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Autore: Suru_chan    27/08/2007    11 recensioni
"E con ripudiato disgusto Neji attraversava quell’ insieme di putrefatto sangue ogni giorno. Percorreva lento quelle mura bianche dipinte di rosso. Sembrava che la villa piangesse la sua esistenza. Le pareti colavano sangue invisibile, lacrime dai colori così scarlatti da essere incorporei.
E quello era il destino di Neji.
Per sempre immerso in quel sangue. Per sempre costretto ad osservare quello spettacolo perverso, che solo lui riusciva a vedere. Perché i suoi occhi erano vivi. E stentavano in quei panni maculati."
una one-short dedicata a me stessa XDDDD no, scherzavo. Questa la voglio dedicare a tutte le fan di Neji/Hina, ma sopratutto a Mimi18 ed a Laura2lavendetta (se si logga ancora così =P).zbr> Un salutino miei tesorini dalla vostra sempre amata Suru_chan, o altrimenti detta Hinata-chan 6. Grazie di tutto, ma un ringraziamento particolare ad Eringad, che anche se non le piace qst coppia, ha letto cmnq il chappy prima che lo mandassi. Grazie a tutte voi! =3 P.s: presenza di Lime
Genere: Romantico, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga
Note: Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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- Ali rosse -

…passione assassina, il colore del peccato…

Rosso era il colore,

nere le stelle.

La vidi in lontananza,

con il cielo dipinto di scarlatto.

E mi cadde accanto,

mentre con la sua veste tesseva lino.

quella era la seta del destino.

E con quegli occhi color neve,

osservava il sangue grondare dal mio corpo.

E il suo cuore emise un sussulto,

un pulpito di nero terrore.

Quando la osservai per l’ultima volta,

vidi le sue ali tingersi di rosso,

mentre dal bianco nascevano lacrime scarlatte.

E le sue ali si chiusero, sporcandola di morte.

                     

Che lei era un angelo, lui, lo aveva sempre saputo.

Che era diversa lo aveva capito da molto tempo.

Che non avrebbe fatto mai del male a nessuno, ne era consapevole.

Eppure, lui, l’aveva sempre odiata. Perché era la capostipite di una famiglia troppo prestigiosa persino per lui.

E con ripudiato disgusto Neji attraversava quell’ insieme di putrefatto sangue ogni giorno. Percorreva lento quelle mura bianche dipinte di rosso. Sembrava che la villa piangesse la sua esistenza. Le pareti colavano sangue invisibile, lacrime dai colori così scarlatti da essere incorporei.

E quello era il destino di Neji. Per sempre immerso in quel sangue. Per sempre costretto ad osservare quello spettacolo perverso, che solo lui riusciva a vedere.

Perché i suoi occhi erano vivi. E stentavano in quei panni maculati.

Ed ogni volta Neji sentiva il tatami sporco al suo passaggio.

Il sangue colava dalle pareti.

Lui camminava nel sangue, consapevole che il pavimento fosse sgombro. E vedeva sempre la servitù lucidare quello sporco legno. Eppure le macchie non se ne andavano, incastonate nei suoi occhi.

Forse quel sangue lo vedeva solo lui.

Ecco perché Neji ripudiava quella vita. Era troppo sanguinaria persino per un ninja come lui. Eppure andava avanti, senza uno scopo preciso.

Nemmeno lui sapeva chi era veramente.

E ormai Neji si era abituato al rosso scarlatto della sua vita. Lo vedeva ovunque, e quando lo percepiva, il suo gusto era orrendo. Quel sapore gli impiastrava la bocca, senza dar segno di cessare. Quello era il gusto del sangue. Lui se lo portava sempre appresso.

Quello era il gusto della morte.

Ti piace, Neji, il sapore del sangue?

E poi ogni giorno lui lo sentiva, quell’aroma nauseabondo. Quello gli dava le vertigini ogni maledetta volta. Quello era l’effluvio del peccato. Quello era diventato il suo odore.

Che buon odore che hai Neji? Cos’è?

Morte.

E così la storia si ripeteva. Ormai lui non percepiva nemmeno più l’odore dei ciliegi in fiore. Non sapeva più nemmeno che profumo avessero. Adesso li vedeva rossi e sporchi. Una pioggia di scuro amaranto.

Una pioggia di petali di sangue.

Ma ogni volta riusciva a percepirlo. L’unica macchia chiara tra il nero e il rosso.

O forse la più nera.

Era profumo di fiore. Inebriante fiore. Un fiore bellissimo,

ma stava per appassire.

Lo vedeva ogni giorno, immerso nel sangue. Non rosso,

non nero.

