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Autore: Lady Winter    07/02/2013    2 recensioni
Bella ed Edward, migliori amici da sempre, vengono separati : lei viene portata via dagli assistenti sociali e lui rimane da solo. ma quella notte, vede una stella cadente ed esprime un desiderio.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Ehilà gente! eccoci qui al penultimo capitolo, se contiamo l'epilo e.... che dire, ora vi lascio leggere in santa pace ;)

CAPITOLO 25
BELLA


Lo vide cadere, senza poter fare nulla, mentre una macchia rossa gli si allargava sul petto. Edward, il suo bellissimo Edward, era steso su quelle piastrelle fredde, sempre più pallido. Bella lo guardava ad occhi sgranati, non rendendosi pienamente conto di ciò che stava accadendo. Scorse a malapena Carlisle inginocchiato al fianco del giovane, che premeva urlando sulla ferita; forse chiedeva aiuto, o magari dava ordini, o imprecava verso il pazzo che aveva fatto fuoco. Le gambe le cedettero e, improvvisamente, si trovò con la fronte appoggiata contro quella del suo amore, sentendolo diventare sempre più freddo, la pelle ricoperta di sudore gelido. Delle mani l’afferrarono e la scostarono con forza, sebbene lei si divincolasse, per tentare di tornare dal suo Edward. Probabilmente la ragazza stava gridando, supplicando di lasciarli vicini, perché senza di lui si sentiva persa, ma le sue orecchie erano sorde e a lei per prima non giungevano le sue parole. Fu soltanto quando qualcuno le tappò la bocca che riuscì a mettere a fuoco ciò che la circondava: era arrivata l’ambulanza. Guardò mentre gli infermieri caricavano il giovane su una barella e correvano fuori, all’automezzo, per prestargli i primi soccorsi. Suo padre le si avvicinò, tremante, pallido, il respiro affrettato, e le prese la mano, accingendosi ad uscire. Libera dalla stretta ferrea che l’aveva immobilizzata, Bella corse fuori e, in pochi istanti, sia lei che il dottore erano in macchina, per recarsi all’ospedale; l’ambulanza non gli aveva spettati, le condizioni del giovane erano troppo gravi, non c’era nemmeno un minuto da perdere, anche se le si spazzava il cuore nel sapere Edward solo.
Nell’abitacolo regnava un silenzio teso, carico di paura e, purtroppo, per quanto poco, di morte. La giovane teneva lo sguardo fisso davanti a sé, senza vedere nulla, in realtà, ma rivivendo tutti i momenti passati con il ragazzo: quando da bambini facevano le torte di fango; le poche volte che avevano potuto fare i gavettoni; quando giocavano a nascondino e tutti quei piccoli istanti in cui era sembrato loro di poter essere felici al cento per cento. Si rese conto solo in quel momento che, in realtà, tutta la sua vita era basata su Edward, persino quando erano stati divisi, aveva continuato a paragonare ogni ragazzo a lui, il colore degli occhi ai suoi, i sorrisi, gli abbracci, tutto, per poi capire che, per lei, la perfezione era Edward ed era di lui solamente che aveva bisogno. E ora si ritrovava nella situazione peggiore di tutte: stava pregando Dio, o chiunque per lui, che il giovane si salvasse, che tornasse da lei così che potessero costruire qualcosa insieme, un futuro che non fosse solo immaginazione. Tutto ruotava intorno a lui, che lei ne fosse cosciente o meno, era il suo universo, il suo centro, ciò che rendeva la vita degna di essere vissuta. Non poteva nemmeno pensare ad un avvenire senza di lui: l’avrebbe seguito ovunque, anche nella morte, se necessario.
La macchina si fermò davanti ad un enorme edificio: il Chicago’s Hospital. Il suo corpo si mosse da solo e, prima ancora che Carlisle uscisse, Bella corse dentro, iniziando a guardarsi febbrilmente intorno, come se il giovane potesse essere lì. Com’era ovvio, era già in sala operatoria ma, in quel momento, la fanciulla non riusciva a ragionare, non capiva più nulla. Il padre dovette prenderle ancora una volta la mano, si diressero assieme al bancone delle informazioni e, una volta chieste notizie sul ragazzo, si avviarono verso la zona indicata. Mentre camminavano, furono parecchi gli infermieri che salutarono Carlisle, visto che aveva lavorato in quel luogo per molto tempo, ma egli rivolse loro solo un cenno del capo, troppo pensieroso ed assorto per prestare più attenzione. Si fermarono in un lungo corridoio completamente bianco, dagli infissi alle finestre, alle seggiole di plastica, alle grandi porte dietro cui i medici erano al lavoro. L’unica macabra nota di colore era la luce rossa accesa appena fuori dalla sala operatoria, che gettava ombre inquietanti tutt’intorno. Si lasciarono cadere stancamente a sedere e, solo in quel momento, Bella si rese conto che il resto della famiglia era ancora in motel, ad aspettare trepidante il loro ritorno.
