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Autore: _Nat_91    08/02/2013    5 recensioni
{Sequel de La mia vita sei tu!}
Giugno 2012, l'estate è alle porte.
Bill ed Elisabeth sono ancora insieme, più innamorati che mai. I Tokio Hotel sono prossimi alla partenza del nuovo tour e le ragazze seguiranno i loro compagni. Ma durante questo viaggio una serie di eventi che causeranno molta sofferenza a molte persone...
Una nuova lunga storia d'amore, ricca di colpi di scena e new entry che causeranno molto scompiglio nelle vite di Bill ed Elisabeth.
La tempesta della vita si abbatte contro le rocce del cuore mettendo alla prova la resistenza di un Amore...
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon giorno a tutti :)
Eccomi qui con un nuovo capitolo della mia storia che spero che vi piaccia.
Ma adesso vorrei ringraziare di cuore:

- memy881, mimimiky, Chiaretta_Vampiretta
, _Vesper_, aquariusff e  Seryfenice per aver commentato il precedente capitolo
- Carlotta Tomlinfiglia e Gwen91 per aver inserito la mia storia tra le seguite.
Ringrazio di cuore tutte quante, anche quelle che leggono soltanto!
Ricordo che la mia pagina facebook dedicata alle storie è Destiny's Stories.
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia; mi farebbe davvero piacere che mi lasciaste un commento per conoscere la vostra opinione sulla mia storia.
Il prossimo capitolo arriverà mercolerdì...
Un bacio a tutte,
Nat
 
...Buona lettura...
 
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Il Destino del nostro amore

 
 
 
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39. Il primo piccolo passo
 
 
 
Le cuffie del suo I-pod la isolavano da tutto ciò che la circondava, né il frastuono dei tuoni né la violenza della pioggia che si imbatteva ormai da giorni su Innsbruck erano riusciti a scalfire le mura di quel mondo illusorio in cui le note di quella canzone l'avevano trasportata; niente della realtà concreta riusciva ad oltrepassare la barriera che aveva eretto nelle ultime ore e, al di là della quale, si era rifugiata per scappare dal dolore degli ultimi due giorni.
Erano già passati due giorni dal suo ultimo incontro con Bill, eppure il tempo non aveva alleviato quella fastidiosa sensazione, quel dolore che le parole del ragazzo le avevano causato; Elisabeth continuava a chiedersi il perché si sentisse ferita in quel modo quando, invece, avrebbe dovuto ritenersi felice di non essere più legata a lui da nessun sentimento.
Ma non ci riusciva e, in cuor suo, era perfettamente consapevole del perché.
Chiuse gli occhi cercando di cancellare quella risposta che albergava dentro di lei e che non voleva neanche ammettere a se stessa per paura e per orgoglio.
Adesso sapeva che niente sarebbe stato come prima, quelle parole avevano stravolto per l'ennesima volta la sua vita eppure non sapeva a chi dare la colpa di tutto quello. Se darla a Bill per essere rientrato nella sua vita, o se darla a se stessa, alla sua irrazionalità ed alla sua paura che l'avevano privata del coraggio necessario per rivelargli la verità e l'avevano spinta alla fuga. Era tutto così complicato e difficile e lei non riusciva più a trovare un po' di pace e serenità, elementi che invece erano essenziali in quel periodo.
Cercò di pensare a qualcosa di più bello ed il pensiero volò a Cristal, a quella piccola bambina che stava crescendo dentro di lei, quella creatura che costituiva l'unica vera certezza della sua vita. Automaticamente la sua mano si poggiò su quel pancione, non così tanto gonfio ancora, dentro il quale cresceva quella bambina che già amava più di se stessa; sorrise mentre lo accarezzava poi decise di aprire gli occhi ma, quando lo fece, per poco non saltò sul letto per lo spavento.
 
- Jason! -esclamò la mora quasi urlando- Mi hai fatto prendere un colpo.
 
- Scusami Lizie, non volevo -confessò rammaricato- ma ho bussato e ti ho chiamata diverse volte senza ricevere risposta e mi sono preoccupato.
 