Bianco.

Ed era anche l’unico spiraglio di luce, che brillava. Ma ancora una volta solo Neji riusciva a vederla, quel chiarore.

E mentre il tempo passava, e così gli anni, Neji iniziò a chiedersi come aveva potuto odiare una creatura simile.

Peccato che quella creatura,

danzasse nel sangue.

E la vedeva sempre volteggiare, in quei corridoi. Passava con divina eleganza, sfiorando appena il sangue del pavimento.

Il sangue non osava toccarla.

Ed era bellissima, in quella veste di seta bianca. Quella era la sua luce. O almeno lo era diventata.

Lei, era solo la macchia bianca in quella coltre di nero. Perché nella famiglia Hyuga, non c’è spazio per gli angeli. Ma Hinata Hyuga era un angelo, e lo era sempre stata.

E questo, Neji, lo aveva capito.

 Neji aveva diciassette anni adesso. E ancora la osservava, avido. Ogni notte si concedeva di contemplare quei sedici anni di infinito splendore, ammirando la sua bellezza eterea.

Ma il tempo passava, e quell’angelo diventava sempre più inquinato, sempre più macchiato.

E Neji riusciva a vederla, quella piccola macchiolina nel bianco kimono. Quella macchia rossa, che non riusciva ad andare via.

E forse lei la percepiva, Hinata sapeva di quella minuscola chiazza, ma faceva finta di niente. Aveva preferito il silenzio. Aveva preferito abbassare lo sguardo, che ammettere quell’ insulso sangue sulla sua veste. Quella macchia che lentamente si estendeva, ma che nessuno vedeva.

Nessuno a parte Neji.

E in quella nottata, quando tutta villa Hyuga riposava, sopra quell’ ingente color sangue, Hinata era sveglia, a cercare di levare quella macchia.

Eppure sapeva che non ci sarebbe riuscita.

E anche Neji Hyuga era sveglio, in quella fredda notte d’inverno. Lui aspettava in trepidante attesa, che il suo angelo si addormentasse.

Eppure fu sempre quella sera, che la bestia di sangue, iniziò a bramare la creatura celeste. Basta sguardi fugaci, basta osservare da lontano quella bellezza segreta. Lei doveva essere sua. Lui la voleva ad ogni costo.

Lui era un angelo nero,

Un angelo della morte.

Lei, il suo opposto.

Bianca come la neve. Candida come il suo cuore.

O forse era il contrario.

E in quella tarda serata di gennaio, Neji si ritrovò davanti alla porta di lei, il suo angelo. Rimase immobile per molto tempo, lì davanti, odorando quel tenue odore di fiore fresco, e godendosi le chiare pareti.

Non più immerse nel sangue.

Ma riusciva comunque a vederlo, il sangue che lo raggiungeva, quasi fosse vivo. L’orrore correva per i corridoi, di muoveva furtivo, e piangeva la sua triste forma, da quelle bianche pareti, screziate di scarlatto.

E per la prima volta nella sua vita, ebbe paura di quel rosso.

Ebbe terrore del sangue, del peccato che si avvicinava furtivo, sentenziando la sua fine.

Stentava, ma quello che stava per fare era il suo desiderio da anni. Assetato di un cielo più nero che bianco. Smanioso di quella vanità peccatrice.

E fu il desiderio, che in quella gelida notte, dove anche le tenebre tacevano stanche, lo spinse ad aprire quella porta, così vicina da essere irraggiungibile.

Ma forse era riuscito a raggiungerla.

Rimase gelido, ad attendere accanto alla stipite, infrangendo i battenti con i occhio più chiari del cielo. E percorreva famelico quelle curve perfette, quell’ angelo dalla divina eleganza.

Così bella da abbagliare.

“Nee-chan… cosa ci fai qui?”

Un bisbiglio, un sussurro trasportato dal vento, intrappolato dal sangue.

Lei lo fissava con estranea curiosità, non nascondendo quel pizzico di paura che ancora provava verso il cugino. La sua mente era solo una vacuità di domande.

E forse era quel vestito così ristretto, o forse quell’ avidità da peccatore, ma sentì il tepore trasformarsi in passione, quasi follia.

Il terrore pervase il piccolo angelo quando vide Neji avvicinarsi velocemente, sbattendola quasi furioso contro il muro. Le teneva immobilizzati i polsi, incosciente del dolore che le procurava.

E quando Hinata  riscontrò il suo sguardo impassibile, notò le iridi nivee colorarsi di passione e sgomento, quasi pazzia.

Adesso, Hinata, tremava.