<< Dobbiamo… >> disse con voce strozzata. Le sembrava di non riuscire a respirare, sapendo che a pochi metri da lei Edward stava lottando per quella vita che meritava ma che, disgraziatamente, gli era sempre stata negata. Il dottore estrasse il cellulare dalla tasca della giacca e, dopo aver composto il numero, se lo portò all’orecchio.
<< Ciao amore, >> lo sentì mormorare << dovreste venire subito in ospedale. >> prese un profondo respiro, prima di continuare << Hanno… sparato ad Edward. >>  udì distintamente le urla provenienti dall’altro lato del ricevitore, ma non se ne curò, non poteva preoccuparsi anche di quello. appoggiò la testa sulla spalla del padre e lui la circondò con un braccio, tenendola stretta. Bella non sapeva esattamente cosa provava, se paura, ansia o dolore: si sentiva anestetizzata, come se tutte le emozioni fossero state messe a tacere. Fissava intensamente l’orologio, come se, così facendo, le lancette si sarebbero mosse più velocemente; ma lei non poteva fare nulla se non aspettare e, ancora una volta, piangere il suo amore.
Notò distintamente, anche nella foschia in cui era avvolta, l’arrivo degli altri, perché cominciarono a parlare, a chiedere spiegazioni tutti nello stesso momento. Non poteva essere lei a rispondere, a chiarire, e non perché non avesse voce, ma si rese conto di non sapere cosa fosse accaduto dopo lo sparo. La sua memoria era bloccata ad Edward ferito e morente.
<< Eravamo da Aro, >> cominciò Carlisle, una volta che si fu stabilita una relativa calma << era andato tutto bene: la lettera di Elizabeth aveva salvato i ragazzi. Stavamo per andarcene, felici che fosse finita ma, il padre di Edward, non era d’accordo: ha cominciato ad urlare, dicendo che non dovevamo permetterci di prenderlo in giro, deriderlo, che il ragazzo era suo figlio e che l’unico che poteva decidere della sua vita era lui, nessun altro. All’improvviso, ha preso la pistola e ha fatto fuoco, colpendo Ed allo stomaco. È un miracolo che non sia morto aspettando l’ambulanza. >>
<< E l’assassino? >> chiese Emmet, stringendo i pugni
<< Aro l’ha fatto catturare un istante dopo che ha premuto il grilletto, ma dubito che venga consegnato alla polizia, anche se so spero. Edward merita giustizie, di vederlo marcire in prigione; la morte sarebbe troppo semplice. >> Bella fu sorpresa di sentirlo parlare a quel modo, pieno di rabbia e rancore; però, dopo tutto, il dolore fa fare alle persone cose che, in situazioni normali, mai e poi mai si sognerebbero solo di pensare.
Non seppe esattamente quando, il tempo era diventato insignificante, le porte della sala operatoria si aprirono e uscì un dottore, il volto stanco, l’espressione seria. Nel silenzio totale, Carlisle balzò in piedi, avvicinandosi al collega; Bella si accorse solamente qualche istante dopo che quell’uomo era Eleazar, l’amico che il padre era andato a trovare quando, qualche mese prima,aveva incontrato Ed. Si alzò faticosamente anche lei, sentendo i muscoli intorpiditi dalla troppa immobilità: voleva ascoltare la vera versione dei fatti, non quella addolcita che, sicuramente, il padre avrebbe riferito. Quando si avvicinò, i due smisero di parlare ma, ad uno sguardo della giovane, l’uomo spiegò, sospirando:
<< È stata un’operazione difficile, il proiettile era in profondità ed è un mistero come abbia fatto a sopravvivere ma, per fortuna, il cuore batte ancora. >> la fanciulla sentì rinascere la speranza, il calore ricominciare a scorrerle nel corpo, ma le espressioni dei medici non erano altrettanto ottimiste.
