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Autore: dark dream    07/02/2013    5 recensioni
“Mi sento cadere, cado, cado, cado, non so dove mi trovo, ne riesco ad aprire gli occhi, mi sento solo cadere.[...] poi all’improvviso rallento, ho toccato il fondo leggermente con le punte dei piedi[...] mi sento affogare, non riesco a risalire e cerco di urlare[...] che fine orrenda"
Una piccola idea venuta improvvisamente e sviluppata con parecchie difficoltà, spero vi possa piacere, ma a voi la scelta...
[...]
“Aveline… il mio nome è Aveline Le Den George” Sorrise mentre si gustava fra le labbra il sapore del suo nome, lei era Aveline, un elfo, e questa è la sua avventura.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Bilbo, Nuovo personaggio, Sauron, Thorin Scudodiquercia
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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“Mi sento cadere, cado, cado, cado, non so dove mi trovo, ne riesco ad aprire gli occhi, mi sento solo cadere.
Non so cosa mi succede, non so perché mi succede, ma so che sto precipitando, poi improvvisamente colpisco qualcosa di caldo, di bagnato, e mi immergo al suo interno, non so se sia un lago o un mare, o una bacinella d’acqua molto grande, so solo che continuo a scendere, come se le leggi della fisica non valessero, come se questa non fosse acqua.
Cado, cado, cado, poi all’improvviso rallento, ho toccato il fondo leggermente con le punte dei piedi e poi con tutta la pianta, riesco a stare in piedi quindi provo ad aprire gli occhi ma vedo tutto sfocato, sento un enorme torpore intorno a me e mi sento bene, ma dura poco perché improvvisamente questo liquido che mi avvolge penetra nel mio corpo, mi corrode, mi uccide, e io mi sento affogare, non riesco a risalire e cerco di urlare, ma così facendo il liquido entra in me ancora più velocemente, sento che sto per morire. Che cosa triste, ho sempre pensato che morire per annegamento fosse la cosa più brutta al mondo ed eccomi qui a cercare un po’ d’aria che ovviamente manca in questa enorme vastità liquida, che fine orrenda”

 

La ragazza si svegliò di soprassalto tutta sudata, si sentiva completamente bagnata e faceva fatica a respirare, la gola gli pulsava come se avesse appena finito di urlare a causa delle pene più atroci ed i suoi occhi erano sbarrati.
Erano giorni ormai che sognava sempre la stessa identica cosa, sognava di cadere, poi attraversava uno specchio d’acqua e continuava a cadere fino ad arrivare alla fine della sua caduta, senza dolori, semplicemente toccava il fondo con i piedi, poi annegava e si risvegliava un attimo prima di morire definitivamente.
Stava iniziando anche ad aver paura di andare a dormire, la notte chiudeva gli occhi sperando di non risvegliarsi urlando e invece puntualmente succedeva il contrario, e dopo essersi calmata non riusciva comunque a riaddormentarsi.
Sbuffò spazientita mentre si levava il pesante piumone da dosso e si dirigeva verso la cucina
“Che scocciatura!” Esclamò accendendo la luce e iniziando a prepararsi una camomilla nel vano tentativo di riuscire a riprendere sonno.
“Tutte le notti è così, ma è mai possibile che non riesco a trovare pace?” Cercò di porre rimedio ai suoi pulsanti mal di testa massaggiandosi le tempie, ma senza successo.
La teiera soffiò rumorosamente facendo impazzire ancora di più le sue povere meningi, spense il fuoco velocemente e versò l’acqua calda in una tazza versando poi al suo interno la campana in acciaio con dentro le foglie di camomilla.
“Forse è meglio mangiare anche qualcosa” E così dicendo prese un pacco di fette biscottate dalla credenza e pose il tutto su un vassoio.
Da quando erano iniziati i sogni era diventata un abitudine prepararsi una camomilla e andare a berla sul terrazzo della sua villetta, li mentre sorseggiava la sua bevanda calda guardava le stelle che ormai conosceva a memoria, sapeva i nomi delle costellazioni e ogni volta riconosceva la stella polare, sapeva dove si trovavano Marte, Saturno e Mercurio e perdeva tempo collegando le stelle a formare figure nuove. Aveva anche provato a contare le pecore, per quanto stupido potesse essere, ma non aveva mai funzionato, e puntualmente finiva sempre per addormentarsi poco prima di dover uscire per andare all’università finendo immancabilmente per fare tardi.
E quel giorno non era da meno.

