~Roses and Chains~
CAPITOLO
I
Bicchieri di
troppo
P.O.V. GAARA
La prima volta che lo vidi, lo
ignorai del tutto. Non volli sapere chi fosse,
nonostante lui stesso me l’aveva chiesto gridando tutto agitato. Debole.
Casinista. Sfrontato. Non mi interessava, volevo solo
ammazzarlo. Quando poi ebbi per la prima volta occasione di rivolgergli la
parola, quasi riuscì nel mio intento di finire quello a cui avevo frantumato un braccio ed una gamba, Rock Lee. Le parole mi fluirono dalle labbra come un fiume in piena.
Un mostro. Gli parlai di Shukaku istintivamente, non
seppi mai il perché, come non riuscii mai a spiegarmi il perché
gli raccontai la mia storia, il mio passato. In parte,
si, ma era lo stesso incomprensibile. All’inizio era tutto borioso,
sbraitava come l’avevo sentito fare molte volte. Sussurrai gelido, come al solito, nacqui uccidendo colei che avrei dovuto chiamare
‘madre’, posseduto dalla sabbia. Un mostro dalla nascita. Forse a
calmarlo, anzi no, a terrorizzarlo fu quando dissi che
la mia unica ragione di vita consisteva nell’uccidere. Pensava che
fossimo simili? Se era così, aveva sbagliato di
grosso. Fremeva e provava dolore nella sua impotenza. Ed
io ancora lo consideravo una nullità. Una nullità che in futuro
avrebbe cambiato totalmente la mia esistenza.
Sono passati sette anni da allora e sono successe tante
cose. Quel pivello ne ha fatta di strada. Neanche capisco le parole del libro
che sto leggendo, meditando sugli anni passati. Così decido di lasciarlo
stare, riponendolo in un cassetto della mia scrivania. Ripensandoci era meglio far finta di leggere, piuttosto che scrivere
inutili lettere ai vari capi villaggio. Indolente, comincio stendendo qualche
riga formale. Improvvisamente il pennino mi scivola dalla mano, macchiando in
modo irrimediabile il foglio. A farmi distrarre era stato un urlo pazzesco che
mi ha fatto sbarrare gli occhi e rivolgermi alla
figura appena entrata. Che casino. Sbatte la mani sulla scrivania. Cos’è questa
confidenza? Lo ripeto, che casino. Chiudo gli occhi, sospirando il suo nome,
come a pregarlo di smettere di strepitare.
“Naruto…”
“L’ora di cena è passata da un pezzo! Perché non scendi?”
“Semplicemente perché non ho fame.”
Gli occhi azzurri di lui gli si stringono un po’,
mentre avvicina pericolosamente il suo viso al mio, nel tentativo di guardarmi
meglio. Smetto un attimo di respirare, interdetto.
“Ma sei così pallido!
Se continui così morirai di fame…” io ancora non rispondevo,
lo guardavo e basta “Quello cos’è?”
aveva detto lui abbassandosi sulla lettera rovinata.
“Da rifare, direi.”
Ride. Ride? E che motivo ce
n’è? È solo una macchia!
“Sembra un uccello, l’hai
fatto apposta?”
“No.”
“E come t’è
venuto così?”
“Forse perché qualcuno è entrato di
soprassalto e mi è caduto il pennino?”
“Ah… era importante?”
Non avevo risposto, non mi piaceva
parlare. Preferivo stare zitto, non capendo che il mio silenzio, per lui poteva
equivalere ad un ‘si’.
“Mi dispiace… Gaara scusami.”
Avevo capito troppo tardi. Lui aveva fatto così tanto per me, una macchia su uno stupido foglio non
avrebbe rovinato il nostro rapporto.
“Non era così importante. Mi accompagni a
mangiare fuori?”
Sembra aver ritrovato il buon umore. Meglio così.
Lui, Rock Lee e Kiba Inuzuka sono fermi al
villaggio a causa delle tempeste di sabbia che, in questo periodo, spazzano il
deserto in continuazione. Finché non cesseranno
non possono muoversi. Quella scema di mia sorella li ha invitati a fermarsi da
noi, poiché non si sa quanto le tempeste possano durare. E il palazzo è sempre un chiasso infernale. Erano di
passaggio e si sono fermati per una pausa, tutti euforici per la riuscita
dell’ultima missione. Cosa c’è di tanto entusiasmante
proprio non lo so. Naruto si
esalta con niente, proprio come adesso. Cammina al mio fianco, saltellando
allegro. Così spensierato. Nonostante abbiamo a
lungo sofferto entrambi, anche se in modi disuguali, abbiamo preso strade
totalmente differenti. Ma alla fine ci siamo trovati
ad un incrocio, eh, Naruto?
