Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: HG_project    05/02/2013    2 recensioni
Due mondi uniti. I personaggi di Axis Power Hetalia uniti al telefilm statunitense Glee.
Trame, coppie e amicizie. Ma non le solite, quelle dove uno si fida dell'altro solo per farsi prendere il caffè la mattina. Tutti i personaggi creeranno l'ambientazione di una stra, anzi, pazza e musicale amicizia, fatta di coreografie e...bhé, divertimento! H&G_project!
Genere: Generale, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1°capitolo: William McKinley High School.

Venivo dall’altra parte del mondo. Nessuno voleva credere alle mie origini d’appartenenza, tanto che più volte dovetti specificare per fargli capire che, no, non venivo né dal Missouri, Texas o California. Infatti, mi trasferii a Lima, in Ohio,per lavoro dei miei. Dovetti abbandonare la mia soleggiata Spagna per recarmi nella stroboscopica e rumorosissima città Statunitense.
Inizialmente odiai quel posto. Ogni volta che uscivo di casa, trovavo una qualche scusa per restare chiuso in camera ad ascoltare canzoni su canzoni, iniziando perfino a preferire la musica alle persone. Nonostante questa mia situazione, quei due non mi diedero nessun tipo di supporto o ascolto. Più volte chiamarono uno psicologo, ma questo, chissà perché, se ne andava via dicendo “vostro figlio non ha bisogno di uno psicologo, ma di una vita”.Decisero di iscrivermi al corso della William McKinley High School, e…oltre ad avere il normale anno come tutti gli altri, mi inserirono alla selezione per un gruppo chiamato “Glee club”, ragazzi e ragazze che oltre fare coreografie, cantavano.
Il canto, nonostante fossi modesto, era una delle poche cose che…veniva da sé. Non avevo mai partecipato a lezioni corali o cori scolastici. Credevo fossero solamente un mucchio di ragazzi e ragazze che, secondo brani seicenteschi e giù di lì, seguivano immobili il volere di un’unica persona. Senza ascoltarsi l’un l’altro, senza collaborare o stabilire una vera amicizia, di quelle che si formano solamente in un gruppo. Perché come sempre vedevo, uno sparlava dell’altro…così, giusto per far cortesia, e il primo, poveretto, se sgarrava una nota, gli altri iniziavano a ridere.
Forse avrei trovato quell’uguaglianza che a Madrid non riuscì a trovare. Forse qualcuno mi avrebbe aiutato. Forse avrei trovato una strada.
La cosa che però mi bloccò immediatamente i pensieri fu la selezione. “Ovvio” pensai. Un altro gruppo di pecorelle belanti che, se gestite in una maniera giusta, sapevano fare un accordo maggiore. Niente veniva dal cuore. Niente vedevo scaturire da quelle facce immobili, come sotto ipnosi di una sottile e lunga bacchetta, che si muoveva con piccoli spasmi di qualche mano adulta, rugosa e grassa.
Non era adatto per un giovane. Dov’erano andate a finire le canzoni moderne? Certo, senza dover parlare necessariamente di musica da discoteca, quella che odiavo. E non fraintendiamo, che odio ancora oggi. Che la cantassero gli adulti le opere di Mozart, Beethoven o Bach. Noi avevamo bisogno degli autori moderni.
A malincuore, il primo giorno, dovetti assistere alla scena più straziante della mia vita. In ogni bagno vi era qualche coppia che pomiciava felicemente, o peggio ancora, si scopava qualcuno. Tutto questo per un’antica usanza. Questo fu quello che mi raccontò il mio “nuovo” compagno di banco, Alfred, un tipetto biondo, occhi azzurri e occhiali. Oh, e un piccolo ciuffo strano rivolto verso l’alto. Un po’ egocentrico e iper-attivo, ma pur sempre simpatico e…insomma, caruccio. Però, la scoperta più grande fu quella che venne osservando con i miei, i MIEI occhi chi c’era dentro tutti i bagni.
Me lo scrissi su un piccolo taccuino.
Ogni volta che esprimevo la mia su qualcosa il quale non potesse protestare, o mandarmi direttamente a quel paese, mi faceva sentire meglio.
