CAPITOLO TRE
°°°Ore 7,15
Finalmente!!! Eravamo arrivati in Inghilterra ed io ero molto
contenta,non solo per il fatto in sé per sé,ma anke perché eravamo scesi da
quel benedetto aereo e per tutta sincerità,avrei preferito arrivarci a piedi in
quella terra fantastica. Il cielo non era assolato, ma faceva ugualmente caldo
e la presenza delle nubi contorte tra di loro,mi
metteva ansia e tutte le preoccupazioni e i problemi più inutili si
ammucchiarono in una sorta di vortice nella mia testa.
Il papà
aveva chiamato un taxi con un cenno della mano e, dopo essere entrati
nell’auto, il taxi driver ci disse,o meglio,mi disse
che stranamente mi aveva già visto da qualche parte. Il fatto strano e che
anch’io la pensavo allo stesso modo;mi ricordava
qualcuno.
Scrutai fuori dal finestrino per vedere la città. Più che città,vidi un groviglio di gente intenta ad andare di qua e di là
per le vie di Londra,sempre più in fretta e con un sacco di buste in mano.
Erano di sicuro degli acquisti. Passammo
persino davanti ad una folla con dei blocchetti e delle penne in mano,tutta ammucchiata in uno spiazzo nel tentativo di
accerchiare qualcuno.
Arrivati
in albergo, il facchino ci prese tutta la roba e ce la portò su,nelle nostre rispettive camere.
La mia,
corrispondeva al numero 3486 e ciò mi faceva pensare che quell’albergo doveva essere molto grande e anche lussuoso. Infatti,da quanto avevo visto, quello si presentava abbastanza
accogliente data la sontuosità dell’arredamento caratterizzato principalmente
da divani in pelle di un rosso scuro tendente al bordeaux e dai numerosi quadri
appesi alle pareti. Poi,con tutte quelle facciate
illuminate,l’hotel sembrava un museo. Era tutto molto bello e armonioso.
Per
arrivare agli ascensori,snodammo per un lungo
corridoio tutto illuminato dalle piccole lampadine semplici,ma molto
chic,accostate sui degli appoggi a muro,particolarmente raffinati.
Arrivammo
in fondo al corridoio,dove si presentavano due stanze
dove, ad una delle quali era incisa un’ insegna: “room of the elevators”. Fu lì ke il facchino si fermo
e frugò nelle tasche della sua giacca per trovare una chiave o qualcosa del
genere
Nell’altra
camera,accanto alla stanza degli ascensori,si vedeva
tanta gente,seduta attorno a dei tavoli,che era intenta a fare colazione;deduzione
data dall’intenso profumo dei croissant che dal mio olfatto è sempre al 1°
posto. Non mancavano poi gli sguardi incuriositi della gente che guardava nella
nostra direzione. Dopo un po’ il facchino tirò fuori un oggetto piccolissimo,tutto dorato che poi infilò nella serratura della “room of
the elevators”.Con un filo di voce quasi
impercettibile chiesi:
“Mi
scusi, signor facchino,ma perché non lascia aperta la
stanza in modo che la gente non le chieda sempre di aprire la porta!”
“Ah,signorina,io la apro sempre la porta, ogni mattina ma oggi
lo avevo dimenticato. La ringrazio per avermelo ricordato”, disse
mentre mi fece una strizzatina d’occhi.
Quando
finalmente entrammo in ascensore,ci fu un qualcuno che
chiamò il facchino, il quale si allontanò dal momento che il papà mi aveva
chiesto con sguardo attonito:
“Ma dove hai imparato a parlare l’inglese alla perfezione?” –
e io gli risposi con fare saputello –
“A
scuola!E comunque ieri sera ho fatto una
ripassatina,però non sono ancora in grado di parlare l’inglese alla
perfezione!Ho ancora molte regole da imparare!” – sembrava che da quel momento
avessi disilluso mia madre perché fece un’espressione interrogativa molto
strana e mi disse ragionevolmente: “Ma cosa hai chiesto a quel povero signore?E
cosa ti ha risposto?”
“Gli ho
chiesto se questa porta la lasciavano sempre aperta e lui mi ha risposto che
stamattina aveva dimenticato di aprirla!Mi ha anche ringraziato per averglielo
ricordato!” – mia madre fece un’espressione avvilita come a dire: “Non ti permettere
mai più di fare domande insulse alla gente o la prossima volta ti picchio!”
