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Autore: summerGiada    11/02/2013    0 recensioni
Genere: | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piccoli e teneri (si fa per dire) - serie'
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Pov Jacob
 
“Ehi Jake, stasera do una festa a casa mia… ti ricordi di Irina? Quella con cui aveva provato ad andare a letto molto tempo fa? Beh, ci sarà anche lei”disse James al telefono.
“Mi dispiace, ma non ho voglia di uscire stasera” risposi freddamente.
“E dai, è da un mese ormai che ripeti sempre la stessa cosa!” la sua voce iniziò ad essere nervosa “Non mi piace, quella ragazza ti ha cambiato totalmente senza rendersene conto!”
“Lo so” dissi con un filo di voce.
 
Ogni volta che la nominava mi si creava un nodo in gola.
Non la vedevo da un mese e questo mi aveva bloccato in tutti i modi possibili. Non ero più andato a nessuna festa, con nessuna donna. La mia vita era totalmente cambiata.
 
“Beh, vorrà dire che me la farò io Irina… fammi sapere quando te la senti d’uscire” riagganciai senza rispondergli.
 
Una volta era tutta diverso… una volta.
 
Scesi dal taxi e mi diressi nel mio appartamento, al lavoro era stato tutto uno stress. Stavo per inserire le chiavi nella serratura quando sentii qualcuno salire le scale. Era Edward e si stava dirigendo davanti alla porta del suo appartamento, ma quando mi vide si bloccò.
 
I nostri sguardi si incontrarono.
D’un tratto sentii l’assoluto bisogno di fare una cosa e non seppi resistere. Dovevo liberarmi di un peso.

“Edward!” esclamai quando si rivoltò verso la porta.
Le sue mani si bloccarono dal girare le chiavi nella serratura e il suo volto si abbassò.
“Che vuoi?” mi chiese freddo.
“Lo so che non servirà a nulla ma…” dillo Jacob, dillo! “… mi dispiace!”
Lentamente si voltò, sollevò piano il viso e notai che aveva le mani a pugno.
“Le tue scuse non faranno tornare Bella, non faranno dimenticare quello che è successo. Puoi pure tenertele… non devi farlo solamente perche ti vuoi togliere un peso di dosso!” esclamò. Era arrabbiato, anzi infuriato.
 
Si voltò ma lo interruppi subito.
“Io so dov’è!” esclamai andando verso di lui.
Si voltò con gli occhi sgranati.
“Me lo ha detto la sua collega di lavoro, l’ho implorata” ammisi quasi con vergogna. In effetti avevo dovuto quasi supplicarla in ginocchio. “Ma prima voglio che tu stia ad ascoltarmi!”
Non disse nulla.
“Ho mentito. Non è successo nulla tra di noi, tranne una folle notte per cui lei ci è rimasta malissimo. Le altre cose me le sono inventate; quando ci avevo riprovato, lei mi ha respinto con un ceffone” dissi tutto d’un fiato. “Sono pentito veramente; farla soffrire era l’ultima cosa che volevo. Mi sono innamorato di lei, ma ho capito che non mi vuole e non mi vorrà mai. Pensavo che visto che io non potevo averla, neppure tu e nessun’altro doveva… così ho reagito d’istinto”
“Dimmi dov’è!” mi quasi urlò ad un centimetro dal mio volto.
“Si è trasferita a New York, ora lavora al New York Times” dissi con lo sguardo basso e gli diedi un biglietto in cui c’era il suo indirizzo.
“Perché fai questo?” mi chiese serio prendendolo.
Sospirai.
“Se ami una persona devi lasciarla andare” continuai.
Non disse niente, si limitò ad entrare nel suo appartamento.
 
Bella meritava tutto l’amore possibile ed Edward era l’unico che poteva renderla felice.
Mi si spezzava il cuore a sapere che probabilmente sarebbero tornati insieme e che era grazie a me, ma non potevo farci altro.
Mi ero fatto del male da solo innamorandomi di lei e ora dovevo pagare le conseguenze dei miei errori.
 
Pov Edward
 
Appena rientrai nel mio appartamento mi tolsi la giacca. Corsi velocemente in camera e con la valigia aperta sul letto, gettavo dentro più cose possibili. I vestiti erano tutti messi a caso all’interno, senza alcun ordine.
 
Dovevo andare da Bella. SUBITO!
 
Senza aver mangiato nulla e senza avermi fatto neppure una doccia; presi la valigia e salii sul primo taxi che trovai, dicendogli di andare all’indirizzo che Jacob mi aveva dato.
 
