Crossover
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Autore: Norma    29/08/2007    1 recensioni
E siamo al secondo lavoro signori!
Cosa sarebbe accaduto se il caro Kisuke Urahara di Bleach si fosse sbagliato a realizzare il senkaimon, il portale tra il mondo umano e la Soul Society, e i nostri eroi non fossero finiti nel mondo degli shinigami, ma sull'isola più famosa della storia dei telefilm?!
Genere: Avventura, Comico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fumetti, Telefilm
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO III




Un aereo precipitato su un’isola. Quarantasei sopravvissuti. Morti improvvise. Altri.
Un portale. Qualcuno da salvare. Un imprevisto e un ritardo da dover necessariamente recuperare.
Storie di vite si intrecciavano nei racconti di Ichigo e Hugo. Ed ad ascoltare non si sarebbe potuto dire quale dei due fosse più assurdo.
«Questo è pazzo» fu il primo, medesimo pensiero dei due interlocutori.
Ma i due pazzi finirono per capirsi.
«Quindi coso… non è che, per caso, con i tuoi “superpoteri” potresti aiutarci con quel mostrone nero nella foresta o con gli Altri…»
«Mi dispiace: non so perché, ma la mia zampakuto non riesce a trasformarsi.»
«La zampa… cioè il tuo spadone magico?»
«Diciamo di sì» rispose il ragazzo con sufficienza. Poi si fece serio e proseguì : «Sentite, anche noi abbiamo bisogno di una mano; potete aiutarmi a liberare i miei amici? Il tempo è essenziale.»
Hugo non ci pensò un secondo «Ok coso.»
Si levarono voci di protesta da parte degli altri presenti nella capanna, ma ad Hurley non importava. La sua indole altruista e fiduciosa verso il prossimo l’aveva avuta vinta come al solito e ormai era sicuro di poter trascinare anche gli altri in quell’impresa.

«Ahi!»
Orihime si rialzò a stento da terra. Una mano sottile e pallida si protese verso di lei per aiutarla.
«Grazie Ishida» sorrise la ragazza.
«E di che?» balbettò lui, nascondendosi dietro gli occhiali.
Camminavano nella foresta da una ventina di minuti ormai, scortati da Sawyer, Jack, Kate e un iracheno di nome Sahid. Orihime vedeva davanti a lei Chad procedere con passo lento, ma deciso. Sembrava irremovibile nel suo proposito di non opporsi agli isolani e di aspettare semplicemente Ichigo. Orihime cercava di imitarlo, ma quel luogo sconosciuto e inquietante non l’aiutava di certo.
«Pel di carota, muoviti! Non ti stiamo aspettando sotto casa per andare a una festicciola!» urlò Sawyer.
Ripresero la marcia verso “la botola”. Solo il nome la faceva rabbrividire. Se solo Tsubaki e gli altri shun shun rikka avessero potuto aiutarla!
Ma dietro di lei camminava Ishida. Cominciava a piacerle il fatto che un ragazzo come lui, con i suoi occhiali sottili e il suo atteggiamento schivo, fosse così premuroso nei suoi confronti. Le infondeva un grande senso di sicurezza; si sentiva protetta quasi come con Kurosaki. I due erano molto simili sotto molti aspetti, ma solo Ishida era in grado di riparare una bambola scucita in meno di un minuto.
Il ragazzo le si avvicinò lentamente all’orecchio, in modo da non essere visto da nessuno.
«Tutto bene?» bisbigliò.
«Sì, non ti preoccupare per prima.»
«Ah… Uhmmm… bene… senti, dobbiamo trovare il modo di scappare e raggiungere Yoruichi, che al momento è l’unico ad essere libero!»
«lascia perdere e facciamo come ha detto Chad. Ora come ora non abbiamo alcuna possibilità di riuscire a fuggire.»
Ormai anche lei si era aggrappata alla speranza che solo Kurosaki potesse salvarli e non avrebbe cambiato idea.
Sawyer diede uno strattone alle corde dei due giapponesi e si rimise a guardare in cagnesco Jack. In un modo o nell’altro il dottorino l’aveva sempre vinta. Infatti adesso il belloccio e Kate si scambiavano occhiatine complici e sorrisi fugaci, mentre lui si ritrovava da solo a rimuginare sulla sciocca lite di quella mattina. Forse era il destino dei tenebrosi uomini biondi quello di venire sfruttato e mai presi in seria considerazione da nessuno…

