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Autore: Cam17    08/02/2013    0 recensioni
[Hitman]
L' Agente 47 arriva ad Hoboken per completare un nuovo contratto che ha come obiettivo l'eliminazione di un pezzo grosso della malavita italiana. Nulla di diverso o di difficile per lui; in fondo è il suo lavoro.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hoboken, New Jersey. Una delle città più pericolose di New York. Era appena entrato nell’albergo più lussuoso della città: “Il cuscino d’oro”.

Aveva ricevuto un nuovo contratto. Il cliente aveva pagato molto più del dovuto per fare in modo che il lavoro fosse fatto da lui, e ne aveva una buona ragione: era il migliore, una leggenda. Anche se, a dire il vero, in pochi credevano nella sua esistenza, tant’è vero che veniva soprannominato “il fantasma”. Qualunque lavoro fatto da lui era silenzioso e pulito. Si guardò attorno, osservando ogni punto della sala d’attesa. C’era un bagno sulla destra, le scale che conducevano all’ascensore proprio di fronte a lui e la reception sulla sinistra, dove c’era anche una porta con su scritto “riservato”. Le pareti ed il soffitto erano bianchi, mentre mattonelle marroni erano incastonate sul pavimento. Sofà e poltrone per l’attesa erano tutti colorati in oro. Si avviò alla reception. Sapeva già come agire: non sarebbe stato difficile.

<< Salve, cosa posso fare per lei? >>. Disse l’uomo oltre il banco.

<< Vorrei prenotare una stanza. Ho saputo che qui si gode di una vista magnifica dall’alto di questo Hotel>>.

L’uomo sorrise: << Vero. Il nostro è il miglior albergo della zona. Posso darle le chiavi della stanza 117, che si trova al sesto piano >>.

<< La prendo >>.

L’uomo congiunse le mani ed inclinò il collo verso di lui: << Può dirmi il suo nome? >>.

<< James Taylor >>.

<< Ecco a lei, signor Taylor >>.

Il bersaglio si trovava sull’attico, cioè al settimo piano. Prese le chiavi e si avviò verso l’ascensore. L’obiettivo era Frank Connor, un noto trafficante d’armi e droga, braccio destro di Giovanni Lotito, capo della malavita italiana di Hoboken ed amante delle belle donne e della vita lussuriosa. Connor, come ogni mafioso che si rispetti, aveva portato con sé una decina di uomini, per difendersi da possibili congiure. Non poteva passare dalla porta d’ingresso, così aveva deciso di agire dal piano inferiore.

Raggiunse il sesto piano, superò la sala relax al centro di esso e raggiunse la sua stanza, proprio l’ultima. Entrò. Chiuse la porta. Arrivò alla finestra e si affacciò, per controllare la larghezza e la resistenza del cornicione, tastandolo con la mano coperta dai neri guanti di pelle. Salì, arrampicandosi lungo di esso. La freddezza del suo estremo addestramento infantile gli consentiva di non intimorirsi minimamente di fronte alla più che considerevole altezza cui si trovava. Ma non era stato solo l’addestramento a renderlo così: lui ce l’aveva nel sangue, o meglio, lo avevano creato così. Camminò con passo lesto lungo il cornicione, raggiungendo una grondaia recentemente sostituita. Se ne accorse e capì che poteva arrampicarsi in tutta sicurezza. Arrivò al cornicione dell’attico. Si guardò attorno, trovando una finestra lungo la destra. La raggiunse. Sbirciò. Tutto libero. Entrò di soppiatto, appoggiandosi ad una parete. Pareti che erano tutte bianche, mentre il pavimento era fatto di mattonelle nere. La parete si estendeva per poco: oltre di essa poté vedere tre scagnozzi che giocavano a carte, seduti in cucina, attorno ad un tavolo circolare.

<< Ah, scala reale! >>. Disse quello dei tre che gli dava le spalle, buttando le carte a terra e festeggiando con una abbondante sorsata di birra.

<< E che cazzo! >>. Replicò un altro.

<< Sei un pezzo di merda! >>. Disse il terzo, rassegnato.

Restava leggermente affacciato, cercando di approfittare di ogni minimo segno di distrazione.

<< Avanti Rob, prendi delle altre birre >>.

