-Buon
pomeriggio a
tutti!
Non sono morta(?) dopo tre OS di scarso
valore, ritorno con quest’altra
‘cosa’.
Tra parentesi, tendo a ringraziare la
mia amica Frallosa che ha letto in anteprima dandomi un
parere a riguardo!
Quindi grazie ♥
Non ho molto da dire (stranamente)
se
non ché la storia mi è venuta in mente rileggendo
per la centordicesima volta
‘Il
prigioniero di Azkaban’.
Ho pensato che i Malandrini fossero
troppo furbi per farsi perquisire la Mappa,
quindi mi sono immaginata i quattro intenti a trovare un
modo per farla finire in quell’ufficio(?)
E poi, per concludere in bellezza,
ho
immaginato anche le circostanze ed il modo in cui i gemelli Weasley
mettono
mano su tale pergamena, cose di poco
conto, insomma :P
Come al solito vi ricordo le modalità del sito, ovvero, l’immensa fortuna che avete
nel recensire, schifare o
complimentarvi(?) per
porcate di
questo calibro, scritte da
una
persona abbastanza stupida :D
Non so più cosa dirvi, quindi non mi resta che augurarvi una
buona lettura ♥
Ad
Hogwarts era una giornata come le altre; il sole
splendeva alto nel cielo, accompagnato dal clima caldo e appiccicoso
che giugno
sapeva portare con sé.
Gli studenti preferivano trascorrere le ultime giornate del trimestre
all’aperto, magari rinfrescandosi ai piedi del lago, o
leggendo indisturbati
sotto l’ombra di un faggio.
Tutto era perfetto; gli esami erano finiti, i risultati sarebbero stati
resi
noti presto e i ragazzi del settimo anno avrebbero imparato in fretta
ad
affrontare la vita nel mondo magico, con un vero lavoro e con delle
vere
responsabilità.
Tutti eccetto quattro ragazzi, quattro malandrini pronti a combinare un
guaio
dopo l’altro con estrema facilità.
Di certo la guerra, lì fuori, aveva fatto in modo che
crescessero più forti e
maturassero più in fretta; ma non potevano nemmeno
dimenticare facilmente la
loro indole da bravi ed onesti malfattori; non quando non avevano fatto
altro
per sette lunghi anni, confabulando scherzi e mettendo in seria
difficoltà la
vita di insegnati ed alunni in quel castello.
“Ti dico che è un piano perfetto!”
esordì James agli altri tre.
Gli unici quattro ragazzi del corso rimasti chiusi in dormitorio con
una
magnifica giornata di sole da vivere.
“Prongs,
non possiamo permetterci nessun
errore. Non ora!” si accaldò Sirius, alzandosi di
scatto.
Il piano, ormai, era pronto da mesi. Avevano programmato tutto
così nei
dettagli che era solamente da sciocchi pensare che qualcosa sarebbe
potuto
andare storto.
E ovviamente James aveva avuto la brillante idea di apportare qualche
piccola
modifica al piano originale, facendo così arrabbiare Remus e
Sirius.
Peter era d’accordo con James, come ogni volta, e Sirius lo
prendeva
costantemente in giro. Per lui, Peter, aveva sbagliato animale; non
avrebbe
dovuto trasformarsi in un topo…
“Ma sarà perfetto comunque, Padfoot!”
continuò James, come se non avesse
sentito l’amico.
“Bè” esordì Remus
“il massimo che potrebbero farci
è espellerci” concluse in una risata,
riuscendo,
di poco, a calmare Sirius.
Il tutto era davvero molto divertente, perché il giorno dopo
avrebbero lasciato
per sempre Hogwarts e la notte stessa avrebbero agito, apparentemente
indisturbati.
“Quindi non abbiamo nulla da perdere” concluse
James, non volendo più riaprire
l’argomento.
“Allora faremo come desidera il re degli egocentrici, pomposi
Cercatori di
Quidditch” concluse
Sirius, ancora scettico a riguardo.
Erano
le 23:50 e nella sala comune dei Gryffindor stava
iniziando a serpeggiare l’ansia.
“Forse” esordì Peter, contorcendosi in
una strana maniera le mani “faremmo
meglio a ripensarci e rimanere qui…” concluse in
uno squittio.
“Scherzi? Programmi su programmi da mesi e adesso dovremmo
lasciar perdere?”
chiese Sirius, retorico.
“Niente da fare, ha ragione Padfoot, si agirà; e
se uno di voi due decide di
darmi buca non importa; procederò lo stesso” disse
James, ormai vivo
dall’ardore dell’avventura.
“Io ci sono” esordì Remus, non avendo
mai pensato minimamente di tirarsi
indietro.
Peter, titubante, mezz’ora dopo seguì i tre amici
fuori dal ritratto della
Signora Grassa con il Mantello dell’Invisibilità a
coprirli da ogni pericolo.
