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Autore: piccolimarcoakajohn    06/02/2013    0 recensioni
Questo è un racconto e profuma ancora di nuovo, racconto che vede G trovarsi di fronte ad un castello.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il luogo influenzò sicuramente il divenire, nelle azioni di G.
Ciò che la mattina ebbe concordato, ciò che bisognava di oggettivazione, in apparenza fu già accontentato.
Non che valga la pena di soffermarsi in merito, ma occorre nominarle perché spiega il perché fosse arrivato
solo ora, dopo aver svolto le sue piccolezze giornaliere. C'era bisogno di chiarezza e non lo assillavano più.
C'era bisogno di chiarezza e loro sole, anche se singolarmente impegnavano di tutta la dedizione e la cura
necessarie ad una  discesa che si rispetti, potevano essere affrontate con chiarezza.
   La Carezza, era questo, si si era proprio la carezza; l'ermetismo a volte aiuta, ed ora G, pensando alla carezza,
era riuscito a focalizzare ciò che neppure con un pensiero gentile riusciva ad inquadrare. Rifiuto e imbarazzo,
ecco cosa prova il monaco attempato quando richiestoli una fedele copia non possedeva sotto mano i suoi fidi
fondi di bottiglia (e questo è un riferimento si agli occhiali ma anche, più velato, alle due bottiglie di J ora vuote).
  G doveva scrivere e per farlo necessitava di un titolo. Questo apparve nel suo splendore in forma di immagine,
una ruvida fredda e rugosa immagine di muro. Quel muro, in particolare, lo calpestò ripetutamente tempo fa,
dopo parecchie ore di Volo aereo, sommerso dalla nebbia e da strani esseri mingherlastri. Quel muro per un
uomo dalla pelle gialla (che è il modo più gentile di definire gli strani esseri), gialla in quanto storicamente
privo di un reale interesse verso la conversione in Cristo, è tuttora necessario nella sua essenza, in quanto identità
del suo popolo. Per G invece non era più infinito, non cingeva più la terra e nemmeno era più in grado di dividerla
e difenderla; quel muro ora circondava un giardino, un hortus conclusus dove cresceva il muschio e la betulla si
moltiplicava, dove qualche fungo compariva nelle stagioni umide e dove lui piantò subito un fungo particolare.
Tale fungo, aggredendo il tronco dell'albero oramai sofferente, crebbe al punto da far invidia ai folletti blu.
  Parlando di folletti blu G si accorse di provare un poco di fastidio al naso, che piano piano aveva incominciato a
gocciolare e a limitare la circolazione sanguigna. Perciò aperse con molta lentezza, per non dimenticare, il visore
stereoscopico e qui apprese d'essere in piedi, su di un prato ricco in rugiada con il naso aderente ad una pietra
finemente squadrata, dalla leggera bocciardatura eseguita da mani esperte 2 o 3 secoli prima. Quindi si accorse
che tale pietra condivideva molte similitudini con le sue sorelle ed i suoi fratelli. Si accorse che unite impedivano
il passo ma anche che tale impedimento era aggirabile non appena il naso fosse riuscito a staccarsi.
  Si accorse in poche parole di trovarsi di fronte al Castello e di non poterci fare niente                       06022013
  
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