<< Perché proprio io!? >>.

<< Perché hai perso. Forza muoviti! >>.

L’uomo obbedì, mentre gli altri due lo fissavano, schernendolo. Il frigo si trovava in fondo alla stanza, nel lato opposto rispetto all’assassino. Era quello il momento. Rotolò verso la copertura di fronte a lui. Proseguì lentamente, fino a raggiungere un bivio a circa dieci metri di distanza. A destra c’erano un armadio ed una porta che conduceva all’esterno, mentre a sinistra c’era il bagno con la sauna. Una guardia si trovava sulla soglia della porta, lasciando intendere che Connor si trovasse proprio al suo interno. Restò dietro la copertura ed emise un leggero fischio. L’uomo lo sentì, ma ci vollero altri fischi per convincerlo a dare un’ occhiata.

<< Ma chi cazzo è che sfotte!? >>. Disse, gesticolando platealmente ed avvicinandosi all’angolo di copertura. non appena i passi divennero abbastanza vicini, si mosse veloce, afferrandolo per la bocca e portandosi dietro di lui. Strinse forte, mantenendogli bocca e nuca, finché l’osso del collo non emise il “crak” che stabiliva la morte della sua vittima. Restò fermo qualche secondo ed estrasse la pistola, per assicurarsi che nessuno avesse sentito i finissimi, ma pur sempre udibili, gemiti del mafioso. Così non fu. Lo trascinò lungo il corridoio, fino ad arrivare all’armadio, dove lo nascose. Aprì lentamente la porta ed entrò, investito da una nebbia di aria calda. Restò basso, sfruttando il vapore acqueo a suo vantaggio: sarebbe stato coperto dalla vista di tutti, mentre lui poteva vedere e sentire qualsiasi cosa. La stanza era piena di docce e c’erano varie ragazze mezze nude che si stavano spogliando. Si mosse con estrema lentezza, fino a raggiungere il centro della stanza, che dava su quattro possibili vie. Una ragazza stava venendo proprio verso di lui. Si appoggiò al muro e la lasciò passare.

Quest’ultima raggiunse un’altra giovane che le disse tutta euforica: << E’ davvero uno stallone! Sta cercando giusto te! >>.

La ragazza rise, massaggiandosi le curve.

Poi arrivò lui; uomo biondo, sul metro e settanta, trentacinque anni.

<< hei ragazze mi ero scocciato di fare una cosa a due. Ho in mente di fottervi tutte quante nello stesso momento. Fatevi trovare pronte nella vasca idromassaggio, io arrivo tra un secondo >>.

Le ragazze obbedirono. Era rimasto da solo. Era il momento di colpire. Connor si mosse in direzione opposta rispetto a lui, dandogli le spalle. L’assassino prese il suo cavo di fibra ed iniziò a stringerlo attorno al collo della vittima. Pochi secondi di urla soffocate dalla stretta corda e cadde a terra, privo di vita. Tutto fatto senza la minima espressione di tensione; in fondo era il suo lavoro. Si mosse lungo la strada da cui era venuto. Lasciò la stanza, raggiungendo nuovamente la cucina. I tre erano ancora presi dal poker. Non fu difficile passare alla copertura successiva, vista la tesa partita che li vedeva partecipi. Scese lungo la grondaia, raggiunse la finestra e rientrò in camera. Tornò al piano terra con l’ascensore. L’uomo alla recenption stava controllando la lista delle prenotazioni, così non si accorse della sua uscita. Oltrepassò la porta d’ingresso, si tirò i guanti verso l’interno, si aggiustò la cravatta ed entrò nella sua nera Lamborghini Gallardo, modificata dall’agenzia per cui lavorava. Accese il computer ed entrò nel sistema. Diede conferma della morte di Frank Connor. Gli arrivò subito un messaggio da parte della sua supporter, Diana:

<< l’obiettivo è stato eliminato. Ottimo lavoro. Il suo credito è stato aggiornato, Agente 47 >>.

ADORO HITMAN. E’ UNA DELLE MIGLIORI SERIE A CUI ABBIA MAI GIOCATO J SPERO VI SIA PIACIUTA LA MIA ONE-SHOT SULL’AGENTE 47. MI RACCOMANDO, RECENSITE! :D

   
 
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