Capitolo
10
Confessioni
Le prime luci
dell’alba destarono Zero dal suo sonno. Flebili
raggi, di un sole velato, filtravano dalla finestra illuminando la
piccola
stanza; Yuki sembrò non esserne minimamente disturbata,
perché giaceva ancora
raggomitolata su un fianco, i capelli ribelli sparsi sul cuscino, gli
occhi
ancora serrati, vittima del dolce incantesimo di Morfeo.
Una volta seduto
sorrise, passandosi una mano tra le
scomposte ciocche argentate, cercando di ridare un ordine alla chioma
solitamente liscia. Si sentiva leggero, sospeso in un sogno, per un
attimo
credette di dormire ancora, perché la visione di lei, della
sua pelle chiara,
nuda, avvolta nelle pieghe morbide di quella trapunta rattoppata, non
gli
sembrava ancora reale. Per quanto tempo, per quante notti, chiudendo
gli occhi,
al ritorno dall’ennesimo incarico di Hunter, si era cullato
con quelle
immagini, con quei desideri che riteneva irrealizzabili? Ogni singola
ora, ogni
singolo istante, che aveva trascorso separato da Yuki, era stato
impiegato per
ricordarla, per immaginarla, e adesso lei era lì, sua, e lo
sarebbe rimasta per
tutto il tempo che il destino gli avrebbe concesso.
Riportò
alla mente ancora intontita dal sonno il ricordo
della notte appena passata, delle mani di lei strette alle sue spalle,
mentre
sussurrava il suo nome in un sospiro, il solletico dei suoi lunghi
capelli sul petto,
sul viso, e quei baci prima dolci, poi intensi, poi di nuovo dolci.
Riportò
alla mente il piacere, la voglia di non fermarsi per niente al mondo,
la voglia
di amarsi in quel modo fino allo sfinimento, fino a quando il cuore e
la carne
non si sono saziati del corpo dell’altro.
E
così era stato, il sottile corpo di Yuki si era accasciato
dolcemente sul suo, ancora allacciati, i cuori accelerati, rapidi,
complici. Le
aveva sussurrato di amarla, tante di quelle volte che non ne contava il
numero,
glielo aveva ripetuto fino a quando la stanchezza non si era abbattuta
sulle
sue palpebre.
Si
lasciò nuovamente cadere sul materasso, in un certo senso
ancora
stanco, nonostante avesse riposato nel migliore dei modi. La sua Yuki
non
accennava a svegliarsi, e in quell’istante Zero rise di se
stesso, e della sua
impazienza. Si sentiva come un bambino, emozionato, alla sola idea di
rivedere
il cioccolato degli occhi di lei, di rivedere quel viso animarsi,
ridestarsi da
quel sonno profondo.
Le
sfiorò una guancia col dorso della mano, poi la fronte,
liberandola dall’intreccio di quei morbidi fili ebano,
scoprendo la bellezza di
un volto giovane, rilassato, le ciglia lunghissime che quasi sfioravano
la
curva degli zigomi.
“Yuki...”
La chiamò posandole un bacio leggerissimo sulle
labbra dischiuse.
“Ho
sempre desiderato, vederti così, sentirti così
vicina...”
Ammise, sicuro di non essere udito, ma di giungerle magari come un eco
lontano
in qualche suo sogno.
Non seppe
spiegarsi il perché, ma le parole fluirono rapide,
forse perché protette dal sonno profondo di lei, forse
perché in quell’istante,
in cui tutto gli sembrò esser perfetto, capì che
era giusto svelare i suoi
misteri, i suoi segreti, anche se questi sarebbero stati uditi
solamente da
quelle pareti silenziose, custoditi per sempre in quella piccola camera.
Cominciò
a parlare quasi sussurrando, piano, la testa tra le
mani, lo sguardo basso, perso tra le lenzuola.
