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Autore: Kuro Tenshi    10/02/2013    2 recensioni
Introduzione
Questa storia parla di Jean Pierre Noire un nobile e un vampiro Halan Van Morten che, nonostante abbia già incontrato anni prima il proprio amore, non lo riconosce fin quando questi non gli rammenta il loro primo incontro; ovviamente Jean vorrebbe che l'altro si ricordasse tutto, ma per Halan non è così semplice.. E’ una storia dolce e piena di inconfessabili segreti.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Era sera, ed io ovviamente non avendo né una dimora né una meta, ero seduto su uno dei rami più alti di un albero con la schiena poggiata al tronco. Essendo io una creatura della notte, di giorno sono confinato nell’ombra e trovare sangue umano di notte.. Bhe, non è facile ecco tutto.
“sono stremato.. Riesco appena a respirare.. Credo che anche solo una goccia di sangue mi farebbe stare meglio.”
L’arsura era insopportabile che si stava creando nella mia gola non mi dava pace e, tra gli ansimi e il lieve vento che mi dava sollievo, sentii dei passi; erano ovviamente umani, ma perché qualcuno sarebbe dovuto andare nel bosco da solo di notte? Che senso aveva?! Bhe, di certo pensarci di certo non mi avrebbe aiutato. Decisi di rimanere li, sul mio ramo il più immobile possibile anche se il dolore che provavo era atroce e trovava sollievo nel profumo del sangue dell’ospite che stavo per ricevere; era un sangue dolce, non eccessivamente però e non aveva quel retrogusto metallico che ha di solito il sangue umano... Posso dire che resistergli era praticamente impossibile.
“Oh no! Mentre pensavo è arrivato.. E’  un ragazzo, non troppo alto e anche magro..”
Pensai incrociando il suo sguardo stupito nel vedermi, credo che anche io avessi la sua medesima espressione, non me lo aspettavo. Rimanemmo  fermi  a contemplarci a vicenda per qualche minuto. La luna e le stelle con la loro fioca luce filtrata dai rami ci rischiaravano i volti e li facevano risplendere di un chiarore davvero magnifico. I capelli del ragazzo erano biondi, biondi come il primo sole del mattino e aveva gli occhi grandi e di un verde estremamente chiaro come la pelle simile alla porcellana. Dopo questi pensieri sperai che quel dannato silenzio finisse facendo svanire l’imbarazzo di quel momento; ma soprattutto speravo che mi avesse scambiato per un essere umano anche se le circostanze lo rendevano pressoché  impossibile.   
“T-tutto bene la in alto?”                  
Una voce infrangeva il silenzio, era delicata ma allo stesso tempo titubante e a tratti spezzata, che stesse piangendo? Decisi allora di scendere e mi misi difronte a lui. Istintivamente, forse per non farsi notare, si coprì il volto dal quale scendevano delle vistose lacrime, forse era triste..  Decisi di rispondergli.
“Ero solo salito a riposarmi un po’, ma.. Ad ogni modo mi presento, mi chiamo Halan Van Morten. Sono onorato di fare la vostra conoscenza.”
Dissi mentre regalmente mi inchinavo davanti a quel ragazzo tanto giovane quanto bello.
“P-piacere mio signor Van Morten, io mi chiamo Jean Pierre Noire.”
Disse a sua volta facendo un lieve inchino che mi fece intuire che fosse un giovane nobile, anche perché indossava vestiti molto pregiati  anche se alcune parti erano strappate. Mi avvicinai a lui lentamente, era così piccolo rispetto a me e aveva uno sguardo dannatamente dolce.. Però c’era un problema, l’odore del suo sangue, l’arsura della mia gola, erano insopportabili..! Ma essendo io un Vampiro on dei principi, non avrei mai osato toccare il sangue di un ragazzo tanto giovane, innocente e indifeso. Quando fui ad una distanza ravvicinata con Jean, gli sorrisi stando attento a non far vedere i canini. Mi sorrise a sua volta anche se timoroso, allora gli parlai.
“Jean, so di non conoscervi molto, tutt’altro.. Ma, posso farvi una domanda? Cosa ci fate  voi, così giovane, nel bosco di notte?”