<< Le condizioni erano drastiche, >> le disse Eleazar, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla << ora sta a lui lottare per svegliarsi. >> fu come se il suo cuore si spezzasse un’altra volta. In come, Edward era in coma e nessuno poteva farci nulla. E se non si fosse svegliato? Se le ferite fossero state troppo gravi? Cos’avrebbe fatto lei? Si sarebbe lasciata deperire o avrebbe tentato di andare avanti?
<< Posso andare da lui? >> chiese con voce tremante; doveva essere al fianco del suo amore, qualunque cosa sarebbe successa. Eleazar l’accompagnò personalmente alla camera del giovane: una stanza bianca, anonima, con una grande vetrata che permetteva di vederne l’interno, in modo che infermieri e dottori potessero controllare agevolmente i pazienti. Aprì piano la porta, come per paura che, anche un piccolo rumore potesse spezzare il sonno del ragazzo- avanzò a passi tremanti, lentamente, e non appena raggiunse il letto, trattenne il fiato. Edward era pallidissimo; indossava ancora la maschera per l’ossigeno; alle braccia erano collegati la flebo ed i sensori che monitoravano le sue funzioni vitali: il bip del suo cuore riempiva la stanza. Avvicinò una sedia, certa di non poter rimanere in piedi ancora a lungo, e vi si adagiò, senza mai staccare gli occhi da quel viso tanto amato. E, finalmente sola con l’unica persona che regnava sul suo cuore, si lasciò andare e diede sfogo a tutte le sue lacrime.
Bella si sentì cadere come in una specie di trance, mentre annullava tutto ciò che non fosse Edward ed il batti del suo cuore che, lento e costante, l’avvolse e la cullò come una nenia. Era strano, pensò, vedere il giovane immobile in quel letto; lui che era sempre stato attivo, pieno di energia, mai abbastanza stanco per rifiutare una richiesta di aiuto. Invece, adesso era incosciente, attaccato a delle macchine per essere sicuri che non decidesse improvvisamente di smettere di vivere. Gli accarezzò dolcemente i capelli, serici sotto le sue dita, mentre sentiva altre lacrime ancora scenderle lungo le guance. Perché proprio a lui? Non aveva, forse, già sofferto abbastanza?non meritava anche Edward un po’ di tranquillità? E dire che avevano sfiorato la felicità, l’avevano vista brillare ad un passo da loro, ma non erano riusciti a raggiungerla.
Appoggiò delicatamente il volto accanto alla mono del ragazzo, stando attenta a non sfiorare i tubicini, e vi posò le labbra; adorava le mani del giovane, così morbide e bianche, da pianista. Aveva sempre pensato che, se avesse dovuto rappresentare un angelo, gli avrebbe fatto quelle mani e, sicuramente, anche i suoi occhi, così belli e verdi da far impallidire gli smeraldi. Si addormentò così, accarezzando quelle dita bianche e pensando che sperava di vederle presto volare sui tasti di un pianoforte.
Si ridestò solo quando qualcuno le accarezzò i capelli e, per un brevissimo istante, le parve che fosse il ragazzo a farlo, ma subito dopo riconobbe il profilo della sua mano sotto la guancia. Aprì gli occhi lentamente, mentre delusione e dolore le serravano il cuore, e la prima cosa che vide fu il volto pallido del suo amore, esattamente come l’aveva lasciato.
<< Ehi. >> fu il sussurro dolce di sua madre a risvegliarla da quell’amara contemplazione << Vieni un attimo fuori, solo un istante, per respirare un po’ di aria fresca. >> Bella scosse energicamente la testa: non voleva, non poteva lasciare Edward neanche per un istante, non se la sentiva.
