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Autore: cucciolina_1D    06/02/2013    0 recensioni
-perchè non hai il coraggio di lasciarti andare Susan?-, mi chiese Harry, -Perchè so che sarebbe sbagliato...-, mi allontanai dal ragazzo, indossando nuovamente la maschera, pronta per tornare sul palco, -e poi ti conosco da troppo poco per lasciarmi andare...-, -bè mi hai già visto nudo...-, ripensai allo spavento che mi ero presa quella mattina, -già e avrei preferito mille volte evitarlo... comunque visto che potrei trasferirmi da voi sarebbe meglio che tu evitassi di andare in giro per casa nudo.-, Harry prese a fissarmi con quei bellissimi occhi verdi, non sapevo cosa gli passasse per la mente a quel ragazzo e francamente, non me ne importava un accidente. -Susan!!- sentii Lucas che mi chiamava e subito mi diressi nel corridoio, lasciando il riccio fermo nel mio camerino.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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 Capitolo  1
Susan.
La mia può sembrare una vita stupenda, genitori ricchi, due case a New York, una a Londra, vestiti firmati.
Ma non è assolutamente come sembra, i miei genitori litigano ogni santo giorno, amici veri non ne ho, o non me ne sono saputa fare; ho solo una persona su cui sono sempre sicura di poter contare, si chiama Mark, lui organizza le band per le feste private di vip, o comunque per persone importanti, ha venticinque anni, tra noi non c’è mai stato niente di serio, io ho solo diciotto anni, per noi l’età è sempre stata un ostacolo, ma nonostante questo siamo molto uniti; non mi definisco una cantante professionista, ma di fatto ormai canto sempre alle sue feste private. Cantare è sempre stata la mia passione fin da piccola, e la musica il mio unico rifugio quando sento i miei che litigano come pazzi.
Quel giorno i miei genitori avevano superato ogni limite possibile ed immaginabile, si urlavano contro insulti, potrei giurare che siano addirittura arrivati a picchiarsi; si erano completamente dimenticati di me, come al solito d’altronde, ma stavolta mi faceva più male del solito; era da un po’ che avevo per la testa l’idea di andarmene di casa, ma quel giorno trovai il coraggio di farlo per davvero; decisi che sarei andata per un paio di giorni nell’altra casa di New York, poi avrei chiesto a Mark di dirmi con almeno due settimane di anticipo tutte le feste a cui avrei dovuto cantare, dopo di chè sarei partita per Londra, avrei vissuto lì; non amavo quella città più di New York, ma almeno sarei stata lontano dai miei genitori per un po’, e poi chissà, magari avrei cambiato nuovamente paese, senza lasciar più traccia di me. Certo questi erano i miei piani, ma come si sa i piani non sono mai perfetti, e le inconvenienze ci sono sempre.
Presi le cose a cui ero più affezionata dalla mia stanza, presi la mia carta di credito che i miei genitori mi avevano regalato per i miei sedici anni riempiendola per almeno sei anni, qualche dollaro che avevo lasciato in giro qua e la: chiusi lo zaino, mi avviai alla porta della mia stanza, la osservai per un ultima volta, sapevo che sarebbe stata l’utlima volta che sarei stata lì, mi lasciai sfuggire una lacrima, poi mi feci coraggio e scesi le scale, passai davanti alla cucina, i miei erano lì che litigavano: no loro non mi sarebbero mancati per niente, credevo che io fossi felice grazie a tutti i soldi che mi davano, ma io avrei preferito mille volte vivere in una capanna in campagna, ma con due genitori che mi ascoltassero, che mi volessero bene per davvero.
Guardai un ultima volta la mia casa, non avevo ricordi particolarmente felici, anzi tutti i miei ricordi legati a quella casa erano sofferenza, pianti, urla e soprattutto solitudine; sbattei la porta alle mie spalle, volevo che loro lo sapessero, volevo che sapessero che non mi avrebbero mai più rivisto.
Uscii dal cancello e mi ritrovai immersa nella confusione di New York, sentii alle mie spalle mia madre che mi urlava disperata dove andavo, e che aveva bisogno di me, certo lei aveva bisogno di me per sfogarsi, io dovevo ascoltare lei, ma lei? Quante volte lei si era soffermata ad ascoltare i miei problemi, le mie paure? Mai, e allora io non ero più quella ragazza che ero stata fino ad allora, no, sarei cambiata, mi sarei dedicata solo alla mia musica, avrei fatto di tutto per sfondare come cantante, non mi importava di niente altro.
