Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: eos75    27/08/2007    3 recensioni
Può l'obiettivo di una macchina fotografica leggere nel cuore delle persone? E' quello che scoprirà il più forte portiere della Bundesliga! Tra fotografie, partite e allenamenti, la storia di un'amicizia molto particolare.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Le pretese del consiglio di amministrazione della famiglia Price divennero pressanti.
Arrivarono perfino a convocarmi.
Mio padre non fu presente a quell’incontro.
Non mi feci minimamente intimidire.
Non avrei mai lasciato Kim.
E non avrei abbandonato una brillante carriera calcistica, non ancora al suo apice!
Tornai casa, sfinito da tre ore di lunga ed inconcludente discussione.
Kim aprì la porta e mi sorrise.
A quella vista la stanchezza passò di colpo "Mmmm, accidenti!" disse "Quasi quasi ti convinco io a mollare il calcio per il lavoro d’ufficio! Sei bellissimo in giacca e cravatta!" e mi saltò al collo baciandomi con passione.
Quando riuscii a liberarmi, rimasi un poco ad osservarla: le lentiggini sulla pelle chiara, il viso leggermente ovale, le labbra morbide,  i lunghi capelli rosso fuoco. Era piccola, leggera, si perdeva tra le mie braccia, la sollevavo senza quasi accorgermene! Mi accorsi meccanicamente in quell’istante, che ultimamente pareva ancora più leggera.
"Ti sei incantato?" mi chiese con un sorrisetto furbo.
“Si, a guardare te!”
Erano già diversi mesi che stavamo insieme.
Quella storia del matrimonio combinato mi aveva irritato e preoccupato non poco, ma ora… al diavolo mio padre, l’azienda e la famiglia!
"Ehi, Price, ci sei?"
"Settimana prossima sono a giocare una partita in Italia, vieni anche tu?"
"Come?" era esterrefatta "Di solito non mi vuoi in giro quando giochi!  Cosa succede?" mi guardò strizzando gli occhi, con il suo solito fare scherzoso, inclinando la testa da un lato.
"Ti va di venire, si o no?"
"Ho scelta?"
"Tu che dici?" le detti un bacio, dal quale si staccò sospirando "No. Come sempre, mio signore!"
Arrivammo a Milano il giovedì mattina. Era una partita di triangolare, quasi più un divertimento che lavoro serio, ma avremmo incontrato la squadra di Mark…
Era molto che non giocavo contro di lui, ero curioso di vedere come se la sarebbe cavata. Le sfide con Lenders mi mettevano sempre parecchia adrenalina addosso.
Lui e Karl si fronteggiarono a centrocampo. Mark sbruffone come sempre, il Kaiser freddo e sprezzante. Tecnicamente non c’era e non c’era mai stato paragone. Ma il mio connazionale ha sempre avuto dalla sua una risolutezza ed una forza d’animo veramente invidiabili, che lo rendono un rivale temibile, non solo per me!
La palla toccò agli avversari. Lenders partì con la solita grinta, riuscendo, in un primo momento, ad eludere il contrattacco di Karl. Shuster riuscì a fermarlo con una bella scivolata ed a passare la palla in avanti. I primi venti minuti furono abbastanza equilibrati. La difesa riuscì a contenere le avanzate della Tigre, che però arrivò mai ad essere pericoloso.  Poi Mark si riscosse. Riuscì ad intercettare un bel passaggio di Brennan a Karl, e partì verso la mia porta. Mi lasciò sorpreso: non tenne la palla per se, ma creò un bel gioco, passando a Vivier, il quale si smarcò abilmente dall’onnipresente Shuster, fece un passaggio raso terra all’indietro per Di Lisa, il quale, saltando Muller, passò a Mark che, abilmente, aveva evitato di trovarsi in fuori gioco ed attendeva il pallone. Era solo davanti a me. Il suo sguardo violento, infuocato di voglia di vincere. Era al limite dell’area. Era la sfida di sempre. Il Tiger Shot arrivò violentissimo, alla mia sinistra. Era un tiro prevedibile, ma di una forza incredibile. L’unico ad eguagliare una tale potenza era Karl. Saltai ed afferrai il pallone, stringendolo per non dare possibilità agli avversari di essere nuovamente pericolosi. Lo rimisi in gioco, scambiandomi un’occhiataccia con Lenders. Ci avrebbe riprovato.
Karl ricevette il rinvio, si portò in avanti, determinato a segnare. E segnò. Da fuori area. Mark non la prese bene. Tornò all’attacco, la sua squadra, a quel punto, martellò la nostra difesa. Tirò in porta almeno tre volte ancora. Ma non passò.