“La
prima volta che vidi Kuran provai un senso d’odio
incredibile, inizialmente lo detestavo per la sua natura di mostro...Un
vampiro, come la donna che mi ha condannato, poi, chiuso nella mia
stanza
ripensai a quel gesto. Le sue mani pallide che sfioravano il tuo viso,
in un
modo tanto dolce; quegli occhi amaranto, posarsi su di te, appropriarsi
di ogni
tuo lineamento, e poi, eccolo, il tuo sorriso felice, le tue labbra che
sfiorano la sua guancia. Lo odiavo, Yuki, perchè ero geloso,
perché non capivo
il tuo comportamento, non capivo per quale motivo tu non scappassi
dalle mani
di quell’immonda creatura. Ricordo ancora quella sera in cui
entrasti in camera
mia, allegra come non mai, cercasti di lodare la bontà di
quell’essere,
farneticavi riguardo una coesistenza pacifica, proprio come il
direttore...ricordo ancora le tue mani, le tue piccole e morbide mani,
quelle
che tante notti mi avevano carezzato gentilmente la testa, aiutandomi a
ritrovare il sonno; quelle mani si erano macchiate dell’odore
di lui, ricordo
ancora quando rifiutai il tuo tocco. Fece male Yuki, pensare che quelle
mani
che dolcemente tendevi verso il mio viso, fino a pochi minuti prima
avevano
stretto quelle del vampiro. Ma tu non capivi, non comprendevi il mio
dolore,
non riuscivi a realizzare che oltre al mio odio per quella razza,
c’era anche
la gelosia nei tuoi confronti. Tu eri un sole nel buio della mia vita,
un sole
splendente che ridonava i colori al mio mondo, che mi permetteva di non
perdere
la speranza, di non sprofondare nella pazzia, di incatenare dentro di
me il
germe che quella donna aveva iniettato nelle mie vene umane.
Crescevamo, ma i
tuoi occhi rimanevano per lui, sempre e comunque, il tuo cuore batteva
per
Kuran. Come potevo competere? Ti aveva salvata, indubbiamente ti amava,
ti
adorava, ti proteggeva. No, non potevo competere. Un inverno ormai
lontano ti
ammalasti, avevi la febbre alta, eri svenuta a scuola. Il direttore ti
aveva
delegata alle dolci cure di un bel sonno. Avrei voluto sedermi accanto
a te,
tenerti la mano per aiutarti a riposare, ma non ne avevo il coraggio,
preferivo
guardarti da lontano, un qualcosa di candido, perfetto, immacolato, che
non
avrei mai voluto sporcare. Era più facile, amarti
così, volerti bene in quel
modo distante, avrei sofferto meno, il giorno in cui saresti andata
via, o il
giorno in cui la follia del livello E mi avrebbe tenuto distante da te,
dal mio
sole splendente. Kuran arrivò anche quel giorno
d’inverno, avevo imparato a
tollerare la sua presenza, in quella casa, per volere del direttore, e
per il
tuo...Dovetti rimanermene in silenzio, quando con il suo passo viscido
entrò in
camera tua. Aspettai che se ne andasse, e mi sedetti fuori dalla tua
porta,
preoccupato. Rimasi così tanto in quella posizione,
attendendo che ti
svegliassi, così tanto che mi addormentai. Quando apristi la
porta, non riuscii
a dire niente, e me ne andai, senza darti una risposta, senza dirti che
ero
rimasto lì solo per rivedere il tuo viso sveglio, libero dal
rossore della
febbre. Quante volte Yuki, quante volte mi sono nascosto dietro una
maschera di
ghiaccio, dietro una freddezza che te minavi con i tuoi sorrisi
più radiosi.
