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Autore: Harriet    31/08/2007    8 recensioni
[SANDMAN] Una passeggiata con Sogno e Delirio degli Eterni. Tra storie, doni, segreti e pensieri oscuri...un attimo di pace rubato allo scorrere del tempo in continuo Cambiamento.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Death, Delirio, Sogno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è... uhm... diciamo una boccata d’aria tra “Vite brevi” e “Le Eumenidi” (e, sì, lo so che nel mezzo c’è un altro volume, ma se sei qui e conosci Sandman, sappiamo benissimo tutti e due come funziona “La locanda alla fine dei mondi”)

Dico che è una boccata d’aria perché è una storia tutto sommato leggera, dove dei momenti oscuri del nostro protagonista in quel periodo si accenna soltanto. Spero che questo non sia da considerarsi come un OOC mostruoso. Ho cercato di evitarlo il più possibile.

Uno dei temi del fumetto che più mi ha affascinata è il fatto che Sogno sia anche il signore di tutte le storie, e che coloro che inventano storie siano in qualche modo in contatto con lui (vedi tutte le vicende con Shakespeare.) La fanfiction riprende quel tema, e spero che il tutto non risulti banale, didascalico, scontato o fuori dallo spirito del fumetto.

La fanfiction contiene riferimenti a “Vite brevi” e a “Le Eumenidi”, ma non spoiler.

Ha partecipato al 26° concorso di EFP, rientrando nelle 15 partecipanti. Grazie a Erika per questo e per il bel commento. Per correttezza vi dico che questa è la versione 1.2 della fic, perché dopo l’invio ad Erika ho fatto un paio di aggiunte al testo (Diciamo che ho maggiormente marcato i richiami a Orfeo e a ciò che accadrà nelle “Eumenidi”.)

La sorella maggiore di Sogno non viene praticamente mai chiamata per nome. Nel vol. 4 italiano, nelle pagine di presentazione degli Eterni, ci si riferisce a lei come a Death. Non capisco bene perché tradurre i nomi di tutti, ma non il suo. Non ricordo se viene mai chiamata Morte, altrove, ma qui, per parlare di lei, ho usato proprio Morte. Mi sembra più sensato, dato che i nomi degli altri sono in italiano.

I personaggi e la storia sono di quel genio del signor Gaiman. Io ho voluto pasticciare con loro, e non so quanto sia stata una buona idea.




Walk with me




Morte - La maggior parte di loro non è molto contenta di vedermi. Temono le terre senza sole, ma entrano nel tuo regno ogni notte, senza paura.-

Sogno - E io sono molto più terribile di te, sorella.-


(Sandman I)




Take a trip on a rocket ship, baby
where the sea is the sky
I know the guy who runs the place
and he's out o
f sight

‘Cause they can't see what you're born to be
They can't see me

(Tori Amos, Flying Dutchman)



- Qui non c’è mai un momento in cui le cose vanno semplicemente bene. Mai. Quando ce l’ha con qualcuno, quando ha il cuore infranto, quando si fa prendere dal lavoro e sparisce, quando...-

- Non sarà che sei tu, a cui non va mai bene nulla, Merv?-

La creatura lasciò il suo lavoro, sollevò la sua testa di zucca verso il bibliotecario e lo guardò male. Beh, sì, lo guardò male come può guardare male un’adorabile zucca.

- Ehi, Lucien, non dirmi che a te va bene il modo in cui gestisce il Sogno! Voglio dire...ci affibbia sempre qualcosa da fare! Non capisco come mai ora vuole che rimettiamo tutto a posto, tutto a nuovo! Come se dovesse cambiare qualcosa. Ma tanto, quando mai cambia qualcosa, qui?-

Il vecchio bibliotecario sorrise, mettendo nel sorriso un po’ di dolcezza e un po’ di rassegnazione, nel pensare al loro signore.

- Il Sogno è suo. E’ giusto che lo gestisca come vuole.-

- Sì, ma...-

- Merv, smetti di lamentarti. Pensa: almeno ora non piove.-

- Oh, cavolo, non rammentarmi dei lunghi giorni di agonia amorosa in cui veniva giù il diluvio!-

- Ecco, vedi? Un motivo in meno per lamentarti!-

- Qualcuno parla di lamentarsi? C’è qualcosa di cui vuoi lamentarti, Mervyn?-

La creatura e il bibliotecario si voltarono di scatto, sorpresi dall’arrivo dell’oggetto dei loro discorsi. Il signore dei sogni però non sembrava offeso per quel che aveva sentito. I suoi occhi, immensi e profondi, rimanevano imperscrutabili, mentre guardava con un’ombra di benevolenza i suoi sottoposti. Eppure in lui c’era qualcosa di diverso... Ultimamente sembrava più distante.