Vincemmo il triangolare.
Quella sera ero euforico.
Portai Kim a cena. Proprio nel posto dove mi hai portato tu… Già, per quello sono rimasto imbambolato a guardare la porta. Passai una serata splendida in quel locale. Kim era bellissima, sprizzava gioia da tutti i pori.  Non riuscivamo a prenderci molte vacanze, era un’occasione speciale! E lei non sapeva ancora quanto speciale.
La mattina seguente ci alzammo di buon’ora. La squadra sarebbe ripartita nel primo pomeriggio e volevamo goderci un po’ di quella vacanza.
Venimmo in centro.
Hai ragione, di sera è più tranquillo.
Girammo qui in torno e poi giungemmo in piazza. Kim rimase estasiata. Restò per un bel pezzo col naso all’insù, rimirando la tua bella cattedrale. Nel frattempo pensavo a come dirle quello che dovevo.
"E’ stupendo! Bellissimo! Ma sai una cosa, sono proprio un po’ stanca!"
Aveva un sorriso radioso ma si vedeva che era affaticata; il viaggio, l’euforia della partita, la cena, la lunga passeggiata. Mi guardai intorno e vidi un gruppetto di ragazzi seduti sugli scalini.
"Vieni." la portai qui, esattamente qui, e la feci sedere. Poteva continuare a guardarsi attorno e, nel frattempo, riposare. Ed io potevo, finalmente, parlarle in tranquillità.
"Kim..."
"Mmm?" aveva gli occhi che splendevano. Presi fiato. Era davvero l’unica donna ad avermi messo in serie difficoltà. E non era facile quello che stavo per dirle.
"Mi vuoi sposare?" avevo parlato tutto d’un fiato, cercando di non staccare i miei occhi dai suoi. Per un attimo non respirò. E non parlò. Mi parve un’eternità.
"Si."
Probabilmente non avevo respirato neppure io per quel lasso di tempo.
"Ti amo, Benjiamin Price!" mi buttò le braccia al collo e mi baciò.
Ora capisci, perché questo posto è tanto importante per me?
Tornammo in Germania.
Kim iniziò ad occuparsi dei preparativi, cercando però di tenere la cosa più privata possibile.
Lo seppero i miei compagni di squadra, naturalmente, poi Tom, Ed, Mark, Julian, tutta la Nazionale giapponese e, in testa a tutti, Oliver, che volevo come testimone, insieme a Karl.
Lo dissi anche ad un’altra persona: mia madre. Le ho sempre voluto bene, e l’ho anche sempre ritenuta vittima come me del lavoro di mio padre.
Sospirò alla notizia, temeva le conseguenze, ma disse che, per quello che la riguardava, era felicissima che avessi trovato una ragazza dolce come Kim.
Qualche giorno dopo, mio padre si presentò al campo del Bayern. Non osò interrompere il mio allenamento, rimase al limite del campo ad osservarmi. Provai una vecchia sensazione: erano anni che Richard non assisteva ad un mio allenamento, né, tanto meno, ad una partita..
Quando ebbi terminato, mi si avvicinò con calma "Benjiamin, dovrei parlarti."
"Parla." mi piazzai davanti a lui a braccia conserte.
"Ho una proposta da farti.Una proposta che, penso, potrebbe interessarti."
Era di fronte a me, una mano in tasca, l’altra appoggiata a quel bastone che era ormai compagno fedele dopo l’incidente d’auto di alcuni anni prima, lo sguardo freddo e tranquillo.
"Sentiamo."
"Nel 2010 ci saranno  i Mondiali. Quell’anno compirai trent’anni..."
"E allora?" non capivo dove voleva andare a parare.
Respirò profondamente, socchiudendo gli occhi. Si stava evidentemente trattenendo "Diciamo così. Non ho intenzione di troncare ora la tua carriera. Comunque, non ritengo di avere bisogno di te adesso in azienda. Più avanti, sì."
Ero esterrefatto, ma non lo diedi a vedere.
"Continua."
"Ti propongo questo: al compimento del tuo trentesimo anno di età, prenderai il tuo posto, prima accanto a me, poi, più avanti, sostituendomi alla guida della Price Corporation. Avrai così il tempo di finire la tua carriera in bellezza, credo, da come stai andando in questi anni, senza alcun rimpianto."
Mi prese alla sprovvista. Poteva anche essere, tutto sommato, una proposta ragionevole. Ma…
"Per quel che riguarda Kim?"
"Vi state per sposare, no?" lo disse tranquillamente, come se per lui fosse un dato di fatto assolutamente appurato.
"Si. Qualcosa da ridire?"
"No."  non potevo crederci!