Avevo sempre odiato quel Black e nonostante tutto lo odiavo ancora. Anche se ora mi aveva aiutato, non sarei mai stato in grado di perdonarlo; infondo era pur sempre colpa sua se mi trovavo su un taxi diretto a New York per riconquistare Bella.
 
Quando arrivai a destinazione era quasi la mezzanotte, così decisi di andare in un hotel.
Presi una stanza e mi diressi subito dentro la doccia.
Successivamente, senza aver mangiato andai a letto. Non vedevo l’ora che arrivasse il mattino seguente.
 
Mi svegliai alle prime luci dell’alba senza quasi aver aperto occhio.
Indossai un paio di jeans e una felpa e andai subito all’indirizzo che avevo.
 
Suonai al campanello e rimasi in trepidante attesa. Non sapevo cosa avrei potuto dirle quando l’avrei rivista, ma volevo soltanto averla di nuovo davanti a me.
 
Nessuna risposta. Risuonai.
 
In effetti erano solamente le 6 e mezza, ma continuai lo stesso a suonare il campanello.
D’un tratto sentii attivarsi il citofono.
Il mio cuore quasi smise di battere.
 
“Chi è?” una voce assonnata. Una voce maschile.
Non risposi.  Ero rimasto scioccato.
Sull’etichetta del campanello c’era il nome di Bella, ma la voce era di un uomo.
Il pensiero che si fosse rifatta una nuova vita, mi assalì.
“Chi è?” ripetè la voce.
 
Senza neppure rispondere mi incamminai per strada senza una meta precisa.
Avevo gli occhi fissi nel vuoto, ma vedevo comunque il resto del mondo andare avanti.
 
Pov Bella

“Chi era?” chiesi assonnata dirigendomi in cucina, dove Seth; mio cugino venuto il giorno prima a farmi visita, stava preparando la colazione.
“Non lo so, non ha risposto nessuno”
“Ma possibile che io mi sia dovuta svegliare mezz’ora prima del solito, per uno stupido che si diverte a suonare il campanello?” dissi stressata sedendomi a tavola.
“Dai, Bella addormentata nel bosco, poche storie e fai colazione” disse sorridendo portandomi la tazza di caffè fumante.
“Bevo solamente il caffè” misi un cucchiaio di zucchero.
“La colazione è il pasto più importante della giornata. Mangia almeno una fetta biscottata” mi rimproverò sedendosi anche lui a tavola.
 
Seth aveva un anno in meno di me, ma pretendeva comunque di comandare. Per me era come un fratello ed essendo venuto a farmi visita il giorno precedente, gli avevo chiesto di rimanere anche alla notte.
 
“Stavolta non cedo. Comunque se vuoi puoi pure rimanere ancora qualche giorno” cambiai discorso.
“Grazie, ma il mio treno parte tra un’ora. Ho una lavoro ora”  disse sorridendo.
 
Finita la colazione lo salutai a malincuore e dopo essermi preparata andai al lavoro.
 
Mi stavo dedicando ad un articolo importante, quando sentii bussare la mia porta d’ufficio.
“Avanti” dissi. La porta si aprì e vidi James.
“Ciao” disse sorridendomi ed entrando.
“James, ti serve qualcosa?” chiesi gentilmente.
“Si” mi venne vicino “ Isabella Swan, mi farebbe il grandissimo onore di venire a cena con me questa sera?” continuò prendendomi la mano. Sembrava quasi una proposta di matrimonio.
 
James era simpaticissimo. Per fortuna c’era lui che mi sollevava il morale qualche volta. Mi faceva il filo da quando ero arrivata, ma non mi aveva mia chiesto esplicitamente di uscire con lui.
 
“James” lo rimproverai simpaticamente “E io che mi avevo illuso di ricevere una proposta di matrimonio!”
“Mi scusi signorina, ma per stavolta si dovrà accontentare di una semplice cena” sorrise.
Risi.
“Scherzi a parte; grazie ma non penso di liberarmi. Come vedi ho ben 3 articoli da consegnare entro domani” sbuffai indicando tutti i fogli che avevo sulla mia scrivania.
“Suvvia. Non fare la difficile. Ho già prenotato nel miglior ristorante della città.” mise su il faccino triste.
“Non farmi la faccia da cane bastonato!” risi.
“Se me dici che vieni, non la faccio più!” continuò con quel faccino. “Ti posso dare una mano con gli articoli!”
“Ma no. Questo lavoro spetta a me e non voglio disturbarti”
“Niente ma. Tu non mi disturbi affatto” detto questo si sedette vicino a me e mi diede una mano con il lavoro.
 
Era difficile evitare di fargli fare qualcosa. Quando di metteva era davvero ostinato. Per certi

  
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