- Nessuno ha da lamentarsi, non preoccupatevi.- rispose Lucien, sorridendo. – Piuttosto, mi chiedevo, i nuovi arrivi per la vostra biblioteca, dove...-

In quel momento Sogno distolse l’attenzione dai suoi servitori, richiamato da qualcosa.

- Nella mia galleria.- disse, a mezza voce.

- Uno dei vostri familiari vi chiama?- si informò il bibliotecario.

- Vado a vedere. Voi continuate il vostro lavoro.-

Si allontanò in fretta, lasciando soli i due abitanti del suo variegato mondo multicolore.

- Oh no, speriamo non ci siano guai in vista!- commentò Mervyn.

- Con una famiglia come la sua, è facile che sia così.- sospirò Lucien. –E poi c’è qualcosa nell’aria. E’ come se...-

- Come se?-

- Mah. Lascia perdere. Non lo so. Un’impressione senza molta importanza, credo.-


- Fratello? Sono nella mia galleria e ti chiamo, ma tu non rispondi, insomma, posso venire da te o non vuoi?-

La galleria dei simboli dei Sette Eterni, che serviva loro per comunicare e passare da un regno all’altro, risuonava della voce trasognata della più piccola della famiglia. Quando Sogno entrò, fu travolto dai gorgheggi vocali di Delirio, che gli chiedeva di lasciarla entrare, e per un istante desiderò di poterla ignorare

- Vieni, Delirio.-

Sconfitto senza nemmeno provare a respingerla.

Un attimo dopo c’era qualcuno, davanti a lui. Un fagotto di colori, accompagnato da un turbine di farfalle. La ragazzina capitombolò a terra e si rialzò, regalandogli un sorriso inquietante, di quelli che solo lei sapeva fare. Quei sorrisi che avevano un che di sbagliato. Fuori posto. Ma erano i suoi, e tutto sommato a Sogno non dispiacque di vederne uno, per lui.

- Stai bene?-

- Sì, credo di sì.- rispose lei, parlando in quel modo strano che gli faceva sempre un po’ girare la testa. Aveva una vocina esile, e metteva tutte le parole in fila, cantilenando, come se stesse sempre parlando in poesia. – Tu stai bene, Sogno?-

- Sto bene. Che cosa volevi?-

- Uhm. Cioè...Non saprei. Morte ha detto che potevo venire.-

Sogno si accigliò per un attimo.

- Morte?-

- Sì, sì, la nostra sorella. Morte. Ha detto che potevo venire, che tu non mi avresti mandato via.-

- Sei stata da Morte?-

- Sono stata da lei per un po’, perché avevo voglia di vedere qualcuno. Sai, Barnaba mi piace molto, ma delle volte è un po’ noioso, parlare solo con lui. E poi, è tanto grazioso, ma è un cane. Cioè, penso che uno dovrebbe vedere anche delle persone a volte. No? Così sono andata da lei, e mi ha portata in giro con sé. E poi aveva da fare, ma ha detto che potevo venire da te.-

- Ah sì? E che altro ha detto?-

- Uhm. Che non dovevo dirti che mi ha mandata lei.-

Sogno si sentì decisamente preso in giro. Ma non aveva mai avuto voglia di arrabbiarsi con Morte. Meno che mai in quel momento...

- Puoi restare un po’, se vuoi.- le disse, facendo un lungo sospiro rassegnato. – Ma io ho delle cose da fare. Persone da vedere.-

- Fuori dal Sogno, intendi?-

- Già. E quindi...-

- Vengo con te!-

- Assolutamente no!-

Nella mente gli si formò l’immagine del viso divertito di Morte che diceva Oh, te l’ho fatta, fratellino, adesso te la porti in giro, di nuovo!

Non era passato molto tempo dall’ultimo viaggio che aveva fatto insieme a Delirio, e i ricordi che aveva accumulato, inquieti e dolorosi, erano fin troppo presenti e difficili da portarsi dietro. E in quel viaggio, era successo anche qualcos’altro, che non riusciva a spiegare. Qualcosa di cui non coglieva la portata, ma che sentiva forte, dentro di sé. E in quel momento, tutto desiderava, fuorché doversi confrontare con quel mistero senza nome che scavava nella sua anima.

