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Autore: SunnyRoronoa    09/02/2013    1 recensioni
“Lo S.H.I.E.L.D è l’acronimo di Strategic Homeland Intervention, Enforcement and Logistics Division, l’agenzia più importante e segreta che il nostro paese conosca.
Combattiamo criminali di grande calibro e pericolosità, abbiamo i soldati migliori e collaboriamo con quelli che voi comunemente chiamate “ Supereroi”
E lei signorina, lei ha tutte le caratteristiche che deve avere un soldato dello S.H.I.E.L.D, è per questo che è qui.”
Si girò e mi guardò.
“E’ qui perché io l’ho scelta.”
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Vi chiedo scusa per il ritardo, ma ultimamente sono stata un pò impegnata!
Comunque, vi comunico che ho corretto i vari errori presenti sul capitolo precedente, che purtroppo non era un granchè!
Spero invece che quest'ultimo vi piaccia!
Fatemi sapere, bye.

Ps: Grazie, come sempre. 







17.Dimmi, uccideresti per salvare una vita?






Una dolorosa scarica al collo, fu questo che percepì prima di cadere nel buio più profondo.
Il mio cuore si fermò per qualche istante ed il respiro iniziò a farsi più lento e regolare.
La mia mente si stava svuotando da ogni pensieri, ricordo ed emozione.
Sembrava come se il mio cervello si stesse spegnendo lentamente, come se la mia vita stesse svanendo.
Mi guardai intorno sempre più frastornata e confusa.
Sempre più impaurita.
Posai lo sguardo su Gamble, aveva premuto il pulsante verde sul suo telecomando ed io ne stavo subendo gli effetti.
Rideva, e la sua risata arrivò alle mie orecchie come un leggero rumore ovattato.
La vista iniziò a farsi sempre più offuscata, lasciando cosi posto al dolore che mi spezzò quasi non appena arrivò.
Ormai era troppo tardi, tutto stava andando secondo i suoi piani, tutto stava finendo.
Provai a ricordare qualcosa, qualcosa dal mio passato, qualcosa delle persone che amavo, qualcosa di me stessa, qualsiasi cosa che mi tenesse legata a quel mondo, a quella vita, ma l’unica cosa che la mia testa riuscì a focalizzare, fu il nulla più assoluto.
Con le ultime forze che avevo in corpo, posai gli occhi sull’uomo che avevo di fronte e lo guardai con disprezzo ed odio.
Poi, improvvisamente la mia mente si spense e da quel momento non riuscì a vedere nient’altro che oscurità.
Il mio passato era stato cancellato ed il mio futuro distrutto.





