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Autore: freak Nation    23/08/2007    1 recensioni
fantasioso il titolo eh? ...racconto breve sul primo risveglio mi farebbe molto piacere se commentaste i
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Risveglio

La stanza dove si svegliò non gli era familiare. Le lenzuola bianche sembravano rigide contro la sua pelle, e il collo gli doleva a causa del cuscino scomodo. In realtà, sentiva male un po’ dappertutto.
Provò ad alzarsi a sedere, ma la testa gli girava e la luce che, debole, entrava dalle persiane socchiuse gli irratava gli occhi: doveva essere il tardo pomeriggio. Portò le mani al collo, per tentare di sgranchirlo e…sentì una fitta improvvisa, come la puntura di un ago, proprio al di  sotto della mascella.
Ora iniziava a ricordare. Quell’uomo l’aveva morso!In  realtà, quando si era sentito trascinare in un vicolo e aveva visto l’uomo che gli bloccava le braccia,aveva temuto che l’avrebbe rapinato, forse ucciso; poi quello l’aveva morso sul collo, e lui aveva iniziato a sentirsi mancare le forze e…poi più niente, di nuovo il soffitto bianco della stanza, il leggero dolore e la confusione.
Prese a tastarsi il collo, in cerca di quelli ce avrebbero dovuto essere due buchi sanguinanti, ferite ancora fresche nella carne, ma non trovo altro che due sottili cicatrici, appena percepibili al tocco delle sue dita.
Strano, pensò.E lui tutto si sentiva strano: il suo corpo gli sembrava freddo e inerme, gli mancava l’aria. Eppure ora poteva sentire la forza tornare a scorrergli nelle vene, ed era più che mai consapevole di tutti i suoi nervi, i suoi muscoli, che si contraevano ad ogni minimo pensiero.
Ora riusciva anche a concentrarsi meglio, e  la vista gli si stava schiarendo. Notò il sottile camice che indossava , e l’odore sterile di medicinali e le pareti bianche e i mobili spenti. Era in un ospedale.
Provò ancora ad alzarsi, e fù sorpreso nel sentire un peso vicino alla sua gamba.Volse il capo e…come poteva non essersene accorto prima? Lei era lì, in tutta la sua bellezza. Dormiva con la testa china sulle coperte e i capelli neri sul viso.
Chissà da quanto tempo era lì, a vegliarlo, come fosse un bambino. Chissà da quanto lui stesso era lì, disteso in quel letto di ospedale, inconsapevole di tutto e sentendosi così incredibilmente bene.
Aveva fame però, molta fame. Ma era ovvio : ricordava di aver mangiato giusto qualche biscotto al cioccolato a colazione, quella mattina. O era stato un’altra mattina?Quante mattine fa?
Si voltò verso il comodino dove, in un vassoio di plastica, rimanevano alcuni biscotti e un qualche tipo di crema.Sembravano invitanti e lui aveva sempre amato i biscotti. Il solo odore gli fece venire la nausea.
Gli occhi gli caddero ancora sul volto di lei; la sua pelle morbida e candida, sembrava brillare anche nel buio statico della stanza. I capelli neri esaltavano il contorno del volto, e conducevano lo sguardo al collo sottile e forte, i muscoli rilassati nel sonno.
Aveva fame, poteva sentirla e non sapeva cosa fare. L’odore di lei, caldo e inteso gli riempiva la testa, mentre con le dita le accarezzava la pelle.
Aveva fame, e l’odore di lei lo riempiva di disperazione.


L’aria della notte avrebbe dovuto essere gelida sulla sua pelle nuda, e invece il vento che gli sferzava violentemente il viso era meno di un soffio sottile per i suoi sensi. Il suo corpo era invaso da una forza nuova: ma non era l’aria ciò che gli gonfiava il petto e il suo orecchio fremeva nell’attesa del battito.
Il sangue di lei gli scorreva dentro, dolce e vitale linfa. Ne sentiva ancora il sapore in bocca e l’orrore gli soffocava il cuore.
Ho ancora un cuore? pensò, mentre osservava le macchie rosse sull’orlo del camice e sentiva il piacere di avere in se quell’altra vita.
Cosa aveva fatto? Assaporava il calore che gli invadeva le membra e sapeva che era rubato e non poteva smettere si goderne.
Tremava, per l’orrore e per l’estasi. Aveva pianto e urlato e pianto nella disperazione, mentre il suo corpo intero gridava di gioia per il fiume rosso che gli scorreva dentro.
Dall’alto del tetto poteva osservare le mille stelle sopra la città, e le mille luci che la coloravano, anche a quell’ora.
Avrebbe voluto ancora una volta sentire la brezza accarezzagli i polmoni, rinfrescandogli l’anima, ma tutto ciò che rimaneva era il gelo. Calore o gelo, questo l’aveva capito.
Guardò in basso.La strada non sembrava poi così distante, con le ambulanze in continuo arrivo, e la preoccupazione e il dolore e la speranza che riempivano l’aria di odori trasportati dal vento.
La rete metallica non era tanto alta, anche un bambino avrebbe potuto facilmente superarla, e cadere nel vuoto.
Niente di strano che in quel momento in  mente gli ritornasse solo il volto di lei,e il calore che ancora lo inondava e quella dannata poesia che era solita sussurrargli la notte, nel buio.

I labirinti
Creati dal tempo
Svaniscono.

Rimane solo
il deserto

il cuore
fonte del desiderio
svanisce.

Rimane solo
il deserto

L’illusione dell’aurora
E i baci
Svaniscono

Rimane solo
il deserto
Un ondulato
deserto.*

La stanza dove si svegliò gli era stranamente familiare. Le lenzuola bianche gli graffiavano la pelle e il collo gli dava fastidio.Sentiva il gesso intorno alla gamba e al braccio e sapeva di non averne bisogno, stava bene
Era ancora vivo, e stava bene. Lasciò che il suo sguardo vagasse per la stanza, posandosi sulle schiene dei due poliziotti-dovevano essere poliziotti, dalle divise – che parlavano con un’infermiera bionda a pochi passi dal suo letto. L’infermiera stava controllando una figura distesa in un lettino molto simile al suo, i capelli neri sparsi sul cuscino, il viso ancora più candido e forte, e sulle labbra  socchiuse, un sorriso.
Osservò di nuovo le schiene dei due poliziotti, poi la finestra, e la figura distesa sul letto. Un ghigno gli si disegno sul volto pallido. Forse vivo non era la parola esatta. Ma era ancora lì, e questo era l’importante.





*(Per la poesia: Federico Garcìa Loca “ E DOPO”, Poesie)
  
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