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Autore: Rosie Bongiovi    05/02/2013    5 recensioni
"Ci insegnano a scrivere una lettera da quando siamo alle scuole elementari.
Ci dicono “Qui va la data, lì l'emittente, là il destinatario”. I maestri più puntigliosi insistono su altre cose, come il contenuto. “Lì i saluti, poi il testo e ciò che volete raccontare, alla fine un semplice 'Arrivederci' o 'A risentirci'!”. Per me, invece, scrivere una lettera è sempre stato un modo come un altro per sfogarmi".
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Richie, dopo aver pensato alla maniera ideale per non deludere le prospettive di Clarice, aveva deciso di andare nel locale in cui si era esibito per la prima volta in tutta la sua vita. Era a venti minuti da casa sua, in una vietta illuminata dalla gialla luce di quattro lampioni neri. Non era un locale grandissimo, ma era uno di quei posti in cui, varcata la soglia, tutti diventano amici di tutti. Il mercoledì e il sabato erano i giorni dedicati al karaoke e questo Richie lo sapeva perfettamente.

“Siamo arrivati” annunciò il giovane. Di certo aprire la portiera di Clarice sarebbe stato un gesto schifosamente romantico e.. Oh, al diavolo questi pensieri. Scese velocemente dall'automobile e aprì la portiera della passeggera, rivolgendole un sorriso mentre le porgeva la mano per aiutarla a lasciare il veicolo.

“Come siamo premurosi” osservò ella, premurandosi di far trasparire del sarcasmo.

“Tutto merito del mio manuale del perfetto cavaliere. Capitolo cinque, paragrafo tre. In quella pagina parlava di cavalli e carrozze, ma credo che la regola valga anche per una Ford”. Clarice accennò una risata per poi guardarsi attorno, osservando ciò che la circondava. Tutti i negozi della via erano chiusi o in procinto di fare lo stesso, eccezion fatta per un locale illuminato da una scritta viola.

“E' lì che stiamo andando?” domandò, ricevendo una risposta affermativa.

“Ti piacerà” e, così dicendo, Richie si addentrò nel pub, dopo aver preso la ragazza per mano. Li accolse un intenso, ma per questo non spiacevole, odore di birra e di legno. I due notarono immediatamente un uomo di trent'anni circa sul palco, con il microfono in mano, a cantare una canzone country. Si muoveva come se fosse il padrone del posto e si atteggiava da vero professionista. L'attenzione di Clarice venne catturata dal picchiettare del dito di Richie sulla sua spalla destra: le stava indicando un tavolino libero a qualche metro dal palco, sul quale c'era un posacenere bianco. “Dici che va bene se andiamo lì?” chiese, quasi urlando a causa della musica altissima.

“Mi sembra perfetto!” rispose la ragazza, con altrettanti decibel. La canzone finì nell'arco di qualche secondo, con un assolo di chitarra acustica, e la musica venne sostituita dal vociare confuso dei presenti. L'uomo dai lunghi capelli biondi e da una barba di quattro giorni circa saltò giù dal palco, sedendosi al bancone e ordinando un boccale di birra.

“Dovremmo ordinare qualcosa anche noi” suggerì Richie, accanto al quale, come se lo avesse sentito, passò una cameriera dai capelli rossi con qualche ciocca tinta di un viola acceso, abbinamento fin troppo eccentrico. “Oh, scusami, potresti portarci due menù cowboy?”.

“Subito” rispose distrattamente, segnando l'ordine su un taccuino dalle pagine rovinate e allontanandosi ruminando un enorme chewing-gum rosa, molto probabilmente alla fragola.

“Cosa sarebbe il menù cowboy?”. Clarice sembrava curiosa e stupita al contempo. Si immaginava già un enorme piatto di fagioli con del fieno e la scena di lei che impersonava un cavallo non era particolarmente allettante.

“In realtà non ha niente a che fare con quello che mangiavano nel 1900 nel far west” la avvertì. “Lo chiamano 'menù cowboy' solo perché contiene gli alimenti preferiti dal proprietario che, guarda caso, è anche fissato con le storie di cowboys e indiani”.

“Ora mi è tutto più chiaro”. Ben presto la voce rilassata di Clarice venne coperta da quella di una giovane ragazza di colore che si stava esibendo in “Greatest love of all”, un celebre brano di Whitney Houston. “E' molto brava.. Che ne pensi, Rich? Richie?” voltandosi, realizzò che il chitarrista era sparito nel nulla. Allarmata si guardò attorno e lo vide scrivere qualcosa su un foglio appoggiato sul bancone. Lo squadrò confusa e dovette smettere di lanciargli occhiate perplesse perché la cena, i loro menù cowboy composti da un grosso trancio di pizza fumante e delle patatine, erano appena stati appoggiati sul tavolo da quella cameriera eccentrica, che non si scompose più di tanto dopo aver rovesciato quasi tutta la coca-cola che avrebbe dovuto consegnare ad un altro povero cliente. “Stavi facendo qualche autografo?” chiese la giovane dai capelli corvini al ritorno di Richie, che, prima di risponderle, divorò quattro patatine ricoperte di senape.