Il
piano era semplice, indolore e divertente.
I quattro ragazzi arrivarono fino al terzo piano, raggiungendo poi la
statua
della Strega Orba ed entrando dentro con il solito metodo. Una volta
insinuatisi nel passaggio che collegava la scuola con Mielandia si
tolsero di
dosso il Mantello dell’Invisibilità e fecero
qualche passo, fino al limitare
della scuola.
Giunti in un punto preciso, designato precedentemente da loro,
trovarono quello
che stavano cercando.
Quattro enormi sacchi contenenti ogni specie di fuochi
d’artificio, comprati
negli ultimi due anni da Zonko.
“Le mie piccole amiche!” le salutò
James, come se fossero l’oro più prezioso
del mondo.
“Nostre grandi alleate” continuò Sirius,
avvicinandosi furtivo all’amico, che
nel frattempo era andato a controllare che ogni sacco fosse
perfettamente in
ordine.
“Menomale che Lily non mi ha beccato, le spiegherò
dopo che saremo finiti da
Filch” continuò James, rabbuiandosi
impercettibilmente.
“A proposito di Filch” iniziò Remus,
avvicinandosi anch’esso ai sacchi, e
quindi a Sirius e James “l’hai presa?”
“Sì Moony, e non sai che dispiacere immenso provi
a darla via così; ci abbiamo
impiegato così tanto tempo per disegnarla”
piagnucolò James.
“Sì, ma le generazioni future dovranno sapere,
dovranno conoscere” iniziò
Sirius, con una strana luce negli occhi “e ci ringrazieranno
per l’immenso
aiuto che daremo loro!” concluse battendosi il pugno sul
petto.
“Okay, allora io direi di iniziare”
esordì Remus, preoccupato dall’improvvisa
enfasi dell’amico e mettendo così fine alle
chiacchiere. “E ricordate le
bacchette” aggiunse poi, guardandosi intorno, con fare
sospetto.
Senza pensarci e come programmato, James si mise addosso il Mantello,
Peter
prese insieme a sé uno dei sacchi e si apprestò a
ritornare nel castello con
l’amico.
Camminarono per molto tempo, dando, di tanto in tanto, una sbirciatina
alla
Mappa, per assicurarsi di non fare incontri indesiderati.
Dovettero restare fermi per più di cinque minuti, davanti la
Sala dei Trofei,
perché Peeves, proprio in quel momento, si stava divertendo
a sbatacchiare le
armature come se non fosse notte e come se nulla fosse.
Alla fine riuscirono a raggiungere la torre dei Ravenclaw, dove James
lasciò
Peter con il sacco e poi ridiscese per andare a prendere Remus, che fu
portato
fino alla Torre di Astronomia.
James impiegò più di un’ora per andare
e tornare dalla statua della strega
Orba, e dopo che ebbe accompagnato Sirius in Sala Grande vi ridiscese
un’ultima
volta per prendere il suo sacco e dirigersi nel parco.
Una volta giunto a destinazione alzò la sua bacchetta, da
dove uscirono
scintille rosse, che servivano ad avvertire gli altri tre che era
giunto
finalmente il momento di agire.
Perfettamente in sincrono fecero prendere fuoco ai vari fuochi
d’artificio
nelle loro sacche.
Lo spettacolo fu meraviglioso. Il castello risplendeva di luce nella
notte.
Draghi alati, creature degli abissi ed ogni tipo di volatile si
innalzava nel
cielo, prendendo via via sempre più forma e facendo
svegliare tutti gli
studenti.
Dopo tre ore di divertimento i quattro furono riuniti e portati
nell’ufficio di
Filch, in attesa del Preside.
Come da programma, una volta lì, James fece cadere la Mappa
del Malandrino a
terra, dove un Filch vittorioso e furioso al tempo stesso la
conficcò nel
cassetto degli oggetti perquisiti.
“Non tornerà più nelle tue mani,
Potter!”
Sirius si finse triste, James si disperava; ci erano voluto quasi
cinque anni
per disegnarla tutta.
Il
Preside, alla fine, fu molto clemente con i poveri
quattro eletti della stirpe dei malfattori e riuscirono a svignarsela
nel
proprio dormitorio senza nemmeno una punizione.
“Non pensavo di cavarmela così
facilmente!” Rise James, giocando come sempre
con il suo Golden Snitch.
“Bè, l’avrà presa non come
una malefatta, ma come un addio al castello” disse
saggiamente Remus.
“L’importante è aver lasciato
lì la Mappa, con la speranza che qualcuno degno
di noi la riesca a prendere!” concluse Sirius, spegnendo le
luce e mettendo
fine alla conversazione.
Il giorno seguente, dopo il banchetto, ogni alunno, del settimo anno e
non, si
accingeva a lasciare il castello.
La Mappa sarebbe rimasta chiusa in quel cassetto per molti anni.