Mi guardò stupito come se fosse la prima volta che qualcuno si interessasse a lui, la cosa mi turbò  molto. Fece un sorriso sforzandosi di non piangere e poco dopo iniziò a parlare.
“A dire il vero.. Sono scappato di casa, ero stufo della vita da nobile dove tutti si credono superiori agli altri, dove regna la superficialità e..”
Non finì di parlare che i suoi occhi si riempirono di lacrime e i miei di stupore.
“Possibile? Esisteva un nobile con una coscienza?”
Pensai, ad un tratto il mio cuore, da tempo fermo, si intenerì a quella vista e inconsciamente gli asciugai le lacrime e prendendolo per mano per portarlo in un posto che solitamente riusciva a calmarmi. Arrivammo poco dopo, era un lago bellissimo con molti pesci e varie rocce sulla riva. Gli lascia la mano che mi aveva stretto saldamente per tutto il tempo, gli feci segno di seguirmi e ci volle poco prima che ci ritrovammo seduti su uno di quegli scogli ad una distanza pericolosamente vicina, Sospirò, sorrise tirandosi le ginocchia al petto e stringendosele con le braccia poggiando appena la testa sulle ginocchia.
“V-vi ringrazio, vengo spesso nel bosco ma non conoscevo questo luogo tanto calmo..”
Rimasi allibito dalla dolcezza con cui aveva detto quelle poche parole.
“Oh, mi fa piacere.. Ho visto che eravate triste e dato che spesso io qui riesco a calmarmi, ho voluto provare con voi..”
Dissi mentre la sete saliva ed era quasi insopportabile.
“Bhe, vi ringrazio Halan.. Qui è davvero bellissimo.”
Disse lui sorridendo dolcemente. Il lago rifletteva i nostri corpi, il suo incredibilmente dolce e immacolato, dai colori delicati come la sua anima. La mia invece dannata da secoli ormai se non da millenni, il mio corpo dalla muscolatura non eccessiva e molto alto.. Mentre ero assorto nei miei pensieri, il lieve venticello ora soffiava violentemente facendo svolazzare i miei capelli scuri dalle sfumature viola e rosse, con una lunga ciocca decorata da fermagli preziosi mentre con la coda dell’occhio vidi che Jean stava tremando.
“Jean, avete freddo?”
Chiesi con fare premuroso, era strano per me interessarmi ad un nobile.. O a qualsiasi altra persona, umana o non.
“A dire il vero un po’ si, ma fa nulla..“
Disse arrossendo e cercando di non tremare, gli sorrisi e togliendomi la giacca gliela misi sulle spalle accostandolo un po’ di più a me.
“Non vergognatevi, chiedere aiuto non vi farà sembrare più debole..”
Lui mi sorrise e non oppose resistenza facendosi abbracciare e accoccolandosi timidamente a me. Fece un lieve sospiro e gentilmente mi rispose.
“Lo so.. E vi ringrazio per le vostre gentilezze mentre io non sono stato nemmeno sincero con voi..”
Chinò il capo come affranto, non capivo perché facesse così,  dopotutto nemmeno io lo ero stato con lui.
“E cosa di grazia, non mi avreste detto?”
Mi guardò quasi per chiedermi scusa, mi si strinse il cuore.
“Non sono scappato di casa.. M-mi hanno cacciato a causa delle mie idee, poi quando curai uno dei servi di io padre non lo accettarono e mi diseredarono.”
Le lacrime scendevano copiosamente sul suo volto, mentre in me l’ira verso i suoi parenti cresceva.
“Ehy, non fate così.. Avete fatto solo ciò che per voi era giusto e, personalmente, credo che avrei fatto lo stesso.”
Dissi sorridendogli e asciugandogli amorevolmente le lacrime. Ormai la mia sete si era in parte placata, non so nemmeno io bene come, ma ora volevo solo vederlo sorridere con la sua infinita dolcezza.
“Voi avete un luogo dove stare ora?”
Chiesi a Jean che, prontamente mi rispose.
“Mmh.. A dire il vero si, ho un castello ma.. Dato che non sono più un Noire non è più di mia proprietà.”
Ammise afflitto, mentre riflettevo ebbi un’idea.
“Bhe, potrei comprarlo io ai vostri genitori.”