- Sto bene Jay tranquillo -lo rassicurò la mora mettendosi a sedere sul letto- È tutto apposto, io...
 
- Non è vero che va tutto bene -la interruppe il cugino guadandola seriamente- Sei chiusa in questa stanza da ben due giorni, da quando lui se ne è andato, e non hai mai messo piede fuori da qui se non per andare in bagno. Siamo stati io, Simon e Marie a portarti il pranzo e la cena. Questo vuol dire stare bene? Stare rinchiusi in una stanza a soffocare il proprio dolore, rifiutando l'aiuto di tutti, per te significa stare bene? -le chiese arrabbiato guardandola con attenzione- No Elisabeth, non significa questo. Tu stai male per ciò che è successo martedì con Bill, e posso anche capirti, ma adesso mi sono davvero rotto le palle di vederti qui in questo stato, scusa la franchezza. Io non so cosa provi, cosa ti abbia causato l'incontro con Bill, ma parlamene diamine! Non tenerti tutto dentro, fai solo più male a te stessa, a tua figlia ed a tutti noi. Fai quello che vuoi ma parla con qualcuno ed esci da questa maledetta stanza. Non ne posso più di vederti inchiodata nel letto, con lo sguardo perso nel vuoto e con la testa chissà dove. Sono stufo! Stai facendo preoccupare tutti senza che tu te ne accorga. Dimmi, hai notato che né ieri né stamattina Simon si è fatto vedere? Lo hai notato? -la vide abbassare la testa e continuò- Certo che non l'hai notato perché ti sei rifugiata nel tuo mondo fregandotene del resto. E hai sbagliato e sai perché? Perché non ti sei neanche accorta che il tuo ragazzo, quel ragazzo per cui provi qualcosa di così forte da arrivare a dire di essere quasi innamorata, sta male ed è a casa con la febbre alta.
 
- C...cosa? -chiese la mora balbettando incredula.
 
- Già -rispose Jason con lo stesso tono di prima- Simon sta male e l'ho costretto a stare a casa sua a riposo per qualche giorno. Ma a te ora non importa niente perché adesso esisti solo tu e ciò che provi dentro.
 
- Non è così -provò a ribattere Elisabeth.
 
- Ed allora perché non ci hai permesso di aiutarti e starti vicino? -le chiese duro- Eravamo, e siamo tuttora, preoccupati per te, ma Simon lo è più di tutti noi perché lui ti ama davvero dannazione e se tu avessi un po' di forza di volontà, ti alzeresti da quel cazzo di letto, prenderesti quel cazzo di telefono e lo chiameresti confidandoti con lui -concluse indicando il cellulare della mora abbandonato sopra il comò accanto al letto.
 
Un pesante silenzio seguì quelle parole così dure ma allo stesso tempo vere; lei aveva rifiutato l'aiuto di tutti chiudendosi nella sua bolla di cristallo insieme ai suoi dubbi ed alle sue paure. Solo adesso capiva di aver sbagliato comportandosi in quel modo, all'inizio le era sembrata la soluzione ideale cercando di chiarire ciò che sentiva dentro estraniando il resto del mondo.
 
Il movimento di Jason, che si era alzato dal letto, la distolse dai suoi pensieri; allora Elisabeth iniziò subito a preoccuparsi e provò a fermarlo cercando invano di prenderlo per un braccio.
- Aspetta Jay -lo richiamò la mora alzandosi- Dove vai?
 
- A lavoro -rispose semplicemente lui.
 
- Ti prego aspetta un attimo -lo supplicò ancora mentre scendevano le scale diretti verso l'ingresso.
 
- Nella vita non si è mai da soli Elisabeth -le disse voltandosi all'improvviso- C'è sempre qualcuno disposto a porgerti una mano per aiutarti a superare gli ostacoli, c'è sempre qualcuno disposto ad ascoltarti ed a donarti il suo appoggio ed il suo affetto. Tu non sei sola Lizie, noi siamo e saremo sempre con te, ma devi renderci partecipe della tua vita anche nei momenti più difficili. Non chiuderci la porta in faccia.
 
