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Autore: justdieinyourarms    06/02/2013    1 recensioni
Io e la mia famiglia viaggiavamo verso la mia nuova vita in auto, con i finestrini abbassati. L’aria fresca mi colpiva il viso, facendomi sentire bene. A Londra faceva freddo, il cielo era pieno di nuvole, ma tutto sommato era un bene che non piovesse.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage
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Io e la mia famiglia viaggiavamo verso la mia nuova vita in auto, con i finestrini abbassati. L’aria fresca mi colpiva il viso, facendomi sentire bene. A Londra faceva freddo, il cielo era pieno di nuvole, ma tutto sommato era un bene che non piovesse. Indossavo la mia maglietta preferita, a maniche lunghe con le righe bianche e verdi. Non era la prima volta che venivo a Londra, ci era capitato spesso di passarvi qualche giorno, e questo durò fino a che io non mi opposi e così riuscimmo a cambiare finalmente meta. E adesso ci stavo tornando, a vivere. Una decisione che avevano preso i miei genitori e io che potevo fare? Nulla, se non seguirli.
Amavo la mia città. Amavo i miei amici. Amavo il sole che qualche volta spuntava. Ed ero sicura che avrei detestato Londra.
<< Ash>>, mi chiamò mia madre, forse la millesima volta, mentre stavamo viaggiano <<vedrai che Londra ti piacerà e ti rifarai tanti amici>>.
Mia madre mi somiglia tanto, a parte gli occhi. Mentre li fissavo, pensai a un sacco di cose. Come avrei fatto senza la mia migliore amica? Certo, mi sarei fatta altri amici eppure..
<< Certo >> risposi. Non ero mai stata brava a mascherare le mie emozioni, ma avevo assunto un tono di voce così tranquillo che ormai poteva sembrare quasi convincente.
<< Vuoi telefonare a Carly?>>.
<< No mamma, tranquilla. >>
<< Tesoro, sono sicura che troverai un’altra persona dolce come lei qui. >> insistette. << Comunque puoi chiamarla quando vuoi. Se hai bisogno ti do il mio cellulare. >>
Capivo dal suo sguardo che era visibilmente preoccupata per me.
<< Mamma, non preoccuparti. >> tagliai corto.
Per arrivare a Londra dalla città in cui sono nata ci vogliono tre ore, più mezz’ora per raggiungere la nostra nuova casa. Non mi dispiaceva viaggiare; era il viaggio più tranquillo che avessi mai fatto in tutta la mia vita. I miei genitori si erano comportati veramente bene dal primo minuto di viaggio, e anche se mia mamma mi faceva spesso domande, era stata molto brava anche lei. Sembrava che le dispiacesse davvero di vedermi triste, e un po’ effettivamente lo ero ma non volevo rovinare la permanenza a Londra ai miei genitori. Mi avevano già iscritta a scuola e mia mamma mi aveva promesso che se fosse andato tutto bene, mi avrebbe regalato uno scooter con cui potevo viaggiare da Londra alla mia vecchia città per trovare tutti i miei amici. Quando percorrevamo la strada per andare verso casa nostra, pioveva. Era inevitabile. Avevo già salutato il sole un sacco di tempo fa. Arrivammo alla nuova casa e notai che c’erano due persone. Una coppia, saranno stati sulla cinquantina.
<< E’ un piacere rivederti, Ash. Scommetto che non ti ricordi di noi. >> mi dissero sorridendo, mentre mi stringevano le mani. << Beh, d’altronde è passato davvero tanto tempo. >>
<< Uhm, scusatemi davvero ma non ho mai avuto una buona memoria. >> dissi, arrossendo. Era sempre stato così, ci avevo passato la vita a Londra eppure non mi ricordavo di nessuno, nemmeno un viso familiare.
<<Non preoccuparti cara, siamo amici dei tuoi genitori. Ora dobbiamo proprio andare, ci vediamo presto. >> dissero, lasciando in mano a mia madre un piatto con qualche pietanza dentro.
Iniziammo a portare in casa i bagagli.  Avevo poche valigie. La maggior parte dei vestiti che portavo nella mia vecchia città erano troppo permeabili per Londra. Io e la mamma avevamo unito le nostre risorse per arricchire il mio guardaroba invernale, senza riuscirci. << Ah, Jess. Ho trovato un buono scooter per te, un affarone >>, mi annunciò, una volta entrato in casa.