Sorrisi speranzoso mentre vedevo i suoi occhi illuminarsi e con uno scatto mi abbracciò stringendomi forte. Lo strinsi a mia volta visibilmente imbarazzato, ma mi lasciai andare. I nostri corpi aderirono, il suo calore si fuse col mio corpo ghiacciato ormai morto, avrei voluto che quel momento durasse in eterno. Con le mie forti braccia lo accarezzai piano facendogli capire che di me poteva fidarsi.
“Ascoltate, come faremo stanotte?”
Mi chiese lui scostandosi appena da me tutto rosso in viso e impacciato.
“Dato che è presto, potremmo andare ora a comprarlo, che ne dite? Non posso di certo permettere che vi ammaliate.”
Risposi io sorridendogli e scompigliandogli i capelli con la mano.
“Lo fareste davvero?!”
Gli occhi si illuminarono per la gioia e mi prese le mani con le sue piccole e calde.
“Ma certo, come non potrei? Dovete solo farmi strada.”
Dissi io sorridendo, possibile che questo piccolo nobile mi abbia fatto cambiare così tanto? Mentre pensavo, si alzò e mi porse la sua mano.
“Sarò lieto di farvi strada, è il minimo che possa fare ora…”
Sorrisi, presi delicatamente la sua mano e scesi dallo scoglio su cui eravamo seduti, il suo volto era davvero era davvero bello quando sorrideva e, mentre camminavamo ci raccontammo tutto di noi due, mi disse che aveva quindici anni da poco compiuti, mi disse di aver pochi amici ed erano tutti servitori del suo casato dato che non gli era permesso di uscire dalla residenza; infatti quando gli dissi che oltre a Londra ero stato anche in altri paesi tra cui anche l’Egitto (luogo di origine di mia madre e motivo della mia carnagione scura), mi chiese di tutto. Mancava più poco ormai e l’enorme castello ora si vedeva nitidamente e noi camminavamo in silenzio mano nella mano. Passò giusto qualche minuto che ci ritrovammo  difronte al portone, Jean si bloccò e iniziò a tremare, solo allora mi accorsi di un taglio che aveva sul volto (forse era per quello che sentivo tanto l’odore del suo sangue..) ma che i capelli coprivano perfettamente; gli misi una mano  sulla spalla, mi posò una mano sulla mia e sospirando si fece coraggio e bussò. Ad aprirci venne un servo alto, magro e con i capelli bianchi (nonostante la giovane età) e sulla testa aveva delle bende; appena vide il ragazzo inizialmente aveva un’espressione felice che subito dopo si tramutò in terrore.
“Signorino Jean! Cosa ci fate qui?! Oggi a causa mia potevate morire per mano di vostro padre..!”
Jean chinò il capo e sussurrò alcune parole.
“Lo so anche io..! Ma te stavi male, non era colpa tua, ma sua!”
Gli tornò la voce spezzata e anche le lacrime agli occhi, ma il servitore non si scompose e in me tornò la rabbia. Credo che Jean se ne fosse accorto, appena lo toccai mi guardò sforzando un sorriso. Il nostro parlare aveva infastidito i padroni di casa e in lontananza infatti, si sentiva una voce.
“Allora! Hakim, fai entrare gli ospiti ma se sono mendicanti mandali via!..”
La voce si faceva sempre più vicina e alla fine davanti a noi comparve Gerard Noire, padre di Jean e mio amico di lunga data. Con una spinta che per poco non lo fece cadere, mandò via Hakim; ma appena vide Jean i suoi occhi si riempirono di odio  e disprezzo. Con un movimento velocissimo della mano, mi sfilò il figlio dalle braccia e trattenendolo per i capelli iniziò a calunniarlo in modo barbaro al che, prima che potesse offenderlo o picchiarlo ancora, lo presi con me mentre lui tremava ancora dalla paura, chissà quante gliene avrà fatte passare Gerard.. Cercai di calmarlo e quando il padre si ricompose si accorse di me.
 “Oh! Halan, ci siete anche voi..  Cosa ci fa un grande uomo come voi assieme ad un moccioso come quello?”
Prontamente e senza far vedere la voglia che avevo di picchiarlo, gli risposi.