"Ma non più tardi dell’anno scorso..."
Il suo sguardo si addolcì, accennò perfino un sorriso  "La tua fidanzata mi ha fatto riflettere. Su un piccolo particolare al quale non avevo mai pensato. Mi chiese cos’avrei fatto se tua madre non fosse stata una ricca giapponese. Ebbene, avrei fatto esattamente quello che stai facendo tu ora: l’avrei sposata, pur contro il parere della famiglia!"
Lo fissai per un lungo momento. Quello era mio padre. Il Richard Price che ricordavo.
"Hai la mia benedizione figlio, che tu la voglia o no! Sposati, sii felice, ma ti prego di prenderti le tue responsabilità  quando sarà il momento. Accetti la proposta?"
Non risposi subito  "Fammici pensare."
Tornai a casa con i pensieri in subbuglio.
Descrissi a Kim la conversazione avuta con mio padre.
Mi guardò seria  "Cosa vuoi fare?"
Ricambiai il suo sguardo  "Tu cosa dici?"
Eravamo nuovamente sul divano, l’uno accanto all’altra. Il suo sguardo sereno ma preoccupato. Non che la lasciassi, no. Ma che facessi qualche follia per lei di cui mi sarei pentito in seguito. Ad un certo punto prese le mie mani fra le sue e si sedette in terra davanti a me, fissandomi con quegli occhi verdi smeraldo nei quali amavo perdermi.
"Tra non molto ci sarà la Coppa d’Asia. Tu, Oliver e gli altri vi state seriamente preparando per vincerla. E ce la potete fare. Tra tre anni il Mondiale in Sud Africa. E anche in quello sarete protagonisti di certo. La carriera di un portiere può andare ben oltre i trent’anni, e tu lo sai bene. Col Bayern stai giocando una stagione più bella dell’altra. Il calcio è la tua vita. Non voglio che tu abbia rimpianti per colpa mia!"
Il calcio è la mia vita… forse era vero fino a qualche anno prima. Ma da quando c’era lei… No, non era più tutto!
Non avrei rinunciato alla carriera, no. Ma l’avrei conclusa in bellezza, per poi dedicarmi appieno a quella donna. E anche ai doveri verso mio padre.
Continuò a fissarmi seria "Ma non dimenticare tuo padre…"
"Kim, io…"
"Lasciami finire! Ci sta dando un’opportunità. Ma sta anche cercando di far vivere il suo sogno. Ha lavorato anni, sacrificando i suoi affetti, per recuperare un’azienda che, tu mi dici, era praticamente collassata. Il suo sacrificio, il suo lavoro, ha aiutato molte persone. Tutte quelle che lavorano per lui. Pensa anche a questo, facendo la tua scelta."
Le sue mani strinsero forte le mie "Non sei uno stupido. Non hai la testa vuota come tanti tuoi colleghi! Altrimenti non ti amerei! Ho fiducia che tu faccia la scelta giusta, senza poi pentirtene in futuro…"
Avevo già preso la mia decisione.
"Accetterò la proposta di mio padre. E’ vero, trent’anni sono pochi per un portiere, ma da qui ad allora ho molto da dare. Campionati, Champions, Coppa d’Asia, i Mondiali… Se devo ritirami, allora farò in modo che il mondo del calcio non dimentichi facilmente il nome di Benjiamin Price!" mi alzai e le cinsi la vita  "E per quello che riguarda la Price Corporation, beh… tra qualche anno mio padre si dovrà ricredere sulle mie capacità di dirigente!"
Mi sorrise dolcemente "Non vedo l’ora di assaporare le tue vittorie, SGGK!"
Il giorno dopo mi recai da mio padre e gli comunicai la mia decisione.
Non dissi nulla ai ragazzi della squadra, e neppure a Tom, il quale giocava già da anni in Francia e saltuariamente, veniva a trovarmi.
La coppa d’Asia si avvicinava. Fui convocato come portiere titolare. Iniziarono i ritiri con i miei vecchi amici. E le partite di qualificazione. I nostri avversari, in quegli anni, erano cresciuti molto, tecnicamente e tatticamente. Mi impegnai a fondo per portare la mia nazionale alla vittoria. Nessuno violò la mia rete e il Giappone fu l’unica squadra a portare a termine il torneo senza aver subito alcun goal. Neppure in finale, contro la fortissima Corea. Fu una partita combattutissima, ma prima Mark e poi Oliver segnarono le reti della vittoria. Al termine della partita mi sentii come quando avevamo vinto il Word Youth. Eravamo di nuovo sulla vetta.
