere, no? > affermò Kariya in tono provocatorio. La Hasegawa cercò di ignorarlo.


< Shindou, mi accompagni? > lo pregò la ragazza afferrandogli un braccio.


< V-va bene… > acconsentì lui con le guance leggermente imporporate.


< Voi intanto andate, noi vi raggiungeremo subito! > gridò Ema mentre entrava all’interno della struttura insieme a Takuto. I due tornarono nella loro classe e, preso il quaderno appoggiato sul piano di un banco, la ragazzina lo infilò velocemente dentro la cartella.


< Muoviamoci. > la incitò Shindou.
Ripercorsero la strada di qualche attimo prima e, attraversato velocemente il cortile esterno, arrivarono al club di calcio. Buio. Lo spogliatoio era completamente buio, forse c’era stato un blackout.


< Ragazzi? > li chiamò Ema procedendo nella stanza a tentoni. Non arrivò nessuna risposta. Takuto era rimasto immobile.


< Niente, non ci sono. Saranno già fuori a riscaldarsi. > concluse la Hasegawa tornando vicino all’amico.


< Probabile. > la voce di Shindou era debole e tremante.


< Che ti succede? > gli chiese la ragazza. L’altro non rispose, si limitò a prenderle una mano e stringergliela.


< Shin- > lui non la lasciò finire e le fece segno di stare in silenzio.


< Ascolta... > sussurrò il ragazzo trattenendo il respiro e stringendo sempre di più la mano dell’amica. Ema si concentrò. Non sentiva niente. Poi all’improvviso un rumore inquietante raggiunse le sue orecchie. Sembrava il rumore di una persona zoppa, che si trascina una gamba, accompagnato dal tonfo più forte e sicuro dell’altro piede. Si interrompeva ogni volta per qualche secondo, per poi riprendere.


< C-che cos’è? > chiese preoccupata la ragazza.


< Io…io non lo so… >

E, con il suo ritmo irregolare, quel rumore si avvicinava a loro. Sarebbero potuti tranquillamente uscire dal club e scappare, ma erano paralizzati dalla paura e non riuscivano né a muoversi né a pensare lucidamente. Il trascinamento di gamba si arrestò definitivamente quando fu a pochi passi dai due ragazzi. Potevano sentire il respiro di quella creatura (o qualunque cosa fosse): un respiro affannato e corto, dovuto senz’altro alla fatica di avanzare con l’appoggio di una gamba sola.


< È qui… > mormorò Takuto quasi sull’orlo del pianto.


< Smettetela di fare questi scherzi, non è divertente! > balbettò Ema, sperando con tutto il cuore che le luci si riaccendessero e i loro amici saltassero fuori ridendo. Silenzio. Si udiva solamente l’ansimare dell’altra “persona” insieme a loro.
La Hasegawa deglutì ed abbracciò Shindou: era l’unica cosa che le era venuta in mente in quel momento. Il ragazzo la strinse a sé e subito dopo, un urlo agghiacciante, soprannaturale, perforò loro i timpani, e infine lo spogliatoio fu di nuovo sopraffatto dal silenzio.


< Se n’è andato? > chiese Ema staccandosi lentamente dal suo amico.


< Credo di sì. > rispose lui piano.
Ancora per qualche secondo non si mossero, scioccati e spaventati da quello che era successo. Subito dopo, una torcia comparve fioca alla loro destra, seguita da molte altre che formavano un cerchio luminoso. Ema e Shindou erano al centro.
Nessuno dei due aveva la più pallida idea di cosa stesse accadendo. A bocca aperta rimasero incantati dalla debole luce emanata dalle torce. Sopra di loro si allungò una striscia di cielo notturno, con qualche piccola stella ad abbellirlo ed una luna talmente pallida da apparire bianca. Si trovavano su un altipiano, contornata da una staccionata che dava sull’orizzonte ai piedi della collinetta.


< È un incubo, questo deve essere per forza un incubo! > gridò Shindou lasciandosi scappare una risatina isterica.


< Dove siamo finiti?! Dov’è lo spogliatoio?! Insomma, si può sapere cosa diavolo sta accadendo?! > Ema di mise le mani fra i capelli esasperata. Chiuse gli occhi e sospirò, cercando invano di svuotare la mente. Si girò verso il suo amico con l’intenzione di dirgli qualcosa, ma le parole le morirono in gola: Takuto aveva gli occhi colmi di lacrime e le labbra socchiuse.
La Hasegawa aveva già visto in altre occasioni Shindou piangere, ma quella volta era diverso. Quella volta Ema non sapeva come consolarlo, perché lei stessa era in preda al panico, sebbene non lo desse a vedere.
Il castano strinse i pugni e abbassò la testa iniziando a singhiozzare.


< Takuto…> sussurrò la ragazza osservandolo in quello stato. Anche lei aveva voglia di piangere e sfogarsi, ma se l’avesse fatto era certa che le cose sarebbero peggiorate notevolmente. Doveva essere forte e rassicurare il suo amico. Si avvicinò a lui e iniziò ad accarezzargli dolcemente la schiena.