Strinsi il mio arco in modo compulsivo, quasi a voler scaricare la rabbia e l’agitazione su di esso. Mi guardai intorno, osservando il cielo scuro che dominava Berlino quella notte.
Nessuna stella inondava quell’oscurità, solo una luna stranamente grande e luminosa appariva in quel enorme telone scuro.
Sbuffai scocciato e mi appoggiai alla cabina elettrica che si trovava sul tetto del palazzo, di fronte all’enorme edificio dove in quel momento si stava svolgendo il galà Berlinese.
Ormai erano più di dieci minuti che stavo li fermo ad aspettare il ritorno di Natasha.
Era partita per una ricognizione veloce del perimetro e ancora non era tornata.
Non doveva esserci molta sorveglianza ma, essendo comunque un evento importante, mi aspettavo almeno la presenza della polizia locale.
Non facevo altro che pensare al motivo per il quale Francis fosse con quell’uomo, in quella situazione.
L’unica risposta logica che ero riuscito a darmi da quando i miei occhi si erano posati su quelle foto, era che lui l’avesse ricattata o comunque minacciata.
Ma anche con quell’ipotesi, non riuscivo a spegnere i miei pensieri e le mie paure.
Era dannatamente strano tutto quello che stava accadendo, un momento prima aveva paura di lui, quello dopo lo teneva per mano mentre andavano insieme ad una festicciola.
Sospirai, se la mia testa fosse stata un computer a quest’ora sarebbe esplosa per l’accumulo di dati, credo.
Sapevo che c’era qualcosa che non andava, e il mio sesto senso mi diceva chiaramente che non era una cosa poi cosi semplice.
Avevo capito che lui l’aveva portata li per farmela vedere, perché voleva che io provassi a salvarla.
Voleva sfidarmi, sapeva che io sarei andato da lei.
Voleva farmi soffrire ed infine uccidermi.
Credeva quindi di potermi battere, forse ne era anche convinto.
Sospirai e appoggiai la testa sul freddo metallo che avevo di lato.
Nonostante tutto, il suo piano rimaneva oscuro e celato alla mia vista, potevo solo provare ad ipotizzare cosa la sua mente malata avesse escogitato.
“Il perimetro è sicuro.” La voce di Natasha mi fece uscire da quella mistura di pensieri.
Lo sguardo che prima era perso nel vuoto, si posò sulla mia compagna.
“Ci sono molte guardie?”
“No, qualche poliziotto…Ma niente di cui preoccuparsi.”
Mi staccai dalla cabina sulla quale ero appoggiato e la guardai.
“Sei pronta?”
Lei accennò un sorriso quasi sprezzante. “Come sempre Barton.” Esclamò con un leggero tono di sfida.
Accennai una leggera risata e subito impugnai il mio arco.
“Ci vediamo dentro Nat…”
Le feci l’occhiolino e corsi fino al cornicione del palazzo.
Guardai per qualche secondo verso il basso per poi tendere la corda del mio arco e lanciare una freccia verso il muro dell’edificio di fronte.
Questa si piantò nel cemento e tese un filo lungo tutta la distanza che aveva percorso.
Con una mano strinsi la presa sul riser e con l’altra staccai dalla mia cintura un paio di granate fumogene.
Grazie a quelle avrei creato un diversivo per far scappare tutti i civili presenti alla festa.
Presi fiato e calmai il battito del mio cuore, poi, espellendo l’ossigeno dai miei polmoni, mi lancia verso l’enorme finestra che avevo di fronte e tirai le granate prima che potessi atterrare sul pavimento.
Gli invitati non fecero in tempo ad accorgersi della mia presenza che subito iniziarono a scappare verso l’uscita del salone, impauriti dall’esplosione e dal fumo bianco che iniziava a circondare la zona.
Staccai l’arco dalla corda che avevo lanciato e incoccai subito una nuova freccia, questa volta senza nessun tipo di equipaggiamento speciale.
Aspettai che la stanza si fu vuotata ed iniziai a cercare il mio obbiettivo.
Sapevo che Gamble non sarebbe scappato come il resto delle persone, quindi ero sicuro di poterlo localizzare con facilità.
Non appena la nebbia artificiale che avevo creato si abbassò, percepì un rumore dietro le mie spalle.
Mi girai velocemente e ritrovai il mio arco puntato contro di lui.
Era seduto su una sedia quasi regale e mi stava guardando, con uno strano sorriso stampato in volto.
“Finalmente sei arrivato!” Disse sorseggiando del vino dal bicchiere che aveva in mano.
“Pensavo non saresti venuto…” Aggiunse mentre continuava a guardarmi con il solito ghigno malato.
La mia mano fremeva, volevo lasciare la presa sulla corda e conficcare quella dannata freccia sulla sua testa.
“Dov’è?” Chiesi con tono leggermente rabbioso senza però abbassare l’arco.
Lui rise.
“Vuoi davvero saperlo agente Barton?” Iniziò a roteare il liquido rosso all’interno del bicchiere mentre continuava a scrutarmi, in cerca forse di qualche mio punto debole.
“Dimmi dove l’hai messa.” Ringhiai e tirai di più i muscoli cosi come i flettenti.
Rise di nuovo.
Improvvisamente un brivido di rabbia mi percosse la schiena ed in tutta risposta alla sua provocazione, lasciai che la freccia che avevo incoccata nella mia corda,  partisse e centrasse in pieno il suo bicchiere, distruggendolo in tanti piccoli pezzi.
In un attimo tirai fuori dalla faretra un’altra freccia e la incoccai nuovamente, riportando il mirino sulla testa del mio obbiettivo.