La guardò fugacemente mentre lei assimilava quelle parole poi si voltò verso la porta di casa pronto ad uscire ma la voce della cugina lo fermò e lo costrinse a voltarsi nuovamente verso di lei.
 
- Aiutami Jay -lo pregò lasciando che delle lacrime silenziose le rigassero il volto- Ho capito di avere sbagliato tutto ma... -ammise con fatica lo sguardo prima di rialzarlo di nuovo su di lui- ma sono confusa. Non riesco più a capire niente, le sue parole mi hanno ferito e destabilizzato. Jay ho paura di qualcosa che non mi è ancora chiaro, ho paura e sto male per questo, ho paura e non so cosa fare, ho paura e non so se riuscirò a farcela da sola.
 
Il biondo l'attirò subito a sé, stringendola con forza ed accarezzandole i capelli mentre lei si abbandonò al petto di lui stringendo la sua camicia, piangendo e liberandosi di un peso che le stava facendo solo del male.
Lei aveva veramente paura, paura di ciò che sentiva ma che non avrebbe dovuto sentire perché sbagliato e privo di logica, paura per sua figlia che avrebbe dovuto crescere in un clima teso e duro, paura di quel futuro che adesso le appariva ancor più incerto e privo di basi solide.
 
- Tu non sei sola Lizie -le sussurrò cercando di tranquillizzarla- non lo sarai mai. Ed io ti aiuterò per quel che mi sarà possibile, anche Simon lo farà. Con due uomini come noi come fai a sentirti sola? -concluse ironico allontanandola leggermente da lui e facendole l'occhiolino.
 
Un lieve sorriso nacque sulle labbra della ragazza che abbracciò il cugino ancora una volta, sollevata da quelle parole così semplici ma così vere. Lui sciolse l'abbraccio dicendole di dover scappare al lavoro, le ricordò di chiamarlo in qualcunque momento se avesse avuto bisogno ma soprattutto la invitò a stare calma quando avrebbe rivisto Bill. Infine la invitò a parlare con Simon, le baciò la fronte ed uscì di casa lasciandosi alle spalle una Elisabeth più sollevata da un lato, ma nervosa ed irrascibile dall'altro; tra poche ore avrebbe rivisto Bill e sarebbe ricaduta nel baratro della confusione, della paura e della rabbia.
 
 
 
Nel frattempo, in una lussiosa stanza di un hotel, Bill e Tom stavano facendo colazione in silenzio, entrambi persi nelle loro riflessioni.
Era giovedì e quel giorno il vocalist avrebbe rivisto Elisabeth ed era agitato, tremendamente agitato per via della messa in scena che avrebbe dovuto fare da quel momento in poi per poter raggiungere quello scopo tanto ambito.
Quando erano rientrati dall'ultima visita, aveva spiegato al gemello il motivo delle parole che aveva detto alla mora rivelandogli la sua strategia; Tom si era mostrato inizialmente contrario a quel piano assurdo ma alla fine aveva capito quanto per lui fosse importante riavere Elisabeth e lo aveva appoggiato, consapevole del fatto che per amore si era disposti a tutto, persino a rischiare.
 
