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Autore: Ammimajus    11/02/2013    5 recensioni
Dapprima si lasciò abbracciare con innocente arrendevolezza, lasciando che le braccia dell’altro gli stringessero il petto, ma senza ricambiare minimamente quell’atto di affetto indesiderato e, allo stesso tempo, bramato più che mai. Poi però, non poté fare a meno di poggiare la testa sul collo di Louis e di cingergli  fianchi con delicatezza.
Se qualcuno fosse entrato nel bagno in quel momento, Harry sarebbe incappato nel più grande degli scherni, nei frizzi più maligni di qualche lingua biforcuta. Eppure, in cuor suo, era del tutto certo che mai nessuno avrebbe scoperto il patto di sangue che stava stringendo con Louis in quel preciso istante.
Quando l’abbraccio fu sciolto, il muro delle certezze adolescenziali, costruito paradossalmente su incertezze profonde, crollò.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Harry era chino sul lavello del bagno, i riccioli blandi cadenti sulla fronte come campanule morenti. Sopra la sua testa la superficie riflettente dello specchio era come screziata da rivoli d’acqua, schizzati mentre il giovane sciacquava il viso stravolto. E infatti, dalla punta acuta del suo naso piangevano piccole gocce d’acqua, che si schiantavano sulla ceramica e vibravano silenziose, nell’urlare la loro disperazione.
Gli occhi del ragazzo erano coperti dalla chioma ribelle che abitualmente lo proteggeva dal resto del mondo. Le mani stringevano saldamente i bordi del lavello, sorreggendo il resto del corpo, vuoto della voglia di vivere. Le ginocchia, leggermente flesse, apparivano prive di ogni forza.
Nel complesso, Harry sembrava il soggetto di uno di quei quadri disperati, angosciosi, frutto del travaglio  interiore di qualche pittore squattrinato.

Il bianco dominava nel bagno della scuola, quasi a voler tramettere criptici segnali di purezza a chiunque vi entrasse. L’odore pungente e disgustoso di orina e i tratti neri, decisi e adolescenziali, che macchiavano tutte le mattonelle, persino quelle del pavimento, lo trasformavano però nel peggiore dei manicomi.
Ogni tanto, nell’entrarvi, si poteva cogliere l’olezzo di fumo –di tabacco o altro- che si spandeva, imponendosi con forza nei polmoni di qualche malcapitato, quasi come una chiazza visibile.
Ma in quel momento, Harry era l’unica presenza che occupasse quel quadro di orrore e lerciume.
«Checca!»
«Femminuccia!»
«Frocio!»

Le parole gli rimbombavano nella testa in un valzer pressante di disgusto e sgomento. Erano i suoi amici i fautori di quel gioco di cattivo gusto che si era consumato qualche attimo prima. O almeno, quelli che un tempo Harry considerava suoi amici.
Nei mesi precedenti anche lui aveva vagato tra i corridoi spogli della “Holmes Chapel High School” fingendosi un bulletto da quattro soldi, adocchiando la sua preda da lontano e lanciando insulti felini contro chiunque si mostrasse debole e indifeso.
Aveva deciso di recidere ogni legame con la sua setta non appena era venuto a sapere di ciò che i suoi amici andavano infliggendo ad altri studenti della scuola.
Una mattina aveva visto Andrew che, maestoso nel suo metro e ottanta e reso irrimediabilmente arrogante da quella possente muscolatura che andava mostrando al mondo come un trofeo, si accingeva ad assestare un pugno sulla faccia acneica di un ragazzino del primo anno, ritraendo il braccio per caricarlo.
Harry aveva urlato qualche rozza bestemmia contro il suo amico, accusando un’inaudita pazzia nel resto del gruppo che ridacchiava soddisfatto delle prestazioni del loro leader, godendosi la scena come davanti al grande schermo di un cinema.
Andrew si era voltato lentamente verso Harry e gli aveva intimato di stare zitto, ma il ragazzo aveva insistito, sciorinando ogni sorta di accusa contro la vigliaccheria del suo amico, che se l’era presa con qualcuno palesemente più debole di lui.
