...Tell me who are...
-Beautiful girl-
Charter
one
La
metropolitana scorreva velocemente tra i binari, tagliando il vento con
la
stessa precisione di un coltello. I diversi panorami si susseguivano
veloci,
come in un grande film di cui solo lei poteva assistere alla
proiezione. Ed era
bello, perché era sola. Sola circondata da gente che non
conosceva, che si
spintonava, si parlava e restava in silenzio. Ma infondo, quando non si
conosce
nessuno, si è soli.
La
ragazza si mise una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio,
e messi gli
occhiali, smise di contemplare il finestrino per dedicarsi ad altro.
Leggere
un libro? No, lo aveva letto neanche mezz’ora fa.
Sgranocchiare
qualcosa? Escluso anche questo. Non aveva fame e l’odore di
chiuso le aveva
fatto passare l’appetito.
Creare
un dialogo con qualche persona nella metrò? Proposta
bocciata in partenza.
Nessuno sembrava in vena di parlare come due vecchi amici. Anzi, la
tensione
per l’annunciato ritardo non aveva contribuito di certo a
placare gli animi.
Sprofondò
nel sedile, stranamente morbido, visibilmente annoiata.
Tanto
valeva fare un riposino, almeno quando sarebbe arrivata a Londra, si
sarebbe
potuta specchiare sulle vetrine dei costosi negozi senza sobbalzare
all’indietro dallo spavento.
Si
accoccolò meglio e chiuse gli occhi. Neanche il tempo di
prendere sonno, che il
cellulare dentro la borsa prese a squillare, disturbando i suoi neuroni
con un
fastidiosissimo trillo spaccatimpani, che sua sorella definiva
“una suoneria appena
udibile”, che infastidì tutto lo scompartimento.
Molti
occhi si piantarono su di lei, indignati dalla terribile mancanza di
rispetto.
“Cavolo
ma dove ho messo il cellulare? Questa borsa è
così grande che non riesco mai a
trovare niente. Ma dove l’ho messo...”
Proprio
in quel momento, un bambino iniziò a piangere, aumentando il
rumore di già
molto forte. Alcuni si tapparono le orecchie, mentre tante piccole
goccioline
di sudore imperlarono il suo viso.
“Ci
mancava anche il bambino. Ma dove sarà...Ah
eccolo!” pensò sollevata, quando la
sua mano sfiorò il displey del telefono, sul quale
lampeggiava il nome “Dylan”
accompagnato da un numero.
Lo
prese alla svelta e pigiò il tasto verde.
-
Ciao
amore, dove sei?- chiese la voce dall’altro capo del telefono.
-
Oh
Dylan, sei tu. La suoneria mi ha fatto prendere un infarto, e
c’è mancato poco
che tutte le persone presenti mi cacciassero dal vagone. Comunque sono
ancora
nella metrò, ma dovrebbe mancare poco per arrivare a Londra.-
-
Sei
sicura che questo lavoro non ti sfinirà?- chiese di nuovo,
apprensivo.
-
Sono
felice che ti preoccupi per me, ma sai come sono fatta. Quando mi metto
in
testa una cosa è difficile che cambi idea...-
-
Questa è una delle qualità per cui ti amo-
-
Sì...lo
so...- rispose, titubante, giocherellando con il ciondolo del cellulare.
“Prossima
fermata, Londra centro. Si prega a tutti coloro che hanno questa
fermata di
prepararsi a scendere, portando con se tutti i bagagli. Sperando che il
viaggio
sia stato di vostro gradimento, vi auguriamo buona permanenza nella
capitale” gracchiò
una voce dall’alto del vagone metropolitano.
-
Ti
devo salutare Dylan. Ti richiamo appena posso-
-
D’accordo, spero solo che non ti innamorerai di tutti i vip
che dovrai
intervistare-
La
ragazza sorrise tristemente e chiuse l’apparecchio. Mise a
tracolla la borsa e
afferrò saldamente la valigia contenente tutta la sua roba.
Appena le porte si
aprirono, l’aria londinese fu un toccasana dopo tutte quelle
ore di quell’aria
insopportabilmente usata.
Si
guardò intorno, e con decisione estrasse un foglietto tutto
stropicciato sul
quale era scritto un indirizzo.
Redazione
del Times. Via...lesse
velocemente, per poi
appallottolarlo e rimetterlo nella tasca dell’giacchetto. Si
strinse la sciarpa
e partì alla volta del suo nuovo lavoro.
* *
*
I
tacchi a spillo degli stivaletti producevano uno strano rumorino
camminando
sopra il marciapiedi. La ragazza era vestita alla meglio, per fare una
buona
impressione al capo redattore e ai cittadini inglesi. Sotto il
giacchetto
infatti, indossava una maglia a maniche lunghe bianca a collo alto, dove spuntava una collana
di perle nere
abbastanza lunga che le arrivava all’ombelico; sotto portava
dei pantaloni
scuri che si incastravano alla perfezione all’interno degli
stivaletti color
madreperla, e se non fosse stato per il fatto che nessuno avrebbe visto
il suo
elegante abito, almeno finché coperto dall’ampio
impermeabile, era davvero
molto bella.