Il chitarrista lanciò un'occhiata fugace al fratello osservandolo mentre continuava a  girare il cucchiaino nella tazza del caffè; era visibilmente teso, quella situazione si stava dimostrando più difficile di quanto lui avesse immaginato. Quando erano partiti da Amburgo, Bill voleva conoscere la verità sulla fine della sua storia con Elisabeth, voleva urlarle la rabbia che covava dentro da settimane, voleva guardarla negli occhi e riversarle quel rancore che, per qualche giorno, lo aveva trasformato in un mostro. Lui voleva la verità, invece si era trovato di fronte ad una realtà del tutto inaspettata, scoprendo una ragazza incinta che aveva iniziato una nuova vita con un altro uomo.
E tutto quello per uno stupido equivoco, per la paura di dire subito la verità ed affrontare insieme una realtà nuova. Lei aveva scelto la fuga distruggendo il fratello, travolto dal dolore e dall'odio, divorato da sensi di colpa inesistenti. Ed adesso erano entrambi lì, ad Innsbruck, per cercare di ristabilire un rapporto con la mora e di riportarla a casa, ricostruendo piano piano quel rapporto che era stato spezzato per sbaglio. Ma purtroppo non sarebbe stato facile perché adesso c'era un nuovo ostacolo tra il gemello e la mora: Simon, quel ragazzo a cui lei teneva davvero. Tutto questo faceva male a Bill che, però, non voleva darlo a vedere, che non aveva versato una sola lacrima in sua presenza in quei due giorni chiudendosi in una sorta di intimo silenzio dove le uniche parole che si sentivano erano quelle del suo cuore.
 
- Bill -lo chiamò il gemello senza ottenere risposta, quindi lo richiamò riuscendo ad ottenere la sua attenzione- Il tuo caffè si raffredda.
 
Il vocalist annuì, poi prese la sua tazza ed iniziò a bere continuando comunque a pensare a lei ed a come avrebbe potuto agire per conquistarla una seconda volta anche se sapeva che sarebbe stato difficile ora che lei gli aveva confessato di essere quasi innamorata di quel Simon.
Un'ondata di rabbia e gelosia lo colse all'improvviso e lo spinse a stringere la tazza tra le mani.
 
- Stai attento ai punti Bill -gli ricordò Tom severo.
 
- Ah già, i punti -disse il vocalist come se la cosa non gli riguardasse.
 
Da quando era arrivato in quella città si era dimenticato di ogni cosa, persino dell'incidente alla mano procuratosi nel momento in cui aveva distrutto tutte le sue foto con...con lei.
Lei era il ricordo più bello di tutta la sua vita, ma era anche il suo peggior incubo che lo ossessionava, che lo perseguitava costantemente. Era sempre stata parte di lui e, dopo la loro separazione, Bill si era sentito incompleto, aveva continuato a sperare di ritrovare quella parte di lui, aveva continuato a cercarla anche in altre persone ma non l'aveva trovata per il semplice fatto che Elisabeth era la metà mancante di un'anima ferita ed incompleta.
Lei era e sarebbe sempre stata parte di lui ed avrebbe fatto l'impossibile per riconquistarla perché loro erano qualcosa di indissolubile, due persone fuse in un'anima sola, due cuori che insieme davano vita ad un amore forte e sconfinato.
 
Bill alzò lo sguardo sul fratello e gli regalò un piccolo sorriso per rassicurarlo, in seguito chiuse gli occhi per qualche istante per poi riaprirli con una luce di determinazione dentro di essi.
- Che ne dici Tom, andiamo? -gli chiese il vocalist pronto per un nuovo scontro.
 
- Certo -gli rispose sorridendo a sua volta- Ci aspetta una nuova giornata.
I gemelli si guardarono intensamente negli occhi, poi entrambi indossarono i loro giubbotti e si avviarono verso la porta pronti a raggiungere la loro meta.
 
 
 