Crescevamo, e con i nostri corpi cresceva il mio amore per te, cresceva
il
mostro dentro di me, cresceva quell’inumana sete...e crebbe
così tanto Yuki da
farmi commettere il gesto più atroce. Ma tu mi cercavi, mi
guardavi, ti
preoccupavi per me, anche quando mi allontanavo, anche quando ti
evitavo,
quando scappavo, tu mi ritrovavi sempre...ed io trovai il tuo collo,
morsi la
tua carne innocente, affondai i canini succhiando avidamente come un
mostro. Ti
volevo, il vampiro dentro di me bramava il tuo sangue, i miei desideri
si
fondevano, e trovavano la loro soddisfazione più vile in
quel gesto
animale...poi sono arrivati, come sempre, pronti a salvarmi, i tuoi
occhi, la
tua voce, la tua imperdonabile offerta, le tue mani che sganciavano i
bottoni
della giacca, che liberavano la pelle del collo per me, che scoprivano
le
piccole vene, il loro pulsare sordo. Ti offristi, vittima e guerriera,
volevi
combattere per me e con me, al mio fianco, tenermi in vita, nutrire il
mostro.
Come avrei potuto non amarti ancor di più di quanto
già non stessi facendo? E
così scivolammo nell’oblio più totale,
nella vergogna e nel peccato. Poi giunse
lui. Giunsero le tue paure, e i suoi denti, la verità
riemerse dalle memorie
perdute, riemerse nel sangue e dal sangue. Tu, stessa mia piccola Yuki,
eri un
mostro. Non riuscivo neppure a capire, la mia testa non comprendeva
quell’assurdità, non riusciva ad affiancare la
candida e pura visione che avevo
di te, della tua bontà, a quelle creature, a quei mostri
dalle sembianze umane.
Eppure tu eri lì, le braccia aperte, pronte a schermare il
fratello ritrovato,
per proteggerlo dalla mia pistola. Quanto dolore Yuki, mi
portò quella rivelazione,
e quanto dolore, nel vedere le mani di lui strapparti via dalle mie
braccia.
Non saresti più stata mia...quando mai lo eri stata? Io mi
ero solo preso con
la forza ciò che in realtà era sempre appartenuto
di diritto a Kuran. Lo
scontro con Rido, la sua morte, il nostro addio, quel primo bacio al
sapore di
sangue e morte, la mia vana promessa di sopravvivere ed ucciderti...la
mia
voglia di amarti. Quanto dolore mia piccola Yuki, quanto, anche quando
sei
tornata, anche quando mi hai chiesto di odiarti, anche quando capivi,
comprendevi, sapevi, e le tue mani incerte cercavano il mio collo, i
tuoi
canini penetravano la mia carne. Mi volevi, nello stesso tremendo modo
in cui
io desideravo te, come un mostro, come una donna, come un vampiro. Ed
è stata
bellissima quella notte, è stata l’imperdonabile
inizio di questa follia, della
nostra condanna a morte. Ed ogni mio sogno è sembrato
avverarsi, eri mia, mi
avevi scelto, mi amavi...Non so, cosa ci accadrà adesso, per
quanto mi sembri
di vivere in un sogno, una strana e nuova ansia mi attanaglia, ma ti
prometto
Yuki, che in questo oblio di sangue ti proteggerò, sempre, a
costo della mia
stessa vita...”
Forse le
pronunciò tutte quelle parole, sottovoce, come in
una confessione, o forse le pensò solamente. Non seppe dirlo
neppure lui, e non
seppe neanche legger niente nell’espressione indecifrabile di
Yuki, quando
questa riaprì gli occhi, rivelandogli il cioccolato tanto
bramato.
“Zero,
sei già sveglio?” Mormorò con voce
impastata,
stringendosi contro la sua figura magra, poggiando la testa sulla sua
pancia.
Il ragazzo
annuì, carezzandole la fronte.
“Che
ore sono?” Chiese lei, stiracchiando caoticamente le
gambe, per poi incrociarle a quelle del compagno.
“E’ancora
presto, per alzarsi...ma se proprio vuoi...”
Yuki gli rivolse
uno sguardo che Zero non seppe decifrare, ma
che comunque basto a zittirlo, poi si avvicinò suo collo,
per leccarlo piano,
con la punta della lingua.