Terrorizzata da uno sguardo troppo penetrante per il suo vestito spoglio, e troppo dolce per essere vero.

Non capiva cosa pensare, non capiva se essere onorata o spaventata da quel corpo così premuto al suo, che sembrava voler osare più di quanto potesse.

Ma Neji non voleva farle del male. Era soltanto infuocato dalla passione. Passione assassina.

E mentre sentiva un calore nascosto pervadergli la pancia, come un brivido di piacere, Neji incatenò i loro sguardi, degustando quegli occhi che sapevano di neve. Fresca e candida. Una parte di lei. Pura come l’angelo che aveva dentro.

Neji avvicinò il suo volto al collo di Hinata, odorando quell’irrequieta emanazione di fiori. Sospirò di piacere. Quell’aroma lo inebriava come una fraganza di libertà.

E improvvisamente tutto si fece sfuocato. Solo lei in quella stanza di vuoto. Le pareti iniziarono a sanguinare ancora una volta,  mentre Neji spezzava una barriera invisibile, irrompendo fino al confine del proibito.

E il sangue iniziò ancora una volta a dipingersi tra le pareti, raggiungendo denso anche i loro corpi, allungandosi fino ai loro piedi. Eppure sembrava non toccarli. Evitarli istintivamente, quasi fossero già infetti.

Loro erano la morte.

“Hinata-sama…” si concesse si mormorarle ad un orecchio, prima di affondare le sue avide labbra sul collo della ragazza, degustando quella candida pelle, liscia come seta.

Assaporava il gusto dolciastro di quel corpo, bagnandolo con la sua lingua.

Una lingua che sapeva di sangue.

Hinata non si mosse. Immobile, ad osservare il sangue davanti a lei. Il sangue che la sfiorava senza toccarla. Quello era il gioco della morte.

Cercò inutilmente di allontanare il corpo del cugino dal suo, facendo leva sulle mani. Ma Neji assaporava il sapore del peccato, quel peccato di nome incesto.

E mentre lei iniziò a divincolarsi sempre di più, lui la strinse a sé, premendo quell’angelo ancora di più a ridosso del muro.

E Hinata soffriva in quella morsa di sangue.

Non poté fare altro che aspettare. Aspettare di vivere, aspettare di morire. Aspettare un perdono, che non saprebbe mai arrivato.

E Neji si gustava la sua pelle, arrosata dal sangue.

Troppo rosso.

Troppo scuro.

Hinata sussurrò, una parola che sapeva di preghiera.

“P-perché?”

E le labbra di Neji frenarono quel banchetto di avarizia, dischiudendosi per l’incompleta sazietà.

“Ti amo…” la fissò negli occhi, così intensamente che Hinata credette di morire. Perché quello sguardo sapeva di assassino.

Il suo assassino.

Con improvvisa pazzia penetrò le sue labbra, così morbide da essere panna. Percepiva il dolore, il dolore di quel bacio. Non la sentiva sua.

Allora il sangue parla.

Ma Hinata si era lasciata soggiogare dalla pazzia. Adesso lei aveva osato amare, e stava osando peccare.

 Ricambiò quel bacio, con la passione che li invadeva.

 Hinata piangeva sangue, mentre una barriera di nero l’avvolgeva, proteggendoli da quel liquido scarlatto.

 L’angelo provò paura, mentre le lacrime le coloravano gli occhi di amaranto. Quelle iridi una volta chiare, adesso rispecchiavano l’ombra del peccato, e mostravano un angelo di nera intenzione.

E Hinata sentì un formicolio alla pancia, un solleticare piacevole, mentre le mani di Neji le si intrufolavano fin sotto gli abiti, intingendosi nella sua bianca carnagione.

Neji si rimpossessò di quelle labbra e con movimenti maliziosi lasciò scivolare l’abito bianco lungo la seta di quel corpo niveo, che fremette dal freddo, congelato dal tocco del sangue.

Anche il sangue osa.

La adagiò furente sul letto, mentre infuocato dall’eccitazione, le sfilava gli ultimi indumenti, lasciandola spoglia della sua vergogna.

Neji non capì il perché, ma in quel momento, sentiva la colpa soffocarsi in gola, mentre con putrida irruenza osava tentare quel corpo, filtrando una chiara purezza, irrompendo l’intimità di quella divina creatura.

E mentre lui sospirava per lo sforzo, invaso dal piacere, Hinata fremette dal dolore.

Questo è il dolore del peccato.

Fa male, vero Hinata?

Lei sospirò, mentre piano il dolore si tramutò in piacere e malizia. Voglia di peccare.

