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Autore: Joanne    02/08/2004    5 recensioni
Un ragazzo che ama lo studio e che, grazie ad antiche mappe scopre qualcosa di antico e pericoloso...il viaggio in un mondo fantastico accompagnato da strani ed inquietanti compagni... un segreto, antico come il mondo, un'avventura,un'amicizia... Scritta with my 2 Bro, ^_^
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno, me lo sentivo, sarebbe stato un gran giorno

Quel giorno, me lo sentivo, sarebbe stato un gran giorno.

Mi svegliai piuttosto tardi, a dire il vero, già il sole penetrava con raggi orizzontali attraverso le serrande, colpendo i miei poveri e stanchi occhi. Quella era la mia “sveglia naturale” , certo, non era raffinata come quelle di certe dame che riproduceva il canto dell’Uccello del Paradiso, non diceva neppure “Ben svegliato” in dieci lingue differenti, come andava di gran moda alla corte. Però era economica, questo bisogna ammetterlo. E non aveva bisogno di riparazioni, mai.

Mi alzai a stento, rischiando una o due volte di inciampare sui libri, le centinaia di libri, sparsi sul pavimento. L’ordine non è il mio forte, devo ammetterlo.

Dopo essermi vestito in fretta, mi diressi verso la porta, fischiettando un allegro motivetto.

Ma mi devo ancora presentare: io sono Jykhaniel O’Brien, ma tutti mi chiamano Jyk. E il mio sogno, sin da quando ero bambino, è stato quello di fare una grande scoperta: non una qualunque, ma una che verrà ricordata per sempre. Sono un ragazzo sui 19, benché tutti mi dicono che ne dimostro molti di meno. Ho ereditato da mia madre gli occhi scuri e dolci, ma un po’ troppo malinconici, da mio padre i capelli color miele, che tengo piuttosto corti.

Le strade della Capitale, soprattutto nella sua parte più povera, sono fangose ed è un’impresa camminarci attraverso senza sporcarsi completamente. Un impresa in cui nessuno è mai riuscito.

- Desidera una collana per una signora? – mi chiese una vecchietta rugosa dai

capelli bianchi, legati in una modesta treccia.

- No grazie… - continuai per la mia strada, allegramente. Mi sarei messo a cantare… ma poi sarei passato per matto, quindi risparmiai a tutti la mia performance.

- Ehilà! – mi salutò Peya, una ragazza che conoscevo da sempre… eravamo praticamente cresciuti insieme nel Vicolo, giocando in mezzo al fango… bei tempi, quelli!

- Salve Pey, come va? – la salutai, di fretta. Mi sarebbe piaciuto fermarmi, ma quel giorno avevo da fare… molto.

Percorrendo il Vicolo in tutta la sua fangosa lunghezza , si giunge dinnanzi ad un’imponente porta di legno sempre sorvegliata da un paio di guardie.

Quello era il confine tra il Vicolo, la parte più povera della città, e la Zona Residenziale, dove solo i ricchi o i nobili vivevano.

I soldati in armatura mi guardarono con sospetto, mentre varcavo la porta, ma succedeva sempre. Quando qualcuno entra nella Zona viene sempre scambiato per un ladro o un truffatore.

Passai dal fango delle stradine alla ghiaia delle grandi strade del centro, al lastricato di una grande piazza, al cui centro sorgeva la statua di Ihnne, la famosa guerriera che, durante la Seconda Guerra sconfisse l’Esercito di Liyimne, portando così il Regno alla Vittoria. Quella statua in particolare lo aveva sempre incuriosito: a grandezza naturale e di marmo, il volto dell’eroina, però, era nascosto da un grosso elmo. La leggenda voleva, infatti, che Ihnne fosse una delle donne più brutte mai vissute e che fosse impossibile guardarla per più di cinque minuti, per questo motivo in tutti i quadri o statue portava sempre il volto coperto.

Ihnne protettrice degli audaci” diceva la targa di bronzo sotto la statua.

“Allora proteggimi…” commentò il ragazzo, scuotendo il capo e  riavviandosi.

Arrivò davanti ad una casa bianca, dalle numerose finestre e dall’ampio giardino, circondato da un alta recinzione in ferro battuto. Un fumo color della polvere usciva dal camino, o meglio, da uno dei camini.

“E’ tornata” sospirò di sollievo il ragazzo. Se la “Dama” non si fosse trovata in casa avrebbe fatto un viaggio a vuoto…

- Ehm ehm – tossicchiò, cercando di attirare l’attenzione del guardiano del cancello, che stava dormendo, seduto su una comoda poltrona, con la testa abbandonata sul petto e una bottiglia semi-piena in mano.

- Ehi! Sveglia! – perse la pazienza Jyk, sventolando una mano attraverso le sbarre del cancello.

