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Autore: chilometri    09/02/2013    10 recensioni
Cosa succede quando Harry Styles, ventitré anni e il cuore confuso, capisce di provare qualcosa per Louis Tomlinson, appena laureato, un po' troppo in ritardo?
~
«Sei tornato...». Non è una domanda, quella detta da Louis, non sa nemmeno se sia un’affermazione, è solo una frase pronunciata per assicurarsi che lui sia davvero lì.
«Ti ricordo che questa è casa mia».
Sputa, rimanendo fermo sulla porta e il maggiore abbassa lo sguardo, ferito.
«Senti, per quella cosa, io...»
«Tu cosa, Louis? Tu non volevi?» Ringhia. «Invece volevi. Però è okay, hai ragione, sposati, devi farlo, devi avere una vita felice, non sono affari miei chi è lei, sono tuoi. Quindi finisci di fare le valige, e vai via, ti prego».
Genere: Angst, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parte prima | Coward.

 

«Ho chiesto a Eleanor di sposarmi.»
Furono queste le parole che Louis Tomlinson, appena laureato, aveva pronunciato seduto sull’erba, la maglia bianca a righe blu che gli fasciava il busto e il pantalone rosso che gli stringeva le natiche sode.
Furono queste le parole che rimbombarono nella mente di Harry Styles, il suo epico migliore amico, per una durata di una settimana.
 
 
 