Elisabeth si stava preparando una camomilla ed era appoggiata alla penisola della cucina; quando Jason se n'era andato, aveva chiamato Simon chiedendogli prima come stesse per poi porgergli le sue scuse riguardo al suo comportamento degli ultimi due giorni, lui l'aveva rassicurata anche se non era riuscito a nasconderle una nota di preoccupazione.
Lei lo aveva tranquillizzato e, prima di salutarlo, gli aveva augurato di riprendersi presto e gli aveva promesso che, non appena avresse smesso di piovere, sarebbe andata a trovarlo; dopo la telefonata era andata a farsi una doccia calda per poi scendere nuovamente intenzionata a prepararsi qualcosa di caldo.
Dopo aver preso la tazza con la camomilla, si recò in salotto e si sedette sul divano accendendo la televisione lasciando un programma di musica. Mentre trasmettevano un vecchio video di Madonna, la mora iniziò a pensare all'argomento che avrebbe dovuto affrontare con Bill ed alle risposte che gli avrebbe dato; pensare a lui però le diffuse una sensazione di malinconia e delusione, sensazione enfatizzata dal ricordo dell'ultima frase che le aveva detto quella mattina.
Cercò di scacciare quei pensieri e di cancellare quella sensazione sgradevole concentrandosi su qualcos'altro ma, come se volesse infliggersi una nuova ferita, le riaffiorò il ricordo delle sue amiche, dei suoi amici e di tutte le persone che aveva lasciato ad Amburgo. Le mancava molto ogni singola persona, ma soprattutto lei, la sua amica di sempre, la sua gemella, Jennifer; con lei aveva condiviso tutto, erano praticamente nate e cresciute insieme ed insieme avevano fatto le loro prime esperienze e scoperte, non erano mai state lontane per molto tanto che aveva deciso di passare qualche mese ad Amburgo con lei prima di stabilirvisi definitivamente quando la sua storia con Tom era decollata.
Voleva tanto sentirla, chiederle scusa e spiegarle ogni cosa per vederla ed abbracciarla.
Jennifer era sempre stato il suo punto di riferimento, la sua ancora di salvezza, l'unica persona che non l'avrebbe mai abbandonata...
Ed invece era stata Elisabeth ad abbandonarla escludendola, per la prima vera volta, dalla sua vita e questo le faceva male.
Jennifer era un pilastro importante della sua esistenza e non voleva perderla; anche se titubante, afferrò il cellulare decisa a chiamarla ed a dirle tutto ma, proprio mentre stava digitando il suo numero, sentì il campanello suonare. Chiuse gli occhi sapendo già chi fosse la persona che attendeva di essere fatta accomodare in casa, posò il cellulare sul tavolino davanti al divano, si alzò e si avviò verso la porta aprendola dopo aver respirato profondamente.
Come previsto, si ritrovò davanti Bill e Tom del tutto coperti ed incappucciati; senza neanche salutare, si spostò facendoli entrare chiudendo così la porta; li vide sospirare di sollievo quando vennero avvolti dal piacevole tepore della casa, in seguito si tolsero la giacca sistemandosi i capelli.
 
- Ciao Elisabeth -salutò infine il chitarrista rompendo quel silenzio che li aveva accolti.
 
- Ciao Tom -rispose tranquilla la mora prima di voltarsi verso l'altro gemello ed usando un tono incredibilmente freddo- Bill.
 
- Ciao -rispose lui con il suo stesso tono.
 
Un nuovo silenzio calò tra tutti e tre, un silenzio carico di tensione e nervosismo quasi tangibile; lei non sapeva come comportarsi e loro non erano da meno, ma alla fine il vocalist prese la parola.
 
- Beh non ci fai accomodare? Non ci offri niente? -le chiese sarcastico.
 
- Ti darei volentieri due calci e ti sbatterei fuori casa immediatamente -rispose lei sorprendendo i gemelli, poi si rivolse verso il maggiore dei due in maniera tranquilla- Vieni pure in cucina Tom, ti preparo una cioccolata calda. E purtroppo dovrò farla anche a tuo fratello.
 
- O...ok -balbettò il chitarrista imbarazzato di fronte a quella situazione- Grazie Elisabeth.
 
- Di niente -gli sorrise lei prima di incamminarsi ed invitarlo a seguirla in cucina dove lo fece accomodare.
 
Anche Bill li seguì sedendosi accanto il fratello ed osservando la ragazza prendere un pentolino e delle cose nella mensola, per poi mettere tutto sul fuoco, tutto in rigoroso silenzio.
 
- Tom -disse Elisabeth voltandosi verso l'interpellato che ora la guardava attentamente- Come...come sta Jen?
 
Lo vide trasalire leggermente di fronte a quella domanda e distogliere lo sguardo per qualche secondo prima di concentrarsi su di lei.
 