Ci voleva poco perché l’ira di Andrew, sotto fomento, esplodesse, riversando pugni e calci come i lapilli di un’eruzione. Ed era proprio questo che era capitato al povero Harry.
Andrew aveva cambiato rotta, dirigendosi a grosse falcate verso il suo accusatore e pungolandolo. Dapprima Harry aveva preferito non reagire, lasciandosi imbottire di tutte le parole volgari che Andrew gli stava sputando in faccia, ma quando quest’ultimo era passato alle mani, dimenticando ogni sorta di segreto patto che intercorre tra due amici, Harry non aveva potuto far altro che difendersi.

Harry era andato in palestra per diverso tempo, assistendo alla crescita di una buona muscolatura, i cui tratti distinti scorrevano in piccoli solchi lungo il suo corpo.
Ma Andrew aveva esercitato sin da piccolo la forza bruta come unica arma, di attacco e di difesa.
In pochi minuti si era ritrovato a terra, nel cortile quasi deserto della scuola, tra le urla del ragazzino acneico, preso di mira dai cinque scagnozzi di Andrew.
Da allora una profonda faglia aveva spezzato gli anni di presunta amicizia che legavano quest’ultimo al riccio.
Ed Harry, da amico, secondo al comando dopo Andrew, si era trasformato nel principale oggetto di scherno di quella banda violenta e iraconda di buoni a nulla.
«Frocio» era diventato l’insulto abituale che,  nella mente del ragazzo, veniva scolpito a lettere d’oro infuocate; «frocio» era  una sorta di etichetta con la quale Harry era stato additato in qualità di oppositore della banda; «frocio» e sinonimi erano ormai le uniche e monotone parole che scivolavano via dalle lingue serpentine e taglienti della setta di Andrew.
Inizialmente Harry aveva tentato di evitare quelle parole, alienandosi da qualsiasi contesto nel quale si trovassero anche i suoi nuovi nemici. Ma, sempre più spesso, quel metodo risultava insufficiente a ripararsi dalla pioggia sferzante e dolorosa di insulti che gli veniva spruzzata contro con forza.
Quel giorno, era scoppiato.
Al solito, metodico modo d’agire di quei bulli, s’era aggiunto qualche pugno, sferzato dritto sul ventre di Harry, pronto a strappargli via il respiro e ad ucciderlo per qualche frazione di secondo.
Il giovane era schizzato in bagno, sottraendosi ai ghigni compiaciuti di Andrew solo per nascondere l’impeto di lacrime pronte a sgorgargli dagli occhi come un fiume in piena.
E, in quel momento, riverso sul lavello come un cadavere, era scosso dai singulti che quel pianto rabbioso infondeva nel suo petto.
Solo in quella guerra, sentiva di essere vicino alla resa, in bilico sull’orlo della sopportazione come un equilibrista su una fune. Da bullo millantatore che operava per sola forza di ingiurie, si era trasformato in vittima della potenza bruta del suo ex migliore amico. Il suo animo si era abbandonato al logoramento come le suole di un vecchio paio di scarpe.
Il suo crogiolarsi disperato in quel dolore lancinante fu repentinamente interrotto dall’irruzione di un intruso all’interno del bagno.
Per quei pochi minuti, Harry aveva creduto di possedere quel luogo nel quale stava riversando rabbia e tristezza.
Tenendo il capo chino, osservò di sbieco il ragazzo che aveva osato interrompere quella sua teatrale lamentazione.
Lo conosceva, almeno di vista. Lui era davvero un «frocio». Frequentava il suo stesso anno, ma in un altro corso e, da quel poco che sapeva di lui, era stato bocciato, per cui era rimasto a scuola, nonostante avesse già dovuto conseguire il diploma.
Si chiamava Louis Tomlinson.
In quel momento, il viso stralunato dell’intruso scrutava il corpo ansante di Harry, bramoso di scoprire quale dolore lo affliggesse e, allo stesso tempo, visibilmente imbarazzato per aver interrotto un momento di così chiuso raccoglimento, nello sfogo disperato di quel ragazzo che conosceva soltanto di vista.