L’unico
problema e che lei non se ne rendeva conto. O meglio, lo sapeva ma era
troppo occupata
a fare altro per mettere in atto ciò che la Natura
le aveva dato.
Così,
trascinandosi dietro l’ampia valigia, camminava a testa
bassa, combattendo
contro il freddo della Londra mattutina, cercando di raggiungere il Times.
E
quando finalmente varcò le soglie della fatidica redazione,
si pettinò
delicatamente i lunghi capelli neri leggermente mossi, che lei
detestava, ed
entrò.
-
Lei
è la signorina Baster?- chiese con tono professionale
un’occhialuta signora
dietro la scrivania, squadrandola dall’altro in basso non
appena varcò la
porta.
-
Sì
sono io. Il signor Gray dovrebbe attendermi nel suo ufficio- rispose,
poggiando
a terra la valigia.
-
Aspetti un attimo che controllo...- le disse questa, sfogliando
febbrilmente un
blocco per gli appunti – Ah...eccola qui. Signorina Rachel
Baster, ufficio
cinque, corridoio due, la prima scala a destra. Si troverà
davanti all’ufficio
in un attimo-
Rachel
la guardò, sconcertata. Quella donna era una macchina. In
mezzo secondo le
aveva detto talmente tante cose che non aveva capito assolutamente
niente.
-
Come
scusi?...Potrebbe ripetere...-
La
segretaria la guardò, alzando un sopracciglio in modo
professionale, per poi
voltarsi di spalle.
-
Prenda l’ascensore. Al quarto piano, sempre dritto- le
suggerì, controllando
distrattamente alcune pratiche.
Rachel
le sorrise, raccattando la borsa e dirigendosi verso
l’ascensore.
-
Ah...E benvenuta al Times.-
La
ragazza sorrise ancora, mentre le porte dell’ascensore si
chiudevano davanti a
lei.
Passò
alcuni minuti in silenzio, a riflettere. Aveva fatto bene ad accettare
quel
lavoro a Londra? Lei amava lavorare per il giornale della sua
città, eppure
c’era qualcosa che l’aveva spinta a partire. E
faceva male ogni volta che ci
pensava.
Forse
l’amore non era poi tutta questa grande bellezza, si disse,
appoggiando ad una
parete dell’ascensore, che continuava a salire. Forse
l’amore faceva più male
di qualsiasi altra cosa. Per questo aveva deciso di allontanarsi da
tutto,
lasciandosi alle spalle Dylan, senza rimorsi. Non voleva più
innamorasi. Era
una cosa da adolescenti, non da donne adulte con una carriera sulle
spalle.
Basta.
Aveva promesso a se stessa che non si sarebbe più fatta
sorprendere dall’amore,
soprattutto adesso, che aveva deciso di dare una svolta alla sua vita.
Appena
le porte si aprirono, capì che quello era il primo passo per
tradire la sua
promessa.
-
Benvenuta tra noi Rachel. Io sono Gray Carrol, i tuo nuovo capo- le
urlò in
faccia un uomo piuttosto alto, con due enormi ma simpatici baffi,
stringendole
la mano con una forza inaudita, mettendoci un notevole entusiasmo.
-
Molto piacere- rispose Rachel, tenendo il braccio per paura che gli si
staccasse.
-
Sai
Rach, posso chiamarti Rach? È un bene che tua sia arrivata,
perché dal tuo
curriculum ho letto che hai una particolare esperienza con i personaggi
famosi.
E tu sai che da queste parti bazzica parecchia gente dei piani alti, a
cominciare da...- disse, cercando con la mano libera un giornale
sepolto sotto
parecchi altri, per poi estrarlo con rapidità, indicando con
l’indice la
copertina -...lo straparlato e strafamoso Orlando Bloom. Bene, voglio
che tu mi
faccia immediatamente un’intervista su di lui. Lo troverai in
settimana al
party in maschera che la sua ex ha annunciato a tutto il mondo. Ti
vestirai
elegante e ti mescolerai tra la folla, e intanto cercherai di fargli
qualche
domanda. Tutto chiaro?-
-
Si
certo, ma...- parlò Rachel, dubbiosa.
-
Beh,
allora? Che fai ancora qui? Muoversi, muoversi...io ho un giornale da
mandare
avanti e tu- le urlò ancora, puntandole il dito contro
– hai una
importantissima intervista da scrivere. Fuori!-
In
un
attimo, Rachel si trovò fuori dall’ufficio,
bagagli alla mano, con il suo primo
incarico, e la certezza che all’amore, almeno per ora, non
avrebbe pensato.
Ma
tutti possono sbagliare.
Spero
di aver suscitato in voi molta curiosità, perché
questa
ficcy riserverà parecchi colpi di scena. xxxBaCiOtTixxx by
CelsteKiss
p.s:
Voglio ricevere molte recensioni, così mio padre mi lascia
il pc, e in + sono motivata a scrivere!!!