 

Aveva appena attraversato le porte dell’università, armata della sua tracolla, di un paio di occhiali da vista e di due occhiaie da far invidia ad un panda, coperte sotto strati di trucchi.
Ormai la prima ora di Psicologia era andata, sperava solo che il prof non avesse spiegato nulla di così complesso altrimenti avrebbe dovuto passare anche la seconda ora senza fare un tubo e annoiandosi perché non riusciva a seguire il filo del discorso.
Fortunatamente il prof non disse nulla del suo ritardo, ma in fondo quella lezione non aveva obbligo di frequenza quindi non ci sarebbero stati problemi.
Il professore era un uomo avanti con l’età, aveva una lunga barba bianca ben curata e i capelli dello stesso colore, era sempre vestito elegante, ben pettinato ed emanava sempre un buon odore che si spargeva per tutta la classe, tirando le somme era una persona molto rispettabile, tutti i professori e gli alunni gli portavano rispetto, sia perché era il più anziano, sia perché era davvero bravo in quello che insegnava ma soprattutto perché era una persona molto a modo e gentile con tutti.
“Freud scrisse “L’interpretazione dei sogni” in cui spiega come interpretare i sogni e come capire cosa il nostro inconscio vuole trasmetterci…”. La lezione sembrava molto interessante, ma la giovane aveva smesso di prestare attenzione subito dopo aver udito questa frase.
Freud aveva scritto un libro sull’interpretazione dei sogni, forse sarebbe potuto essergli utile per capire cosa gli stava succedendo, quindi si appuntò mentalmente di correre a comprarlo subito dopo l’università.

 

Il resto della giornata passò molto velocemente, aveva chiacchierato con le sue migliori amiche, aveva mangiato un panino in caffetteria e si era dedicata a qualche ora di studio nelle aule apposite.
Appena uscita dall’edificio si diresse diritta sparata verso la libreria più vicina, che per sua fortuna si trovava a cinque minuti di cammino dall’università.
Non ci volle molto, prese il libro che gli interessava e uscì da lì, dovette anche fare in fretta perché stavano per chiudere.
Si strinse nel suo giubbino e si avvolse meglio la sciarpa al collo, casa sua non era molto distante dall’università quindi iniziò a camminare per le strade della sua città guardandosi intorno come era solito fare.
“Fra poco è natale, ormai le decorazioni sono ovunque, forse dovrei concedermi un regalino almeno ora” Questi erano i pensieri che frullavano nella mente della giovane, non che non gli importasse di fare regali alla famiglia, sia ben chiaro, il fatto è che lei una famiglia non l’aveva, aveva solo i suoi amici, la sua famiglia era morta durante la terza guerra mondiale, la guerra che aveva portato alla quasi totale estinzione di ogni forma di tecnologia, quindi si era ritornati alla vita di prima, le persone andavano in giro in carrozza, non esistevano computer e televisioni e il tasso di natalità era aumentato a sfavore dell’enorme tasso di mortalità che era pervenuto negli anni della guerra.
Era stato un periodo difficile per lei ma dopo settimane spese a piangere aveva deciso che non poteva finire la sua vita così, doveva rialzarsi e andare avanti, perché i suoi genitori non erano morti per vederla in quello stato, i suoi genitori erano morti per proteggerla e per permetterle di andare avanti con la sua vita.
Scosse la testa scacciando gli scuri pensieri che le vorticavano intorno e imboccò una stradina che le avrebbe allungato di poco la via ma che le avrebbe permesso di godere delle fantastiche luci per le strade della citta appese da balcone a balcone.

