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Autore: AllePanda    08/02/2013    5 recensioni
In questa storia Katniss e Peeta sono gli stessi e vivono nello stesso modo ma il mondo in cui vivono è diverso. Non esistono gli Hunger Games qui! La storia è ambientata in una cittadina americana della prima metà del 1900 e loro due come Romeo e Giulietta scoprono di amarsi. Un amore impossibile quello tra la figlia di un minatore morto nelle miniere e il figlio di un commerciante?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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 I RAGAZZI INNAMORATI
 

 
Peeta’s POV (Punto di vista di Peeta):

Sento il leggero tintinnio del campanello ancor prima di aprire gli occhi. Il letto caldo mi trattiene tra le coltri ma so bene che se non mi sbrigo a scendere di sotto, saranno dolori. Nell’ultimo mesi gli affari non sono andati affatto bene alla panetteria. Colpa di una tromba d’aria che ha distrutto diversi campi di grano e quindi il prezzo della farina e del pane è salito alle stelle. La gente compra sempre di meno..forse è anche perché sta arrivando l’inverno e ci sono spese aggiuntive come la legna e il carbone per scaldarsi un po’. A casa mia per fortuna, non è mai stato un problema avere acqua calda e un brodo caldo in inverno, ma per la gente più povera come le persone del Giacimento invece… Mi alzo dal letto stropicciandomi gli occhi, sorpreso nuovamente dalla mia stupidità. Praticamente non sono ancora sveglio e sto già pensando a lei, quando invece dovrei seriamente preoccuparmi di scendere a dare una mano con i pochi clienti importanti che ci fanno visita la domenica. Domenica!! Sobbalzo mentre infilo velocemente i vestiti e corro in bagno a sciacquarmi la faccia. Normalmente le persone vanno a sentire la messa durante le prime ore domenicali, ma non la mia famiglia. A parte il fatto che non credo siano mai stati del tutto credenti, per noi commercianti sarebbe impossibile tener chiuso. Il pane la domenica lo comprano quasi tutti, abbiamo molti più clienti. Mio padre infatti sforna molto più pane del solito e mi chiede spesso di effettuare qualche consegna a domicilio. Se ne rimane un po’ lo teniamo per noi. Anche oggi, so di dovermi presentare almeno in due posti prima dell’ora di pranzo. Solitamente sono soltanto le persone più ricche a potersi permettere un lusso come una consegna a casa e infatti il novanta per cento delle volte mi ritrovo davanti al grazioso ingresso dalla casa del sindaco. Ma stamattina ho in programma qualcosa di diverso. E’ una specie di segreto tra me e mio padre. Se mia madre o i miei fratelli venissero a saperlo, non so che cosa potrebbe succedere. Per questo, visto che oggi è un giorno speciale, mi devo sbrigare con le consegne. Sospiro mentre scendo le scale e raggiungo il retrobottega. Mio padre è già lì, mi sorride e mi fa segno di avvicinarmi. Butto l’occhio verso il negozio e capisco che mia madre deve essere uscita perché non la vedo. Come ogni anno, mio padre deve averle regalato un taglio di capelli dal parrucchiere, un pranzo con le amiche o qualsiasi altra cosa potesse tenerla lontana da qui per almeno un paio d’ore. Mi porge la solita scatola colorata che so contenere una torta ben decorata, fatta personalmente da lui. Anche se mi dice sempre che ormai sono più bravo io nella glassatura, che ho superato anche lui, questa torta ci tiene a prepararla da sé. Sospiro, pensando che preferirei non mi avesse mai messo in mezzo a questa faccenda, ma poi incontro i suoi occhi azzurri che si fissano nei miei, e capisco.

 

- Buongiorno papà, vado subito. Solito indirizzo, solita ora? – gli dico con un sorriso