Sospiri, affanni, sussurri, gemiti… Tutto si confondeva all’aroma del sangue, che non osava sfiorarli.

Dolore, piacere, passione, bruciore…ecco che il niente si tramutava in ingente peso, e lo scarlatto diveniva enfasi.

E in quel momento loro sembrava avessero le ali. Grandi, bianche, spiegate… ed erano così vaste da proteggerli, in quello sfondo di sangue, che propenso al peccato colava dalle mura.

E si vedevano le piume intingersi di rosso, colorarsi di nero. Scurivano il loro puro tepore, e divenivano perfetta eleganza. Perfetta oscurità.

Goccia per goccia lo scarlatto si adagiava su angeli impossibili, intoccabili, quasi immateriali.

Eppure loro erano lì. Una cosa sola, immersi nel sangue della loro vita.

“Non lasciarmi mai… Neji…”

“Mai… Hinata.”

Ma neji continuava a vederlo, il colore del sangue. E ancora, quando passava per quei ristretti corridoi, lui poteva ancora percepirlo, quell’amaranto acceso. Eppure, nonostante quel sangue sembrasse aumentare, lui lo vedeva più chiaro, quando di fianco a lui c’era quell’angelo.

E la macchia di Hinata se ne era andata, scomparsa in un cielo di seta.

Ancora camminavano, di fianco, i due angeli celesti. Nero e bianco. Pace e guerra.

Ma chi era il bianco, e chi il nero?

Insieme combattevano, in quel mare di sangue. E mentre la pioggia li avvolgeva, li ripuliva, li macchiava, loro osservavano felici, la loro diseredazione.

Quella era la loro libertà.

E piangevano silenziosi, la loro villa di sangue. Forse, quel sangue gli sarebbe mancato.

Ad entrambi.

Perché quella sera li avevano scoperti, e gli angeli avevano lottato.

La luna si era tinta di rosso, era diventata sangue fresco, e avvolgeva Konoha con irrequieta disavventura.

E il plenilunio aveva visto il sangue quella notte, ne era stato intinto. E colava, gocciolava senza tregua. Goccia dopo goccia, vita dopo vita.

Forse, gli avevano strappato le ali, come trofei impuniti.

E adesso brillavano lontani, Hinata e Neji, verso le stelle del firmamento. Lontani e vicini.  

Percorrevano insieme la via lattea, dispiegando ali invisibili, vivendo la loro vita conclusa.

E osservavano da lontano, il pentimento dei dannati. Osavano mangiargli l’anima, come divoratori dell’inferno.

Navigavano nello Stige, guidati da un finto Caronte, sopra  acque inanimate.

E da lontano il loro sguardo si fece di sangue, si intinse di rosso. E diventò ferita e condanna.

Il bianco si tramutò in scarlatto, divenne assassino. E quelle iridi, avevano allontanato il loro passato, condannando i loro assassini.

Hyuga. Nome di peccatori.

Perché quella sera, Hinata e Neji Hyuga, avevano perso la vita,  condotti da una via di sangue. Avevano combattuto per il proprio amore, ed erano periti, per colpa di quel maledetto colpo . Lo stesso colpo che in un secondo, aveva fatto scoppiare i loro cuori. Adesso, il sangue si vedeva davvero.

Ed erano caduti, insieme, uniti, mano nella mano, macchiati di un amore proibito, sentenziato da macchie rosse.

Uniti anche nella morte.

E in un istante, Neji lo aveva sentito, quel maledetto odore di sangue. Il vero sapore della sconfitta, trainata dal destino.

Quello, era l’effluvio della morte.

Le sue ali brillavano di notte,

colorate del colore della morte.

Il vestito tingeva colori,

di una arcobaleno di canzoni.

Le labbra rosse sorrisero indistinte,

mentre la voce creava parole finte.

La vidi perdere il suo splendore,

con il sangue a fare da giudicatore.

E per un’ultima volta vidi quel sorriso,

ma il suo sguardo era già dipinto di grigio.

 

 Allora… mmmh… che ne pensate? =P Non so se è venuta bene, e non sono sicura che le mini poesie vadano bene. Cmnq, spero di ricevere abbastanza commenti, visto che nell’altra, Sea’s heart, ne ho avuti pochi ç.ç … sigh… beh, cmnq, adesso vi saluto ^o^,

un gran salutone da Sofia, alias Hinata-chan 6. =3

Baciottoli pottoli! =3 Kiss  O__<

Allora, avete visto che mi sn creata un'accaunt tutto mio? Sn un genio, nn c'è che dire =P XDDDD Kiss davvero ^^''''

  

 

  
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