- Dimmi la verità per favore -lo esortò ancora- Io stavo per chiamarla prima del vostro arrivo, ho bisogno di sentirla, di parlare.
 
- Dopo un mese e mezzo -disse sottovoce il vocalist ma la mora riuscì a sentirlo lo stesso.
 
- Tu stai zitto -gli ordinò per poi rivolgersi di nuovo verso il ragazzo dalle lunghe trecce nere.
 
- Come vuoi che stia Elisabeth? -le chiese lui a sua volta come se fosse la cosa più ovvia- Sta male, è stata tradita dalla sua migliore amica, ferita ed abbandonata senza un vero perché. Ha pianto e sofferto per giorni, continuava a sperare di vederti entrare dalla porta di casa e guardava sempre il cellulare in attesa di una chiamata che non è mai arrivata. Ti ha odiato per quello che hai fatto, per essere fuggita in quel modo senza dirle una parola, ha sofferto così tanto da considerare Bill il responsabile della fine della vostra storia. Per lei era lui l'unico colpevole di tutto, ma per fortuna hanno chiarito e sono ritornati amici. Lei ti ha odiato ma non ha mai smesso di volerti bene tanto da arrivare ad odiare anche mio fratello quando ha scoperto la relazione con quella stronza di Karoline e la sua presunta gravidanza. Lo ha odiato perché voleva difendere te, perché nonostante tutto ciò che le hai fatto lei non è riuscita a cancellare l'affetto che prova per te, mentre tu l'hai ripagata in questo modo. Adesso che ha scoperto che tu hai inscenato una relazione con tuo cugino, è così arrabbiata che avrebbe voluto strangolarti eppure dentro di lei brucia ancora una fiamma di speranza che tu possa ritornare a casa dato che non hai alcuna storia con nessuno. Lei, così come tutti quanti, vogliono sapere la verità ora che è venuta a galla questa scoperta. Elisabeth -disse infine il chitarrista- Jennifer è ferita, delusa ed incavolata ma ti vuole ancora bene ed attende che tu ritorni da lei. Sono sicuro che, dopo una sfuriata iniziale, ti accoglierebbe a braccia aperte.
 
I suoi occhi erano incatenati a quelli lucidi di lei, in attesa di una risposta, di una parola che avesse potuto cambiare la situazione momentanea, sperava davvero che il suo discorso avesse smosso qualcosa dentro di lei e che si decidesse a tornare a casa, non sopportava più di vedere Jennifer soffrire silenziosamente per la mancanza della mora.
 
Lei invece aveva ascoltato con attenzione ogni singola parola che Tom aveva detto, sentendo una morsa attanagliarle il cuore ogni secondo di più; era sempre stata consapevole che Jennifer avesse sofferto per quella separazione improvvisa ma non aveva mai immaginato tutto quello.
Dei sensi di colpa iniziarono a nascere ed a crescere velocemente dentro di lei, non riusciva a perdonarsi di aver fatto soffrire tutte le persone che le volevano bene ma soprattutto la sua migliore amica. Quando aveva deciso di scappare aveva fatto il possibile per farsi odiare in modo da rendere meno doloroso il distacco, ma adesso aveva scoperto che era stato tutto inutile. Aveva rovinato tutto per niente ed aveva ricominciato a vivere su basi inesistenti, eppure lì aveva trovato una nuova felicità accanto a delle persone stupende ed a Simon e non poteva rinunciare a tutto quello, non poteva e non voleva farlo.
 
- Elisabeth -la richiamò il chitarrista.
 
- Tom -lo interruppe lei- ti giuro, mi dispiace davvero per quello lei sta passando, non avrei mai voluto farle del male ma non potevo restare lì con il ventre che iniziava a gonfiarsi. Avevo deciso fin dall'inizio che me ne sarei andata e per questo nell'ultimo periodo sono stata più fredda, distaccata e velenosa con tutti ma specialmente con lei, il rapporto che ci legava era troppo forte e dovevo per forza fare qualcosa. Purtroppo delle volte ho reagito in maniera esagerata comportandomi in maniera irrascibile a causa della gravidanza, ne sono consapevole. Non immagini quanto mi dispiace, lei è troppo importante per me, le voglio bene e mi manca moltissimo, di sicuro le chiederò di incontrarci perché voglio parlare con lei, spiegarle tutto e cercare di chiarire, ma... -si fermò qualche istante voltandosi per spegnere il pentolino con la cioccolata calda per poi versarla nelle tazze e porgerle ai gemelli, si appoggiò di nuovo alla cucina e continuò- ma io non tornerò ad Amburgo per restare.
 