Non era proprio il momento giusto per avere attorno la sorella minore, che gli avrebbe riportato immagini di quel viaggio, e forse un soffio della follia che permeava il suo mondo.

- Delirio. Lo sai che ognuno di noi ha il suo regno, il suo compito e le sue responsabilità verso gli uomini?-

- Lo dici sempre, quindi lo so.-

- Allora, devi capire che io...-

- Tu vai a fare le cose che devi fare, e io faccio quelle che devo fare io, però le facciamo mentre andiamo in giro insieme. E’ così semplice, non capisco perché non capisci...-

Non voleva. Non poteva. Non avrebbe sopportato a lungo la compagnia di nessuno. E aveva qualcosa da fare.

Ma poi cominciò a vedere la faccia di Morte che sorrideva, divertita, perché sapeva che, alla fine, lui non avrebbe negato del tempo a Delirio.

Chissà, forse non ci sarebbero state molte occasioni di stare insieme, per un po’, se avesse perso quella.

- Oh...E va bene. Andremo insieme. Ma...-

Ma cosa? Davvero poteva darle ordini? A volte gli sembrava di essere più preda del dominio della sorella minore, che del suo...

- Vieni, Delirio. Andiamo.-


Forse, presi da soli, in certi contesti, un uomo alto alto e magro magro, tutto vestito di nero, con un ammasso disordinato di capelli scuri, e una ragazzina dalla chioma colorata, vestita con un tuffo casuale nell’armadio (e con un odore nemmeno troppo gradevole), avrebbero stupito e magari scandalizzato i passanti.

Non per le vie della grande città dove i due stavano passeggiando. C’erano tante persone, e la maggior parte di esse avrebbe potuto rivaleggiare con l’uomo e la ragazzina, in quanto a peculiarità.

Certo, nessuno aveva grandi occhi simili alla notte, o occhi di colori diversi che sembravano vedere il mondo con colori tutti loro.

- Sogno. A te piacciono le persone?-

Le domande inaspettate di Delirio. Almeno questa volta non andava cercando parole inesistenti per descrivere sensazioni che non si fanno catturare da un’espressione.

- Perché vuoi saperlo?-

- A Morte piacciono molto. Anche a me, credo.-

- Le persone...Vedi, non si può semplicemente ridurre tutto ad una questione di “piacere” o meno. Noi siamo al servizio delle persone. Noi abbiamo delle responsabilità nei loro confronti.-

- Sì, ma questo l’hai già detto tremila volte.- protestò lei. – Morte dice che secondo lei ti sono sempre piaciute, le persone, ma te ne sei accorto solo da poco.-

- Morte parla davvero eccessivamente, mi sembra!-

Delirio rise, poi si zittì all’improvviso, poi tornò a concludere la sua risata, come se fosse stata incerta se davvero c’era qualcosa di cui ridere.

- Dove andiamo?-

- Da una persona.-

- Perché ci andiamo?-

- Perché mi chiama.-

- E tu rispondi sempre, se ti chiamano?-

- Tu no?-

- Uhm. Non ne sono sicura. Perché ti chiama?-

- Perché brama qualcosa che si trova in mio possesso. Vuole l’accesso alle storie, la cui essenza è custodita nei miei confini.-

- Vuole delle storie? Soltanto?-

- Vuole la chiave per essere in grado di creare storie.-

- Oh. Soltanto?-

- Soltanto? E’ un dono immenso, inestimabile! Non si può concedere a tutti. Non tutti possono entrare liberamente, nelle terre del Sogno.-

Delirio rimase in silenzio per qualche minuto, come ponderando quelle parole. Il bello di lei era che sapeva la risposta alle sue domande, la sapeva perfettamente, e la sapeva da secoli, da millenni. Ma era Delirio degli Eterni, e dimenticava facilmente. Dimenticava le parole e le verità. E cercava sempre risposte.

- Tutti quelli che inventano storie passeggiano nel tuo regno.-

Non era una domanda, questa volta. Lui si fermò un istante a guardarla, il visino stranamente pensieroso.

- E’ così.-

- Però...sai. Molto spesso passeggiano un po’ anche nel mio.-

A volte aveva l’impressione che Delirio fosse la più saggia di tutti loro.