- Buongiorno Peeta… Come al solito – risponde – eccola qui. Mi raccomando! –

Non ci diciamo altro. Afferro il cappotto più pesante che ho ed esco nella brezza fredda di Novembre, assieme alla torta e due sacchetti piuttosto grandi ricolmi di diversi tipi di pane appena sformato. Salto a cavalcioni della mia vecchia bicicletta che sono solito usare per fare le consegne e inizio a pedalare. Quello che mio padre non sa, è che ormai questo non è più soltanto il suo giorno speciale, ma anche il mio! Sbrigo velocemente la prima consegna. Per la seconda temo dovrò perdere qualche minuto in più. Infatti quando suono il campanello, ad accogliermi alla porta trovo la signora Trumpbell, più felice che mai di vedermi.
– Salve Signora Trumpbell – esclamo con quanto entusiasmo riesco a metterci, sperando che non si accorga di quanto desidero andarmene alla svelta.  – Salve Peeta! Finalmente! Lo sai che non vedevo l’ora di offrirti una buona ciccolata calda? Avanti entra pure! Mio marito è al lavoro anche oggi che è domenica – dice con la sua solita vocetta stridula ed eccitata. La signora Trumpbell, non è un mistero per nessuno, si è sposata  solamente per denaro. Non è una donna particolarmente intelligente ma è molto bella, e avrà più o meno sulla trentina. Anche se ho soltanto diciassette anni, sono settimane che mi tampina per avere la mia compagnia. Ho pregato mio padre di andare al posto mio a consegnarle il pane ma sembra che nemmeno lui abbia molto piacere a farle visita e rivedere tante avences! Nonostante il nostro segreto, mio padre non tradiremme mai sua moglie. Inoltre, temo proprio che la signora Trumpbell voglia soltanto me. Ormai sono mesi che tutte le domeniche mi ritrovo nel suo salotto, sperando che prima o poi mi lasci tornare a casa! Questa volta poi ho un vero impegno, ed è anche piuttosto importante perciò non esito a dirle che devo scappare. Ovviamente non mi ascolta, ma anche a costo che non acquisti più pane da noi, stavolta appoggio il sacchetto sulla credenza ed esco rapidamente da casa sua.  – Ho un impegno urgente! Sarà per la prossima volta! –
A scuola questa storia circola ormai da un po’. Non capisco chi abbia cominciato ma ormai tutti dicono che io e lei siamo amanti. Il pensiero mi fa rabbrividire. Proprio non capisco cosa ci trovino gli altri ragazzi, comunque quando la cosa è giunta alle orecchie di mia madre, a me ha fatto tutt’altro che piacere. Mi massaggio lo zigomo della guancia sinistra, che ora sta bene, ma ancora mi pulsa al ricordo di quella sgridata.  - Peeta! – bofonchio tra me e me – sei proprio un ragazzaccio! -  Ma so bene di non essere quel tipo di ragazzo. Mentre mi allontano infatti capisco dallo sguardo accigliato della signora Trumpbell che forse la prossima domenica avrò un po’ meno consegne da fare.
Salto con un balzo sul sellino della bicicletta e inizio a pedalare con foga. Il vento freddo mi sferza le guance, ma risulta piacevole perché mi sento la testa rovente. Il pensiero di questo giorno tanto atteso mi fa scorrere nelle vene adrenalina pura, mi fa sentire i sudori freddi, mi causa i brividi dietro la schiena. Manca pochissimo ormai. Svolto in una strada laterale, sorpasso altre belle case dai vialetti recintati e finalmente sono nel Giacimento. E’ la zona più povera della città, basta guardarsi attorno per capirlo. Tutto qui sembra intriso di una patina opaca, opaca proprio come il carbone, perché è qui che vivono i minatori. Mi avvicino lentamente alla casa. Nonostante il freddo sento che le mani cominciano a sudarmi copiosamente. Avanti Peeta! - mi dico -  aspettavi questo momento da un anno. Ora rilassati! Ma ovviamente non ci riesco, anzi, mi sto agitando sempre di più mentre mi soffermo a pensare se mi sono lavato i denti con cura, se i miei capelli saranno spettinati per via della corsa in bicicletta, se riuscirò a dirle qualcosa..  Deglutisco lentamente, smonto dalla bici e mi avvicino tenendo tra le mani la torta. Non ho ancora suonato quando la vedo attraverso il vetro della finestra. E’ davvero bellissima. E mi incanto a fissare i suoi capelli castani che le ricadono lunghi e fluenti sulla schiena bianca mentre sta… Sta venendo ad aprirmi la porta!! Che sciocco! Mi sono imbambolato ed ora lei mi ha visto che la fissavo come un idiota. Cammina verso la porta ed è allora che noto che non è sola! Anzi, c’è un ragazzo con lei, alto, dagli occhi grigi e un muso duro che proprio in questo momento deve averle detto qualcosa di molto duro, perché i suoi occhi sono pieni di rabbia. Non faccio nemmeno in tempo a spostarmi che la ragazza spalanca la porta e mi finisce addosso mentre la torta finisce inesorabilmente schiacciata tra i nostri corpi. 




Katniss’POV! (Punto di vista di Katniss):


 E’ stata una mattinata difficile. Prim, la mia sorellina, ha la febbre alta e quindi ho dovuto prendermi cura di lei per tutta la notte e non sono riuscita a chiudere occhio. Ovviamente mia madre si è ammalata a sua volta e stava così male anche lei da non riuscire ad alzarsi dal letto. Non che faccia molta differenza ormai. Da quando mio padre è morto nella miniera, lei si è lasciata così andare che per me saperla a letto è una cosa normale. Ultimamente però si è trascinata fuori di casa un po’ più spesso, devo ammetterlo. Comunque a parte la nottataccia, non pensavo che le cose potessero addirittura peggiorare. Il mio amico Gale stamattina è passato a trovarmi con fare stranamente agitato.

 

- Ciao Catnip! – mi saluta

- Ciao Gale! Entra pure – gli dico mentre lo vedo restarsene immobile sulla soglia – qualcosa non va? E’ successo qualcosa? Per caso anche i tuoi fratelli si sono presi l’influenza? Sai, Prim ha la febbre, non vorrei contagiarti! – aggiungo subito dopo.