 

Appena mise piede in casa venne subito assaltata dal suo gattino in cerca di coccole, coccole che non tardarono ad arrivare, infatti dopo aver posato giubbino e sciarpa, la ragazza prese la sua gatta e il libro e si andò a sedere sulla sua poltrona preferita. Non aveva voglia di mangiare e la creaturina sulle sue gambe probabilmente aveva già mangiato dalla ciotola piena che gli aveva lasciato prima di uscire, quindi decise di accoccolarsi al divano con il suo adorato animale sulle gambe e leggere il libro che si era appena comprata.

 

Si era svegliata di soprassalto ancora, e ancora una volta aveva fatto quell’incubo. Questa volta era sul suo divano e non sul letto, sentiva addosso il freddo pungente della sera e a quanto pare il suo gatto aveva deciso di abbandonare le sue gambe parecchio tempro addietro.
Aveva quasi finito di leggere l’intero libro, che non era piccolo, ma non ne aveva tratto un ragno dal buco.
Stanca decise di farsi una camomilla.
“Prima o poi tutta questa camomilla mi ucciderà” Iniziò per poi finire al fischio della teiera “Meglio così smetterò di soffrire” e si versò l’acqua nella tazza in un movimento che ormai era diventato automatico.
Ben presto si ritrovò di nuovo sulla stessa terrazza a fissare le stesse stelle, a collegarle nelle stesse immagini e sperare sempre nella stessa cosa.
“La mia mente ha deciso di uccidermi” E bevve senza nemmeno preoccuparsi di far raffreddare la bevanda cosa che gli procurò una scottatura sulla lingua, questo ebbe la causa di farla saltare e svegliare definitivamente, imprecò non molto finemente e mentre si faceva vento con le mani sulla lingua gli venne un idea geniale: Il professor Olien!
Ma si, certo, lui avrebbe potuto aiutarla, in fondo era o non era un professore laureato in psicologia? Lui la mente umana doveva per forza conoscerla a memoria, quindi decise che l’indomani avrebbe chiesto consiglio a lui.

 