“No” replicò, con la bocca piena. Bevve un sorso di coca-cola, schioccò la lingua sul palato e aggiunse “Ci ho iscritti per il karaoke. Siamo tra due canzoni, quindi ti conviene finire quello che hai nel piatto”. A Clarice andò quasi di traverso il boccone di margherita con formaggio extra.

“Cosa cosa cosa? Stai scherzando, vero? Richard Steph”.

“Ehi, l'hai detto tu che non volevi un appuntamento sulla spiaggia, a guardare le stelle e mangiare sandwiches comprati al supermercato! Quindi ora non fare i capricci”. Nonostante il sarcasmo con cui erano state pronunziate quelle parole, a Clarice non andava proprio giù questa sorpresa improvvisa. Sapeva suonare il piano, sì, ma non le era mai piaciuto particolarmente il suono della sua voce nemmeno quando parlava.. Figuriamoci a cantare! Avrebbe potuto scappare, ma quante probabilità aveva di riuscire a seminare Richie? Nah, non ne valeva la pena. Avrebbe dovuto subire e immedesimarsi in una cornacchia che si spaccia per cantante.

“Almeno sai dirmi che pezzo canteremo? Magari non lo conosco neanche!”.

“Confido nel tuo buon gusto, Luna, sono certo che la sai a menadito. E' una canzone di Clapton, comunque” e giù un'altra sorsata di coca-cola, seguita da un morso di pizza.

“E il titolo sarebbe?” insistette lei.

“Lo scopriremo solo vivendo!”. Il ragazzo le rifilò un sorrisetto sghembo e continuò a cenare, isolandosi dalle lamentele della sua interlocutrice, che si stava pentendo di non avergli detto subito 'No, andiamo alla pizzeria dove ho prenotato e non fare storie!'. Tutto sommato, però, si stava divertendo. Era da.. Diamine, era da anni che non usciva la sera. Era un bene, sì, ma solo per il suo portafoglio. Eppure c'era qualcosa di diverso rispetto a tutte le uscite con i suoi amici. Per esempio, non sentiva la necessità di fare la perfettina e tagliare la pizza con forchetta e coltello e..

: - A che diamine sto pensando? Esco con un ragazzo e penso al modo in cui sto mangiando la pizza? Dio, posso essere più stupida di così? Risposta? No! Dlin dlin dlin, esatto! Signorina, ha vinto un viaggio ai Caraibi, congratulazioni! -.

“Ehi, tocca a noi”. Vide Richie pulirsi le labbra con un tovagliolo di carta, che stropicciò e lasciò cadere sul tavolino. Clarice fece altrettanto e respirò profondamente. Il chitarrista la trascinò sul palco prendendola per mano, forse temendo che volesse fuggire in bagno o, peggio ancora, fuori dal locale.

“Richie, mi viene da vomitare, non ci riesco” bisbigliò lei, all'orecchio del giovane. Tutti gli occhi erano puntati su loro due e la prima fila sorrideva entusiasta, riconoscendo l'attacco della canzone.

“Sforzati, non ti lanceranno gli hamburger addosso se stoni” sussurrò lui di rimando, poi prese il microfono e iniziò a cantare. “It's late in the evening, she's wandering what clothes to wear. She puts on her make up and brushes her long blonde hair. And then she asks me”. Richie fece segno a Clarice di cantare la frase successiva.

: - Coraggio, al massimo perforo qualche timpano -.

Do I look alright?”. Non stonò affatto, anzi. Il chitarrista alla sua destra le prese la mano per darle forza. Poi sorrise.

And I say yes, you look wonderful tonight”. Piccolo spazio riservato ad una Stratocaster nera, sulla quale venne spostato un riflettore. Poi fu il turno di Clarice.

We go to a party and everyone turns to see”.

This beautiful lady” nel cantare queste tre parole, Richie si avvicinò lentamente alla ragazza, girandole attorno e poggiandole un leggerissimo bacio sulla guancia. Non le era lecito svenire, ma lo avrebbe fatto volentieri in quell'istante. “That's walking around with me. And then she asks me”. Cenno con il mento.

Do you feel alright?”.

And I say yes” e poi, con un filo di voce, aggiunse“I feel wonderful tonight”. La batteria accompagnò la chitarra, facendosi sentire prepotentemente. “Insieme” le suggerì Richie, in labiale. E le loro voci si mischiarono, incastrandosi perfettamente, come se fossero nate per unirsi in quel capolavoro blues.