Intanto due occhi gialli spiavano attraverso un cespuglio la strana combriccola avanzare nella foresta. Yoruichi si muoveva con passo felpato seguendo i suoi protetti verso il loro nuovo luogo di reclusione.
«Che sciocchi! Allora il mio allenamento e quello di Kisuke non sono serviti a nulla!»
Improvvisamente il gatto fu costretto a scansarsi per non venire colpito da una donna che si stava accovacciando dietro al suo stesso ciuffo di verde. Aveva un aspetto trasandato: lunghi capelli castani arruffatissimi, abiti sporchi e laceri, occhi allucinati che, proprio come quelli di Yoruichi, seguivano il gruppo.
La donna parve non accorgersi nemmeno della presenza della bestiola. Inavvertitamente però Yoruichi sfiorò la coda contro la canna del fucile che l’estranea imbracciava, così da farla riscuotere da quello stato di totale assortimento in cui si trovava. Dapprima si mise in allarme, ma quando scorse il tenero musetto che il gatto aveva prontamente assunto esclamò sottovoce: «Oh! Une petit chat!»
“ Fai buon viso a cattivo gioco, fai buon viso a cattivo gioco, fai buon viso a cattivo gioco…” si ripeteva Yoruichi, facendole le fusa.
Il gatto se la cavò con una grattatina sulla testa, poi sgattaiolò via. D’altronde quella donna sembrava ritenere assolutamente normali le stranezze di quell’isola. Si alzò in piedi e uscì allo scoperto.

Poco più in là Sawyer e gli altri videro sbucare da dietro il cespuglio una figura nota.
«Danielle!» esclamò Sahid «Cosa ci fai qui?»
La Rossou si guardò intorno con aria circospetta, poi rispose: «Ci sono strani rumori più ad ovest…»
«Cosa credi che sia?» le chiese Jack.
«Non lo so , ho solo visto in lontananza una macchia nera…» “Il mostro!” pensarono tutti.
«Ho pensato che tu dovessi saperlo» continuò rivolgendosi all’iracheno. Infine s voltò e ritornò sui suoi passi, scomparendo improvvisamente così come era venuta.

«Allora, in marcia ragazzi!»
Hurley cercò di incitare il gruppetto come se dovessero andare a fare una scampagnata. In realtà si trovavano nella penombra della foresta, pronti ad intraprendere una missione che avrebbe scatenato contro di loro Jack, Kate e tutti gli altri, il tutto per aiutare un roscetto giapponese del quale conoscevano a mala pena la storia.
Hugo ricevette solo sguardi scettici, ma non si sorprese più di tanto.
“Speriamo che Jack non ci veda!” pensava intensamente fra sé e sé.
Nel frattempo Ichigo continuava a ripensare all’uomo tatuato che aver visto arrivare in spiaggia. Aveva come l’impressione di averlo già visto: il suo volto e il suo modo di fare gli ricordavano qualcuno…

-Flashback-


Erano passati tre giorni da quando l’americano era stato ricoverato nella clinica.
Ishinn lo aveva curato per tutta la notte del suo arrivo, mentre Yuzu e Karin erano sempre davanti al suo lettino. In quanto a Ichigo, si teneva alla larga dalla sua stanza e vi ritornava solo quando veniva chiamato dal padre per fare da traduttore. Quell’uomo gli trasmetteva un’ indescrivibile sensazione di disagio. Di lui sapevano soltanto che si trovava a Tokyo per un convegno medico e che, sulla strada di ritorno per l’hotel, si era fermato a un pub e aveva alzato troppo il gomito. Uscito dal locale era stato investito dalla macchina e portato lì d’urgenza.
Quella sera Ishinn aveva costretto per l’ennesima volta il figlio ad aiutarlo. Al primo squillo del telefono in cucina, Yuzu e Karin si erano precipitate a perdi fiato verso l’apparecchio, per poi chiamare subito il padre. Ichigo si ritrovò da solo con Shepard.

«Hai un padre davvero eccezionale, ragazzo; è riuscito a rimettermi in sesto in pochissimo tempo. Io e mio figlio di solito facciamo a gara in questo campo...» disse il dottore assumendo d’un tratto un’espressione malinconica.
«Ah…» mugugnò il ragazzo, guardando fuori dalla finestra.
«Sai, lui è un chirurgo spinale, come me… Lavoriamo allo stesso ospedale; io sono il primario.»
“Bell’ospedale deve essere,con un primario del genere!”
«Come primario dovrei essere un uomo pieno di giudizio e di responsabilità, anche se il più delle volte è lui a prendere in mano la situazione…»
In quel momento entrò Ishinn con un sorriso stampato in faccia. «Era suo figlio!» riuscì a dire in inglese.
Shepard fissò Ichigo, alzò un sopracciglio e disse: «Visto?»

«Hugo, senti, che mestiere fa il tipo moro di stamattina?»
«Chi, Jack? E’ un dottore. Senza di lui saremmo finiti su quest’isola.»


-TUN-

  
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