Non aveva chiuso occhio, si era fatta una doccia e aveva preso un vecchio libro giallo per passare il tempo. Era troppo in ansia ma fortunatamente l’ora di andare all’università arrivò presto e lei si ritrovò ancor prima dell’orario di inizio lezioni all’interno dell’edificio a cercare il suo professore.
“Signorina Le Den George! Cerca qualcuno per caso?” Una voce anziana la sorprese mentre sbirciava in alcune classi chiaramente vuote, quando si girò si ritrovò davanti proprio l’obbiettivo della sua ricerca.
“Effettivamente cercavo proprio lei professore!” Esclamò sorridendo gentile in direzione del suo professore.
“Me? Ma davvero? E come mai se posso?” La sua espressione era divertita, era sempre un piacere aiutare qualcuno quando poteva.
“Avrei bisogno di un suo consiglio professore”  Rivelò lei cauta, aveva paura che il professore le dicesse di essere impegnato o che non poteva.
“Riguardo a cosa mia cara?” cercò di tranquillizzarla sorridendo dolcemente, sapeva come trattare con le persone, e non solo grazie a quel pezzo di carta che, incorniciato sul muro, attestava la sua laurea.
“Ho dei brutti incubi professore” Ebbe paura della sua reazione.
“E scusami se sarò un po’ brusco ma… io cosa centro?” Era incuriosito sinceramente dalle parole della giovane, non gli era mai capito che qualcuno gli chiedesse consiglio perché avesse fatto un brutto sogno.
“Sogno sempre la stessa cosa ogni notte professore, ormai non riesco più a dormire, a studiare o a fare qualsiasi attività richieda un minimo di concentrazione” E le sue parole si potevano constatare dalle sue enormi occhiaie che nemmeno il trucco ormai poteva coprire.
“E tu pensi che il tuo cervello ti voglia dire qualcosa giusto?” Tirò ad indovinare ovviamente, ma ci aveva preso.
“Si!” lo sussurrò quasi, ma l’uomo di fronte a lei lo udì lo stesso.
Bhé! Mia cara, io ieri ho introdotto l’interpretazione dei sogni di Freud, forse potrebbe esserti d’aiuto” Tentò una soluzione il suo professore.
“Lo so professore, infatti appena uscita dall’università sono uscita a comprarne una copia sperando di trovare rimedio fra quella pagine ma…”Sospirò affranta.
“E hai letto quell’enorme librone tutto in una sera?” Si era per un attimo dimenticato i problemi della ragazza.
“No! Certo che no! Ma una buona parte si” precisò allora lei.
“E non sei riuscita nel tuo intento vero?” Chiese lui avendo ormai capito dove volesse arrivare la sua studentessa.
“Esatto, quindi mi chiedevo se lei potesse… si insomma…” Non trovava le parole adatte quindi aveva iniziato a gesticolare ampiamente con le mani e a non fissare il suo professore negli occhi.
“Psicanalizzarti?” Le suggerì lui divertito dalle sue movenze.
Bhè si!” Ammise abbassando gli occhi “ovviamente se non può o non vuole capirò, in fondo immagino che lei abbia altri impegni più importanti che stare a sentire i piagnistei di una sua studen…” Non riuscì a finire.
“Vieni nel mio studio dopo le lezioni cara, vedremo cosa possiamo fare, ma per ora va in classe che stanno per iniziare le lezioni” E sorridendo bonariamente la salutò con un cenno del capo e sparì dietro un angolo diretto verso una classe.
La ragazza era stupita, ma fu’ felice che il professor Olien le avesse accordato il suo aiuto, quindi felice come una pasqua si diresse verso l’aula della sua prima lezione.

 

Dopo l’orario di lezioni la ragazza si era ritrovata davanti la porta del suo professore, aveva un momento di esitazione, ma sapeva che se si sarebbe tirata indietro allora non avrebbe mai risolto i suoi problemi.
Stava per bussare alla porta in mogano quando questa improvvisamente si aprì rivelando la presenza del suo professore.
“Oh eccola, la stavo per venire a cercare! Avanti, entri!” E si fece da parte per farla passare e poi chiuderle la porta alle spalle.
“Ecco io… non saprei da dove iniziare” Era ansiosa e si vedeva, non stava ragionando lucidamente e aveva paura di fare un altro fiasco.
“Che ne dice di iniziare stendendosi sul lettino?” Fece bonario il suo professore, indicando con un gesto della mano un tipico lettino da psicologo che si vede nei telefilm.
Lei decise di obbedire senza fiatare, quindi pose la sua tracolla vicino all’entrata e si stese sopra la branda cercando di rilassarsi.
“Ora si rilassi, e mi racconti di questi suoi sogni” Il suo professore si era seduto al suo fianco e la osservava, metteva un poco soggezione ma lei cercò di non pensarci.
“E’ sempre lo stesso, che si ripete ogni notte” Iniziò lei “Cado, cado, non riesco ad aprire gli occhi, ma so che sto cadendo perché  sento la gravità che mi tira giù. Poi improvvisamente infrango qualcosa che probabilmente è uno specchio d’acqua, ma non sento niente di umido, e anzi continuo a cadere come se non mi fossi immersa in nessun liquido, poi in prossimità del fondo inizio a rallentare, mi girò leggermente ritrovandomi con i piedi verso il basso e atterro leggermente senza danni. Un calore mi avvolge, mi fa sentire a casa, vorrei rimanere li per sempre, poi improvvisamente tutto cambia, uno strano liquido mi entra in corpo, dalla bocca, dal naso, ovunque, e io inizio ad affogare, sento che sto per morire, rimpiango una morte meno doloroso e poi mi sveglio di soprassalto.” finì di esporre il suo breve riassunto
“Interessante” aveva iniziato a ragionare già mentre lei stava narrando, e arrivato alla fine aveva chiuso gli occhi e cercava di concentrarsi.
“Cosa è interessante?” Girò leggermente il capo verso di lui fissandolo.
“Sembra che la tua mente voglia dirti qualcosa, qualcosa di importante, forse vuole farti capire che ti senti stressata in questi giorni, che ti sembra quasi di star affogando.” Iniziò a grattarsi la barba sul mento dopo aver esposto questa teoria.
“Ma io non sono stressata, o almeno credo, la mia uniche fonte di stress sono questi sogni, ma io prima che iniziassero non ero per nulla stressata” Negò lei con convinzione.
“Allora forse vuole ricordarti qualcosa, o convincerti a fare qualcosa, o magari avvertirti” Aveva iniziato a fissare la parete di fronte a lui mentre pensava.
“Ma cosa?” Anche sforzandosi non aveva la minima idea di cosa potesse essere.
“Non ne ho idea mia cara, credo che dovremmo capirlo insieme” e dicendo queste parole si alzò per prendere un blocco note per iniziare a scrivere tutte le idee che avrebbero potuto aiutarli.
La seduta durò un paio di orette, non avevano concluso nulla, ma almeno avevano iniziato a vederci meglio, si erano dati appuntamento per il giorno dopo quindi la ragazza ormai stanca si era diretta a casa dove la sua gatta l’attendeva e dove l’attendeva una cena surgelata e il suo libro giallo.