Già,era questo che voleva dirmi,ma tanto non feci
nulla,dopotutto ero abituata al suo increscioso vizio di considerare le cose
anche dal lato negativo, e per dirla tutta,fu proprio per questo lato del
carattere che mio padre accidentalmente la sposò.
Passò
circa un minuto e quando il facchino ritornò,notò
subito le facce seccate dei miei che erano stufi di aspettare,ma educatamente
si scusò e disse:
“Scusatemi
signori per l’attesa, ma c’è qualcuno di là che sta cercando la signorina
Valeria”– e i miei, tutt’altro che scusarsi mi adocchiarono come a dire: “e questo che caspita ha detto?!”
Io
ovviamente dissi al facchino:
“Non si
preoccupi, dica a questa persona che arriva tra un momento, io devo parlare con
i miei genitori!!” – e il facchino con un lieve inchino si allontanò.
“Ma che
cavolo ha detto questo, Va?” – chiese mio fratello in tono brusco
“Niente,
ha detto che c’è qualcuno di là che mi aspetta!Ma’,pa’ io vado!”
“Ehi, e
chi ti accompagna su?” – chiese mia madre sperando di capirci qualcosa di
quella situazione!
“Oh, il
facchino!”
“Ok,ma non rimanere giù troppo a lungo,devi aiutarci a disfare
le valigie” – ribatté mio padre
Dopodiché
mi allontanai da loro per entrare nella camera attigua
alla stanza degli ascensori:
appena
entrai nella stanza,sentii l’imbarazzo pulsarmi le guance,perché evidentemente
ero diventata rossa come un peperone. Cercai quindi di non pensarci,ma la tensione era troppa e lì dentro c’era troppa gente.
Mi riusciva difficile trovare chi mi stava cercando, quando andai a sbattere
contro il facchino dell’ascensore:
“Ah,signor facchino, mi scusi per lo scontro” - chiesi
imbarazzata al pover’uomo che per poco non cadeva.
“Chi è
che mi cerca?” – continuai dicendo e lui mi rispose additando in fondo alla
sala:
“Quel
ragazzo laggiù;al tavolo blu!”
“La
ringrazio e...i miei genitori l’aspettano! Arrivederci”
Conclusi
così la conversazione per dirigermi lì, dove sedeva un ragazzo alto,bello,dagli occhi trasparenti che scrutava in mezzo alla
gente per cercare di capire dove fossi. All’improvviso il mio cuore cominciò a
battere all’impazzata e io tentai di calmarmi mettendo la mano al petto e
lodando la fortuna perché in quel momento nessuno poteva essere raggiante,almeno quanto me. Mi sentivo leggera come un palloncino e
fu in quel momento che provai a pensare,a ricordare quegli istanti di felicità
perché sapevo che non gli avrei mai dimenticati,dopotutto era l’inizio di una
nuova amicizia che sarebbe durata per sempre con quel ragazzo. Dicevo amicizia,
e se nasceva qualcosa di più?
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Dunque questo è il 3°
capitolo spero vi piaccia insieme all’intera ff. Lo so
fa un po’ schifo, ma niente e nessuno è perfetto!!!! Comunque,
mi scuso con la webmistress e con frodinal78
per la mia durezza!!! Che
deficiente che sono stata!! -_________- Come tale spero
con tutto il cuore che possiate perdonarmi, anche perché, solitamente, non è da
me comportarmi così!!! Chiedo umilmente scusa e se questo non basta mi preparò
una corda pronta per l’impiccagione. Ovviamente scherzo!! ^^ Anche se devo
ammettere che un po’ di ipocrisia su quello che ho
detto c’era!!! E’ ovvio che le regole di comportamento sono ben designate nei
confronti degli utenti registrati!!! Ok, lo ammetto sono stata anche
egocentrica…uffy però!!! Che fine ha fatto
l’angioletto buono e dolce che era in me? :P
perché anch’io in fondo in fondo sono buona…..
>.<
Vabbè basta con lagna e torniamo ai fatti…… ANGIOLETTOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!! DOVEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE
SEIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII??? ^_^
Cmq mentre cerco quell’anima
celeste,buona,dolce,sensibile,simpatica,allegra,egocentrica……ecc
(sennò scrivo un romanzo intero!!), potete recensire per favore??
GrAzIeEeEeEeEeEeEeEeEeEeEeE!!!!!!!!!!!!!
*Siete miticiii!!*
*angel malfoy*