“A dire il vero mi ha trovato lui.. E camminando, camminando, abbiamo capito che ci serviva un luogo dove passare la notte. E qui entrate in scena voi e-..”
Mi interruppe facendoci segno di entrare.
“Venite, parleremo nella sala riscaldandoci un po’”
Disse lui con un tono di incredibile falsità. Presi per mano Jean e seguimmo il padre. Quel posto era immenso.. Enormi saloni, lunghissimi corridoi e quadri con antenati appesi ovunque. Arrivati in sala ci accomodammo io e lui mentre Jean non aveva un posto, ma questo non gli sembrava importante  quindi presi delicatamente il ragazzo per un braccio e lo misi a sedere sulle mie gambe, ovviamente ne era imbarazzatissimo. Ricominciai a parlare mentre Gerard ci guardava sadicamente.
“Dicevo, caro amico mio..  Che vi saremmo davvero grati se voi poteste venderci il castello di Jean.”
Ci guardò e non trattenne una lieve risata che turbò sia me che Jean; poi ci rispose.
“Ovviamente, voi Halan, avete sempre fatto molto per me e la mia famiglia.. Ma non voglio soldi, solo una promessa.. Userete Jean come uno schiavo!..”
Il ragazzo sopra di me impallidì e io gli strinsi la mano per calmarlo; lui la strinse tremando, era terrorizzato a quell’idea. Guardai Jean, chinai il capo, sospirai e guardai Gerard.
“Tutto qui? Non c’è altro?”
“Si, tutto qui. Usalo come un oggetto e il gioco è fatto.”
Io sorrisi dolcemente.
“Accetto!”
Jean tremava e non riusciva a trattenere le lacrime..
“Allora dammi la prova che lo farai, la prenderò come una garanzia.. Baciate quello che un tempo era mio figlio e poi potrete avere il castello.”
Disse lui con un sorriso malizioso stampato sulle labbra, io lo guardai e sorrisi ovviamente a malincuore.. Non volevo rubare il primo bacio di un così giovane ragazzo, l’ho fatto tante volte, ma Jean era importante per me.. Lo conoscevo da così poco tempo ma qualcosa mi diceva che lo avevo già incontrato molto tempo fa.. Alla fine mi decisi e gli diedi un dolce bacio sulla guancia che lo fece arrossire. Gerard ci guardò e rise sonoramente.
“Oh andiamo! Halan, sapete anche voi cosa intendo per ‘bacio’.”
Dopo averlo sentito dire certe cose mi resi conto che l’unico modo per andarcene era baciarlo, era dargli un vero bacio..!
“Si, ovvio che lo so..”
Mi voltai verso Jean che aveva un volto terrorizzato e lo sguardo perso, mi si spezzava il cuore.. Non potevo farlo.. Feci un sospiro, mi sarei fatto perdonare. Gli presi il mento fra l’indice e il pollice, lui mi guardò shockato mentre gli occhi mi chiedevano, anzi mi imploravano di andarcene subito. Lo avvicinai a me e gli sussurrai all’orecchio, stando attento a non farmi sentire da Gerard, quello che avrei fatto dopo.
“Vi chiedo perdono, dopo di questo mi farò perdonare..”
Lui si rassegnò, chiuse gli occhi, posai le mie labbra sulle sue e in poco tempo il dolce bacio si trasformò in uno lungo e appassionato. Lo abbracciai tirandolo verso di me, lui rimase fermo senza opporsi. Poco dopo ci separammo e i suoi occhi trovarono la lucentezza poco prima perduta e guardandomi dolcemente si buttò su di me, mi abbracciò forte e io feci lo stesso
“Anzi che schiavo e  padrone, mi sembrate una coppia di amanti.”
Disse il padre deridendoci.
“Comunque mi accontento.. Tu  sai dov’è il castello, portaci Halan e servilo!”
Intimò a Jean che, chinando il capo, si stacco da me e prendendomi la mano e portandomi alla porta. E lo ringraziai.
“Grazie di tutto Gerard..!”
Detto ciò ce ne andammo. Jean aveva un espressione così triste.. Non sorrideva, non parlava e guardava in basso. Aspettai di essere molto lontano dal castello per parlare di nuovo.
“Jean, avete paura di quello che dovrete fare una volta diventato il mio schiavo?”
