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Autore: Agapanto Blu    04/02/2013    3 recensioni
Anno Domini 1234.
Chatel-Argent, feudo dei Montmayeur, Francia.
Quando Daniel Freeland decide, come ultimo tentativo di aiutare la figlia diciottenne, di portare la sua Alexandra nel passato, non si aspetta certo l'immensità di sciagure che, con più foga e sadismo del solito, Hyperversum gli scatenerà contro...
Tra un rapimento, segreti che tornano alla luce e giovani amori, sembra che tutto si stia rivoltando contro il gioco di maschere dei Ponthieu e perfino la morte potrebbe non essere così certa...
Ma chi si cela dietro tutto ciò?
**********
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
*****
Daniel non voleva crederci, non riusciva a crederci.
Eppure davanti a lui, terribili nelle loro armature, l'una con un leone d'oro rampante in campo rosso e l'altra bianca con una croce nera centrale, stavano gli incubi più tremendi che Hyperversum gli avesse mai fatto incontrare.
Jerome Derangale sorrise.
"Chi abbiamo qui?"
Al suo fianco, il barone Gant rise.
"Una spia senza signore!".

Alcuni personaggi leggermente OOC.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Daniel/Jodie, Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14. A cosa porta la disperazione…

 
Marc era paralizzato, l’intera corte di Francia gelata sul posto, Re Luigi immobile e furioso. Ci fu un attimo sgomento di paralisi, un secondo in cui nessuno seppe dove fosse la verità e dove la menzogna, un momento che occorse a tutti per realizzare davvero quella terribile rivelazione.
Luigi si spostò verso Isabeau de Montmayeur, sul viso un’espressione desolata.
“Madame, sono davvero dispiaciuto.” sussurrò credendo di farle cosa gradita nel spiegarle la situazione, “Nessuno di noi poteva immaginare che quell’uomo avesse preso posto del vostro promesso sposo.”
Isabeau aveva uno sguardo allucinato, le mani sospese a mezz’aria le tremavano vistosamente e sul viso stava un’espressione di ingenua confusione che la faceva sembrare quasi una bambina smarrita.
“C…cosa…?” voleva chiedere spiegazioni, farsi dire il perché di tutte quelle menzogne su suo marito che lo facevano passare per un brigante quale il vero Jean, ma la voce non le usciva d’in gola. Una parte di lei arrivò alla ben più plausibile conclusione che quello fosse tutto un sogno.
Il Re fraintese il suo sgomento.
“Quell’uomo non è Jean de Ponthieu. Ha ucciso il vostro promesso appena questi è uscito dal monastero e ne ha preso il posto come sosia già a Cairs.” le spiegò il sovrano, “L’uomo che avete sposato non è chi voi avete sempre creduto. Tuttavia…”
“No…”
No, non era possibile. Ian non poteva averle fatto una cosa del genere: non poteva essersi preso tutte le colpe… Però, ecco che il giuramento aveva senso: nessuno di loro poteva contestare la versione di Ian che lo vedeva come l’unico colpevole di quell’intrigo. Agli occhi di tutti: Guillaume era stato raggirato, lei era stata raggirata, Daniel e Etienne e i due Henri e Geoffrey erano stati raggirati… Tutti vittime di un solo uomo e, perciò, solo uno era il colpevole, solo uno era da punire.
Quale modo migliore per proteggere tutti dell’assumersi ogni colpa?
Tutte quelle consapevolezze erano piombate addosso a Isabeau in un solo istante: il re nemmeno aveva finito di parlare.
