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Autore: StJimmy    05/02/2013    0 recensioni
Ciao a tutti! Sono nuova su EFP e questa è la mia prima fanfiction... niente di che :)
I primi due capitoli saranno un po'... ''tristucci'' ma sono essenziali per capire il resto della ''mia'' storia ;)
Se potete recensite... Visto che è la mia prima fanfiction sarebbe belle ricevere delle critiche/apprezzamenti/consigli per gli eventuali futuri capitoli :)
Godetevela!
"Quel giorno era finalmente arrivato; ormai ero lì. Avevo finalmente rindossato i jeans strappati, le Converse All Star nere logore che avevo riposto nella scatola mesi prima apposta per l’occasione, e quella maglietta… quella sacrosanta maglietta che ormai rappresentava chi ero e soprattutto quello che avevo passato e quello che avrei fatto quel giorno..."
Genere: Avventura, Drammatico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come si dice nella maggior parte dei casi, il tempo è l’unico che riesce a curare tutte le ferite, anche le più profonde. Certo, il ricordo rimane sempre e anche quel pizzico di malinconia che prende il sopravvento la sera prima di dormire, è impossibile da evitare. Quante volte la sera immaginavo che mio padre fosse lì vicino a prendersi cura di me, quante volte avrei voluto abbracciarlo almeno per un’ ultima volta. Pian piano capii però che tutto ciò era impossibile e irreale e la tristezza lasciò il posto alla rassegnazione.
Passarono anni da quel giorno e io continuavo a crescere a vista d’occhio. Andai alle scuole medie e anche io, come tutte le ragazzine della mia età, avevo le mie due o tre amiche con cui passare il tempo. Modestamente, andavo anche benino a livello scolastico anche se non mi dedicavo allo studio più di tanto; capivo la sua reale importanza, ma non concepivo il fatto che alcune persone passassero intere giornate sui libri… assurdo!
Dal giorno del funerale di mio padre non sentii più parlare né dei Green Day né di quella strana canzone che non ascoltai per anni e anni. Nessuna stazione radio trasmetteva canzoni di quel gruppo, o perlomeno ciò non accadeva quando c’ero io all’ascolto; arrivai al punto in cui il ricordo di quella canzone si era quasi dissolto nel nulla, scomparso. Chissà in quali remoti cassettini della memoria si era cacciato, sepolto da quintali e quintali di altre immagini… talvolta dimenticavo addirittura che tutto fosse accaduto.
Continuai ad ascoltare musica; per me era una vera e propria droga. Ogni mattina, prima di accendere la luce ed iniziare la giornata, prendevo le mie cuffiette e premevo il tasto ‘’Play’’… era una sorta di giuramento, di atto di fede che compivo ogni giorno in ginocchio davanti la musica. Era probabilmente un buon auspicio o forse una richiesta di aiuto a Dio affinchè potesse proteggere i miei passi. La musica aveva infatti un qualcosa di divino, di sovrannaturale, di talmente forte che era capace di portarti in Paradiso mentre la vita e il caos cittadino ti scorrevano davanti gli occhi senza che tu te ne accorgessi. Il resto del mondo viveva, io no. Ero in un continuo stato di estasi, a metà di una porta che univa il mondo dei sogni, dell’impossibile, della bellezza al mondo ‘’terrestre’’… e sappiamo ormai tutti come è realmente il vero mondo. Talvolta mi capitava di trovare me stessa in determinate canzoni; ero una fan sfegatata di Michael Jackson. Cristo se lo ero! Sebbene avessi undici-dodici anni sapevo tutti i testi delle sue canzoni e credetemi, per una bambinetta di quell’età non è così facile cantare in inglese. Avevo una vita diciamo perfetta: una bella casa, una madre e un fratello che mi amavano, la mia cara musica e i miei amici di sempre, Sarah e Alex. Erano davvero due pazzi scatenati che facevano, dicevano e pensavano le cose più assurde e stupide a cui un uomo possa arrivare.
Beh, c’è da dire che io non fossi un vero e proprio stinco di santo, anzi, pur essendo una ragazza, ne ho combinate di cotte e di crude. Fumai la mia prima sigaretta (la prima di un’ interminabile serie) con gli amici di mio cugino a soli dodici anni; presi la mia prima sbronza a dodici dopo esser scappata di casa un sabato sera per andare ad una festa di diciotto anni di un tizio di cui non sapevo neanche il nome. Mio Dio che figata a ripensarci! Avevo organizzato il tutto con Sarah e Alex; mia madre, da quando era morto mio padre, andava sempre a letto molto presto, verso le nove e mio fratello quel giorno era in gita e sarebbe tornato solo  il mattino seguente. Quel sabato decidemmo di uscire di casa verso le dieci e trenta di sera, solo quando tutti erano già a letto in modo da non incappare in qualche spiacevole fuoriprogramma. Ci vestimmo da veri ‘’grandi’’, con tacchi per me e per Sarah e con un bel pacchetto di Marlboro in tasca per Alex. Ci ritrovammo nella piazza principale del nostro paesello e ci recammo al locale dove si teneva la festa. Una volta arrivati ci imbucammo e ci comportammo come tutti i coetanei del festeggiato. Nessuno si accorse di noi poiché tutti erano ubriachi fradici o fatti o intenti a fare altro… Già, qualcosa di cui non avevamo mai sentito parlare fino ad allora….
Tuttavia iniziammo a fumare e bere da far schifo, tanto da non ricordare nulla di tutto ciò che successe dopo la quinta vodka. Fatto sta che a casa ci tornammo sani e salvi e soprattutto nessuno dei nostri genitori si accorse di niente. Probabilmente, viste le nostre condizioni, qualche cara anima ci riportò alle rispettive case indicate nei documenti che avevamo portato con noi vista la prevista sbronza…
L’unica cosa che probabilmente destò sospetti a mia madre fu il puzzo di alcool e vomito che trovò al mattino quando si svegliò.
  
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