«Harry, devo parlarti».
Il riccio tira l’ennesimo morso al biscotto al cioccolato – i suoi preferiti sono sempre stati quelli e, detto con modestia, gli vengono sul serio bene: ai fornelli è un Dio -, prima di guardare nella direzione del suo amico ed impietrire alla vista dei suoi occhi – del colore del ghiaccio che tanto ama –, che appaiono così insicuri.
Così si pulisce le mani sui jeans, fa cadere quel poco di zucchero a velo che c’è sul dolce per terra, e tira la sedia indietro, alzandosi dal tavolo e raggiungendo il lavabo della cucina.
Prende le sigarette, le mette in tasca e senza dire una parola fa un cenno a Louis di seguirlo in giardino.
Attraversano la casa – la loro casa – senza dire una parola, solo il rumore dei passi strisciati e il ritmo leggero dei loro petti che si alzano e si abbassano.
Harry arriva alla porta che da alla veranda, la apre con delicatezza ed inspira l’aria invernale che lo colpisce in pieno petto.
E’ il 16 novembre, la prima volta in cui Louis Tomlinson ed Harry Styles escono insieme in veranda, solo loro due e tutto il mondo fuori.
«Fa un freddo cane, qui, Harry. Non posso semplicemente parlartene dentro?»
Il maggiore si stringe nelle spalle ed inarca un sopracciglio quando il riccio si siede sull’erba, le gambe incrociate e solo una t-shirt nera a stringerli il corpo.
«Tu sei matto». Proferisce, prima di guardarsi intorno.
«Sta’ zitto». Risponde quello, la sigaretta tenuta in bilico tra le labbra mentre l’altra mano è impegnata a frugare nelle tasche, alla ricerca di un accendino che non tarda a trovare qualche secondo dopo.
«Allora, ti siedi o vuoi rimanere lì per sempre?»
«Ho freddo, devo parlarti di una cosa importante e non voglio farlo con i denti che battono».
Harry non gli risponde, semplicemente alza gli occhi al cielo, fa spallucce e poi punta le sue iridi verde in quelle dell’amico, mentre inspira una boccata di fumo che sente arrivare dritta nei polmoni, li stringe, li sporca, li annerisce e poi... espira.
«Ti odio». Proferisce Louis, prima di sedersi sull’erba, bagnata a causa della pioggia precedente.
«Non è vero».
Rimangono in silenzio per un po’, è sempre così tra loro due, non hanno mai bisogno di parlare, se non nei casi strettamente necessari.
Harry inspira ancora il fumo, poi lo lascia uscire e si diverte a fare due, tre cerchi nell’aria: ci ha messo secoli ad imparare come si faceva, ed ora che ci riesce, si sente veramente cool.
Lascia vagare lo sguardo per il giardino, i fiori sono pieni di vita, colorati, sembrano non volerne sapere di appassire nonostante tutte le intemperie del tempo, un altalena ormai troppo piccola per tutti i visitatori della casa giace in un angolo, arrugginita e, poco più lontano, scorge un alberello. Quello è il loro albero.
Avevano scoperto la loro attuale casa, all’età di undici anni per Harry, che frequentava la prima media e ai tredici di Louis, che frequentava la terza, entrambi ancora immaturi e pieni di gioia.
Il riccio ricordava ancora l’entusiasmo con cui Louis lo aveva trascinato fino a quel posto, sussurrando parole eccitate come: “tutti dicono che sia infestata”.
E allora, effettivamente, lo sembrava.
I muri erano incrostati, le finestre rotte e le porte cigolavano da matti.
Quella casa non era abitata da più di dieci anni, e nessuno l’aveva ancora comprata semplicemente per il fatto che era lontana dalla città e dalla vita chiassosa mondana, troppo lontana da tutti gli schiamazzi che il mondo si divertiva a fare.
Louis Tomlinson, da bravo birbante qual’era allora, l’aveva scoperta quando era scappato di casa a causa di uno  dei numerosi litigi tra i suoi genitori.
Louis Tomlinson, i capelli tirati giù in un ciuffo schifosamente laccato, gli occhiali troppo grandi per il suo viso troppo piccolo e gli atteggiamenti da duro che non si addicevano al suo metro e cinquantatre di altezza, era corso dal suo migliore amico, Harry Styles. Capelli ricci, fossette appena accentuate, occhi verdi ed accesi e vestiti strappati perché le condizioni economiche a casa non erano delle migliori.
Ti porto in un posto bellissimo”, gli aveva detto, ed Harry, che sapeva di potersi fidare, si era fatto trascinare all’abitazione, con un po’ di fifa. Avevano vagato per la casa, una torcia a portata di mano, un battito accelerato ad ogni rumore estraneo e un sacco di risate ogni volta che Louis toccava Harry che, puntualmente, sobbalzava, imprecando contro di lui subito dopo.
Poi erano usciti, sudati e anche un po’ impauriti, e si erano distesi sull’erba ormai appassita.
Il riccio, da bravo osservatore qual’era, aveva guardato attentamente anche al di fuori della casa e aveva intravisto l’albero, aveva strattonato la maglia all’amico e gliel’aveva indicato senza fiatare.
Si erano diretti a passo lento verso quel punto ed una volta arrivati, Harry vi ci si era accovacciato contro, scrutandolo con fare sospetto.
C’erano tantissime formiche che camminavano sul tronco e altrettante lumache attaccate: aveva sorriso ed aveva fischiato a Louis. “Passami quel bastoncino e dimmi il soprannome più buffo che ti abbiano mai affibbiato”.
Aveva ordinato e mentre il suo migliore amico si piegava e cerca qualcosa con cui incidere, si fece pensieroso. “BooBear”.
Affermò, dopo qualche secondo.
Harry era scoppiato a ridere. “BooBear? E che razza di nome è?”.
Louis lo aveva guardato storto. “Me lo ha dato mamma”.
Aveva spiegato, fiero, alzando il naso all’aria, un’aria indispettita.
Il riccio aveva sghignazzato ancora un po’, poi aveva strappato dalle mani il pezzo di legno e spostò un po’ di formiche; iniziò a scrivere.
“Che fai?” Aveva chiesto curioso il maggiore.
Incido i nostri soprannomi qui sopra, così se riusciremo ad essere amici per tanto tempo, verremo a vivere in questa casa e nessuno potrà dirci niente, perché ci siamo prenotati prima noi”. Gli aveva spiegato Harry con tutta l’innocenza del mondo, la lingua tra i denti e la fronte aggrottata. Louis aveva annuito, serio, rimanendo in silenzio.
Poi, qualche secondo dopo, Harry si era alzato soddisfatto e aveva fatto segno a Louis di andare via mentre sull’albero rimaneva inciso un “Hazza&BooBear”, che non sarebbe andato via.
Il riccio scuote la testa, rendendosi conto di essersi perso un po’ troppo nei suoi pensieri.
«Non dovevi dirmi qualcosa, tu?» Chiede all’amico che è rimasto tutto il tempo zitto, a torturarsi il labbro e le mani.
Al sentire la voce di Harry, Louis sobbalza ed alza fulmineo lo sguardo verso di lui.
«Sì».
Il minore si rende conto di aver finito la sigaretta, per cui butta ciò che rimane della cicca nell’erba ed osserva per un secondo l’alone del fumo che si spegne grazie all’acqua del terreno.
«Dai». Lo incita, stendendosi e rabbrividendo quando ogni muscolo entra a contatto con il terriccio freddo.
Sente lo sguardo di Louis addosso e sorride, facendo formare delle adorabili rughe vicino agli occhi.
«Perché sorridi?»
Il sorriso di Harry si allarga. «Perché mi stai guardando». Gli risponde, semplicemente, cercando il suo sguardo.
Sguardo che viene volontariamente schivato dal maggiore.
«Louis, dovrai dirmelo prima o poi, è inutile che rimandi». Sbuffa il riccio.
Con la coda dell’occhio Harry vede benissimo che Louis apre la bocca, poi la richiude, si morde il labbro, gioca con l’erba e con la sua maglia, la riapre e la richiude.
«Codardo». Fischietta il riccio, colpendo l’orgoglio, uno dei suoi pochissimi punti deboli.
Proprio come spera, infatti, lo sguardo dell’amico saetta verso di lui, gli occhi si assottigliano e un sorrisetto nasce sulle sue labbra sottili e rosee. Apre nuovamente la bocca e il contatto del suo respiro caldo con l’aria gelida forma una nuvoletta.
«Ho chiesto ad Eleanor di sposarmi». Dice, tutto d’un fiato.
 

