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Autore: Crumble    29/08/2007    7 recensioni
Sapevo già che sarebbe successo. Me lo ripetevano da mesi. Eppure, quando il mio cuore si fermò, non ero pronta e una lacrima scese sulla mia guancia.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO: A PRIMA...VISITA
"Guarda che se non vuoi andare puoi restare con noi Bella" disse mia madre per la centesima volta.
"No mamma...davvero, starò benissimo. Non ci saranno problemi" risposi.
Una volta all'aereoporto, salutai mia madre e salii nell'aereo.
Non mi piaceva dovermi allontanare da lei, ma dovevo farlo. Da quando avevo scoperto di essere malata, Renèe si dedicava molto a me. Mi portava a fare le visite mediche necessarie e alcune volte, trascurava Phil per stare con me.
Non se lo meritava. Ero io quella malata, non potevo rovinarle la vita. Così, presi una decisione.
Mi sarei trasferita a Forks da mio padre. Mi sarei curata là. Mia madre all'inizio non voleva, ma giocai una carta infallibile.
A quello che diceva lei, Forks non aveva niente di buono, se non che aveva l'ospedale più adatto, più all'avanguardia, per curare la mia malattia.
Mia madre non poteva rifiutarmi di andare là.
Le dissi che mi sarei sottoposta ad una cura particolare, per tentare di migliorare la situazione. Per questo mi trovavo all'aereoporto. Stavo andando da mio padre.
Charlie viveva a Forks e sapeva esattamente la mia situazione. Non sapeva bene come comportarsi, ma appena arrivata, gli assicurai che sapevo cavarmela benissimo da sola.
Mi aveva comprato un'auto e con quella sarei andata da sola alle visite mediche.
Non volevo che nessuno mi vedesse in quei momenti. Stavo male e non volevo recare più dolore ai miei genitori di quanto non avessi già fatto.
Per questo fui entusiasta del mio nuovo pick up. Non importava che fosse usato, tanto non l'avrei utilizzato per molto tempo.
All'aereoporto di Port Angeles, Charlie mi aspettava. Prese la mia valigia; io non ce l'avrei mai fatta a reggerne il peso...
"Come stai?" chiese gentilmente.
"Bene" mentii. Fingere era il compito numero uno per farli stare tranquilli.
Salimmo nell'auto della polizia e tornammo verso Forks. Charlie non mi chiese mai niente riguardo alla mia salute. Per una volta gli fui grata. Di solito la gente mi guardava con sguardi compassionevoli, di pietà.
Non volevo essere così. Mi restava poco tempo e volevo che le persone mi conoscessero per quella che ero. Non come una malata.
Anche per questo, pregai Charlie di non dire niente a nessuno a scuola. Purtroppo al professore di Educazione Fisica dovette dirlo. Ovviamente non potevo farla.
Arrivati a casa ed esaminato il pick up, mi diressi nella mia stanza per mettere in ordine le mie cose. All'inizio ce la facevo bene, poi dovetti sedermi, avevo quasi il fiatone. Mi stancavo facilmente...
Decisi che avrei continuato il giorno dopo. Andai in bagno e mi feci una doccia. Mi misi a letto e presi un libro a caso, che avevo già letto un milione di volte: 'Orgoglio e Pregiudizio'.
Non c'era motivo apparente per cui lo leggessi di nuovo. Ma in realtà, serviva a tenermi la mente occupata per non pensare a quello che avrei fatto il giorno dopo e quello dopo ancora. Sarei andata a scuola punto. I miei pensieri si fermavano sempre a poche ore di distanza.
Leggere mi aiutava a non pensare...non pensare a quello che non avrei mai potuto fare...
Così, senza che me ne accorgessi quasi, mi addormentai con il libro aperto.

Il mattino seguente mi sentivo bene. Mi vestii velocemente e scesi in cucina. Charlie era già uscito, mi aveva lasciato un biglietto augurandomi una buona gornata.
Ecco la differenza tra i miei genitori. Renèe non mi lasciava mai un attimo. Mi faceva sempre ricordare di essere malata. Charlie non sapendo cosa fare per me, si comportava come sempre. Mi faceva sentire più a mio agio. Presi un sorso di latte dal frigo e uscii. Il pick up partì con un rombo assordante e mi diressi a scuola.