«Vattene» sibilò Harry a labbra serrate, la cortina di capelli ancora chiusa sulla sua testa come petali di un fiore al tramonto. La sua figura imponente gettava un’ampia ombra sulle mattonelle del bagno, inframmezzata da labili strisce di luce che penetravano nella stanza dalle grate della finestra, quasi ci si trovasse in una prigione.
«Questo è un bagno pubblico» ribatté con impertinenza Louis, mentre si avvicinava ad un secondo lavello, adiacente a quello di Harry, camminando deciso nei suoi pantaloni attillati che aderivano perfettamente alle gambe atletiche.
Louis non era mai stato preso di mira dal gruppo di Andrew, da ciò che Harry ricordava. Pur essendo dichiaratamente omosessuale, nessuno aveva mai tenuto in serbo per lui parole taglienti, forse per questo suo modo così sicuro di approcciarsi al mondo. Un moto d’invidia infiammò le membra di Harry, accendendo un rogo vigoroso che gli divorò i sensi.
«Come fai?» chiese, osservando Louis che si aggiustava il ciuffo, rigirato sulla fronte in una forma morbida e armoniosa. «Come fai ad evitare gli insulti di Andrew?»
Louis si voltò verso Harry e, per la prima volta da quando era entrato in bagno, riuscì a scrutare il suo viso, a leggere ciò che la sua espressione distrutta stava gridando.  Due occhi verdi, vitrei, cercavano febbrilmente un appiglio a cui aggrapparsi, pur di non sprofondare nel più profondo degli oblii.
«Non dovresti farti distruggere in questo modo» sussurrò Louis ad Harry. Fece per avvicinare una mano al viso del ragazzo, ma quello si ritrasse, chinando il capo e voltandogli le spalle.
Louis osservò il profilo di quella figura alta e snella, che aveva preso a camminare per il bagno come un criceto in gabbia, la spalle leggermente cadenti, chiuse in un gesto di profonda timidezza e qualcos’altro –insicurezza, forse?
«Perché non mi rispondi, eh? Perché non mi dici come fai ad evitare gli insulti?» sbraitò Harry. Sapeva che la campana della ricreazione ne avrebbe segnato la fine di lì a poco, sapeva che il suo trillare acuto lo avrebbe spinto a forza, di nuovo, tra gli sporchi corridoi di quel liceo che a lui stava troppo, troppo stretto.
«Perché so che un giorno io avrò una vita migliore di Andrew e della sua cricca di nullafacenti» rispose con tranquillità Louis. Era tornato a rifarsi il ciuffo, lasciando scorrere tra le ciocche dei capelli setosi le dita sicure e sottili. Harry osservò quei movimenti disinvolti, come un bambino la cui attenzione è catturata da qualche trucco, opera del più ordinario dei prestigiatori.
Osservò la sagoma dei muscoli delle braccia, che andava a sottolinearsi e a scomparire temporaneamente a seconda delle flessioni che Louis ne faceva. Harry avrebbe dato qualsiasi cosa per essere al suo posto, per poter muovere le braccia in qual modo, per poter indossare pantaloni attillati senza che nessuno lo giudicasse, per potersi permettere di rimirarsi così a lungo allo specchio senza restare disgustato dall’immagine di un se stesso che nemmeno conosceva.
Louis, dal canto suo, nel rigirare le dita tra i fili sottili dei capelli, gettava occhiate di soppiatto all’immagine riflessa di Harry che lo specchio gli offriva.
Qualcosa dentro di lui si mosse e, per un attimo, fu pervaso dalla sensazione che un po’ di quella sicurezza che, con tante difficoltà, aveva costruito come un muro di mattoni, negli anni, stesse piano piano prendendo il largo per dirigersi nel cuore di Harry e avvolgerlo tra le sue braccia calde, porto sicuro nella notte.
Strano come un incontro fortuito tra due persone che si conoscevano a stento potesse animare tali emozioni nell’animo di entrambi.