Perso nei miei pensieri non mi sono accorto della sua
andatura rapida. E la voce squillante a ridestarmi,
invitandomi ad entrare nella piccola tavola calda. L’ambiente
è semibuio. Tranquillo. Accogliente. Lui saluta sorridente il gestore.
Io apatico come sempre. Mi trovo a guardare il pavimento di granito nero e il
muro ricoperto da drappi orientali. Ogni tavolo è separato da sottili
pareti di legno che concedono la giusta dose d’intimità. Certo che
in quanto a ristoranti ha buon gusto! Lo vedo prendere
posto di fronte a me, gioioso come sempre. Mi racconta della missione andata a
buon fine, dei combattimenti, di tutto. Parla, mentre io sto appoggiato al
palmo della mano, il viso leggermente inclinato. Mi fa qualche domanda,
rispondo con semplici cenni del capo e, se proprio non posso farne a meno, a
monosillabi. C’è abituato, ma lo vedo ombrarsi. Sarà per il
fatto di non ricevere la giusta considerazione. Non faccio niente per rendermi
partecipe siccome non amo la conversazione. E lui sopprime il tutto il una bella risata, piacerebbe anche a me far cessare i
momenti d’imbarazzo o tristezza in questo modo. Peccato che non ne sia
mai stato capace.
Ovviamente è lui ad ordinare, in
quel momento neanche ci penso. Eppure avrei
dovuto farlo.
Veniamo serviti quasi subito. Liquido la cameriera con uno sguardo a dir poco gelido, si stava
trattenendo fin troppo. Solo quando se n’era andata avevo notato che ad
averla incatenata lì era stata la visione paradisiaca del biondino
seduto di fronte a me, e mi ero reso conto del fatto che non sopportavo
l’idea di condividere con nessuno la sua compagnia.
Lo guardo stranito, notando ciò che ha ordinato. Una
cena leggera e da bere… Sake? Ho visto bene.
Nonostante abbiamo l’età per acquistare alcolici, non mi era
passata neanche per l’anticamera del cervello l’idea
che quel ragazzo così infantile avrebbe potuto ordinarlo. Eppure è così.
“Bene” esclama lui col suo solito tono da
esaltato “Facciamo un brindisi!” e riempie i bicchieri. Ormai ho
abbandonato ogni speranza di fermare quella locomotiva in corsa. Sollevo
riluttante il bicchierino.
“A noi!” urla quasi… ringrazio la musica
abbastanza alta come sottofondo. Non sono tipo che pensa alle opinioni altrui,
il fatto è semplicemente che Naruto sembra
troppo… contento? E di cosa, poi? Cosa c’è di tanto bello nell’andare a
cena col sottoscritto?
Nello slancio fa urtare troppo violentemente i due
bicchieri, ho avuto paura che si rompessero, ma fortunatamente non è
successo.
In meno di mezzora la cena è consumata e non mi sono
per niente curato del fatto che mi di essermi in pratica scolato da solo
l’intera brocca di bevanda alcolica. Sento le guance scottarmi e sono un
po’ intontito, ma non ci faccio troppo caso. Purtroppo… a breve
è successo, l’inimmaginabile.
Continua…
Nashiko:
Sto scrivendo questa piccola ficcina contemporaneamente a “Broken
Inside”, sempre di Naruto.
Per fortuna procedono velocemente e senza intoppi. Spero vi sia piaciuto questo
primo cappy (e spero di non dover fare collezioni di
pomodori, cavoli ecc…NdMe)
Però lo ammetto.
La situazione è ALQUANTO INSOLITA. Mi piace soprattutto per la differenza
abissale nel caratterino di questi due! Naruto non
è tra i miei personaggi preferiti –anche se
lo sta diventando-, invece adoro
Gaara (Io invece ti odio.NdGaa)(…ç_ç finisce sempre cosììì!!!NdMe).
Beh, cosa ci prospetta la sbronza del
rosso?
TUTTO NEL PROSSIMO CAPITOLO!
Mi raccomando,
commentate in tanti! A presto!!!