I feel wonderful because I see the love light in your eyes and the wonder of it all is that you just don't realize” minuscolo istante di silenzio “How much I love you”. I riflettori tornarono sui componenti del gruppo, lasciando qualche secondo di buio a Clarice e Richie, che sorridevano.

“Che ne dici.. Ho fatto bene a portarti qui?” le domandò, sporgendosi verso di lei. La giovane donna sentì il respiro di quel gigante di un metro e ottanta sul suo collo e, ci avrebbe giurato, le guance stavano per prendere fuoco. Non voleva essere succube di un rockettaro senza speranze e con troppi capelli, accidenti, non voleva davvero...

“Benissimo, oserei dire” ...Eppure le sembrava odiosamente impossibile evitarlo.

L'assolo finì e i due, cantando una frase per ciascuno, conclusero il pezzo.

 

It's time to go home now
And I've got an aching head
So I give her the car keys
She helps me to bed
And then I tell her
As I turn out the light
I say my darling, you were wonderful tonight
Oh my darling, you were wonderful tonight

 

Gli applausi non tardarono ad arrivare e li accompagnarono finché i due non ebbero lasciato il palco.

“Perché la canzone sia uguale a quello che stiamo facendo, ora dovrei dire che è arrivato il momento di andare a casa e dovresti guidare”. Sorrise maliziosamente.

“Hai ragione” asserì Clarice, divertita.

“Ma almeno sai guidare?”. Senza rispondere nulla, la ragazza estrasse le chiavi dell'auto dalla tasca destra dei jeans di Richie, per poi dirigersi verso l'uscita, ridacchiando. Lui, lasciata una banconota sul bancone, la raggiunse scuotendo la testa. Fuori, entrambi furono investiti da un'aria completamente differente rispetto a quella che si respirava nel pub. Erano vicini alla costa e il profumo di acqua salata si stava insinuando nelle loro narici.

“Che ne dici di andare sulla spiaggia? Senza picnic, ovviamente”. Gli angoli della bocca di Clarice si inarcarono in un sorriso sincero. Esattamente come la storia degli appuntamenti o delle uscite, era da un millennio e poco più che non passeggiava sulla sabbia.

“D'accordo, ma come ci ha ordinato di fare Clapton, guido io”. Richie alzò le mani, come in segno di resa. Salirono sulla Ford, abbassando i finestrini e lasciando che quella fragranza di acqua marina si impossessasse dell'intero veicolo. Decisero di lasciare la radio spenta e di non parlare, dopo tutta la confusione e la musica che ancora rimbombavano nella loro testa. L'unico suono che impediva al silenzio di diventare sovrano era l'oscillare del rosario attaccato allo specchietto retrovisore. Entro pochi minuti, andando a 70 km/h, giunsero in un parcheggio a trenta metri dalla spiaggia.

“Andavo spesso qui con i miei amici, quando eravamo al liceo” spiegò, restituendo le chiavi al proprietario e attraversando la strada, seguita da Richie. “Essendo una spiaggia libera, ogni volta che venivamo qui, ciascuno di noi doveva portare vuoi l'ombrellone, vuoi la frutta, vuoi l'occorrente per giocare a badminton, vuoi la tavola da surf, sulla quale la sottoscritta cadeva regolarmente, umiliandosi di fronte a decine di ragazzoni dal fisico pompato”. Scoppiò a ridere, ricordando tutte le sciocchezze fatte quando era una liceale.

“Veniva con voi anche Dorothea?” chiese lui, tanto per fare conversazione.

“Sì e Jon pure. Il fatto era che continuavano ad isolarsi, preferivano stare da soli. Non li biasimavo, era bello vedere la mia compagna di banco così presa da un ragazzo, ma si sentiva comunque la sua mancanza nel gruppo”. Arrivati all'entrata della spiaggia, si tolsero Clarice i sandali, Richie delle converse blu, che andavano d'accordo con i jeans e un po' meno con la camicia.

“Se solo fossi rimasta in contatto con i coniugi Bongiovi avrei potuto fare il cascamorto molto tempo prima” osservò, ridacchiando.

“Cascamorto? Ma se hai detto che tu alla storia delle lettere non ci credi!”. Clarice lo spintonò, facendolo erroneamente inciampare. “Scusami, non volevo!” esclamò ridendo, rendendo le sue scuse veramente poco convincenti. Gli porse una mano per aiutarlo, ma Richie le rivolse un'occhiataccia torva.