Louis si voltò di scatto, senza dare troppo peso a quei pensieri che stavano tenendo sotto assedio la sua mente. In appena due falcate fu addosso ad Harry e, senza troppe elucubrazioni, lo avvolse nel più caloroso degli abbracci.
Sentiva che una forza esterna si era impossessata del suo corpo, pilotandone le azioni. Ma, in fin dei conti, non voleva fare altro che arrendersi all’irragionevolezza di quegli attimi segreti, chiusi tra le mura del bagno sporco di una scuola qualunque.
Da troppo tempo aspettava Harry. Per troppo tempo aveva osservato le sue gambe sottili muoversi veloci tra i corridoi, per troppo tempo aveva desiderato di dar voce ai pensieri che il ragazzo teneva chiusi nel più recondito dei cassetti del suo cuore. E ora lo aveva lì, tra le braccia, poteva sfiorarne la pelle con le sue mani, poteva sentire il suo cuore battergli contro il petto, poteva godere del contatto pungente dei ricci di Harry contro il suo collo.
Harry era rimasto basito da quell’abbraccio. Cosa sapeva Louis di lui? Niente, ne era certo. Eppure gli aveva offerto quel gesto nel modo più naturale possibile. E, paradossalmente, il riccio si era sentito libero da quel peso plumbeo che gli era caduto in fondo allo stomaco e che lo aveva fatto delirare per quei pochi minuti precedenti all’incontro con Louis.
Dapprima si lasciò abbracciare con innocente arrendevolezza, lasciando che le braccia dell’altro gli stringessero il petto, ma senza ricambiare minimamente quell’atto di affetto indesiderato e, allo stesso tempo, bramato più che mai. Poi però, non poté fare a meno di poggiare la testa sul collo di Louis e di cingergli  fianchi con delicatezza.
Se qualcuno fosse entrato nel bagno in quel momento, Harry sarebbe incappato nel più grande degli scherni, nei frizzi più maligni di qualche lingua biforcuta. Eppure, in cuor suo, era del tutto certo che mai nessuno avrebbe scoperto il patto di sangue che stava stringendo con Louis in quel preciso istante.
Quando l’abbraccio fu sciolto, il muro delle certezze adolescenziali, costruito, paradossalmente, su incertezze profonde, crollò. Il contatto venne meno solo per essere sostituito da uno più profondo.
A Louis un abbraccio non bastò, non dopo mesi di angosciosa attesa, nella speranza che quell’Harry Styles tanto famoso si accorgesse di cosa stava accadendo attorno a lui. Louis affondò l’azzurrò dei suoi occhi nel verde di quelli di Harry, quasi a voler mescolare i due colori, a trovare la tonalità perfetta delle onde del mare in tempesta.
Senza capir nulla, unì le sue labbra a quelle del riccio.
La mente di Harry andò in corto circuito e le migliaia di cavi che tenevano fermi e connessi i suoi neuroni, arsero nell’arco di un secondo. Louis desiderava che Harry gli si donasse con tutta l’irriverenza con cui gli aveva rivolto la parola, che affondasse le dita nella sua carne e che premesse le labbra contro le sue.
E fu esattamente ciò che fece, anche lui dominato dalla misteriosa forza che aveva fatto agire Louis.
Mentre il trillo acuto della campanella penetrava nelle loro orecchie, annichilendo i sensi uditivi, le loro lingue si strinsero in milioni di abbracci, le loro labbra si sfiorarono in milioni di modi.
E, per la prima volta nella loro vita, i due ragazzi si sentirono catapultati fuori da quella realtà contro la quale avevano combattuto per troppo tempo.  


Angolo autrice. 
Allora, belli, sono tornata dopo mesi di assenza. 
Sono tornata con un'altra OS (mi sa che ormai scriverò solo cose del genere), 
nella speranza di potervi emozionare con le mie parole. 
Non so se ci sono riuscita, ma spero sinceramente di avervi strappato un sorriso 
mentre leggevate la storia di Harry e il suo lieto fine. 
Penso che la prossima volta che mi rivedrete vi regalerò un'altra OS, 
probabilmente su Liam. 
STAY TUNED. 

   
 
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