Mi affrettai a correre verso un taxi, sapevo che i miei mi avrebbero inseguita se fossi andata a piedi, insieme a me salì anche un altro ragazzo, che aveva dietro una marea di ragazze che lo inseguivano, come se fosse chissà chi.
Entrambi allungammo il braccio verso il tassista e urlammo nello stesso istante la stessa frase: “Via!! Presto mi porti il più lontano possibile da qui!!”, l’uomo non se lo fece ripetere due volte e partì velocissimo.
Ritraendo indietro il braccio la mia mano e quella di quel ragazzo si sfiorarono: un brivido mi percorse la schiena, era strano, non mi era mai capitato di provare una sensazione del genere con nessuno.
Ci fissammo per un attimo negli occhi, i suoi sicuri, scuri, profondi, i miei, lo sapevo, erano chiari, spaventati, umidi. Sì umidi, ora che ero in quel taxi, al sicuro dai miei genitori, i miei occhi cominciavano a riempirsi di lacrime; osservai il viso di quel ragazzo, lo conoscevo, cioè, sapevo chi era grazie alle foto che avevo visto su internet o sui giornali: era Zayn! Il cantante di una boyband che era in voga in tutto il mondo in quel periodo. Perfetto direi, mi ci mancava solo di essere nello stesso taxi di un tipo famoso, sicuramente montato come pochi, con a seguito chissà quante ragazze che sarebbero state pronte ad uccidere per trovarsi al posto mio; mi misi ad osservare il paesaggio che vedevo dal finestrino, lasciai libero sfogo al pianto, un pianto silenzioso, ma doloroso più di altri.
“Va tutto bene?”, il ragazzo mi sfiorò un braccio, “sì certo…”, gli risposi freddamente, non volevo essere scortese, ma in quel momento dovevo aver dimenticato cosa fosse la gentilezza. “comunque volevo chiederti scusa per averti praticamente fregato il taxi…”, ma quanto poteva essere stupido quel ragazzo? Cosa poteva importarmi se lui era salito sul mio stesso mezzo? Si lo ammetto ero distrutta, quando mi ritrovai a pensare quelle cose non mi resi subito conto del fatto che lui volesse semplicemente essere gentile con me, probabilmente stava semplicemente cercando una faccia che gli fosse amica realmente in mezzo a tante facce false, in un certo senso, anche se per motivi diversi, era la stessa cosa che cercavo anche io.
“non ti preoccupare, penso di sapere quanto possa essere dura la tua vita, specie se hai una marea di fan che ti inseguono”, gli sorrisi, per la prima volta in tutta la mia vita sorrisi ad uno sconosciuto.
“quindi tu mi conosci?”, la sua espressione era sorpresa, ma che aveva? “Malik sei su tutti i giornali, santo cielo persino mia nonna ti conosce…”, gli dissi sarcastica. “scusa perché non hai urlato?”, lo guardai esterrefatta, stavo per scoppiare a ridere: “perché avrei dovuto farlo? So chi sei mi piace la tua musica, siete un bel gruppo, ma non sono pazza di voi come quelle lì… semplicemente vi ascolto, ma non mi interessa particolarmente di chi sei… sono abituata a conoscere le persone prima dire che le amo…”, forse ero scortese, ma in fondo era semplicemente quello che pensavo. “wow… sei la prima ragazza che mi risponde come se fossi una persona normale… e questo, devo dirlo, mi fa davvero piacere… dunque direi che possiamo ricominciare tranquillamente da capo…”, si schiarì la voce: “piacere sono Zayn Malik! Tu come ti chiami?”, mi porse la mano, “Susan… semplicemente Susan…”, gli risposi stringendogli la mano, le emozioni non mancarono, e questa volta cominciai seriamente a preoccuparmi.
Il tassista fece diversi giri per le strade di New York, e io e quel ragazzo parlammo praticamente di tutto, gli raccontai la mia storia, e lui la sua, scoprii che anche lui si sentiva come me, non c’era nessuno che stava mai ad ascoltarlo, a volte nemmeno i suoi amici; per una volta io sentii di potermi fidare veramente di lui, strano no? Non trovi un amico di cui fidarti in diciotto anni di vita, e lo trovi quando scappi di casa e Sali sul primo taxi che trovi.