< Avanti, andrà tutto bene, te lo assicuro! > si sforzò di sorridere < Ti prometto che ti riporterò a casa. > affermò con tono deciso. Shindou alzò la testa e la guardò, schiudendo le labbra in un mezzo sorriso.


< Grazie, Ema. > mormorò asciugandosi gli occhi.


< Prego! Ma…dove siamo finiti? > chiese la Hasegawa incrociando le braccia al petto.
Takuto si guardò intorno e si diresse alla staccionata che circondava l'altura, appoggiandoci sopra le mani. Puntò gli occhi davanti a sé, verso il basso e sgranò gli occhi.


< Che succede?! > Ema corse subito da lui preoccupata.


< I…il villaggio abbandonato…> sussurrò indicando una grande piazza contornata da case antiche e tetre che si estendeva poco più in là, fra la folta boscaglia.


< Cosa? > lo squadrò l’altra.


< Il villaggio abbandonato…> ripetè Shindou deglutendo: dalla poca luce infusa dalle torce la ragazza poteva vedere il suo viso imperlato di minuscole gocce di sudore.


< Insomma, che cos’è il villaggio abbandonato?! > si spazientì la mora sbattendo il piede a terra. Il suo amico si girò lentamente verso di lei, con un’espressione preoccupata.


< Ho letto una leggenda su questo luogo…>  mormorò con un filo di voce < In passato quella piazza ospitava molti abitanti, e la vita, là, era calma e pacifica…>


< Non capisco cosa ci sia di tanto spaventoso. > affermò la Hasegawa risoluta.


< Al contrario. La vita delle persone in quel villaggio era così serena a causa di un atroce rituale. > Ema lo guardava allibita ogni volta che terminava una frase.


< Ogni dieci anni, il capo-villaggio eleggeva un “sacerdote” che aveva il compito di sacrificare due gemelli vergini, maschi o femmine che fossero. >


< Venivano compiuti sacrifici?! E in cosa consistevano?! < gridò perplessa la ragazza.


< Prima del rituale, il capo-villaggio, il sacerdote e altre persone che dovevano essere presenti al momento del sacrificio, aprivano -in un luogo prestabilito- un’insenatura nel terreno chiamata “Abisso”, per mezzo della quale il mondo dei morti potesse collegarsi a quello terreno. Le vittime venivano poi scortate lì dai propri familiari e, dopo avergli detto addio, erano strangolate dal sacerdote e gettate nella profondità dell’Abisso, mentre venivano piante dai loro cari. In seguito al sacrificio, venivano scolpite su una stele le figure dei gemelli, senza testa, e venivano deposte in un cimitero insieme a tutte le altre incisioni degli anni precedenti. > terminò Takuto. Ema era rimasta senza parole: sia per la storia, sia perché la confusione era aumentata non poco.


< Ma perché venivano effettuati questi sacrifici? > chiese piano la ragazza tenendo gli occhi fissi sulla piazza deserta.


< Se non venivano offerti due fratelli al regno degli inferi, il villaggio sarebbe stato devastato dalla furia dei morti, risaliti sulla terraferma per compiere la loro vendetta. > rispose lui semplicemente.


< Se il villaggio è ridotto in quello stato, l’ultimo sacrificio non è stato effettuato a dovere. > ipotizzò la mora.



< Non è rimasto niente, quindi? > si azzardò a chiedere la Hasegawa. Shindou non disse nulla, si limitò soltanto a guardare serio la compagna negli occhi, perché sapeva che lei conosceva già la risposta. Ema annuì ed alzò la testa, seguita dal suo amico. Rimasero in silenzio ad ammirare il cielo scuro e le stelle che lo cospargevano. L’improvviso scricchiolio di un ramoscello spezzato li fece sussultare, e si guardarono intorno furtivi.


< Non c’è nessuno. > commentò Takuto tirando un sospiro di sollievo.

Una melodia dolce e ovattata, che sembrava cantata da una bambina, risuonò nell'aria facendoli rabbrividire.


< Forse non siamo soli… > affermò la mora torturandosi le mani.


< Seguiamo la voce, Ema. > si fece coraggio il ragazzo. L'amica intravide una scintilla di determinazione brillare negli occhi scuri di Takuto. Per un momento smise di avere paura. Si fidava di lui, e l'avrebbe seguito ovunque sarebbe andato.

< Va bene. > rispose decisa.

E insieme si addentrarono lentamente nella spaventosa oscurità, attraverso l’unico viottolo buio presente sull’altura.

 



Angoletto dell'autrice-fanatica-di-Shindou-Takuto:

Ciao a tutti, grazie per essere arrivati fin qua!^-^ Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto...non è lungo, e non è neanche tanto thriller, ma questo è -in fin dei conti- il prologo. Nei prossimi capitoli, l'avventura vera e propria dei due amici inizierà definitivamente.
Ringrazio un sacco tutti quelli che hanno letto e che mi lasceranno una recensione per dirmi cosa ne pensano! Mi piacerebbe molto sapere se la mia fic vi ispira o vi interessa! :)
Ora mi dileguo. Alla prossima!!
†Elly-chan†

 

 

 

 

 

 

  
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