Era presto, ma dovevo anche trovarla la scuola...
Non fu difficile. Era vicino all'autostrada. Scesi dal pick up e mi diressi in segreteria, dove una gentile signora mi diede il foglio delle mie lezioni e una cartina della scuola.
Durante le prime lezioni, feci 'amicizia' con una ragazza dai folti capelli ricci. Si chiamava Jessica.
A pranzo mi portò al suo tavolo di amici e conobbi anche altre persone, mi ricordo solo due nomi però quello di Angela e Mike... non sono mai stata brava a ricordare certe cose...
"Quelli chi sono?" chiesi guardando il tavolo di cinque persone che erano bellissimi. Sembravano modelli.
"Sono i Cullen" rispose Jessica.
Incontrai per mezzo secondo lo sguardo di uno di loro.
Distolsi il mio, esattamente come fece lui.
"Chi è quello con i capelli rossicci?" chiesi.
"Quello è Edward... ovviamente è bellissimo, ma pare non ci siano ragazze abbastanza carine qui per lui" disse Jessica facendo una smorfia.
Mi trattenni dal riderle in faccia. Doveva essere stata rifiutata e non l'aveva digerita!
Il mio stomaco si contorse. Non riuscivo a mangiare niente. Mi ricordai che quella mattina ero uscita di casa senza prendere le medicine.
Mi maledii. non sarei stata bene per niente finchè non le avessi prese.
"Non mangi niente Bella?" chiese Mike.
"Non ho fame" inventai.
La campanella per fortuna suonò e io mi precipitai fuori dalla mensa. Era un'altra regola fondamentale stare lontana dalle domande indiscrete.
Avevo l'ora di biologia ed entrai in classe che era quasi piena.
Feci firmare un foglio al professore e mi diressi verso l'unico posto libero nell'aula.
Vicino a uno dei ragazzi Cullen che avevo visto alla mensa.
Mi sedetti al tavolo e automaticamente lo vidi allontanarsi dal me. Spostò la sedia il più lontano possibile e si voltò quasi dall'altra parte.
Che gli prendeva? Ce l'aveva con me? Faceva così con tutti? Sembrava quasi volesse evitare un'orrenda puzza.
Il panico m'invase quando il pensiero che sapesse della mia malattia mi colpì. Mi agitai più del dovuto e una fitta mi attraversò lo stomaco.
"Ahi" borbottai.
Si voltò a guardarmi e mi fulminò con lo sguardo.
Mi rannicchiai sul mio posto, quasi spaventata. Perchè mi odiava? Non ne aveva motivo, non mi conosceva neanche!
A meno che non sapesse veramente della mia malattia. In quel caso, bè, aveva forse paura che potessi attaccarla anche a lui? Credeva che standomi vicino si sarebbe ammalato anche lui?
Sentii gli occhi bruciarmi per le lacrime di rabbia.
Abbassai lo sguardo mentre mi ripetevo che non ero una bambina, che non dovevo crollare in mezzo a tutti. A casa, da sola, avrei potuto farlo. Avrei potuto piangere quanto volevo.
Per tutta la lezione sentivo il professore parlare di cose che avevo già fatto. Non lo ascoltavo veramente. Volevo solo che la lezione finisse. Volevo tornare a casa e imbottirmi, come sempre, di medicinali. Volevo allontanarmi dal ragazzo seduto vicino a me. Almeno così non avrebbe più avuto paura di ammalarsi. Cosa impossibile, non si attacca la leucemia.
Al suono della campanella si alzò e uscì prima di tutti. Io presi le mie cose con calma e tornai in segreteria per riportare il foglio.
In segreteria, ebbi la brutta sorpresa di trovare Edward Cullen che parlava animatamente con una delle segretarie. Dai loro discorsi, capii che tentava di farsi cambiare l'ora di biologia.
L'unica ora che avesse con me.
La segretaria diceva che era impossibile...poi, all'improvviso si voltò a guardarmi e mi trafisse con uno sguardo di ghiaccio.
Rabbrividii e rimasi immobile dov'ero.