- Anche questo è vero.-

- Sai, fratello. Se le cose stanno così, allora dovremmo passeggiare insieme più spesso, noi due.-


Il giovane uomo era seduto al tavolino di un grazioso bar, fresco e luminoso, e stava bevendo qualcosa, rileggendo degli appunti da un ordinato quaderno. Quando l’uomo gli si sedette accanto, si ritrasse, sconcertato. Chi diavolo era, quel tizio inquietante? Un qualche goth impazzito che andava a disturbare la gente perbene, probabilmente.

- Io mi metto qui, va beneeee?- domandò una vocetta irritante, dietro di loro. C’era una ragazzina vestita in modo allucinante, che si rivolgeva con familiarità al goth impazzito.

- Ehi, ma chi sei?- saltò su lui, nascondendo il quaderno e facendo per alzarsi.

- Solo uno di passaggio.- rispose l’uomo, con una voce profonda e strana, come se provenisse da lui...ma anche da qualche altro luogo.

- Cosa vuoi?- domandò il giovane, con meno aggressività.

- Condividere qualche momento con te, se non ti sono molesto.-

Sì che gli era molesto, accidenti!

- Una birra ti va bene?-

E ora, perché si metteva ad offrire birre ai tipi strani incontrati per caso?

Mentre servivano loro da bere, lo sconosciuto gli fece una domanda sullo scopo del quaderno.

- Oh, non è niente.-

- Non sembrava un oggetto che tratti come “niente”.-

- In realtà, sono un giornalista, e sto cercando di progredire anche come scrittore.- confessò lui, decidendo, chissà perché, di fidarsi almeno un po’ di quell’insolito compagno di bevuta.

- E cosa vorresti scrivere?-

- Beh...libri, no?-

- Storie, dunque.-

- Sì, certo, è ovvio.-

- Non è così ovvio. Una storia non è mai una cosa ovvia.-

- Una storia è un mezzo. Per comunicare cose che devono essere dette.- rispose, avvertendo qualcosa di strano nelle parole che lo sconosciuto gli aveva rivolto.

- Una storia è una storia, prima di tutto, e se vuoi davvero raccontare storie, sarà bene che cominci a trattarle diversamente!- ribatté l’altro, che sembrava quasi offeso.

- Il nostro mondo ha bisogno di idee concrete, non di storie.- Ci teneva a sottolineare il suo punto, e quel goth dai modi bizzarri poteva anche smettere di contraddirlo.

- Il mondo, tutti i mondi, in tutti i tempi, hanno bisogno di storie, prima di tutto.- mormorò l’uomo, scuotendo la testa. – Se imparaste questa cosa...-

- Se la imparasse...chi?-

L’altro si era alzato in piedi.

- Storie, messaggi, idee...Quante sciocchezze. La storia è il messaggio, e il potere sta nella storia.-

- Che diavolo vuoi dire?-

Ma erano già spariti, il tipo pallido e la ragazzina con i capelli arcobaleno. Se n’erano andati, lasciandolo confuso e smarrito.


- Quel tipo aveva una faccia strana, quando ce ne siamo andati.-

Non le rispose. Stava ancora rimuginando su ciò che quello stupido aveva osato dire. La presunzione degli esseri umani continuava a stupirlo ancora adesso, dopo secoli...

- Anche tu hai una faccia strana, a dire il vero.-

Le porte del Sogno erano aperte a tutti coloro che conoscevano la vera forza delle storie. E ad alcuni di essi, Sogno era andato di persona, per proporre alleanze e richiedere favori. Ma quello sciocco... la gente come lui non sarebbe mai entrata, anche se Sogno degli Eterni in persona avesse aperto i suoi portali, se avesse gettato un tappeto rosso a terra e li avesse invitati uno per uno. Volevano le storie, ma non sapevano raggiungerle. Anche in quel momento, in cui il suo cuore era affollato da altri pensieri, la stoltezza di certi uomini non poteva fare a meno di sconvolgerlo.

- Sognoooooo! Smetti di sembrare strano e guardami!-

- Scusami, Delirio. Vieni, per oggi abbiamo finito. Possiamo andare dove vuoi tu.-

- Ah. Ok. Uh. Sogno?-

- Che c’è?-

- Quello lì non mi piaceva un granché.-

- Lo immaginavo.-

Camminarono per un po’ in silenzio. Era tardo pomeriggio, e la luce dorata trasformava i colori, rendendoli più belli e preziosi. La luce toccava anche loro, ma i due sembravano sfuggire al suo incantesimo, come se fossero stati fatti di qualche materiale misterioso e antico, che niente poteva imprigionare o alterare.

