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Autore: FRC Coazze    08/02/2013    3 recensioni
L'abbandono di un bambino che cerca le carezze delle lacrime. L'abbandono di un uomo che di lacrime non ne ha più.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una brevissima one-shot scritta di getto in un momento di totale insanità mentale. Molto triste e, credo, profonda, vi avverto.

Buona lettura!




Abbandono




 

Litigavano. Litigavano sempre e lui era stanco di quelle grida, stanco di quel vuoto che aveva attorno in cui soltanto esse aleggiavano. Il suo angolo era solo un rifugio per le lacrime; grigie, fredde, per assurdo, le uniche che osavano accarezzare le sue guance. Ma non portavano a lui alcuna consolazione. No. Alcuna consolazione. Erano lì per consolarlo? Erano lì per regalargli ciò che la mano di una madre non gli aveva mai dato? Che cos’erano quelle lacrime? Stava davvero piangendo, o nel suo profondo desiderio di consolazione le stava semplicemente immaginando, in quel malato, insano desiderio che qualcosa, qualunque cosa, sia pure delle gocce incandescenti, sostituisse una carezza che non avrebbe mai avuto?

Cosa ne sa un bambino di quelle cose? Cosa un bambino crede che siano le lacrime? Segno di dolore, risponderebbe uno qualsiasi dei ragazzi di Hogwarts del primo anno, un bambino piange quando si fa male. Un bambino piange quando qualcuno dice qualcosa di brutto o i suoi genitori lo sgridano. Un bambino normale risponderebbe così. Ma lui, probabilmente, era stato l’unico bambino ad arrivare al punto di cercare le lacrime, o l’unico bambino per cui piangere era chiamare quelle piccole fate grigie che gli avrebbero fatto delle carezze.

Quando può essere miserevole una tale creatura?

Quanto ancora era miserevole quella ricerca d’affetto o approvazione che frignava come un moccioso nel suo cuore? Si dovrebbe imparare, no? Quando le tue stesse lacrime si asciugano dovresti aver capito che ciò per cui hai pianto era sciocco. Quando ormai sei un adulto, le cose per cui piangevi da bambino dovrebbero essere soltanto delle lontane eco tanto assurde quanto puerili.

Eppure, detestava doverlo ammettere, ma per lungo tempo ancora aveva pianto. Piangeva tuttora e per quegli stessi sciocchi motivi di quando era bambino: per aver qualcuno vicino che lo consolasse. Oh, non era più un vero pianto, ormai. Aveva imparato a nasconderle quelle lacrime, a nasconderle bene, tanto che non lasciavano più i suoi occhi. Era quel pianto immaginario che aveva sopraffatto le lacrime vere. Ora come allora, immaginava di piangere, cercava le lacrime dentro di sé e le immaginava scorrere sulle sue guance, accarezzandole come il gesto di una madre. Non una lasciava mai i suoi occhi neri.

Non sapeva se ciò veniva dalla reale incapacità di piangere, oppure da un profondo desiderio a negare quelle stesse lacrime che cercava, per vergogna o debolezza. Da anni, non una sola lacrime lasciava i suoi occhi. Tutto era diventato un inesorabile vortice che si dibatteva dentro e soltanto dentro di lui dove le lacrime si mescevano al sangue e lo ripulivano, dove le loro carezze lenivano le ferite, mentre all’esterno niuna prova di quel sisma si mostrava.

Le sue lacrime erano dentro di lui. Immaginarie eppure vere. Se quel bambino avesse avuto qualsiasi idea dell’uomo che sarebbe diventato, anche lui avrebbe perso la capacità di piangere. Non avrebbe provato dolore, ma solo ripugnanza e le lacrime non sanno cancellare l’odio o il disgusto, in verità, esse fuggono quel sentimento e di controparte non erano mai veramente state di alcun aiuto per lui. Nessun aiuto concreto, solo quello portato da carezze immaginarie. Le fate grigie leniscono il dolore e curano le ferite, ma non cancellano rabbia e odio. Non quelli, per lo meno, rivolti a se stessi.

Gli anni erano passati. Al dolore si era unita la consapevolezza che ciò cercava non avrebbe mai potuto avere, ora, mentre guardava il cielo nero, cominciava a capire. Le sue lacrime immaginarie non esistevano.

Nel profondo, però, forse quell'uomo non era così diverso da quel bambino, perché nel cuore di un uomo vuoto c’era un bambino che piangeva.
 



  
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