“Scusami
Zero...” Sussurrò già colpevole, poco
prima che i
suoi denti affondassero nella carne.
Il ragazzo
sospirò, consapevole che la sete arretrata della
compagna doveva ancora esser soddisfatta. La lasciò bere,
debitore, lisciandole
i capelli con il palmo della mano, per scendere poi sulla sua schiena
scoperta,
nuda, sui suoi fianchi, ebbro di un desiderio più umano.
“Sei
bellissima, Yuki, anche così” Seppe dire, prima di
portarla sotto di sé, baciare quelle labbra sporche di
rosso, prima di farla
sua di nuovo, instancabile, affamato di quel corpo, di quel viso, di
quel
respiro.
Lei rise,
consapevole, complice.
“Kaname,
ti prego...” Lo implorò Ruka, in ginocchio di
fronte
al sanguepuro, gli occhi inondati dalle lacrime.
Un forte vento
spirava dal nord, portando con sé un cielo
voglioso di neve.
“Sei
stata un’ottima alleata Ruka, ma adesso è il
momento che
tu prenda la tua strada, ciò che sto per
compiere...”
Lei non lo
lasciò finire, si alzò di scatto, per stringere a
sé quel corpo perfetto che tanto aveva amato.
“Bevi
il mio sangue, maestro, fino all’ultima goccia, se
ciò
riuscirà a placare la tua rabbia, bevimi fino ad uccidermi,
se ciò servirà a
fermarti...” Gridò, ferendosi il collo con le
unghie curate.
Il moro
sospirò tristemente, consapevole dell’amore di
quella
vampira, ma consapevole che niente l’avrebbe fermato,
tantomeno la sua offerta.
I primi fiocchi
di neve cominciarono a cadere dal cielo, in
raffiche violente, che gli frustavano gli abiti, i capelli, i
pensieri...quei
pensieri fissi, tutti per lei, per la sua Yuki.
“Ruka...ti
ringrazio...ma non devi, hai una lunga vita
davanti a te, e faresti la mia felicità, se ti allontanassi
da me, per non
voltarti mai più, per fuggire dal dolore che potrei
arrecarti. Sei stata una
splendida alleata, davvero, ma quei tempi felici e lontani, sono giunti
a
termine, è il momento che le illusioni crollino, e che il
destino si compia...”
Esordì, svanendo in un lampo oscuro.
Ruka pianse
tutte le sue lacrime, china su quel marciapiede
già bianco di una neve sporcata dal suo sangue, che copioso
scivolava dalle
ferite che si era inflitta.
Kain si
precipitò da lei, come sempre, si chinò per
raccoglierla da terra, senza sforzo, per stringere tra le braccia il
suo corpo
esausto, annichilito.
“Devi
lasciarlo andare Ruka...i sanguepuro, sono creature
troppo distanti da noi, perché sia possibile
comprenderle” Seppe dirle, per poi
riportarla a casa.
Angolo
dell’autore.
So
sorry! Scusate il
tremendo ritardo...me chiede perdono, ma le università sono
note per infliggere
agli studenti lunghissimi periodi di stress preesame, in ogni caso,
grazie per
aver letto anche questo, forse troppo breve capitolo. Penso che sia
giusto, per
una volta lasciare un po’ di spazio a Zero e alle sue
confessioni. Una specie
di doveroso omaggio al suo personaggio triste e solo ahaha
Un
bacio a chiunque
abbia letto, e un abbraccione a chi sarà così
gentile da commentare!
Al
prossimo capitoletto
Ps:
viva questo Zero
superfocoso ahaha
Pps:
un ringraziamento speciale va a quelle anime pie che mi fanno sempre
felice con le loro recensioni, e con tutta la pazienza del mondo
perdono il
loro tempo a legger le mie storielle:
Grazie davvero, mi date
sempre quella voglia,
bellissima, di continuare a scrivere fan fiction <3
Allyn