“La prossima finisce dritta in mezzo ai tuoi occhi, bastardo.” Dissi con tono ormai alterato.
“Dimmi dov’è!” Urlai e la mia voce risuonò per tutto il salone.
Gamble mi guardò ed accavallò le gambe con fare molto tranquillo.
“ Non ti arrabbiare amico! Non ce n’è bisogno!” Rise e posò lo sguardo su qualcosa che sicuramente doveva stare dietro le mie spalle.
Non mi voltai, conoscendo la furbizia di quell’uomo, quello poteva solo essere un diversivo per attaccarmi.
Fece un leggero segno d’assenso e dopo qualche millesimo di secondo, la stanza fu riempita dal rumore che solitamente delle scarpe da donna provocano su di un pavimento.
Gamble tornò a guardarmi e mi fece segno di girarmi, sorridendo in modo perverso e divertito.
Purtroppo per me, seguii involontariamente il suo consiglio, girando subito gli occhi verso la fonte del rumore.
Quando la vidi non potei non rimanere fulminato.
Era bellissima, i capelli le cadevano morbidi lungo le spalle e coprivano leggermente il vestito nero che indossava.
Questo le arrivava poco più su del ginocchio e lasciava scoperte le braccia e una piccola parte delle spalle.
Labbra rosse e occhi verde smeraldo.
Scarpe vertiginosamente alte e gambe perfettamente dritte.
Nonostante la situazione non fosse delle migliori e sicuramente non fosse la più adatta, sentì comunque un leggero calore diffondersi lungo tutto il mio corpo.
La guardai, abbassando il mio arco ed aspettai un suo segno, uno sguardo, un sorriso magari.
Un gesto che mi avrebbe fatto capire che lei era pronta per essere salvata.
Ma, al contrario delle mie aspettative, non ricevetti nulla di tutto questo.
Mi passò di fianco senza degnarmi di un occhiata ed andò dritta verso Gamble, camminando con movimenti freddi e decisi.
Guardai tutta la scena come fossi rimasto pietrificato.
“Sei confuso immagino…” Esclamò l’uomo seduto sulla poltrona, non appena Francis lo raggiunse.
Lei si girò di scatto e rimase immobile di fianco a lui.
“Non ti ha salutato? Come mai Barton?”
Rise leggermente e mi guardò con fare ironico.
“Cosa le hai fatto…?” Sussurrai quelle parole con voce tremante, mentre un’insolita paura iniziò a farsi strada nel mio cuore.
Gamble ghignò in modo perfido.
“Cosa le ho fatto dici?” Ridacchio con cattiveria. “Lei è mia ora, mio caro Clint.” Posò gli occhi sui miei “E’ mia.” Esclamò sottolineando quelle due ultime parole.
“Non è più nessuno, ne la Francis che conoscevo io, ne la Francis che conoscevi te, è una persona nuova, senza sentimenti, senza ricordi, senza emozioni. Non ha più nulla, se non la sua forza.”
Ascoltai quelle parole senza fiatare, ma non riuscì comunque a capirne il significato.
Cosa stava succedendo? Era forse uno scherzo?
Mi stava prendendo in giro? Aveva organizzato tutto questo per prendersi gioco di me?
“Cosa vuoi dire?” Chiesi mentre tutte quelle domande continuavano a ronzarmi in testa.
“Voglio dire che lei non si ricorda di te, sei solo un’ombra per la sua mente.”
“Non è vero.”
Gamble scoppiò a ridere e si alzò in piedi.
“Forse non ti è chiaro il motivo per il quale tu sei qui questa sera.”
Mi guardò ed iniziò a camminare verso di lei.
Alzai subito l’arco e lo puntai verso l’uomo, che però continuò a muoversi tranquillamente.
La mia voglia di ucciderlo aumentava ad ogni suo passo, ma dovevo scoprire cosa stava succedendo e solo lui poteva spiegarmelo.
Quando la raggiunse le sfiorò una guancia con un dito e riportò gli occhi su di me, quasi a volermi far morire d’invidia.
“Credi che io ti abbia attirato qui per poterti dare l’opportunità di salvarla!? Oppure per gioco?!”
Ridacchiò e scosse la testa.
“Mi deludi di nuovo Barton, pensi davvero che io sia cosi buono?”
Si avvicinò al collo di Francis e con un respiro tirò via il profumo dalla sua pelle candida.
“Non vedevo l’ora che arrivasse questo momento!” Esclamò divertito.
“Ho programmato tutto nei minimi particolari, sai?! Sono riuscito perfino anche a farti credere che la tua fuga dalla prigione fosse stato un mio errore, quando invece era tutto programmato! Ogni cosa che ti è successa, ogni piccola cosa, aveva come unico scopo quello di condurti qui questa sera, come unico fine quello di porti davanti ad una scelta difficile, di farti vivere un incubo, di farti soffrire, di farti capire cosa significa vivere nella paura.” Lentamente, il suo piano parve crescere davanti ai miei occhi.
“Questa è la fine Barton.” Aggiunse, usando un tono pieno d’odio e rancore.
“Questa sera, uno di voi due morirà per mano dell’altro. Non ci sono vie di fuga, dovrai affrontare il tuo destino.”
Non appena le mie orecchie percepirono quell’orribile verità, sentì lo stomaco contorcersi su di esso, il cuore scoppiare e le gambe tremare.
“Ed io mi chiedo, sarai cosi coraggioso da lasciarti uccidere, sapendo che non appena lei avrà le mani ricoperte dal tuo sangue, io le ridarò la sua vita, i suoi ricordi, le sue emozioni ed i suoi sentimenti cosi che possa accorgersi di cosa ha fatto e soffrire nel realizzare di averti ucciso, oppure la ammazzerai prima che lei possa fare lo stesso con te?”
  
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