Come
ogni giorno, da troppi mesi ormai, Fred e George
Weasley si accingevano a combinarne un’altra delle loro.
Le amiche di giochi, questa volta, sarebbero state delle Caccabombe e
nessuno
gli avrebbe puniti, come ogni volta.
Allora perché erano nello studio di
Filch?
Avevano programmato tutto, credevano di aver pensato ogni
cosa nei minimi
particolari, ma qualcosa evidentemente era andata storta.
Poi un tonfo, proprio mentre Filch si accingeva a prendere un foglio
dal
cassetto; Peeves, come sempre, stava seminando il panico nel castello.
“Maldetto Peeves!” urlò Filch
“Vedi se questa volta non ti prendo! Devi solo
provare a sfuggirmi… e voi, non muovetevi di qui”
disse poi rivolgendosi ai
gemelli, come se si fosse ricordato all’improvviso della loro
presenza nella
stanza.
Filch si chiuse velocemente la porta alle spalle, alla ricerca di chi
aveva
creato tutto quel caos.
“Menomale che ci ha lasciati soli”
iniziò Fred “è da quando siamo entrati
che
ho gli occhi puntati su quel cassetto”
Anche gli occhi d George si illuminarono, evidentemente stavano
guardando la
stessa cosa.
“Fai il palo” esordì George
all’improvviso, alzandosi dalla sedia e dirigendosi
verso il cassetto.
“Perché io?” protestò
vivacemente Fred, bloccando il fratello.
Dopo un paio di minuti Fred si diresse verso la porta per fare la
guardia, come
stabilito, e George aprì il cassetto.
C’era di tutto; ogni tipo di scherzi perquisiti ed acquistati
molto
probabilmente da Zonko; ma tra esse spiccava anche un’innocua
pergamena.
Era come se questa stesse chiamando in silenzio George, pregandola di
essere
portata via da quel luogo angusto.
“Fai in fretta, sta arrivando” sentì
George; senza pensarci si mise la
pergamena in tasca, tornando poi a sedersi e aspettando il fratello.
Una volta giunti nel proprio dormitorio, dopo aver compilato uno
stupido modulo
che certamente gli avrebbe messi nei guai, i gemelli aprirono la
pergamena.
“Perché hai preso una cosa così
inutile?” iniziò Fred “Cosa mai potrebbe
fare?”
George, senza ascoltare il gemello, che non aveva vissuto di prima
persona la
sensazione di essere scelto dalla
pergamena puntò la bacchetta su di essa.
All’improvviso parole dettate da una penna invisibile presero
forma su quel
pezzo di carta.
Wormtail
si chiede quali mani siano finite su una cosa così preziosa.
“E
questo? Cosa vuol dire?" Chiese scettico George,
grattandosi la testa.
“Preziosa?” rise Fred, in risposta al fratello,
intento ad alzarsi dal letto
per lasciare la camera.
“Aspetta” esordì George, vedendo altro
comparire sulla pergamena.
Padfoot,
invece, si congratula con i ragazzi per averla portata via da quel
letamaio
appartenente a Filch e alla sua sporca gatta.
Fred
si riavvicinò giusto in tempo per vedere la
seconda scritta, proprio sotto la precedente.
“Forte” dissero all’unisono i gemelli.
Prongs
vi chiede di esprimere esplicitamente le vostre intenzioni.
“Intenzioni?
Di sicuro non sono buone!” rise George,
vedendo comparire una quarta frase, sotto le tre precedenti.
Moony
consiglia di riformulare il concetto usando parole più
“solenni”.
I
ragazzi si guardarono inespressivi per qualche
minuto, poi Fred, coraggioso, disse “Giuro… solennemente…
di non avere buone intenzioni”
Fu un attimo e la Mappa prese vita davanti i loro occhi.
Ogni angolo del castello prendeva vita sotto i loro occhi, attraverso
la Mappa;
piccoli cartellini iniziavano a spuntare su figure imprecise che
vivevano ad
Hogwarts.
“Non ci credo” boccheggiò Fred, incapace
di esprimersi.
“Prodigioso!” si complimentò George,
studiando la Mappa con avidità.
“E’ Hogwarts” continuò Fred,
avendo improvvisamente ripreso l’uso della parola.
Si guardarono per l’ennesima volta, in silenzio capirono cosa
volessero
significare i cartellini con i nomi scritti sotto.
“Questi siamo noi” esordì George,
vedendosi nel proprio dormitorio, accanto a
Fred.
“Sai cosa vuol dire?” chiese l’altro
gemello, con gli occhi che gli brillavano
di una strana luce.
Un altro sguardo, un’altra intesa. Il Natale,
quell’anno, era arrivato con un
paio di mesi di anticipo.
Da quel giorno ebbero accesso in ogni angolo del castello ed il resto,
bè, è
storia.