Ovviamente sfoggiavo questo “ME” solo in privato, nel mio piccolo ero il devastatissimo Antonio, il ragazzo che fuori cerca di nascondere tutto il suo malcontento con migliaia di sorrisi, prendendosi anche il suffisso di “faccia da schiaffi”, mentre grazie alla sua mente aveva mandato via più di cinque psicologi.
Ma, come sarebbe dovuto essere, la mente di Antonio rimase appunto, “la mente” di Antonio.
Senza tante cerimonie, parlai con Alfred, chiedendogli se anche lui avesse partecipato alla selezione. Rispose di sì. Insomma, tra tutti gli elogi del giovane biondo, pareva un involontario “sì”. Così aspettai la fine delle lezioni. Perché, stranamente, non vi era un orario preciso. O almeno non come quello di tutte le altre compagnie a cui  assistetti impersonalmente. Così il cuore iniziò, prima di tutto a perdere colpi. Anche perché, nonostante fossi un ragazzo apparentemente tranquillo, sicuro di sé e qualche volta ritenuto anche l’ “ingenuo” della situazione, quando si trattava di eventi importanti, mi agitavo già da ore prima. Infatti come primo giorno di scuola, la mia testa incrociò le braccia e si mise a danzare in un angolino, senza darmi la grazia di ascoltare anche una piccola parola degli insegnanti.

Poco importava, in fondo…no?

Insieme ad Alfred, che, come ogni ora, si mangiava un hamburger seguito dall’immancabile bibita scura e frizzante (per il quale ancora mi domando come diavolo faccia a non esplodere), spalancai la porta che dava su una piccola e lievemente oscurata sala da prove, dove immediatamente giunse alle mie orecchie qualche bisbiglio. Giovani e ragazze seduti su alcune sedie, una vicina all’altra, mentre in fondo si avvertiva della musica, ed una voce che cantava. Nessuno pareva aver fatto caso a me, tranne una ragazza attaccata al braccio di quello che poteva essere il suo ragazzo, o suo fratello. Infatti, dopo uno sguardo mi sorrise, quasi infantilmente. E dire che avevamo tutti diciassette, se non diciotto anni. Ricambiai il sorriso con uno che, come al solito, pensò bene di rimanermi attaccato addosso, forse per nervosismo…oppure nient’altro che emozione.
Ormai Alfred si era dileguato…lo scorsi solo parlare con un ragazzo dai capelli…biondi, sì, biondi, e gli occhi verdi. Già, quello che vidi solo dopo aver notato quelle…quelle, diciamo, “imponenti” sopracciglia. Che strano il Mondo, a volte.
Appena divertito per la reazione che quel giovane aveva davanti all’esuberanza del mio fidato compagno d’avventura (sì, confidavo nel fatto che non ci saremmo separati mai più –perché gli amici si riconoscono dal primo sguardo, eh-), decisi di distrarmi e, seduto su una sedia, accanto ad un’altra vuota, che mi comunicarono occupata, ascoltai con attenzione le parole…anzi, la voce del candidato al provino.
Non conoscevo bene quella canzone. Forse, vagando per i siti web mi trovai ad ascoltarla un paio di volte, ma nient’altro. La trovavo carina, anche per il fatto che parlasse della Mona Lisa.
Solamente quando arrivarono le note del ritornello, ma mia pelle reagì ed ebbi un brivido. Che dico, più di un brivido…Dovevo sapere chi era la voce.
Ma per non sembrare un’ignorante nella “materia”, interpellai un ragazzo affianco a me, posandogli l’indice sulla spalla, per farlo girare.
Non finivano mai quelli con i capelli biondi. Ma lui li aveva lunghi quasi fino alle spalle, mossi e all’apparenza…così morbidi. Lasciai vagare lo sguardo smeraldino sul suo viso, l’accenno di barba incolta sembrava dargli l’idea di dimostrarsi più grande di quanto normalmente fosse. Sorrisi quasi stupidamente, come se non fossi io a parlare, e l’altro così, puntando le iridi azzurre dritte nelle mie, pronunciò:
-Oui, chère?-
“D’accordo” osservai subito. Se lui era francese, della Mona Lisa ne doveva sapere qualcosa.