 

“Ed ecco la familiare caduta che inizia. Ormai sono quasi cosciente di essere nei miei incubi, mi tormentano da ormai così tanto che potrei anche non preoccuparmi e stare ad assistere passivamente come se non ne fossi la protagonista, in fondo mi rendo conto che ne sono consapevole da parecchio tempo, il ché mi sembra strano dato che non dovrei essere cosciente di star sognando perché se ne fossi cosciente dovrei poter cambiare il sogno a mio piacimento.
Ormai mi annoia quasi aspettare l’arrivo dello specchio d’acqua che si infrange contro la mia testa, sembra non arrivare mai quel momento, e quando arriva inizio a contare i secondi prima di arrivare sul fondo, 34, 35, 36 e oplà eccomi con i piedi per terra, ed ecco la familiare sensazione di calore, bene, ora l’annegamento non dovrebbe farsi attendere troppo, ed infatti eccolo, sento di nuovo tutto quel dolore, non ne sono spaventata perché so che fra poco mi sveglierò nel mio letto.
Aspetto un poco ma sembra che non succeda nulla…
Svegliati, avanti svegliati, SVEGLIATI MALEDIZIONE!
Niente, continuo a soffocare all’interno di questo liquido, ormai ho perso ogni speranza e mi chiedo come io faccia a ragionare e pensare in un momento come questo.
Ormai ne sono sicura, pochi secondi e sarò morta stecchita, che morte orrenda, quanto vorrei almeno aver visto il luogo della mia morte, questa enorme bacinella dove cado ogni notte, e pensare che avevo anche iniziato a cercare una soluzione, tutta colpa di questi occhi che non si vogliono aprire come se fossero incolla…
Li ho aperti!
Sono riuscita ad aprire gli occhi, non vedo praticamente nulla, solo un azzurro sfocato, insomma il solito scenario subacqueo… eppure sono così felice da dimenticarmi di stare affogando.
A proposito, ma io non stavo affogando?”