“…sono certo che il Papa vi dispenserà dal matrimonio con quell’uomo.” stava dicendo Luigi, “In fondo, non sapevate chi stavate sposando e…”
Quelle parole, la certezza che spezzassero anche quell’ultimo vincolo tra lei e Ian, fece scattare qualcosa dentro Isabeau. Una molla che lei aveva sempre tenuto ferma ma che ora la portava dritta alla follia.
“No.” mormorò sconvolta.
Luigi le si avvicinò vedendola barcollare e allungò una mano verso il suo braccio per sorreggerla ma lei si divincolò con la furia di un animale braccato.
“NO!” urlò con tutta la forza che aveva.
Prima che chiunque potesse anche solo sospettare cosa stesse passando per la mente di Dama de Montmayeur, questa sfuggì a tutti i cari che cercavano di avvicinarsi a lei e scappò, inseguendo le guardie che stavano portando via suo marito. Corse per i corridoi urtando servi e sguattere, sfuggendo ai richiami della nobiltà che la inseguiva e agli sguardi sconvolti dei suoi stessi soldati. Raggiunse Ian che i soldati stavano aprendo la porta che conduceva alle prigioni che si sviluppavano sotto il livello del terreno. Afferrò una delle guardie e la fece voltare poi spintonò anche l’altra e, a quel punto, iniziò a colpire Ian al petto con le mani strette a pugno e gli occhi chiusi anche se ormai le lacrime stavano scendendo copiose. Continuò ad aggredirlo a quel modo con una disperazione e una forza tali che Ian dovette indietreggiare di un passo. A quel punto, con un verso, Isabeau lo spintonò e poi lo fissò.
I capelli scarmigliati, il viso inondato di lacrime e sfatto dalla preoccupazione, il respiro affannato e l’aura di disperata certezza che la avvolgeva la rendevano una Isabeau diversa da quella che tutti avevano sempre visto.
“Dimmi che non è vero!” urlò al marito, “Dimmi che non l’hai fatto! Dimmi che non l’hai fatto! DIMMELO!”
Ian continuò a fissarla, in silenzio, per un lungo momento.
“Mi dispiace: è proprio ciò che ho fatto.” rispose, gelido e impassibile, mentre i nobili li raggiungevano poi si chinò portando il viso all’altezza della moglie, “Io ho ucciso Jean de Ponthieu.”
Isabeau rimase paralizzata: non poteva negarlo, neanche volendo, perché sapeva che Ian aveva effettivamente ucciso il vero conte cadetto. Lui l’aveva resa parte delle sue accuse con una sola frase.
Le guardie, indignate da un simile comportamento da parte dell’uomo nei confronti della contessa, afferrarono di nuovo il loro prigioniero e lo costrinsero a voltarsi per buttarlo malamente lungo le scale che lo avrebbero portato alla sua cella.
Isabeau rimase immobile, muta, anche mentre i soldati scendevano dietro di lui e si chiudevano la porta alle spalle lasciandola sola nel corridoio. Era finita. Il gioco di maschere non aveva retto a tanti spettatori. Cadde in ginocchio a terra, incredula, ma poi scoppiò in singhiozzi disperati prendendosi il viso tra le mani, senza curarsi delle numerose persone alle sue spalle che la fissavano.
Jodie fu la prima a riaversi: precedette senza volerlo il Re Luigi che stava per avvicinarsi alla signora e lo superò per gettarsi in ginocchio accanto a lei.
“Perché?!” pianse la donna nascondendo il viso nel suo petto.
Jodie si morse il labbro inferiore per un istante, esitando mentre la stringeva a sé.
“Non lo so, Isabeau…” ammise, “Non lo so…”
Ma, agli occhi di chi era esterno a quell’intricata vicenda, quei dialoghi e quei comportamenti rendevano Ian Maayrkas ancora più riprovevole.
 