- Uh… - aprì assonnato gli occhi quello – Oh.. aaaah! – si stirò quello, sollevando le braccia sopra la testa. Si alzò e si avvicinò, aprendo il cancello – Conosci la strada, vacci da solo – esordì. Immaginai che fossero due i principali motivi : il primo era che effettivamente io conosco la strada per andare nella Sala degli Ospiti della villa, e poi dubito che il guardiano avrebbe abbandonato la comoda poltrona e la scorta di vini tanto facilmente.

Camminando per il viale alberato cercai di sistemare l’abito che indossavo, la camicia spiegazzata e rammendata in più punti, gli stivali e i pantaloni sporchi di fango fino al ginocchio.

“Beh, dovrà bastare…” mi disse, ripensando al lusso e allo sfarzo della casa della Dama. Una vecchia conoscenza, Kevin Tirrip O’Dirk, Dama del Regno.

L’avevo conosciuta molti anni prima, quando chiesi  di poter studiare le mappe delle Terre, conservate, appunto, nella sua vasta e impolverata biblioteca, in cui nessuno aveva messo piede da anni.

Oggi, però, ero lì per una diversa ragione.

Entrai nella villa, con un timido “permesso”, dirigendomi subito verso quella che era stata battezzata “La Sala degli Ospiti”.

Benché tutta la casa fosse incredibilmente ricca, in quella stanza la Dama si era sbizzarrita.

Quadri alle pareti, tappeti preziosi per terra, tende di velluto alle finestre, il pavimento era di marmo, dal soffitto pendevano numerosi lampadari di cristallo.

Sedendomi su una sedia ricordai quella ragazzina viziata, che avevo imparato ad ammirare per la sua testardaggine e che, da giovanissima, aveva ricevuto in eredità dal padre morto prematuramente, quella casa e un ingente patrimonio, da dividere con un fratello e una sorella che non avevo mai visto perché, come diceva Kevin, “adorano viaggiare”

Ricordavo una ragazza vestita sempre in modo elegante, dalle maniere impeccabili e i modo fini.

- Jyk!! Che piacere!! – esclamò Kevin... “Ma è davvero Kevin??”

La Dama portava i capelli bruni legati in una treccia, proprio come le donne del popolo, indossava una camicia decisamente troppo grande, appartenuta, probabilmente, ad un minatore viste le macchie d’olio e di carbone, la gonna troppo corta che le sfiorava con l’orlo i polpacci, sporca di fango e i calzari di cuoio che avvolgevano i piedi, che spuntavano da sotto la gonna.

Attorno all’esile collo, bianco e forse un po’ troppo lungo, non c’era neppure una collana, ma solo un fazzoletto blu.

Ma che succede??” mi chiesi, incredulo.

- Jyk! Mi hai preceduto… dimmi, come hai fatto a sapere che ora va di moda lo “Stile Povero”? Insomma, credevo che fosse un’anteprima la mia! Me lo ha detto un’ancella della regina… nonché una mia informatrice! –

Le avrei volentieri spiegato che quello che lei definiva abito in “stile povero” era in realtà quello che io indosso sempre, così come tutti gli abitanti del Vicolo. Ma non avevo voglia di litigare e tanto, da nobile che mai era uscita dalla Zona Residenziale quale era lei, non ci avrebbe certamente creduto…

- Lascia stare… comunque ben tornata,com’e andato il tuo viaggio? – chiesi, certo della risposta. Ovviamente era andato bene.

- Benissimo grazie – sorrise lei. - E tu, dimmi, qualche nuova scoperta? – continuò, divertita. Solo perché qualche anno fa avevo combinato un piccolo pasticcio, continua a prendermi in giro! Neanche fosse colpa mia…

- Certo… negli ultimi due anni ho continuato con le ricerche… sono certo, questa volta la mia teoria è esatta… - sognai, con aria estasiata, evidentemente divertente, visto che Kevin cominciò a ridere

- Due anni?!? Jyk caro, hai proprio bisogno di una ragazza! – esclamò, continuando a ridere divertita

- Mooolto spiritosa, Kev. E’ importante! – risposi. A volte non la capivo… non prendeva mai nulla sul serio!!

Assunse un’espressione offesa, incrociando le braccia al petto e gettandosi la treccia dietro alla schiena, con un gesto annoiato.

- Allora, se è così seria, dovrai parlarmene durante una cena, no? –

- Aspetta Kev…! –

- Niente “ma” una cosa semplice… appena un centinaio di invitati! Mm… dovremo acquistare delle lingue di fenicottero e delle orecchie di elefante… avanti, non mettere il broncio, piccolo! – scherzò – Così conoscerai i miei fratellini, no? Sono appena arrivati e ci tengono tanto a conoscerti! E magari ti trovi anche una bella ragazza, no? – detto questo uscì di corsa dalla stanza, ridendo con allegria e urlando ordini a destra e a manca, a tutti i camerieri o, più semplicemente, a tutti coloro che le capitavano a tiro.

“Io ad un ballo?Non ci posso credere!” mi dissi, io che non sapevo neppure ballare ad un ballo? Non era un pochino una contraddizione? E poi quando avrei trovato il tempo di parlarle a quattr’occhi?

  
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