 

La ragazza si svegliò di nuovo, come tutte le altre notti aveva sognato, ma questa volta era diverso, c’era qualcosa di diverso, il sogno era cambiato, stava per morire, non si sarebbe svegliata, e poi era riuscita ad aprire gli occhi e si era svegliata.
Guardò la sveglia sul suo comodino, segnava le 6 di mattina, l’orario con cui si svegliava prima dell’inizio dei suoi incubi. Qualcosa stava cambiando, e in meglio.
Non volle perder tempo, un ora dopo era già pronta, aveva fatto colazione e si era diretta fuori casa per andare all’università, quel giorno non aveva lezioni, si stava dirigendo lì solo per la sua seconda seduta con il professor Olien che le aveva concesso un po’ di tempo prima di iniziare a spiegare in qualche classe.
Quando arrivò davanti la porta del professore entrò senza neanche bussare, era troppo euforica, e con un sorriso smagliante si ritrovò di faccia il suo professore con gli sbarrati sconvolto per l’intrusione.
“Non si usa più bussare signorina Le Den George?” Alzò un sopracciglio mentre simulava un espressione irritata.
“Mi scusi professore, ma è successo qualcosa di fantastico e avevo bisogno di avvertirla subito” Quasi saltellava dalla felicità.
“Riguarda i tuoi sogni?” Aveva smesso di fingersi infastidito e ora la guardava speranzoso, in fondo si era fatto prendere anche lui da quel mistero.
“Si, sono riuscita ad aprire gli occhi professore, ci sono riuscita!” Ora stava davvero saltellando per lo studio sotto agli occhi sconvolti del suo professore.
“Oh Santo cielo! Ragazza mia siediti e raccontami tutto” E le indicò il lettino dove si era stesa il giorno prima.
La ragazza non se lo fece ripetere due volte, si sedette sopra senza stendersi e iniziò a raccontare tutto, dal suo quasi annegamento alla grande scoperta, anche il professore si era fatto prendere dall’entusiasmo e quella giornata si chiusero in quello studio per parecchio ore facendo saltare le lezioni a molti studenti.

 

Le sedute continuarono, e ogni giorno il sogno cambiava, prima la ragazza capì di riuscire ad aprire gli occhi, poi iniziò a distinguere delle ombre, in seguito poté anche muoversi e ritardare di poco il soffocamento, in sintesi stava diventando sempre più la padrona di quei sogni, e questo esaltava sempre di più i due, ma man mano che continuavano i sogni non si interrompevano, ne riuscivano a capire cosa volessero significare, questo li frustrava molto e abbassava il loro morale. Il professore ad ogni seduta tentava qualcosa di nuovo, ormai le aveva provate quasi tutte e gli rimaneva una sola possibilità.
“Buon giorno mia cara! Oggi sarà la mia ultima prova!” Le annunciò appena lei fu’ entrata nello studio.
“Cosa? Perché?” C’era una nota di disperazione nella sua voce, aveva paura che il professore si fosse annoiato dei continui fallimenti e avesse altro a cui pensare.
“Perché vedi mia cara, io non so più come aiutarti, sto spendendo in te tutti i miei anni di studi, di ricerche, ho anche iniziato ricerche nuove, quindi questo è l’ultimo metodo che mi viene in mente” E sospirò affranto mentre gli indicava il familiare Lettino ormai consumato dalla ragazza.
“In cosa consiste questo suo ultimo metodo?” chiese lentamente, voleva godersi quegli ultimi momenti, col tempo aveva sviluppato anche un sincero affetto verso il suo professore e ora aveva paura di questa rottura
“L’ipnosi mia cara, l’ipnosi” Disse come se già sapesse che non sarebbe servito a nulla.
“Vuole ipnotizzarmi?” La sua voce era salita di un ottava.
“Mi sembra l’ultima possibilità” Abbassò la testa gravemente.
“Facciamolo allora!” Non ne era sicura, aveva paura, ma non voleva dare un dispiacere al suo professore, così quando gli fu posato davanti agli occhi un orologio da taschino che oscillava, seppe di aver fatto la cosa giusta.
“Prima di iniziare potrei farti una domanda mia cara?” La sua voce sembrava diversa in quello stato di semi incoscienza, stava seguendo il pendolo quindi già era in uno stato di semi trans, ma riuscì comunque ad intuirlo.
“Mi dica professore” Aveva una voce atona e senza espressione.
“Cosa ne pensi delle avventure?” Era una domanda strana, non c’entrava nulla con quello che stavano facendo o con il suo sogni, ma lei non fece domande, nemmeno gli sembrò strana una domanda del genere, semplicemente risposte senza pensare con le prime parole che gli vennero in mente.
“Penso che siano cose brutte, fastidiose e scomode… in oltre fanno fare tardi a cena” La risposta, apparentemente senza senso della ragazza fece sorridere ampiamente il suo professore che continuò con il suo lavoro di ipnosi, quando fu sicuro che la ragazza era caduta in quello stato di completa trans alzò una mano per accarezzargli piano una guancia e con un sorriso molto più vecchio del solito esclamò
“E’ ora di svegliarsi piccola”.