Il chitarrista chiuse gli occhi rassegnato, cercando di pensare a qualcos'altro per farle cambiare idea, ma ogni suo pensiero fu interrotto da un pugno sferrato sul tavolo; allora si voltò e vide il fratello in piedi con un viso teso ed il respiro veloce, il pugno ancora abbandonato sul tavolo. Sospirò pensando che almeno aveva usato la mano sana, ma scacciò subito quel pensiero prestando tutta la sua attenzione al gemello, pronto ad esplodere.
 
- Che cosa? -chiese infatti Bill cercando di trattenersi dall'urlare- Tu non tornerai ad Amburgo? Mi auguro che tu stia scherzando.
 
- No -rispose la mora con un tono glaciale- Questa è la mia decisione e tu dovrai accettarla: io resto qui! Se tu vuoi far parte della vita della bambina, potremmo decidere come organizzarci, purtroppo non posso negarti di avere dei legami con lei. Ma io non tornerò solo perché è tua figlia.
 
- Ascoltami bene Elisabeth -le ordinò il vocalist avvicinandosi a lei- Tu tornerai in Germania, che tu lo voglia o no. Innanzitutto dovrai dare delle spiegazioni a tutti quanti, compreso quella che tu consideri la tua migliore amica; inoltre dobbiamo andare anche da qualcun'altro che ha il diritto di sapere della tua gravidanza.
 
- E sentiamo -esordì lei in tono di sfida mettendosi le mani sui fianchi- chi sarebbe questo "qualcuno"?
 
- Mia madre, Gordon e la tua famiglia -le rispose tranquillamente.
 
La mora trasalì a quelle parole, Bill aveva ragione, ora che lui era a conoscenza della gravidanza anche le loro famiglie avevano il diritto di sapere; anche se lei ed il vocalist non stavano più insieme, loro erano pur sempre i nonni e lei non aveva alcun diritto di negare loro quella gioia.
 
- Su questo non posso darti torto -ammise lei abbassando lo sguardo- Non appena Simon si riprenderà, gli chiederò di accompagnarmi ad Amburgo in modo che io possa parlare con tutti quanti e con la tua famiglia; chiederò anche ai miei di venire in Germania per poter spiegare tutto anche a loro.
 
- Non c'è bisogno che porti anche il tuo...il tuo segugio -le disse sprezzante- Verrai con me e Tom.
 
- No Bill -negò subito lei- Verrò con Simon, resterò un paio di giorni poi tornerò qui non appena avrò sistemato le cose.
 
Il vocalist strinse di nuovo le mani lungo i fianchi, non riusciva a sopportare che quell'uomo fosse diventato davvero così importante per lei tanto da portarlo ad Amburgo, nella loro vecchia città, nella loro vecchia casa.
Ma si rilassò presto, lei aveva detto che sarebbe rimasta lì un paio di giorni e lui non si sarebbe fatto scappare quell'opportunità dalle mani, avrebbe sfruttato ogni singola occasione per farle aprire gli occhi sui suoi sentimenti.
Annuì nascondendo un piccolo sorriso sulle sue labbra, poi si sedette nuovamente ed iniziò a sorseggiare la sua cioccolata calda; finalmente era riuscita ad indirizzarla lungo la strada giusta, aveva compiuto il primo passo verso la sua metà ed adesso toccava a Bill prenderla per mano ed accompagnarla al traguardo tanto sperato, toccava a lui guidarla verso un nuovo inizio.
 
Continua
   
 
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