***
 
Ci vollero almeno tre ore prima che Isabeau mandasse via Jodie dalle sue stanze per rimanere sola. La donna americana si era rifiutata di abbandonarla in quel momento difficile fino a che aveva visto le lacrime solcare il suo viso ma ormai la contessa aveva ripreso il suo solito contegno e con gelida fermezza aveva ordinato che la si lasciasse sola.
Con delicatezza, quindi, Jodie si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò a Guillaume e Daniel, in attesa di notizie sulla contessa.
“Come sta?” chiese subito Ponthieu.
Jodie lo fulminò con lo sguardo.
“Le hanno appena portato via suo marito e tra poco, con buone probabilità, lo condanneranno a morte per un tradimento che non ha affatto commesso: pensate che possa star bene?” chiese acida.
Daniel mise le mani sulle spalle della moglie per trattenerla.
“Siamo tutti in ansia per Ian, Jodie.” le ricordò, la voce malferma.
Il viso di Daniel mostrava ampi segni della sofferenza che stava tentando di trattenere e gli occhi erano cerchiati di un alone scuro simile all’effetto di una notte insonne.
Guillaume sospirò, si passò una mano tra i capelli e iniziò a fare avanti a indietro lungo lo stretto pianerottolo che stava davanti alla stanza di Dama Isabeau.
“Ma cosa gli è saltato in mente?!” ringhiò, apparentemente furioso.
“L’ha fatto per proteggerci tutti.” ribadì Daniel, irritato dal palese fastidio del conte pur consapevole che quello era il modo dell’uomo per sovrastare il dolore della perdita.
Guillaume si voltò verso di lui, palesemente seccato, ma Jodie alzò le mani tra i due per fermare il confronto verbale.
“Arriva qualcuno.” sussurrò.
Entrambi gli uomini presero un’espressione sbalordita e offesa, non difficile da simulare visto che per l’ennesima volta Ian aveva fatto di testa sua, e attesero che l’ospite, il cui suono di passi era accompagnato da uno strano ticchettio, li raggiungesse.
“Non dovreste parlare così forte.” commentò una voce dolce ancor prima di finire le scale, “Vi si sente fin nel corridoio: se qualcuno avesse origliato, avreste potuto passare grossi guai.”
I tre non fecero in tempo a farsi assalire dall’ansia che il viso triste di Alex fece capolino sulle scale.
La ragazza teneva una mano sul muro per orientarsi e aveva tra le mani un bastone alto più o meno quanto lei con il quale cercava a tentoni il pianerottolo.
Jodie tentò di andarle incontro ma Alex si fermò sui gradini e scosse la testa quando la sentì afferrarle un braccio.
“Credo sia meglio andare a parlare lontano da qui.” sussurrò indicando con il mento davanti a sé, oltre il muro dove immaginava fosse Isabeau.
Per quanto il gesto fosse stato fatto leggermente troppo a destra, il conte di Ponthieu annuì, rabbuiato.
Scesero le scale mantenendo un flebile silenzio che veniva periodicamente interrotto dal battere di Alex sui gradini. Arrivati al pianerottolo, si nascosero tutti nella camera di Daniel e Jodie.
“Il Re ormai ha deciso.” esordì Alex.
“Cosa?!” esclamò Ponthieu sconvolto, “Senza il parere dei nobili?!”
“Con il parere di tutti i nobili eccetto voi e dama Isabeau.” spiegò Alex, “Il Re pensava di farvi cosa gradita non costringendovi a presenziare al processo. Un processo ben rapido, se posso dirlo.”
“Pure troppo!” esclamò Daniel, irritato, ma poi la preoccupazione ebbe la meglio sull’indignazione, “Cosa gli succederà?”
Alex chinò il capo.
“La sentenza è ‘a morte’.” sussurrò.
Daniel sbiancò, Jodie indietreggiò portandosi una mano sulla bocca mentre le lacrime le salivano agli occhi, Guillaume de Ponthieu prese un respiro profondo passandosi una mano sul viso.
“Non vogliono che il popolo sappia dello scandalo, perciò verrà portato nella foresta fuori il castello e ucciso lì, poi lo faranno passare per un incidente di caccia.” spiegò Alex più dettagliatamente.
“Ne siete sicura, Alexandra?” chiese Guillaume, serio.
“Io ho presenziato al processo: il Re mi ha accordato questo permesso visto che mio padre e il suo signore erano troppo sconvolti dall’accaduto per presentarsi.”
“Si è fatto questa idea?” chiese Jodie.
Alex scosse la testa.
“Questo è quello che gli ho detto io” alzò una mano troncando le proteste sul nascere prima di continuare, “e farete meglio a continuare a sostenere questa tesi: nessuno ha difeso Jean Marc de Ponthieu. Giusto Geoffrey Martewall è riuscito ad ottenere una minuscola proroga: ha chiesto che fosse aspettato il parere di Isabeau de Montmayeur visto che è lei quella più danneggiata dallo scandalo; ma il Re non aspetterà ancora a lungo. Se domani Isabeau non darà il suo parere, procederà come stabilito.”
Daniel era sconvolto.
“Ma… Etienne?! E Henri ‘il grande’ e Henri ‘il piccolo’?!” chiese sconvolto.
“Si sono astenuti.” spiegò Alex cupa, “Mi sono parsi davvero sconvolti ma è comprensibile: Ian ha dipinto al Re un’immagine di sé tale che perfino io per un attimo stavo per pensare che fosse un essere spregevole.”
“Grandioso!” esclamò Daniel iniziando a fare avanti e indietro per la stanza, “E adesso?”
“E adesso dobbiamo parlare a Isabeau.” intervenne Jodie fermando il conte di Ponthieu prima che lui si dirigesse dal Re, “Lei è l’unica che può rallentare l’esecuzione di Ian il tempo necessario a noi per salvarlo.”
“E come pensi di salvarlo, di preciso?!” chiese Alex, angosciata.
“In…qualche modo.”
 