 

“Questo calore mi avvolge, mi fa sentire bene, non so da dove provenga, so solo che potrei stare per sempre qui dentro, mi pervade, mi avvolge, è ovunque, fuori e dentro di me, sembra quasi il liquido del mio sogno, ma questa volta sono quasi sicura di non star sognando.
Sento dei rumori, vedo delle luci e sento la presenza di qualcosa in lontananza, ma non mi importa, vorrei solo rimanere così per sempre, senza dovermi preoccupare di qualsiasi altra cosa.
Questo benessere mi pervade e mi rende felice, potrei rimanere qui per sempre, se non fosse che all’improvviso inizio a sentire dolore, anzi, un enorme bruciore ovunque, ma soprattutto nel petto, nei polmoni, sento uno strano liquido che mi invade che mi brucia e che mi rallenta, ormai sono abituata a tutto questo, ma questa volta sembra più reale, più vero.
E in pochi secondi ho la piena consapevolezza di non star sognando questa volta.
Sto Affogando davvero!
Inizio a muovermi velocemente, cercando un appiglio, qualcosa, cerco di salire a galla con la paura di stare per morire. Cos’è successo? Perché tutta quella pace si è trasformata in questo inferno?
Continuo ad agitarmi, ormai la mia fine è vicina, lo sento, ma improvvisamente le mie dita sfiorano qualcosa, è come una parete, no anzi, è una membrana, cerco di colpirla, di bucarla, di trafiggerla, in qualche modo spero di poterla rompere per fuggire, ci metto un po’ ma alla fine ci riesco, le mie unghie la infilzano, allora ne  approfitto e la squarto definitivamente, lasciando che tutto il liquido venga trasportato fuori con forza insieme a me.
Tossisco con forza e sputo litri d’acqua, sono fuori da qualsiasi cosa io ero rinchiusa, sono viva.
Sono salva… ma non so dove mi trovo.”

 

 

Dodecaedro dell’autore!

Salve a tutti ^^, è inutile dire che è la prima storia che pubblico in questa sezione perché credo sia abbastanza ovvio xD, per il resto ho partorito questo orrore dopo molti giorni di gestazione, l’idea principale mi era venuta così, come un lampo a ciel sereno, ma svilupparla è stato decisamente più difficile, anche perché non è facile riprendere a scrivere dopo un lungo periodo di pausa.
Spero che questo piccolo prologo non vi abbia annoiato o scocciato, non sono molto convinto dell’interesse che può suscitare questa storia quindi sarei felice di ricevere qualsiasi commento u.u, anche perché non mi ritengo un maestro o un genio e migliorarmi non mi farebbe che bene, quindi i suggerimenti sono ben accetti ^^
Per il resto vi lascio, non sto qui a tediarvi oltre e spero che qualche anima pia legga questo scempio xD.

   
 
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