"Non importa, capisco che è impossibile" disse con una oce di miele alla segretaria.
Poi, senza aspettare oltre, se ne andò passandomi accanto velocemente.
Era a causa mia. Per qualche strana ragione sapeva che ero malata e non voleva starmi vicino. Posai il foglio sulla scrivania della sefretaria e tornai al pick up.
Cosa potevo farci se ero malata? Non era colpa mia! Non avevo certo voluto ritrovarmi a quel modo! Più che curarmi, cosa potevo fare?
Ma lui mi detestava... ed era una persona sola in mezzo a tante, cosa sarebbe successo se l'avessero saputo tutti? Rabbrividii al solo pensiero e pregaiin cuor mio che non lo dicesse a nessuno.
In fondo, non mi conosceva neanche, perchè avrebbe dovuto dire in giro i fatti miei? Non ne aveva alcun diritto.
Tornata a casa presi subito le medicine e mi sforzai di mangiare qualcosa. Neanche a dirlo, appena misi in bocca una forchettata di lasagne, il mio stomaco si capovolse e dovetti correre in bagno.
Ormai ci ero abituata.
Mi asciugai la bocca e scesi le scale per tornare di sotto. Inciampai e caddi, facendo diversi scalini prima di finire per terra.
Intorno a me solo il buio.

Mi risvegliai e davanti a me una parete bianca. Riconobbi subito quella che era la stanza di un ospedale. Cercai di mettermi a sedere sul letto ma una voce mi fermò.
"Dovresti riposare" disse. Era una voce melodiosa e profonda.
Mi voltai e mi trovai di fronte a un Dottore bellissimo. Aveva i capelli biondi e un sorriso che abbagliava. Poteva essere un modello. Esattamente come i ragazzi che avevo visto a scuola.
"Sono il Dottor Carlisle Cullen" si presentò.
Cullen. Era sicuramente un parente dei ragazzi a scuola.
"Bella Swan" risposi.
"Bella, tuo padre ti ha trovata in casa, incosciente e ti ha portata qui. Che ti è successo?" chiese.
"Sono caduta dalle scale" ammisi.
"Non ti sei sentita male? Sei solo inciampata?" chiese conferma.
Abbassai lo sguardo. Un altro che sapeva la verità. "Sono inciampata" dissi.
"Bella, io sono il Dottore che ti aiuterà e guiderà nella terapia che dovrai seguire" disse "Per questo, mi sento anche in dovere di dirti che dovresti stare più attenta"
"Lo so" mormorai.
"Perchè sei fragile. Sempre di più. Potevi farti molto male, invece hai solo un polso slogato" disse.
"Posso tornare a casa?" chiesi impaziente.
"Sei sicura di stare bene?" chiese.
"Si" mentii.
"Prendi sempre le medicine?" chiese poi.
"Stamattina me ne sono dimenticata" ammisi "Ma le ho prese appena sono tornata a casa"
"Prendile sempre. Sono molto importanti per te" disse.
Annuii e pregai che avesse finito. Odiavo gli ospedali. A Phoenix ci avevo passato così tanto tempo che ormai mi salutavano tutti come se fossi una vecchia amica. Era orribile. Non volevo che succedesse anche a Forks.
"Questa è la lista degli appuntamenti che avrai con me. Per stabilire che tipo di terapia dovrai seguire" disse porgendomi un foglietto.
"Grazie" mormorai.
"Adesso puoi andare" disse.
Mi alzai. "Senta ma...lei è... emm... insomma, i ragazzi che sono a scuola, si chiamano Cullen come lei" buttai là.
"Si" sorrise "Sono i miei figli" disse.
"Preferirei che la faccenda della mia malattia, restasse una cosa privata" dissi.
"Lo so, tranquilla, non dirò niente a nessuno"rispose.
"Grazie"

Roxy Jane: hai quasi centrato uno dei punti fondamentali della storia!! quello che vorresti fare, ma non puoi....
Lady Sphinx: grazie! mi fa piacerissimo che tu legga le mie ff!!!^^
Sybelle: ecco il seguito! postato in fretta perchè dal prologo si capisce poco!
  
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