<< Davvero? >>
<< Sì. Beh, in realtà è un po’ vecchiotto, ma per ora penso che possa andare bene. >>
<< Dove l'hai trovato? >>
<< Ti ricordi Bobby Horan, quello che stava a Mullingar? >>. Mullingar, quanti ricordi..
<<No>>.
«Veniva con noi quando andavamo in vacanza, d'estate», suggerì mio padre.
Ecco perché non lo ricordavo. Si trattava di secoli prima.
<< Me lo ha ceduto perché lui si è comprato una moto. >> Continuò papà, in assenza di una mia risposta, << e quindi mi ha suggerito di darlo a te. >>
<< Quanto costa? Dovrei avere qualcosa da parte. >> chiesi.
<< Ma non ci pensare nemmeno. E’ un regalo. So che ti pesa stare qui, quindi mi sembrava il minimo. >> disse, passandosi una mano tra i capelli. Mi si strinse il cuore. Davvero pensava che odiassi tutto questo così tanto? Un po’ era vero, però non volevo che pensassero che mi avevano trascinato lì contro la mia volontà. << Non ce n'era bisogno, papà. E comunque non è un peso per me..>>.
<< Voglio che qui tu sia felice >>.
«È un bellissimo pensiero, papà. Grazie. Mi fa davvero piacere». Inutile aggiungere che la possibilità di essere felice a Londra mi sembrava irrealizzabile. Non c'era bisogno che compatisse le mie sofferenze. Meglio far credere di essere felice.
Scambiammo qualche veloce commento sul tempo, e la conversazione finì. Con un solo viaggio finimmo di portare tutte le mie cose al piano di sopra. La mia stanza era al piano di sopra, vicino a un bagnetto. Beh, la cosa positiva era che almeno avevo un piano tutto per me.  La camera era molto carina. Il pavimento di legno, le pareti color lilla, il soffitto di un color crema molto acceso. Vidi tutti i miei vecchi mobili bianchi. Sulla scrivania ora c'era un computer, e sul pavimento c’era un bellissimo tappeto bianco.  Mio padre si guardò intorno e poi scese e lasciò che disfacessi le valigie e mi sistemassi da sola, impresa che per mia madre sarebbe stata impossibile, ma era riuscita a convincerla. Era bello stare per conto mio, senza essere obbligata a sorridere e mostrarmi contenta; un sollievo, starmene a guardare avvilita la pioggia fitta fuori dalla finestra e lasciare cadere soltanto poche lacrime. Non ero dell'umore giusto per una vera crisi di pianto. Quella me la sarei conservata per l'ora di andare a dormire, al pensiero di ciò che mi attendeva il mattino dopo. Certo, il panorama era bellissimo, non potevo negarlo. Tutto era verde: gli alberi, i tronchi coperti di muschio, che ne avvolgeva anche i rami come un baldacchino, la terra coperta di felci. Eravamo poco distanti dalla città, giusto dieci minuti di macchina.
<< Hey Ash, vieni a vedere il tuo scooter. >> mi annunciò.
Scesi le scale e uscii dalla porta dove c’era il mio scooter. Era di un grigio metallizzato. Con mia grande sorpresa mi piacque e non poco.
<< E’ carinissimo, mi piace. Grazie. >> gli dissi, abbracciandolo.  
Tornai in camera e finii di sistemare le ultime cose. Era ormai tardi, così decisi di saltare la cena e riposarmi subito, per affrontare l’indomani. Nuova scuola, nuove facce, nuova vita.
<< Tesoro, vieni a cena? >> mi disse mia madre sulla porta.
<< No mamma, voglio riposarmi subito. >> le dissi, sorridendo.
Mia madre annuì, asciugandosi le mani sullo strofinaccio e chiudendo la porta. << Buona notte. >> mi urlò. Entrai nel bagnetto per darmi una ripulita dopo la giornata di viaggio. Mi guardai allo specchio, mentre pettinavo i miei capelli annodati e umidi. La mia pelle era molto chiara, sembrava quasi trasparente. Qui non avevo colori. Osservando il mio pallido riflesso nello specchio, fui costretta ad ammettere che mi stavo prendendo in giro da sola. Non sarei mai stata capace di inserirmi. Non ero capace di entrare in sintonia con le persone della mia età. Ogni tanto mi chiedevo se i miei occhi e quelli del resto del mondo vedessero le stesse cose. Forse ero io difettosa. Tornai in camera, mi cambiai e mi misi sotto le coperte, chiedendomi che cosa mi sarebbe capitato il giorno dopo. 

  
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