Quando rientrammo negli spogliatoi, euforici, Freddy mi prese da parte. Aveva un’espressione grave, il viso tirato.
"Freddy, che succede? La partita…"
"La partita non c’entra Benji…"
"E allora?"  fui colto da un’angoscia inspiegabile, ora che ci ripenso, quasi profetica.
"Al termine del secondo tempo, Patty mi ha avvisato che ti avevano cercato dalla Germania…"
Avvertii un tuffo al cuore  "Kim..."
"Era a sbrigare del lavoro alla sede della squadra ed è svenuta. E’ successo prima dell’inizio della partita, ma quando, poco dopo il risveglio, le hanno detto che ti volevano avvisare, li ha fermati. Ha voluto a tutti i costi farti giocare tranquillo."
Mentre Marshall mi parlava, mi ero appoggiato alla parete, la fronte contro il pugno chiuso.
"Freddy, io parto stasera. Scusami coi ragazzi. Vado in albergo e poi cerco una coincidenza per Monaco." sentii la sua mano sulla spalla.
"Ci penso io. Vai." e andò dagli altri. Mi conosceva meglio di mio padre. Sapeva che non c’era altro da dire.
Tornai a Monaco col primo volo e mi precipitai al Policlinico, dov’era ricoverata Kim.
Quando arrivai e chiesi di vederla venni intercettato dal primario.
"Signor Price! Avrei urgente bisogno di parlarle." Era un uomo alto, brizzolato, sulla quarantina.
"Mi scusi dottore, vorrei vedere la mia fidanzata prima…"
"Mi spiace, ma sarebbe meglio se prima scambiassimo quattro chiacchiere. Prego, venga con me."
Il suo tono era gentile ma perentorio. Lo seguii nel suo ufficio.
"Prego si sieda."
Ubbidii.
"Signor Price, suppongo che per telefono non le abbiano detto tutto..."
"Tutto cosa? Si spieghi, dottore!" la paura mi attanagliava lo stomaco.Volevo correre da Kim,  capivo che quello che il medico stava per dirmi non erano buone notizie…
"La signorina Ryan ha disgraziatamente subito un aborto naturale…"
Mi colpì come una pallonata in pieno petto. Aborto? Ma allora?...
"La vedo sorpreso. Si, la signorina era in stato interessante. Probabilmente non gliel’ aveva detto perché non era del tutto sicura. Era solo al secondo mese…"
"Oddio" pensai "Stavo per diventare padre!" mi sentii scivolare in un baratro. Mio figlio, non c’era più…
"Signor Price, mi dispiace doverle dare un’altra brutta notizia..."
Quelle parole mi riportarono alla realtà. Quale altra brutta notizia?
"Kim..." lo guardai con apprensione.
"In realtà l’aborto è stato scatenato da qualcosa di più grave. Mi spiace doverglielo dire così, ma freuilein Ryan è affetta da linfoma."
Smisi di respirare per un attimo e chiusi gli occhi. E mi apparvero quelli di lei. Verdi, immensi. Il suo sorriso. La nostra vita insieme.
"Cosa…"
"In parole povere si tratterebbe di un tumore linfatico. Non colpisce un organo in particolare, ma la linfa ed il sangue..."
Avevo smesso di ascoltarlo "Lei lo sa?"
"Si."
Andai da lei. Era piccola, minuscola in quel letto bianco.Stava dormendo. Mi sedetti accanto a lei, in silenzio, prendendole la mano. Si svegliò, voltandosi verso di me. I suoi occhi sembravano ancora più grandi. Sorrise "Ehi, SGGK, complimenti!"
Era sempre la stessa. "Grazie..."
"Cos’è quel sorriso triste, campione?"
Il suo coraggio, la sua sconsideratezza, mi fecero quasi arrabbiare "Smettila, Kim, ti prego!"
Puntò il suo sguardo su di me. Quando voleva poteva essere molto dura, a volte perfino più di me!
"Siamo qui, amore. Temevo che avrebbe potuto succedere. E’ la stessa malattia che mi ha portato via mia madre. Si può solo affrontare. Così." e mi fece un sorriso dolce, inclinando il capo da una parte.
Il dolore mi sopraffece. Le strisi forte la mano, portandola alle labbra "Nostro figlio…"
La sentii sospirare "I primi tre mesi di una gravidanza sono i più difficili. Avrebbe potuto accadere comunque. Sto solo cercando di farmene una ragione…" disse, incrociando il mio sguardo disperato "Non ero sicura di essere incinta. Lo desideravo tanto. E adesso…" gli enormi occhi verdi si riempirono di lacrime. L’abbracciai, beandomi ancora una volta del suo profumo, del suo calore.
