L’amour triomphe toujours.
A Kebbu, che è tutta la vita di Pisellino.
A Fäith, che amo tanto.
A Fra, che mi manca da morire,
e che in questa storia sarà più presente che mai.
afraidofspoon, Erika.
Prefazione
H.
L’odore del caffè scappò dalla cucina e mi raggiunse a letto.
La radiosveglia partì con i Phantom Planet; le diedi un colpo secco e la feci stare zitta. Non era possibile, era già la seconda sveglia che rompevo durante la settimana. Ed era martedì mattina. Precisamente le sei.
-Harry, alzati, sono le sei- Disse dolcemente mamma, affacciandosi alla porta della mia stanza.
La mia risposta non arrivò; mi coprii svogliatamente il viso con il cuscino.
Non avevo la minima voglia di alzarmi, fare la doccia e andare alla fermata del bus. A Settembre tirava già un vento fresco e fastidioso dalle mie parti, e anche se ero solito stare nudo o comunque poco coperto, il freddo era la mia tortura più atroce; e alle sei di mattina, sotto la pensilina, esagerando potevano esserci dieci o dodici gradi. Ed erano già troppo pochi per una checca freddolosa come me.
-Harry, alzati, sono le sei e dieci- La voce ovattata di mamma arrivò alle mie orecchie meno dolce.
-Due minuti, mamma…- Protestai, soffocando uno sbadiglio e tirandomi sulle spalle la coperta. Mentre parlavo, avevo sentito il ritmo delicato dei suoi passi farsi vicino.
-Harold, ma così perderai il pullman- Reclamò mia madre, privandomi del cuscino e della coperta.
Mi ricoprii fino a metà busto, allarmato.- Mamma, sono nudo!- Contestai, mettendomi a sedere.
La sentii ridere. Amavo mia madre; sapevo che faceva ogni suo gesto, compiva ogni suo passo e versava ogni sua goccia di sudore per me. Ed io non sarei mai stato in grado di ripagarle tutto, ma almeno sapevo di renderla orgogliosa e di non essere un peso eccessivo per lei.
-Okay, ho capito. Vado a farmi la doccia- Dissi, consapevole che Anne Cox Styles stesse sorridendo vittoriosa.
Nel lasso di tempo che intercorse tra il mio risveglio e il mio ritrovo davanti ai cancelli dell’HCCH School - Holmes Chapel Comprehensive High School - avevo avuto il tempo per farmi la doccia, rubare la solita mela dal cesto e prendere il bus di linea scolastica.
Ah, come soffrivo. In genere andavo a scuola in motorino, ma siccome negli ultimi tempi in casa Styles si stringeva la cinghia, non avevo avuto modo di pagarne l’assicurazione ed ero costretto a tenerlo nel cortile e prendere il pullman.
Messi i piedi sull’asfalto, fu inevitabile percorrere la stessa strada che da due anni già calpestavo - ero al terzo anno - senza mai cambiare direzione; il percorso lungo che mai nessuno prendeva, quello che portava ai bidoni dell’immondizia puzzolenti in cui venivano gettati gli avanzi della mensa, che continuava per i gradini che scendevano nel cortile sul retro della scuola, precisamente nella sala grande del bar scolastico.
Le lezioni avevano ripreso da qualche giorno, motivo per cui avevo l’orario, ovviamente ancora provvisorio, pieno di buchi per la mancanza di professori - stessa storia ogni anno. Ringraziai di avere francese alla prima ora; non che andassi male nella materia, ma sapevo che la professoressa fosse in maternità e il preside non aveva trovato una supplente.
Così mi recai in tacito silenzio al bar della scuola, dove mi accomodai a un tavolino, con una tazza di cioccolata calda fumante sotto al naso. Estrassi meccanicamente dalla mia cartella una penna a sfera e il mio diario, un vecchio raccimulo di fogli ingialliti e svolazzanti, pieni zeppi di parole; uno di quelli che mantengono la bellezza della loro epoca, rilegato in pelle. Dopo Louis William Tomlinson, quel diario era l’unico modo che avevo di sfogarmi.
Scrivere mi dava quel senso di libertà che solo spiccare il volo avrebbe potuto darmi, se soltanto volare non fosse stata una delle mie paure più grandi.
Louis, che era il mio migliore amico storico, me lo ripeteva sempre: «Tu non voli perché hai paura di precipitare!».
«Ma io sono nato senza paracadute.» È sempre stata questa la mia risposta.
E lui mi spiegava che nella vita, avere un brutto ricordo è meglio che avere un rimpianto. Che assurdità, preferivo di gran lunga immaginare il mio finale mancato che piangermi addosso per il lieto fine andato a male. Preferivo pensare che se ero felice fosse per le mie scelte e i miei piedi incollati all’asfalto.
Quando ebbi raggiunto l’ultima riga della pagina, fermai lo scorrazzare dell’inchiostro, chiusi il diario e posai la penna sul tavolino.
Presi tra le mani la tazza di cioccolata calda, che nel frattempo aveva preso la giusta temperatura, e la portai alle labbra.
Non avevo idea che da quel giorno la mia vita avrebbe preso una piega diversa.
VAS HAPPENIN’ GIRLS?
Okaaaay, vi ho abbastanza annoiate con la prefazione. So che era abbastanza soporifera e lenta, diciamo che non ha un vero senso. È che non sono capace a iniziare, di qualsiasi cosa stiamo parlando. In questo caso, per me è stato un parto scrivere questa prefazione che è noiosa e insensata.
In realtà, di questa prefazione non dovete dare nulla per scontato, vi ho dato un miliardo di assaggi della storia del “mio Harry”, davvero tanti. Oddio, ho appena scoperto di non aver scritto una prefazione inutile! *Segna la data sul calendario, stappa lo Champagne e balla YMCA*
Accontentatevi, anche se è nel primo capitolo che inizia lo svolgimento della storia.
Ah, sì, prima che me ne scordi, voglio ribadire che è una Zarry, ovvero pairing Zayn/Harry. Li trovo assurdamente dolci e sexy insieme. Oddio, meglio se tralascio l’argomento o mi viene l’ansia e comincio a parlare/scrivere.
Okay, okay. Non lasciatemi a piedi, vi prego.
Fatemi contenta, se non contiamo il preambolo di una storia che ha visstuto un solo giorno, questa vale come pima Fan fiction che pubblico su Efp. Mi demoralizzerei se nessuno mi si filerebbe.
*Brava Erika, fai la vittima e la ruffiana, così faranno tutte l’esatto contrario!*
Uffa, sopportatemi, vi supplico XD
Alla prossima, se qualcuno mi calcolerà èé
afraidofspoon.