Harry sbatte le palpebre due volte.
Le apre, le chiude.
Le apre nuovamente e le richiude ancora.
Non sa che dire, è indeciso se alzarsi e lasciarlo lì, oppure fare per un attimo la persona ragionevole, sedersi sull’erba, guardarlo negli occhi e... ridergli in faccia.
E’ serio? Sta dicendo sul serio? Sono queste le due domande che vagano nella mente del riccio, che, ancora senza dire niente, prende il pacchetto di sigarette e ne sfila in fretta e furia un’altra, accendendola con altrettanta velocità e quando finalmente inspira, sente le idee schiarirsi e il suo cervello inizia a lavorare.
Louis, il suo migliore amico da nove lunghissimi anni, sta per sposarsi.
Okay.
Non dovrebbe sentirsi dentro qualcosa tipo, non saprei, la felicità?
Perché è così che funziona, tra migliori amici, vero?
La tua felicità è la mia felicità, mi casa es tu casa.
E allora cosa diamine è quella strana sensazione che gli attanaglia le viscere e  gli impedisce a tratti di respirare? Cos’è quel retrogusto, lì, proprio in fondo alla lingua, che sa di amaro, di delusione, di tristezza?  
Amore.
Harry inarca un sopracciglio non appena una strana voce gli sussurra quella parole nella testa.
«Oh, okay». Sussurra, dopo un’interminabile minuto. Sente Louis ricominciare a respirare, piuttosto affannato.
«Okay?» Chiede, incerto. «Tutto qui?»
Harry reprime l’ennesimo conato di vomito – scaturito da qualcosa che identifica come rabbia – e si prende qualche secondo per rispondere.
«Cosa vuoi che ti dica?» Domanda, forse troppo duro, perché vede boccheggiare il maggiore, la fronte corrugata e lo sguardo perso.
«Non so, se mostrassi un po’ di entusiasmo mi renderesti felice». Ribatte, freddo.
Harry sente qualcosa all’altezza del cuore, ma non sa se è dolore o semplicemente fastidio.
«Lo sai quali sono i miei pensieri su quella».Dice, quasi con disprezzo, calcando sull’ultima parola.
Ovviamente, lo sguardo del suo migliore amico diventa severo e la mascella si irrigidisce. «Beh, io e Eleanor andremo a vivere insieme tra una settimana, quando è previsto il nostro matrimonio, ed io potrò andare finalmente via da questa catapecchia».
Non appena pronuncia quelle parole, Harry sgrana gli occhi, il respiro incespica e la sigaretta gli cade dalle dita, mentre si tira su di scatto, guardando negli occhi di Louis il cui sguardo è passato in un attimo da arrabbiato a pentito.
«Scus-» Prova, ma il riccio non vuole sentire ragioni, lo sa che quando il maggiore è arrabbiato tende a sputare la verità, e subito dopo se ne pente. Ma ad Harry non importa: quella era pur sempre la fottutissima, cruda verità.
«Okay, hai ragione, questa casa è una catapecchia, evidentemente non ci si può stare in addirittura due persone. E’ il caso che tu prenda le tue schifosissime cose e te ne vada a vivere con... lei». Sputa, il disprezzo che arriva dritto al cuore di Louis. Si alza di fretta e furia dall’erba, espira l’ultimo boccone di fumo e, con grandi falcate, oltrepassa il giardino fino ad arrivare alla vetrata della veranda.
«Harry!» Lo chiama Louis.
«Fottiti», sibila quello, prima di sbattere la porta e far tremare i vetri.
Louis lancia un gemito di frustrazione, si passa una mano fra i capelli.
Lo sa che ha sbagliato, lo sa cosa significa per Harry – e anche per lui – quella casa, lo sanno solo lui e Dio quanto il riccio abbia faticato per riuscire a far arrivare gli operai migliori a dipingere le pareti, sa quanto odi i problemi economici e, di conseguenza, sa il perché abbia sempre lavorato – giorno e notte, se necessario – per non far mancare niente a nessuno.
Lo sa, che non avrebbe dovuto dire quella frase e che ha combinato un casino, ma odia quando Harry critica la sua ragazza.
Lui la ama, vuole sposarla e passare il resto della vita con l... Louis aggrotta le sopracciglia, mentre un’immagine di Eleanor ogni giorno, vicino a lui, sempre e costantemente con lui, gli appare in volto.
La ami davvero? Vuoi davvero sposarla e passare il resto della tua con lei? Chiede una fastidiosa vocina nella sua testa che lui scaccia subito, Ovvio.
Era logico!