***
 
Isabeau osservò il sole morire, fuori dalla sua finestra, e pregò di poter tramontare come lui, quando e se suo marito fosse morto. Seduta su uno scranno, vestita con l’abito blu che era stato il suo abito da sposa, lasciò che gli ultimi raggi del giorno le si posassero addosso, facendo brillare i suoi occhi e i suoi capelli di una strana luminosità aranciata, quasi stesse bruciando di una fiamma viva.
Un bussare forte ma rispettoso alla porta le fece battere le palpebre, ma niente di più. Isabeau ascoltò come da fuori la sua stessa voce rispondere “Avanti” con tono apatico. Non si voltò a guardare il nuovo venuto, in fondo l’aveva fatto chiamare lei.
Il barone Thibault de Chailly si inchinò profondamente alla sua signora.
“Mia signora?” chiese, suo malgrado a disagio nel restare da solo con la propria castellana e preoccupato per le voci che avrebbero potuto circolare su di lei.
“Mio marito è stato incarcerato.” esordì la donna strappandolo alle sue elucubrazioni, “Si fidava di voi e io voglio fare lo stesso: il Re lo farà uccidere ben presto fingendo un incidente di caccia.”
Chailly sgranò gli occhi, preso di sorpresa dal discorso così diretto della contessa.
“Ma… Mia signora, il Re non vi dà ascolto? Su una cosa che riguarda voi così da vicino?”
“Il Re non mi darebbe ascolto, nessuno tra la nobiltà oserebbe sostenermi e ci sono cose che io stessa desidero non vengano ricordate, per il bene dei miei figli.” spiegò Isabeau alzandosi in piedi e iniziando a camminare per la stanza, con il suo incedere regale e con le mani strette l’una nell’altra.
Thibault capì che non era il caso di fare domande e attese che la sua signora gli spiegasse cosa fare.
“Le mie motivazioni non importano” continuò a parlare la donna, “e su di esse non voglio che si indaghi, ma ho intenzione di incaricarvi di una missione riguardante la morte di Ian Maayrkas.”
Solo a quel punto del suo discorso serio e deciso, Isabeau alzò gli occhi su Thibault.
“Monsieur de Chailly, già una volta siete andato contro persone ben più importanti di voi per mio marito: vi chiedo se per me provate la stessa fedeltà.”
L’uomo si inchinò.
“Servirò sempre fedelmente il feudo dei Montmayeur e i suoi signori.” rispose.
Isabeau annuì.
“Allora ascoltatemi: prendete sette uomini, sceglieteli voi personalmente, e assicuratevi che la loro fedeltà a me sia totale; dopodiché preparatevi con essi ad occuparvi come poi vi dirò della morte di Ian Maayrkas. Poi, subito dopo l’esecuzione, dovrete scortare un uomo in un posto dove la mia famiglia è sempre stata e sarà sempre al sicuro ma devo intimarvi di non farvi vedere da nessuno: andate quindi per le strade, o mandatevi qualcun altro, e cercate di capire quale via sarebbe meglio fare e di chi fidarvi.”
Thibault chinò il capo.
“Mia signora, la vostra famiglia è benvoluta dal popolo, il vostro sposo ha saputo farsi rispettare e amare dalla sua gente.” dichiarò poi si azzardò ad aggiungere, “Nessuno vi tradirà, ma penso sia segno di saggezza prendere qualche precauzione. Posso sapere chi è colui per il quale vi prodigate tanto?”
Isabeau si accostò alla finestra e guardò fuori.
“Di questo non preoccupatevi per ora, si tratta solo di uno servo che donerò al Monastero di Saint-Michel per liberarmi dal voto che mio marito fece di far loro una donazione ogni anno, in occasione del giorno in cui tornò.” liquidò, poi, accarezzando il corno della finestra, aggiunse, “La mia fiducia è riposta in voi, e con essa lo è anche la vita mia, ma badate: una donna con il cuore infranto è il nemico più pericoloso che un uomo possa farsi.”
Thibault de Chailly annuì.
“Non preoccupatevi.” assentì.
“Forse dovrete uccidere” gli disse la donna senza lasciarlo finire, “nel caso non trovaste uomini sufficientemente fedeli, ma potrete dare la colpa di quell’omicidio a mio marito.”
Thibault annuì.
Isabeau lo squadrò un’ultima volta poi tornò a guardar fuori dalla finestra.
“Andate.” lo congedò seccamente, “Ora voglio stare da sola.”
Il barone uscì dalla stanza senza dir nulla e, quando la porta fu chiusa, Isabeau chiuse gli occhi e si permise di piangere ancora.
“Ian, perché mi hai fatto questo?” chiese al sole che cadeva oltre l’orizzonte, “Perché ogni volta che mi prometti di restare, qualcuno ti porta via da me?”
 
***
 
“Oh, milady, vostro marito certo non ha colpe di questo.” commentò guardando oltre lo schermo del computer, “Sono molte altre le colpe che lo portano in simili situazioni.”
Sul monitor l’immagine di Isabeau scomparve per far posto ad una schermata di gioco.
 

 
HYPERVERSUM
Level one: completed
 
System is saving.
Please wait…




 

Eccoci qui...
Storicamente parlando la storia va sempre peggio, ma secondo la trama: ecco arrivato un nuovo personaggio, cruciale!!!
Attenti a questa persona, mi raccomando!
Non ho altro da dire, grazie a tutti per la pazienza! ;)
A presto!
Ciao ciao!

  
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