<> tentò ancora la donna <> al che, la giovane non poté non cedere, perché assicurarsi delle condizioni del giovane era ancora più importante del suo ossessivo bisogno di vicinanza. Facendo leva sul letto, visto che si sentiva senza forze, si alzò in piedi e, dopo aver sfiorato le labbra del ragazzo con le sue, si avviò verso la porta, come se stesse andando al patibolo. Mente le passava accanto, vide la madre fissare il letto con occhi lucidi ed una mano davanti alla bocca; la fanciulla, allora, si sentì ancora peggio, egoista, perché persa nel suo dolore si era dimenticata della sua famiglia che, sicuramente, stava soffrendo tanto quanto lei. Ne ebbe la conferma quando uscì in corridoio e li trovò tutti li, accasciati sulle seggiole; i volti pallidi, stanchi, gli occhi spenti. Mancava solo suo padre che, immaginò, si stava preparando per andare a visitare Ed. quando la vide incamminarsi verso la sala d’aspetto, Jasper fece per alzarsi, ma Bella lo fermò, cosicché lasciasse riposare Alice, che dormiva con la testa sulle sue gambe. Quasi non si accorse di essere arrivata davanti ai distributori automatici, tanto era sovrappensiero ma, quando sull’elenco delle bevande calde arrivò alla cioccolata, le si strinse il cuore: il ragazzo l’avrebbe sicuramente presa, per poi lamentarsi che non sapeva di nulla. Con un piccolo sorriso, decise di provarla prima lei, così da poterlo mettere in guardia, una volta sveglio. Perché si sarebbe svegliato.
Tornò alla stanza di Ed giusto in tempo per vedere suo padre uscirne, la cartellina ancora in mano. Gli si avvicinò in fretta, quasi di corsa, impaziente di sapere se c’era anche un minimo cambiamento, ma rimase delusa.
<< Si sta stabilizzando. >> le disse il padre, accarezzandole una guancia << Non ci resta che aspettare. >>
E aspettarono. Aspettarono per quasi un mese; un mese di tensione, paura, dolore. Un mese di rabbia, scontri e rese. Un mese in cui, pian piano, la speranza era andata via via affievolendosi. Fino ad una notte, quella del 31 ottobre.
Era quasi mezzanotte, mancavano solo pochi minuti, e Bella era, come al solito, nella stanza di Edward. Vi passava la maggior parte del tempo, uscendo solo per fare la doccia o muoversi un po’. Il giovane era ancora adagiato sulle coltri, pallido, immobile; nulla era cambiato,forse solo il rumore del suo cuore, che fatto sempre più lento e costante. La fanciulla era in dormiveglia, stremata dall’ennesima piangere, litigare perché la lasciassero stare con il suo amore. era, infatti, lo sport preferito di alcune infermiere, quello di ricordarle ogni volta che l’orario delle visite era finito e che lei non era un famigliare; era perfino intervenuto Carlisle, e ancora non avevano del tutto smesso. Era distrutta, aveva la testa che pulsava e on poteva che sperare che il sonno arrivasse presto, salvandola da quell’agonia che stava diventando la sua vita. In più Ed non apriva i suoi meravigliosi occhi, e lei cominciava a chiedersi se l’avrebbe mai fatto. Che ne sarebbe stato di lei in quel caso? Morfeo stava per cingerla, quando sentì un rumore provenire da vicino la testiera del letto. Socchiuse lentamente gli occhi, per paura di vedere cose che le avrebbe spezzato il cuore. Mise faticosamente a fuoco una sagoma di donna, con indosso un abito lungo e vaporoso di un chiaro azzurro perlaceo. Stava per alzarsi e chiederle chi fosse, quando osservò più attentamente il volto e non poté trattenere un sussulto: Elizabeth. Sgranò gli occhi, tentando di dare un senso a ciò che vedeva ma, seppur le sembrasse impossibile da concepire: era proprio lo spirito della madre del giovane. Era la stessa, eppure diversa: il viso luminoso, felice, brillante come non l’aveva mai visto; i lunghi capelli ramati le ricadevano in lunghe onde lungo la schiena, ornati da piccoli nastrini celesti. Era bellissima, un angelo.
La donna si chinò con grazie e spostò delle ciocche dalla fronte del ragazzo, per poi posarvi dolcemente un bacio. Bella non ebbe il tempo di fare nulla, né di parlare, né muoversi, in un battito di ciglia la figura era sparita. La fanciulla rimase spiazzata, conscia di aver avuto un’illusione, ma quasi restia a lasciare che ciò che le sembrava realtà diventasse sogno. Poi, quando stava per rimettersi a dormire, il bip delle macchine aumentò improvvisamente. Lei sollevò lo sguardo, sorpresa, speranzosa e spaventata ma, invece di incontrare un volto addormentato, incrociò due profondi e confusi occhi verdi.
<< Edward. >>


Allora che ne pensate? scontato ? brutto? troppo corto? fatemi sapere, mi metto nelle vostre mani.
ci tego ad avvisarvi che l'epilogo l'ho miracolosamente già scritto, quindi per settimana prossima dovrebbe esserci, salvo imprevisti ;)
  
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