Si fermarono in un parco pubblico, perché Delirio era affascinata dal mercatino di oggetti vari che un gruppo di bambini aveva allestito.

- Ooooooh. Ma cosa fanno?-

- Vai a chiederglielo.- sospirò lui, ancora pensieroso per l’incontro avuto poco prima. La sorellina non se lo fece ripetere, e volò verso il mercatino e i suoi piccoli ideatori. Rendendosi conto del potenziale pericolo, si affrettò a seguirla.

Lì vicino c’era una panchina, dove sedevano le mamme dei commercianti improvvisati. E poi c’era un bambino, coetaneo degli altri, che però se ne stava accoccolato a terra, vicino alla madre, e sembrava ossessionarla con una richiesta.

- Mi racconti una storia, per favore?-

- Adesso no, vai a giocare con gli altri!- rispose lei, esasperata, interrompendo per l’ennesima volta la sua conversazione con un’amica.

Il bimbo, deluso, si ritirò in disparte, ancora più lontano dagli altri.

- Ti piacciono le storie?-

Il bambino alzò gli occhi azzurri, e incontrò gli occhi fatti di oscurità del signore di tutti i sogni e di tutte le storie.

- Sì!- rispose, col piccolo viso illuminato dalla gioia, e una totale fiducia verso l’inquietante sconosciuto.

- La tua mamma te ne racconta di belle?-

- Sì. Ma le legge nei libri, e sono sempre le stesse. Io ne vorrei di nuove, invece.-

- Sai inventarle da solo?-

- No, non credo.-

- Vorresti farlo?-

- Sarebbe bello. Così me le racconterei da solo, in ogni momento.-

L’uomo fece qualcosa che somigliava ad un sorriso.

- Va bene. Allora, facciamo così. Tu inventerai miriadi di storie. Ma in cambio, dovrai ricordarti sempre quanto le storie sono importanti. E dovrai sognare molto, e parlare dei sogni nelle tue storie. Ci stai?-

Un po’ perplesso, il bambino fece cenno di sì con la testa.

- Sei così carino!- esclamò una ragazzina strana, comparsa dal nulla. Poi gli accarezzò i capelli, con un sorriso.

- Anche...anche tu.- balbettò il bambino, confuso. In quel momento la madre lo richiamò, e l’uomo e la ragazzina si allontanarono, lasciandogli il ricordo annebbiato di aver fatto un incontro interessante.


- Sogno?-

- Che c’è?-

- Morte ha detto che lei è più temuta dalle persone, ma tu sei più terribile di lei. Cosa vuol dire?-

- E’ una cosa lunga e complessa, Delirio.- Si erano seduti su un muretto, nell’angolo più solitario del parco, e si stavano godendo la tranquillità del tramonto. – Significa che i miei doni possono essere anche molto oscuri, e portare disgrazia.-

- Perché fai fare gli incubi alle persone?-

- Anche per quello.-

- E il dono che hai fatto a quel bambino, allora? Potrà raccontarsi tantissime storie, non è una disgrazia...-

- Sì. Però dovrà vagare in regioni oscure della sua mente, e districare le storie tra i mille pensieri che avrà, molti dei quali saranno cattivi. Dovrà vedere il riflesso peggiore di sé, nelle sue storie. Conoscerà bene i sogni, e i sogni gli faranno capire cose che pochi possono capire. E quando le dirà ad alta voce, non sarà creduto. Sarà solo, per molto tempo, tremendamente solo.-

- Oh. Beh. Allora Morte ha ragione. Il tuo dono è proprio brutto.-

- E’ un dono che ha due facce. Come tutti i doni, in realtà.-

- Hai ragione, è una cosa complicata. Starebbe meglio tra le cose che faccio io, no? Anche quello che faccio fare alla gente io è complicato. E strano. Brutto e bello insieme. Vero?-

- Vero.-

- Vedi che dovremmo andare in giro insieme più spesso?- Rise e poi piombò nel silenzio. – Sai...- riprese dopo un attimo. – Quel bimbo mi piace tanto. Dici che lo rivedrò?-

- Se seguirà la via che gli ho offerto, probabilmente sì.-

- Perché io e te camminiamo insieme.-

L’aveva detto così seriamente che lui si preoccupò, per un istante, temendo che l’anima lucida di Delirio, quella che un tempo era stata Delizia, emergesse, strappando il velo della follia. Sapeva che era doloroso, per la sorella, quando succedeva. Era come perdere se stessa. La follia permeava il suo essere, e tornare ad essere il suo vecchio io era innaturale.