“Corri, Luna, perché sto per vendicarmi!”. La ragazza lasciò i sandali a qualche centimetro dal chitarrista, che nel frattempo si era rialzato, e corse il più velocemente possibile verso la riva, dove la sabbia bagnata le avrebbe permesso di muoversi più facilmente senza rischiare di inciampare. Il piano, però, si rivelò del tutto inutile: Richie la raggiunse e la prese dai fianchi, bloccandola. “Anderson, gli uomini corrono più velocemente sulla sabbia rispetto alle donne, non lo sapevi?”. Tentare di liberarsi le parve superfluo e smise di muoversi a destra e a manca, nella speranza che quei muscoli si stancassero di tenerla al petto di quel moretto insopportabile.

“Beh, ora lo so, lasciami andare!”.

“Scordatelo! Ti è costato tanto questo vestito?”.

“Richie, non ci pensare minimamente!” strillò, ma era troppo tardi: il chitarrista, stringendole le braccia attorno all'addome, l'aveva appena gettata in acqua. Un classico. La maniera migliore per far imbufalire una donna che si è truccata, pettinata e incipriata per ore e ore. Clarice riemerse e riservò al 'vendicatore' uno sguardo degno di Norman Bates nel finale di Psycho. “Gli uomini corrono più velocemente sulla sabbia rispetto alle donne? Beh, sappi che le donne sarebbero in grado di sputare fuoco dopo una cosa simile”. A passi lunghi e ben distesi uscì dall'acqua, schizzando Richie che, indietreggiando per evitare di essere bagnato, si era ritrovato a terra, di nuovo, stavolta in una buca di trenta centimetri per quaranta, probabilmente scavata da un bambino qualche ora prima.

“Oh oh”.

Oh oh cosa, Sambora?”.

“Temo.. Temo di essermi incastrato. Non riesco a tirarmi fuori da solo, devi darmi una mano a uscire” mormorò, imbarazzato. Clarice scoppiò a ridere fragorosamente. E pensare che lei sperava semplicemente di prendergli le scarpe e buttarle in acqua! Questo finale a sorpresa era molto più divertente. Si mise ad un paio di metri da lui, strizzò il vestito pieno d'acqua e stiracchiò le braccia.

“Che cosa stai facendo?”.

“Aspetto che una famiglia di granchi carnivori venga a divorarti” rispose con naturalezza, pulendosi dalla sabbia che era rimasta sull'orlo dell'abito.

“Non sei divertente!” strillò Richie, austero. Peccato che la posizione in cui stava, con le gambe all'aria e un gomito nascosto nella buca, fosse troppo comica per prenderlo sul serio.

“Dimmi per quale motivo dovrei aiutarti”.

“Perché sono il chitarrista dei Bon Jovi?” tentò lui, mostrando un sorriso innocente e sbattendo le palpebre. Clarice schioccò la lingua contro il palato, scuotendo la testa.

“Ritenta”.

“Perché ti ho offerto la cena?”.

“Nah”.

Assunse un'espressione pensierosa. “Perché stasera mi sono reso conto che forse, forse tua nonna aveva ragione come non mai? Forse perché ho imbucato la lettera dopo una settimana da quando ci siamo conosciuti, solo per avere l'illusione di avere ragione?”. La ragazza smise di togliere i minuscoli granellini di sabbia dal vestito e osservò Richie, dopo averlo sentito pronunciare quelle parole.

“Dopo quanto tempo avresti voluto scrivermi?”.

“Il giorno seguente ero già nervoso e sentivo la necessità di prendere un maledetto foglio di carta. Ho ignorato la tentazione, ma non ci sono riuscito. Continuavo a rimandare, a dire che avrei dovuto acquistare un francobollo e che non ne valeva la pena. Così ho aspettato sette giorni, in modo da non crearti.. crearmi illusioni”. Clarice sorrise. Si sentiva soddisfatta, come se avesse vinto una battaglia lunghissima. In realtà, quel senso di appagamento avrebbe dovuto sentirlo sua nonna, ovunque fosse, perché anche il più cocciuto dei chitarristi era stato costretto a cedere a questa strana ma veritiera teoria.

Si avvicinò e gli porse le mani.

“Vieni fuori da lì, coraggio”. 

 

Nota dell'autrice:

... Is there anybody out there? 

Con ben un mese - circa - di ritardo, sono tornata.  La scuola e la salute quest'anno mi stanno facendo dannare più del previsto e non so davvero come scusarmi. Spero soltanto che questo capitolo vi sia piaciuto e che, con un finale dolce come questo, sia riuscita in qualche modo a farmi perdonare per questa terribile e snervante attesa. 

Ringrazio tutti quelli che hanno la storia tra le seguite e tra le preferite e che non mi hanno scritto mail minatorie! 

 

A, me lo auguro sinceramente, presto,

 

Rosie

  
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