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Autore: Summertime Sadness of Mia    08/02/2013    1 recensioni
La mia vita non è nulla di speciale. La mia storia non è nulla di speciale. IO non sono nulla di speciale. Ma, in un certo senso, sento che qualcosa in me è diverso. Come se fossi una ragazza qualunque, ma in realtà fossi diversa da tutte le altre. È difficile da comprendere, lo so.. Anche io faccio fatica a capire come sono davvero. Chissà se è l’amore ad avermi fatta diventare così.
Ora ci potrebbe essere qualcuno nei panni di Capitan Ovvio che potrebbe rispondermi che è tutta colpa dell’adolescenza. E invece no. Okay, forse solo un po’. Ma davvero tutti gli adolescenti cambiano radicalmente e diventano strani, come tutti dicono? Secondo me no. Diventano “strani” perché accadono loro cose strane. Che li turbano. Che non li fanno mangiare. O dormire. O studiare. Semplicemente amano.
Secondo Shakespeare, l’amore è “fuoco scintillante negli occhi degli amanti”.

E se non possono vedersi? L’amore, dunque, cos’è?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era finalmente arrivata la fine di Maggio. Ovviamente, non per Maggio.. Stava finendo la scuola! Dormire, mangiare, non far niente, uscire e ancora non far niente.
Il problema è che, proprio quando ti sembra che le cose vadano meglio, vanno peggio. Soffrivo ancora per  Ale e mi capitava spesso di sognarlo. Erano sempre sogni strani, ma facevano ridere. Alice si divertiva ad ascoltarli e per Ale e Leo era lo stesso. Mi piaceva molto farli divertire. E sognarli. La cosa che non mi piaceva affatto era svegliarmi nella piena consapevolezza che tutto quello che fino a poco tempo prima era davanti ai miei occhi, non c’era più. Anzi, non era mai successo.
Il 25 Maggio, la prof di latino era assente, perciò decidemmo di uscire a fare un giro e di andare a giocare un po’ a pallone nella villa comunale. L’unico, però, che possedesse un pallone e abitasse vicino a scuola era Francesco, un ragazzo che conosco da quando entrambi avevamo tre anni.
Era un ragazzo alto, biondo, con gli occhi verdi ed era abbastanza robusto. Portava gli occhiali e qualche brufolo si ergeva sulla sua cute diafana, ma non quanto la mia. Tutti mi prendevano in giro chiamandomi “mozzarella” ma, a contrario di quanto si possa pensare, non mi dava fastidio, anzi: mi piaceva la mia pelle così stranamente bianca, quasi da far paura. Non volevo nasconderla con l’abbronzatura.. Volevo mostrarla e me ne vantavo.
Già dalla prima elementare, era sempre stato innamorato di me ma, dato che non avevamo frequentato le scuole medie assieme, avevamo perso i contatti e a stento ci salutavamo per strada. Dopo la gita, ci eravamo un po’ riavvicinati, così come successe con Giovanni. Con entrambi, prima di allora, non avevo mai avuto grossi contatti.
Dato che nessuno voleva accompagnare Francesco a prendere il pallone, lui lo chiese a me e io accettai. Ci incamminammo verso casa sua, mentre le voci degli altri si allontanavano lentamente. Aspettai che salisse e prendesse il pallone, trattenendo il cancello con un piede in modo che non si chiudesse. Quando scese con un Super Santos in una mano e alcuni spiccioli nell’altra, ci incamminammo verso la villa. Cominciammo a parlare del più e del meno e io cominciai a prenderlo un po’ in giro.
-“Con quei soldi devi andare a comprare il regalo per la fidanzata?”
-“No, ho fame. Voglio un rustico!!!”
-“Okay, ho capito, ti vergogni a dirmelo..”
-“Tu, piuttosto, il ragazzo ce l’hai?”
Fitta al cuore.
-“No, no.. Nessuno..”
-“E ti piace qualcuno?”
-“Mmh, nessuno in particolare, credo.. A te?”
-“Sì..”
-“Davvero? La conosco?”
-“Sì sì..”
-“Davvero? E chi è?”
Nel frattempo presi la mia bottiglietta d’acqua e cominciai a bere. Lui sussurrò solo una parola.
-“Tu.”
Non feci in tempo a deglutire che sputai tutta l’acqua che avevo in bocca, cercando di non bagnare il vecchietto che camminava di fronte a noi.
-“Cosa???”
-“Sì.. vuoi metterti con me?”
Rimasi allibita. Non mi fissava negli occhi. Quel benedetto pallone ci divideva.
-“Ma ti sembra modo?”
Lo imitai e lui sorrise.
-“Come avrei dovuto dirtelo?”
-“Magari guardandomi negli occhi..!”
-“Mi vergogno.”
-“Non mi piacciono i codardi.”
Nel frattempo eravamo giunti in villa, ma nessuno era arrivato. Ci sedemmo, perciò, su una panchina e continuammo a parlare.
-“Ma da quanto tempo provi qualcosa per me?”
-“Non ho mai smesso.”
-“Nemmeno alle medie, nonostante non ci vedessimo più?”
-“Già..”
-“Capisco..”
Vedemmo Carlo e Marco, due nostri compagni di classe nonché suoi amici stretti, passare davanti alla villa e dirigersi verso il bar. Lui si alzò.
-“Dai, vieni che ti offro qualcosa e li raggiungiamo.”
Mi alzai e presi la borsa.
-“Okay, andiamo!”
-“Allora la risposta è no?”
-“Non lo so, devo pensarci..”
-“Va bene, fammi sapere, poi.. Ma non dirlo a nessuno!”
-“Certo, tranquillo..”
Andammo al bar e ci sedemmo a mangiare qualcosa con Marco e Carlo. Non potevo fare a meno di pensare a quello che mi aveva confessato poco fa. Non voleva che nessuno lo sapesse e la cosa non mi piaceva. Si vergognava di me.
Dovevo dargli una risposta. Non sapevo quale sarebbe stata, ma di certo non immaginavo che non sarebbe mai arrivata. E non lo immaginava nemmeno lui.
  
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