Mi feci avanti, tutto d’un fiato, tentando inutilmente di staccare lo sguardo dal suo volto. Aveva qualcosa di bello. Come la musica. “Oh, Antonio, che fai? Già il primo giorno, e ti metti a fissare gli altri così? Aspetta almeno il secondo”. Un silenzioso respiro, e poi feci vibrare le corde vocali.
-Oh…volevo chiederti se sai…come, come si chiama questa canzone. L’avrò ascoltata sì e no due volte, ma non ricordo il titolo…-
Il presunto francese sembrò sbalordito. Lui che fino a quel momento la stava canticchiando. Trattenne una risatina e mi confidò, avvicinandosi appena.
-Panic! At The Disco: The ballad of Mona Lisa, trésor..! Pourquoi non laconosci? È una delle mie canzoni preferite!-
Rimasi stupido del più che buono accento inglese, o almeno, del suo modo di parlare. Ma come non potrebbe quel ragazzo saper fare queste cose? Scossi la nuca, appena, cercando di non farmi vedere troppo, e ripresi il discorso, richiamando così l’attenzione di un certo tizio che avevo adocchiato già prima: sì, insomma, ci stava provando con una ragazza così carina…capelli castani e un fare così -apparentemente- femminile e garbato che lasciva quasi di stucco.
Solo dopo che vidi avvicinarsi al biondo con cui stavo parlando l’albino con i suoi inquietanti occhi rosso…sangue, e un canarino giallo sopra la sua testa, capii che il metodo di persuasione ad andarsene della signorinella in fondo non era poi così gentile come appariva esteriormente.
Cercai di ignorare quello sguardo e continuai con le mie domande.
-Oh, non ero sicuro che fosse quella…insomma, conosco così tante canzoni che…qualcuna riesco sempre a dimenticarla! Che sbadato, eh…ma dimmi…chi è il…il candidato che canta quella canzone?-
Francis (nome che sentii pronunciare dall’albino dietro di lui, mentre cercava di richiamare la sua attenzione), sembrò parecchio divertito dalla situazione. Lo “spagnolo” (perché si sentiva, in effetti, che fossi spagnolo) sembrava voler cadere nella bocca del lupo rabbioso. Girandosi appena, diede una piccola gomitata al braccio di…Gilbert, sì, Gilbert, bisbigliando qualcosa in francese. L’altro iniziò a ridacchiare insieme a lui, e così si degnarono finalmente a darmi qualche informazione sulla -splendida- voce che risuonava forte fino alla stanza dove si trovavano loro.
-Mh, lui..! il est très mignon. Mais il a un tempérament ...non so se ti…-
-Ci vuoi provare con Vargas?-
Urlacchiò tutto divertito il giovane dall’accento tedesco, piuttosto marcato.
Vargas? Chi era Vargas? Una marca di prosciutti? Ci misi un po’ per capire. Poi, arrossendo, alzai le braccia, scuotendo in un gesto piuttosto buffo le mani, come a far capire che si sbagliavano…e di grosso!
-Ehi, ehi, ehi! Chi è Vargas? Non l’ho neanche mai visto, amigos!-
Ma ecco, che vidi un fluttuante ricciolo moro svolazzare dietro di me...DIAMINE!


//eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeh d'accordo! Questa è la mia prima fanfiction. Insomma, il primo capitolo. Perché questo miscuglio tra Hetalia e Glee sarà infinito. MUAHAHAHA. Okay, insomma. Se l'avete letta, e non vi sono sanguinati gli occhi, chiedo gentilmente di recensire, darmi magari dei consigli, e...mh, offrirmi un piatto di pasta. Zut, nein, no. Alors, sò d'aver fatto un Antonio stravolto. In fondo...lui è un po' così comunque, no? 
Nel prossimo capitolo ci sarà la presentazione di alcuni altri protagonisti -sappiamo tutti chi è il sopracciglione, su!-
La ragazza stretta al fratello sarebbe Belgio, eh. La canzone cantata da Lovino è uno spasmo che mi è venuto cercando una qualsidannatamenteLovinita canzone su youtube. E visto che parlava della Mona Lisa...mon dieu, come si è fatto tardi! Grazie per aver letto e...recensite!
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: HG_project