Da li in avanti sarebbe cominciato l’inferno.
Ma non avevo nessuna intenzione di arrendermi. Non l’avrei mai abbandonata.
Iniziarono, gli esami, le terapie.
Dovetti rinunciare a parte degli allenamenti, per portarla in ospedale, per stare accanto a lei nelle lunghe ore durante e dopo la chemio.
Non volevo mollare, se c’era una pur minima possibilità di salvarla, l’avrei trovata.
Abbandonammo anche, temporaneamente, pensai io, i preparativi per il matrimonio.
Poi, un giorno, mi fece una richiesta inaspettata.
"Mi piacerebbe tanto tornare in Irlanda! Lassù c’è mia zia Karol che manda avanti una piccola pensioncina. Vicino al paesino dove abitavo una volta, e dove è sepolta mia madre…" si voltò a guardarmi con lo sguardo terso e sereno che ormai la caratterizzava in quegli ultimi mesi. Era incredibilmente tranquilla, mentre io non facevo che lottare con me stesso e maledire il destino che ci aveva colpiti.
La pensione di Karol  White era molto semplice e molto accogliente.
Kim volle andare subito da sua madre. Erano ormai sei anni che non l’andava a visitare. Le si inginocchiò accanto e cominciò a pregare sottovoce. Rimasi in piedi, alle sue spalle. Il dolore mi stava attanagliando l’animo. Non sopportavo l’idea di perderla. Non sopportavo l’idea che potesse essere vittima dello stesso destino di sua madre.
Si alzò e si votò verso di me. Aveva gli occhi lucidi, ma non piangeva. Si avvicinò e si appoggio al mio petto col viso e con le mani. La cinsi piano ed ascoltai il suo respiro.
"Ti amo." disse.
"Lo so. Anch’io ti amo. Tantissimo." avvertii il suo sorriso.
"Lo sai che sei un inguaribile testardo?"
"Sbaglio o è una delle cose che ami di me?"
"Anche terribilmente egocentrico…"
"Idem."
Sospirò  "Le saresti piaciuto. Molto."
Guardai quella semplice croce in mezzo ad un prato verde, come gli occhi di Kim. Mi aveva parlato molto di sua madre. Della sua malattia. Del dolore che aveva sconvolto il padre, portandolo prima all’esaurimento e poi alla decisione di allontanarsi dall’Irlanda per farsi una nuova vita.
"Avrei voluto conoscerla."
Sollevò il viso, sorridendomi. "Ti sarebbe piaciuta. Anche se, conoscendovi, vi sareste scontrati più volte. Non aveva un carattere tanto facile, sai?"
La strinsi forte. Era esile, leggera, quasi trasparente. Eppure forte. Lei mi dava la forza di andare avanti. Lei mi infondeva coraggio. Ero furioso, avrebbe dovuto essere il contrario!
Mi guardò di nuovo, sorridendo appena. Mi diede un bacio leggero e ripetè  "Ti amo."
Tre giorni dopo tornai in Germania. Da solo.
Karl era venuto in aeroporto a prenderci.
Quando mi vide arrivare solo, colsi il panico nei suoi occhi.
"Kim?..."
Credo di avergli risposto in tono assolutamente incolore… non avevo forza, non ero in me.
"Se n’è andata… per sempre."

Il suo sguardo era sempre fisso sulla piazza, quella piazza dove aveva chiesto di sposarlo alla donna più importante della sua vita.
Gli occhi neri, tristi, profondi, lontani….
Eppure erano gli stessi occhi che, gelidi e duri, mettevano in soggezione i più forti bomber del campionato tedesco ogni settimana.
Rimase in silenzio per un po’.
Ripensai alla sua storia, al dolore che doveva aver provato. Al fatto che non si era mai sfogato con nessuno, che si era sempre tenuto tutto dentro. Alla corazza che si era costruito tutt’intorno, tanto spessa ed impenetrabile da far pensare a tutti che nel suo petto non battesse un cuore umano.
Pensieri. Emozioni. Tristezza. Per quell’amico che aveva deciso di confidarsi con me. Perché, poi, lo sapeva solo lui… Perché l’istinto non l’aveva mai tradito, mi aveva detto una volta…
Sempre così severo, con gli altri e, soprattutto, con sé stesso…
All’improvviso, un’idea… un’idea assolutamente folle ( ma cosa non era pazzesco quella sera?) mi balenò per la mente…
"Benjiamin…. Kim non è morta, vero?"
Chiuse gli occhi abbassando leggermente il capo. Poi lo sollevò, sorridendo appena.
"Lo vedi? Il mio istinto non sbaglia mai!"

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: eos75