Gli chiesi guardando avanti e continuando a camminare.
“Se devo essere sincero.. S-si..”
Dopo la risposta un po’ incerta che avevo ricevuto, mi fermai di colpo. Non volevo che fosse così.. Gli volevo bene ed era ovvio che non lo avrei toccato nemmeno con un dito.. Lo presi per un braccio facendolo fermare di colpo e lui si girò verso di me guardandomi perplesso, mi misi in ginocchio difronte a lui e gli misi le mani sulle spalle.
“Non devi aver paura, non ti farò del male.. E di certo non ti renderò un mio schiavo!..”
Dissi con voce calma guardando i suoi meravigliosi occhi verdi. Lui mi guardò quasi non ci credesse, una lacrima scese sul suo volto ma gli occhi non erano tristi, ma colmi di gioia per avermi sentito dire quelle parole.
“Davvero? Voi non mi userete come un oggetto anche se lo avete promesso a mio padre?”
Mi chiese lui accarezzandomi il viso con una mano un po’ incerta e io pentito gli risposi.
“Ovviamente..  Fosse dipeso da me.. E se non volevate non vi avrei mai nemmeno baciato la guancia, vi ho rubato il vostro primo bacio solo per un capriccio di vostro padre! Vorrei tanto restituirvelo, ma so che è impossibile.”
Chiesi scusa e affranto chinai il capo. Si inginocchiò a sua volta davanti a me e sorridendo timidamente, mi cinse con le sue fragili braccia e con calma mi parlò.
“Non era il mio primo bacio purtroppo, sarebbe stato davvero bello donarvelo. A dire il vero mio padre mi ha fatto anche di peggio. Ero il suo schiavo e a causa sua io..”
Si bloccò di colpo. Io sorridevo, aveva appena detto che mi avrebbe donato il suo primo bacio; ma quando sentii cosa Gerard aveva fatto a quel povero ragazzo, la mia collera verso di lui salì i maniera spaventosa, ma sentirlo di re da lui era diverso..  Aveva quella voce calma, ma incerta come se avesse paura delle conseguenze, era adorabile.. Allora, facendo scendere le mie grandi mani dalle sue spalle a poco più in alto dei suoi fianchi, lo abbracciai forte  e gli assicurai che con me sarebbe stato bene.
“Ve lo assicuro mio caro Jean, farò di tutto per rendervi felice.. Vi proteggerò, vi farò girare il mondo e vi farò sentire amato.”
Lui con un dolce sussurro mi rispose.
“Non è necessario, finché voi al mio fianco sarò felice.”
Dopodiché , ci alzammo e sorridendo e chiacchierandoci incamminammo verso la nostra nuova casa. Arrivammo dopo una mezz’ oretta circa di cammino, ma il tempo sembrava davvero essere volato. Prese le chiavi e aprì l’enorme cancello, lo  accostò ed entrammo; solo per passare il giardino ci mettemmo un eternità anche perché mi soffermavo a guardare tutti i minimi particolari di quel luogo tanto bello suscitando inconsciamente lieve risate in  Jean. Arrivati (finalmente) sotto al portone, non so bene perché ma Jean mi prese la mano e me la strinse forte, come se questo posto gli ricordasse dei momenti terribili. Ad ogni modo, la porta ci fu aperta da una cameriera molto carina che chiamò a raccolta tutti gli altri, sia gli uomini che le donne erano davvero belli e cordiali. Entrammo e ci fecero accomodare ad una tavola, era enorme e imbandita con tantissime vivande.  Cenammo a lungo e ridemmo anche; finita la cena io e Jean ci demmo appuntamento al roseto. Andai a parlare con i servitori dicendogli che dopo la mezzanotte se ne sarebbero dovuti andare, loro sorrisero e acconsentirono; poi una cameriera mi portò nella mia stanza e facendomi fermare difronte all’ armadio mi parlò.
“Signor Van Morten, il Padrone Gerard ha ordinato di far indossare solo questi abiti a Jean.”