Lui scuote la testa e mi fissa con occhi tristi. Sento un tuffo al cuore perché capisco che qualcosa non va ancor prima che dica qualcosa. – Gale, cosa succede? –
Senza dire una parola sento che mi abbraccia, stringendomi forte a sé. In quasi cinque anni, da quando lo conosco, non mi era mai successo di essere abbracciata da lui, mai. Noi due ci siamo conosciuti nel momento più brutto per entrambi. Abbiamo condiviso l’atroce destino di un padre morto nella miniera, sotto lo stesso crollo. Se non fosse stato per lui sarei sicuramente impazzita. Lui c’era sempre a confortarmi. A soli 11 anni mi sono dovuta arrangiare per mantenere me, Prim e mia madre. Ho fatto di tutto: lavapiatti, spazzacamino, sguattera. Ma purtroppo le tasse da pagare erano tante e non sempre i miei datori di lavoro erano compassionevoli. Ci fu un uomo, una volta, che provò addirittura a mettermi le mani addosso, mi disse che mi avrebbe pagata bene se non avessi opposto resistenza. Quella volta ebbi davvero paura perché ero solo una ragazzina di 12 anni e lui uno sporco cinquantenne dall’alito che odorava orribilmente di alcool. Riuscii a fuggire tirandogli addosso quello che mi capitava e ovviamente poi venni licenziata, ma almeno ero salva. I mesi successivi però furono duri. L’inverno era ormai inoltrato e mia madre ancora non accennava a migliorare. Se ne stava seduta con lo sguardo perso nel vuoto. L’ho odiata con tutta me stessa. Ricordo come cercai inutilmente di vendere al mercato gli abiti smessi di mia sorella, di come caddero nel fango, quando a fine giornata le mie mani tremanti non furono più in grado di reggerli, per la fame e per il freddo che avevo. Ricordo la pioggia e le urla della moglie del fornaio. E ricordo anche come ne venni fuori, come riuscii a sopravvivere. Un dodicenne come me, capelli biondo cenere e occhi di un azzurro intenso, fu lui a salvarmi la vita lanciandomi del pane che aveva bruciato apposta. Ricordo che non ebbi mai il coraggio di ringraziarlo. Poi venne la primavera e Gale mi aiutò a sopravvivere. Io e sua madre ora ci aiutiamo lavando quanti più panni sporchi possiamo. Le famiglie dei commercianti vengono nel giacimento carichi di quanta più roba possono e noi ci consumiamo le mani per lavare i loro indumenti sporchi. Ora che mia madre si è ripresa però, è tutta un’altra faccenda. Ha trovato lavoro come farmacista fai-da-te. La vengono a trovare a casa, ma per quelli del Giacimento è anche una specie di medico. Vengono sempre da lei quando hanno bisogno di qualcosa per rimettersi in forze, visto che non si possono permettere un vero dottore. Certo però, se non fosse stato per Gale che mi ha portato così tanto conforto e dato quella sicurezza che se n’era andata insieme a mio padre..

 

- Catnip…La lettera…E’arrivata la lettera – mi dice in un sussurro. Poche parole e mi sento tremare la terra sotto i piedi.

- Cosa hai detto?- replico intontita, ancora senza parole.

- Sapevamo che sarebbe successo prima o poi. Domani dovrò prendere il treno – conclude con  voce chiara. Il suo tono è tranquillo ma il dolore è palpabile. Fisso i suoi occhi, grigi come i miei, per un momento che pare interminabile. E’ tutto vero, mi dicono. Respiro, alla ricerca di aria.

- Domani?! – è l’unica cosa che esce dalla mia bocca. Poi una domanda muta si insinua tra di noi, ma lui la coglie al volo.
-
Forse l’anno prossimo, per natale! Credo che tornare prima sia fuori discussione purtroppo –

Ed è tutto quello che ci diciamo, perché in questo momento lo sto odiando davvero, perché ne avevamo parlato, perché sapeva benissimo che mi avrebbe ferita. Ha richiesto lui stesso di essere arruolato e finalmente gli è arrivata la risposta, ovviamente positiva, non poteva essere altrimenti. Gale, fisico giovane e muscoli tonici. L’esercito contribuirà al sostentamento della sua famiglia per tutto il tempo in cui lui sarà via. I miei occhi iniziano a riempirsi pericolosamente di lacrime, che cerco di ricacciare indietro, ma lui ovviamente se ne accorge e fa per abbracciarmi di nuovo, ma io lo allontano in malo modo. Anche se tra di noi non c’è mai stato niente di simile ad una storia d’amore, in questo momento mi sento tradita e abbandonata. So che Prim è nell’altra stanza che dorme, quindi mi concedo un po’ di tempo per me, perché ne ho bisogno. Devo uscire da qui, sennò impazzirò. Non riesco a guardarlo in faccia mentre tenta di scusarsi. Non mi volto nemmeno quando sento la sua presa forte sul mio braccio. Devo uscire. Così corro verso la porta, liberandomi dalla sua presa con uno strattone, giusto per finire subito dopo addosso a qualcuno, che inspiegabilmente, si trova proprio davanti alla porta di casa mia.
 

  
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