O forse no?

 









 

*si nasconde*
*si sporge un po'*
*si gratta la testa, in imbarazzo*

Ehilà! :D 
Eccomi nuovamente qui ad intasare con la mia (malata) mente Larry, questo povero fandom çwç
Dunque, sarò breve perché non mi va di dilungarmi troppo OuO
Ieri giorvagavo per le cartelle del mio pc, avevo voglia di scrivere ma ero troppo pigra/stanca per farlo, quindi ho pensato di riordinare e cancellare qualcosina. Ad un certo punto, boom!
Mi imbatto in questa minilong, in realtà avevo persino dimenticato di averla iniziata (lol) ed aprendola, ho scoperto che risale a novembre, l'ho riletta velocemente e mi sono resa conto che non era poi una cosa così pessima, era persino finita! o meglio, mancava solo una parte, quindi mi sono chiesta: 
“perché non scriverla ora?”, ed è poi, effettivamente, quello che ho fatto, l'ho conclusa. 
In tutto sono quattro parti - l'ultima è decisamente troppo lunga, vedrò se dividerla, ma comunque il numero preciso è quello - e boh, credo di essere abbastanza soddisfatta del risultato! #stranezzerandom lolol 
No, dico davvero, è forse l'unica cosa che io abbia mai scritto che mi piaciucchia un po'.
Premetto, è angst, sopratutto nella seconda/terza parte, però è leggera, una cosa semplice, un esperimento - che spero apprezzerete -, ho voluto quindi scrivere un'AU, diciamo, e vedere cosa ne sarebbe uscito. Il risultato è... beh, questo! :') 
La smetto di blaterare, spero davvero con tutto il cuore che vi piaccia, perché ci tengo tantissimo, la porto avanti da tipo tre mesi OuO
Me la lasciate una recensione? :c Dai, dai! asdfghjk Mi fa sempre piacere leggere cosa ne pensate (:

Smetto anche di elemosinare recensioni #lol. <3

AH! QUASI DIMENTICAVO! LOL Il banner NON è stato fatto da me, ma da questa (http://onedirectionfanfiction.com/viewuser.php?uid=28215) ragazza, TUTTI I MERITI/CREDITI A LEI! C:
Aggiornerò non appena vedrò che c'è qualche ragazza disperata come me, disposta a seguirla LOLOL Vi amo tantissimo, davvero. 
Grazie per tutti i complimenti ed il supporto che mi date sempre asdfghjkl


Un bacione grandissimo,
Romeo.
<3


per qualsiasi cosa, qui c'è il mio twitter: https://twitter.com/harrysromeo 
(si apre in un'altra finestra c:)




 



Spoiler:

«Non... non entra..re nella stanza». Balbetta, la vista ancora offuscata.
«Ma... Harry, che ti prende, perché non posso?»
«Lui... il... c’è il suo profumo, e tu sapevi di fumo, e se va via anche quello dalla nostra stanza, Zy, io non so come faccio ad andare avanti» 
[...]

  
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