Mi porse dei vestiti non diversi da quelli che facevo indossare ai concubini nel mio Harem in Egitto. Feci un falso sorriso dopo aver preso a malincuore i ‘vestiti’ se così si potevano chiamare quei gioielli e quei veli. Dopo averle fatto un lieve inchino che la fece visibilmente arrossire, la congedai. Poco dopo misi gli abiti di Jean sul letto e sospirando mi immersi un po’ nei miei pensieri sedendomi accanto ad essi.
“Certo, Jean è un ragazzo bellissimo e vederlo con indosso quei vestiti mi incuriosisce molto.. Ma se non vorrà metterli di certo non sarò io a costringerlo anzi, se ne vorrà altri andremo insieme in città e gli comprerò tutti i vestiti che vorrà..!”
Pensai convinto e sorridendo mi alzai facendo per andare fuori. Scesi con calma le scale guardandomi attorno  curioso come un bambino, mi feci ridere: com’ era possibile che un giovane umano mi riducesse in un tale e pietoso stato?.. Ma ovviamente non mi dispiaceva essere così per lui. Nel frattempo, mentre pensavo, notai che tantissimi servitori mi guardavano; gli uomini mi ammiravano e le donne appena sorridevo divenivano immediatamente rosse e impacciate e io ovviamente nella mia mente le deridevo. Uscii dal grande portone, mi incamminai per il giardino e puntai il viso verso il cielo osservando felice le stelle. Stetti così per un po’, fin quando la mia quiete non venne interrotta da un urlo proveniente dal roseto; mi affrettai a raggiungerlo, avevo un brutto presentimento.. Arrivai li il prima possibile, quello che vidi mi lasciò senza parole; un nostro servitore aveva bloccato Jean con le spalle verso un albero e gli aveva sbottonato la giacca e la camicia. Inorridii a quella vista; riuscivo a stento a trattenere la collera. Mi avvicinai e con un rapido movimento delle braccia riuscii a sottrarlo dalla presa di quel maiale appena iniziò a sbottonargli i pantaloni. Jean sbigottito e in lacrime appena sentì la mia mano ghiacciata afferrargli il braccio, si strinse a me come se avesse paura di lasciarmi, come se temesse che lo abbandonassi al suo destino. Lo strinsi forte accarezzandogli la schiena, tremava e singhiozzava, rivolsi poi il volto e dandogli quindi un occhiataccia con i miei veri occhi da vampiro; lo terrorizzai a tal punto da farlo scappare correndo per tutto il viale e sbattendo il cancello dietro di se. Jean ancora piangeva stretto a me, non riusciva nemmeno a smettere di singhiozzare.. Credo che nonostante quello che gli aveva fatto Gerard lui ancora non riusciva ad accettare di essere toccato.. Come biasimarlo dopo tutto..? Lo presi in braccio e lo posai a terra sedendomi accanto a lui, gli misi un braccio attorno alle spalle, gli asciugai le lacrime e provai a sorridergli per confortarlo, ma vederlo piangere era straziante..
“Jean, cosa vi è successo? Cosa vi ha fatto quell’uomo?”
Mentre aspettava una sa risposta mi misi di lato abbottonandogli camicia, giacca e pantaloni molto delicatamente cercando di non entrare in contatto con la sua pelle. Lui e sospirò e mi disse qualcosa.
“.. Ha detto che voleva parlare.. Poi mi ha dato un bacio, mi ha messo con le spalle contro l’albero.. E-e.. P-poi, iniziò a baciarmi e a toccarmi..”
Si interruppe di colpo, tornò a piangere e si coprì il volto con le mani che gli tremavano.
“S-se non foste arrivati voi , non so cosa mi sarebbe potuto accadere, vorrei che ancora per un po’ il mio corpo.. Rimanesse così, che non venisse violato più di quello che è già stato..”
Aggiunse poi sempre col volto fra le mani. Rimasi inizialmente un po’ perplesso a quelle parole perché non ne capivo il senso, ma alla fine mi convinsi che era semplicemente stufo di tutti quei soprusi; comunque non volli chiedere altro, mi limitai a scostargli le mani dal volto, lui abbassò lo sguardo come se si vergognasse di quello che era, io gli sorrisi appena, gli scompigliai i capelli e gli asciugai le lacrime.
“Non vi chiederò il perché delle vostre parole, ma ora sarete stanco  andiamo nelle nostre stanze e cerchiamo di riposare un po’.”  
 
 
  
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