Ma il sorriso da bambina di Delirio era al suo posto, e lui si tranquillizzò.

- Grazie di essere venuta con me, oggi.-

- Morte ha detto che ti saresti divertito.-

- Ma Morte ti ha parlato solo di me, quando sei stata da lei?- ribatté lui, seccato.

- Vediamo. No. Ma ha detto tante cose di te. Quelle che ti ho detto e tante altre.-

- Ad esempio?-

- Che sei il più grande idiota che conosce.-

- Cosa?-

- Prova a negarlo, e ti spiegherò perché in maniera accurata, fratellino.-

Entrambi si voltarono, per accogliere la trionfale entrata in scena della sorella maggiore: occhiali da sole e tre gelati in mano. E il solito sorriso divertito. Si andò a piazzare tra i due, e porse un gelato a Delirio, che ne sembrò estasiata.

- Che ci fai qui?- le domandò Sogno, tentando di sfuggire alla terribile minaccia del gelato che gli veniva offerto.

- Vengo a trovare i miei fratelli preferiti, che altro? Oh, accidenti, Sogno, tieni questo gelato e fai meno storie!-

Lui accettò il cono come fosse stato qualche bestia velenosa, e rimase per qualche istante a contemplare le sorelle. Gli sembrarono felici e beate, e senza pensieri, almeno in quei momenti. Per qualche istante parve quasi dimenticare l’oscurità che si portava nel cuore dal giorno in cui era tornato dall’ultimo viaggio.

- Allora, Del, che avete fatto di bello?-

- Un giro. Sogno ha parlato con un bambino simpatico.-

- Ah, cominciamo a traviarli fin da piccoli, eh?-

- Ora starà da solo per molto tempo, ma avrà un sacco di storie da raccontare.-

- Eh, già, le cose che combina nostro fratello, piccola.-

- E io ho pensato che noi due dovremmo andare in giro insieme più spesso.-

Morte dimenticò per un attimo il suo gelato e dedicò qualche lunghissimo istante a ciascuno, per fissarli.

- Una buona idea.- rispose, con aria intenerita.

- Cos’è questo?- Delirio tirò fuori qualcosa dalla tasca del giubbotto nero della sorella maggiore.

- Oh, un fumetto. Black Orchid.-

- Ooooh...- Delirio cominciò a sfogliare le pagine, con aria affascinata. – Sogno, lo conosci questo...uhm...- Guardò la copertina e la avvicinò agli occhi, per scovare il nome di chiunque avesse inventato quella storia. – Signor Neil Gaiman?-

- Ci puoi scommettere, lo conosce.- rispose Morte.

- E io lo conosco?-

- Forse. Probabile. Ma non bene come Sogno. Il segreto è quello.- rispose Morte, finendo il suo cono. – Ehi, Del, hai impiastricciato di gelato il mio fumetto e la tua gonna. Bel colpo, sorellina.-

Il sole finì di tramontare, e Sogno regalò metà del suo gelato a Delirio.

- Devo tornare nel mio regno.-

- Già. Beh, buon lavoro!- lo salutò Morte.

- Metti anche me e i gelati, nei sogni che crei!- gridò Delirio, agitando la mano, felice.

Mentre svaniva dalla realtà umana, per rientrare nel suo regno meraviglioso e multiforme, pensò a quel cambiamento, che spesso temeva, e che invece viveva in tutte le cose: tutto il suo mondo era un immenso inno al cambiamento e alla trasformazione. Antichi cantastorie che svanivano, bambini che imparavano a raggiungere il Sogno.

Pensò alle domande di Delirio, al sorriso di Morte, alle storie che venivano inventate ogni giorno, alla goccia di follia che Delirio regalava ai suoi protetti, e anche ai gelati, forse.

Pensò al suo cuore imprigionato dal peso di eventi oscuri, e alla tranquillità di quel tramonto. E per un istante, uno solo, ma lungo e completo, si sentì in pace come non lo era da molto, molto tempo. Un ultimo respiro di pace, prima di cominciare un nuovo e misterioso viaggio...

***

Fine

***

In memoria di mio nonno

Dedicata a tutte le persone che mi hanno regalato i libri seri della mia infanzia



(Vieni a trovarmi al Worlds Hotel?)
   
 
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