Ormai era sera, io ero distrutta, dissi al tassista di accompagnarmi al bar più vicino, nemmeno Zayn e le sue battute erano riusciti a farmi rilassare, avevo bisogno di un drink, non ero solita ad ubriacarmi, e non l’avrei fatto neanche quella sera, ma un drink o due riuscivano sempre a tirarmi su un po’ il morale;
“Perché vuoi andare in un bar? Non vuoi andare a casa?”, “no, ho bisogno di qualcosa di forte, voglio dimenticare tutto…”, il ragazzo mi guardò in maniera strana, ma sembrò capirmi, “Allora vengo con te!”, “No, hai già fatto abbastanza per me stando qui ad ascoltarmi, sei famoso, avrai impegni più importanti che venire con me in un bar…”, “No… in realtà questa sera ho la serata libera…”, “bè perché non la passi con la tua fidanzata?”, lo so, sembrava che lo volevo cacciare, e in un certo era così, volevo stare sola; quando pronunciai fidanzata, però l’espressione di Zayn si fece triste, mi resi conto dopo di aver toccato un tasto doloroso: “io e Perrie ci siamo lasciati da un mese ormai… non sono ancora sicuro di averla superata…”, in quel momento mi resi conto che anche lui aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi, e io dovevo farlo, lui aveva ascoltato me per un pomeriggio intero.
Scendemmo davanti ad un bar un po’ fuori mano, fuori c’erano vari gruppetti, ma nessuno, per fortuna si accorse di Zayn; ci sedemmo in un tavolo abbastanza appartato, lui si sfogò, mi raccontò di come la sua fidanzata lo aveva tradito con un ragazzo che conosceva fin da piccola, nella sua voce riuscivo a cogliere tutti gli accenni di rimorso che c’erano nel suo animo, rimorso di essersi fidato troppo presto di una ragazza che non conosceva; per un attimo mi ritrovai a pensare che stava rifacendo lo stesso errore con me, ma poi mi dissi che fra noi non c’era niente, quindi non c’era ragione di preoccuparsi.
Quella sera bevvi più del previsto, la mia mente e la mia vista erano appannate, cominciai a fare la cretina, il ragazzo mi guardava divertito: “devo… devo andare in bagno…”, dissi ridendo, mi alzai, per poco non ricaddi sul tavolo, “Non ti lascio andare da sola, ti accompagno prima che fai qualche danno…”, sul suo viso c’era un sorriso abbastanza sincero, non so se era dovuto al fatto che aveva bevuto un po’ anche lui, o veramente stavo riuscendo a tirargli su il morale.
Il bagno era un piccolo locale, un po’ sporco, con due porte per i water e un lavandino; stavo per entrare in una porta quando persi l’equilibrio a causa di un giramento di testa, sentii Zayn che mi sorreggeva, sentii le sue braccia, il suo profumo, ero ubriaca persa, non ero del tutto consapevole di quello che stavo facendo: mi girai, ci fissammo negli occhi, i suoi così scuri, così sicuri, mi sentivo sola, da troppo tempo ero sola, da troppo tempo che non baciavo un ragazzo, da troppo tempo che non facevo una pazzia; senza pensare mi gettai sulle sue labbra, per alcuni secondi quel ragazzo stette fermo ad osservarmi, ma dopo assecondò il mio desiderio, assecondò le mie labbra che insistevano per approfondire il bacio, fece del mio desiderio anche il suo, mi strinse a se, continuò a baciarmi dolcemente, sentii su una guancia una lacrima calda, era sua, era l’ultima lacrima che versava per Perrie, mi fermai un attimo, mettendo a freno tutto il mio essere, ci fissammo negli occhi per un secondo, poi fu lui che mi baciò, stavolta con più desiderio, con più passione, mi spinse sulla parete, poi mi prese in braccio e mi fece sedere sul lavandino, cominciai a togliergli la maglietta, ero completamente fuori di me, ma lui mi fermò, mi fissò: “No… io lo so che non vuoi questo… non sei in te…”, non capivo le sue parole, crollai addosso al suo petto addormentata.

  
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